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Autore: Lhea    22/10/2010    2 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XXV

Capitolo XXV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 01.00 – Londra, Carrozzeria McGraw

 

<< Ho bisogno che l’auto sia pronta nel più breve tempo possibile >> disse William, guardando la Bugatti con i vetri anteriori spaccati e la carrozzeria ammaccata, << Devo andarmene da qui entro domani mattina… Gli sbirri mi stanno cercando >>.

 

La Carrozzeria McGraw, fuori Londra, era un ampio capannone di cemento e metallo che visto da fuori sarebbe apparso più come un vecchio magazzino. In realtà, l’obiettivo era proprio quello, perché la “sede ufficiale” si trovava da tutt’altra parte. Quella serviva solo per i lavoretti sporchi che McGraw si procurava dai piloti clandestini.

 

L’uomo, un tizio grassoccio e con due grossi baffi, aveva l’aria di capirne molto di auto, anche se in quel momento appariva dubbioso. Sotto i neon la sua faccia era solcata da qualche ombra per via dell’ora: William lo aveva tirato giù dal letto senza tanti complimenti, come da patti.

 

<< Trovare i pezzi per un’auto del genere non è facile >> disse, strofinandosi il mento, << Una Veyron non si vede tutti i giorni… Però posso provare a metterla a posto. Domani mattina, dici? Uhm… >>.

 

Il meccanico si strofinò di nuovo il mento e tirò fuori un cellulare. Compose un numero, continuando a guardarlo, in attesa che dall’altra parte rispondessero.

 

<< Ti costerà più del previsto, Scorpione >> disse, agitando il dito.

 

<< Se serve a farmi fuggire, va bene >> ribatté William, << Basta che la macchina sia pronta >>.

 

Il meccanico annuì, poi dall’altra parte della linea risposero.

 

<< Jason? >> disse, << Scusa l’ora, ma abbiamo un affare da portare a termine. Mi servono pezzi di ricambio per una Bugatti Veyron… Entro due ore. Sì, lo so che costeranno… Ok, sai dove ti aspetto. Fai in fretta, il nostro cliente è piuttosto importante >>.

 

McGraw chiuse la telefonata e lo guardò nuovamente.

 

<< Avrai la tua auto per domani mattina alle sei, alle sette al massimo >> disse, << Di più non posso fare. Nel frattempo, in fondo al capannone, c’è una cucina. Puoi prenderti qualcosa da bere, se vuoi… Io inizio a occuparmi dei vetri >>.

 

William annuì, e fece cenno a Daniel di seguirlo; fino a quel momento era rimasto in silenzio alle sue spalle. Raggiunsero il fondo, dove era stata stipata una piccola cucina dall’aria vecchia e superata, con un frigorifero che emetteva strani ronzii a intermittenza e un insetto che svolazzava intorno alla lampadina appesa al soffitto. Si accomodarono al tavolo dalle sedie spaiate, e William si accese una sigaretta.

 

Sfuggire agli sbirri non era stato difficile come aveva pensato. Non erano riusciti a seguirlo, non né a intercettare il suo percorso. Una volta lasciata la villa, aveva preso una strada periferica e poi aveva imboccato l’autostrada, raggiungendo rapidamente la Carrozzeria, senza trovare intoppi lungo il percorso. L’unico posto di blocco che avevano rischiato di incrociare lo aveva evitato tagliando attraverso una via periferica che passava tra dei campi di grano.

 

Quella corsa gli era servita per provare la Bugatti, e scoprire che era l’auto che aveva sempre desiderato: rapida, velocissima, estrema, perfetta nella tenuta di strada e negli scatti… A confronto, la sua vecchia Zonda non era che una macchina per principianti. Aveva toccato la punta dei quattrocentodue chilometri orari, cosa che non era mai riuscito a fare con nessun’altra auto…

 

“Questa è la mia vendetta per essere stato tradito… Me lo sentivo che quel tizio aveva qualcosa di strano”.

 

Sicuramente Karl in quel momento stava rodendo: aveva cercato di venderlo agli sbirri, ma non ci era riuscito e in più aveva perso la sua auto da duemilioni e mezzo di dollari… Forse era il suo stipendio per la collaborazione con gli sbirri. Bé, gli era andata decisamente male, questa volta.

 

Non aveva più un cellulare, l’unico che gli era rimasto lo aveva gettato dal finestrino dell’auto in corsa lungo l’autostrada, subito dopo aver avvisato McGraw del suo arrivo, e aveva costretto Daniel a fare altrettanto. Se gli sbirri gli stavano alle calcagna, non poteva rischiare di far intercettare il suo telefono. Ma così non sapeva niente di Richard e dei suoi amici… Molto probabilmente dovevano essere stati tutti arrestati, ma contando che l’F.B.I. stava cercando lui, forse erano già fuori dopo aver sborsato una cauzione nemmeno troppo pesante…

 

<< Cosa facciamo adesso? >> chiese Daniel, che stava frugando nel frigorifero. Gli passò una birra e William la prese.

 

<< Andiamo dritti verso la Russia >> rispose lui, secco.

 

<< In auto? >> fece Daniel, dubbioso, << Ci metteremo una vita… Ci saranno, che ne so, seimila chilometri almeno! >>.

 

William stappò la bottiglia e ne buttò giù un sorso. La Russia era lontana, ma non abbastanza da fermarlo. Da quando sapeva che Irina era lì, aveva un motivo in più per andarci…

 

<< Non possiamo prendere un aereo >> ribatté seccato, << Abbiamo ancora i documenti falsi, ma non sono sicuro che possano coprirci ancora… L’F.B.I. sapeva che eravamo qui, perciò potrebbero conoscere i falsi nomi che abbiamo utilizzato. E non possiamo nemmeno aspettare di trovare un posto libero per Mosca sul primo aereo da qui… Prima lasciamo l’Inghilterra, meglio è. L’unico modo che abbiamo per farlo senza lasciare tracce è in auto… In caso di bisogno potremo anche cambiare direzione per confondere ancora di più le idee. Non si aspettano che raggiungiamo la Russia, per di più in macchina. Non credo sospettino che sappia dove si trovano Irina e Dimitri >>.

 

Daniel inarcò un sopracciglio, poco convinto.

 

<< Se lo dici tu… >> fece, << Spero solo che dopo quel viaggio, la tua ragazza ci aspetti a braccia aperte e con una casa accogliente e piena di sue amiche… Questa fuga inizia a stancarmi >>.

 

William fece una smorfia.

 

Non sapeva se Irina lo avrebbe accolto a braccia aperte, e ogni ora che passava ne era sempre meno convinto. Quella poliziotta che aveva cercato di arrestarlo gli aveva aperto gli occhi sulle donne, ricordandogli una frase di suo padre: “l’unica cosa che le donne non tradiscono è il denaro… mai fidarsi di loro”.

 

No, Irina non lo avrebbe sicuramente accolto con gioia, esattamente come non aveva amiche da presentare a Daniel. Doveva essere a Mosca per altri motivi, forse per tentare di rifarsi una vita con le corse clandestine… Era una traditrice, tutta Los Angeles e dintorni lo sapeva, e nessuno avrebbe voluto avere a che fare con lei. L’unico altro posto in cui poteva sperare di trovare piloti clandestini organizzati e forti era la Russia, e lei era andata lì.

 

Ora era davvero pronto a ucciderla. Lo avrebbe fatto davvero, questa volta. Non poteva permettersi altri errori, soprattutto ora che stava per essere fregato da una sbirra in abiti succinti… Irina non lo avrebbe fatto cadere di nuovo. Se nell’esatto momento in cui se la sarebbe trovata davanti non le avesse fornito una spiegazione plausibile, convincente e chiara, niente le avrebbe risparmiato la morte, questa volta. E lui era convinto che non sarebbe riuscita a farlo.

 

<< Non aspettarti niente, dalla Russia >> ribatté, guardando Daniel e giocando con la pistola che aveva in mano, << Non aspettarti di essere accolto a braccia aperte… Nessuno lo farà >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Scorpione, la tua auto è pronta >>.

 

William si riscosse dal torpore in cui era caduto, seduto sulla dura sedia di legno, e guardò McGraw, in piedi sulla soglia, il grembiule sporco di olio e il volto distrutto. Si alzò di scatto, sentendo l’eccitazione salire, e lo seguì nel capannone.

 

<< Forse quello che sono riuscito a fare è un miracolo >> disse il meccanico, mentre i suoi passi rimbombavano nel corridoio, << Ma non credo che riuscirò mai più a fare una cosa del genere in una sola notte… >>.

 

La Bugatti Veyron lo aspettava parcheggiata al centro del capannone, nera, di un nero lucidissimo e cattivo, bassa e filante come un proiettile pronto a essere sparato. Nei paraurti davanti e dietro e nelle minigonne era stata applicata, nella parte bassa, una striscia arancione, che gli dava un’aria ancora più sportiva. I vetri erano stati sostituiti con dei cristalli oscurati, per impedire di vedere chi ci fosse dentro…

 

Al centro della presa d’aria, campeggiava la targhetta con scritto “Bugatti”, a termine del lungo cofano dalla forma aerodinamica… I fari a led accesi illuminavano il capannone a giorno, potenti quanto il suo motore da 1.001 cavalli.

 

<< E’ di tuo gradimento? >> chiese McGraw.

 

William sorrise e gli gettò un’occhiata.  << E’ perfetta >> rispose, << Ottimo lavoro >>.

 

Il meccanico si avvicinò e mostrò le strisce arancioni.

 

<< Sono adesive >> spiegò, << So che la volevi completamente nera, ma non ho potuto riverniciare anche i paraurti. Non si sarebbero asciugati in tempo, quindi sotto sono in color carbonio. Se vuoi puoi toglierle… Contribuisce a rendere la macchina meno riconoscibile, se ti seguono >>.

 

William annuì. Era una buona idea.

 

<< Hai fatto davvero un ottimo lavoro >> disse, << Mi ricorderò di te >>.

 

McGraw gli strinse la mano, facendo un cenno con il capo.

 

<< E’ stato un piacere >>.

 

William infilò la mano in tasca, ma quello che tirò fuori non furono i soldi per pagare… Fu la pistola.

 

Il suono del proiettile rimbombò nel capannone, facendo tremare i vetri e riverberando lungo i tubi che scorrevano sulle pareti. Il corpo di McGraw cadde con un tonfo sul pavimento, sotto lo sguardo di ghiaccio di William.

 

<< Mi dispiace, ma non lascerò nessuna traccia dietro di me… >> sussurrò.

 

Girò con il piede il corpo di McGraw, poi si guardò alle spalle perché Daniel entrò correndo il quel momento, svegliato dal colpo di pistola.

 

<< Ah, sei tu… >> disse lui, stancamente.

 

<< Daniel, nascondi il cadavere… Ce ne andiamo >> ordinò William, facendogli un cenno con il capo.

 

Salì sulla Bugatti e la mise in moto, inondando il capannone con il suono del suo motore spropositato. Attese che Daniel trascinasse il cadavere sotto una montagna di pezzi di ricambio e lo guardò sedersi di fianco a lui, esasperato: non doveva avergli fatto piacere aver lasciato un altro morto dietro di loro.

 

<< Da questo momento in poi, saremo due ombre >> disse lo Scorpione, << Ci fermeremo solo quando sarà necessario, quindi al momento opportuno guiderai anche tu. E soprattutto non lasceremo alcuna traccia dietro di noi. Riprenderemo a respirare solo quando saremo in Russia >>.

 

Daniel fece una smorfia.

 

<< Ok, Scorpione. Ma spero che tu abbia finito di ammazzare gente, perché sono stufo di nascondere cadaveri >> disse, << E spero soprattutto che una volta a Mosca mi pagherai una russa per una settimana intera… Non sono tanto convinto di aver fatto un affare a fuggire con te. Non mi sono ancora divertito nemmeno un po’ >>.

 

William ghignò.

 

<< Ti pagherò una russa per una settimana >> promise, << Sempre che non sia la Lince a farlo >>.

 

Affondò il piede sull’acceleratore e la Bugatti sgommò, fiondandoli fuori, diretti in Russia, la loro ultima tappa in cerca di vendetta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – San Pietroburgo

 

Xander fissò la mappa della gara poggiata sul tavolino e scarsamente illuminata dalla luce del locale, la musica che gli arrivava soffocata alle orecchie. Nell’altra ala decine di russi si stavano divertendo in una delle solite notti di San Pietroburgo, e l’unica cosa che gli invidiava era il fatto di non avere troppi pensieri nella testa come aveva lui in quel momento.

 

<< Sono due tappe facili, tranne l’ultima >> stava dicendo Nina, languidamente appoggiata al tavolo, il corpo sinuoso fasciato in un abito nero attillato, << Dobbiamo fare attenzione, perché la tua auto è poco adatta a quel tipo di percorso… Ma non dovremo preoccuparci degli altri, non ci daranno fastidio >>.

 

Xander annuì stancamente, poco interessato. Cercò di nascondere il suo cattivo umore e domandò: << Come fai a essere sicura che non ci daranno fastidio? >>.

 

Nina sorrise scuotendo la sua morbida massa di capelli biondi.

 

<< Ti ho già detto che sono una che conta >> rispose, << Non ti preoccupare, penso io a tutto quanto… >>.

 

Xander ebbe un sospetto: Nina sembrava un po’ troppo sicura di sé, come se potesse contare dell’aiuto di qualcuno dall’alto. Era pur sempre la figlia del Primo Ministro russo, ma era troppo esperto per non sapere che in quel mondo non bastava avere un certo cognome per poter vivere tranquilli, anzi. E poi, Krarakova era uno che contava nel mondo “legale”; in quello delle corse c’era molta gente più importante di lui, in primis la Lince…

 

Il suo istinto gli suggerì che Nina nascondeva qualcosa, e quel qualcosa doveva essere quello che la rendeva tranquilla di fronte alla Mosca-Cherepova.

 

<< Non è che per caso tu sei una Referente? >> domandò Xander, secco.

 

Nina non si scompose, come se quella fosse una domanda che le veniva posta spesso. Il suo sorriso non si incrinò, e nemmeno nei suoi occhi azzurri passò un’ombra. Si abbassò al livello del suo volto, e per un istante Xander ebbe la sensazione di essere un topolino di fronte a un gatto.

 

<< No, non sono una Referente >> rispose lei, a bassa voce, << Cosa te lo fa pensare? >>.

 

<< Sei un po’ troppo sicura di te… >> disse Xander, incrociando le braccia per mettere una certa distanza tra loro. Colse uno scintillio divertito nello sguardo di Nina, che non era dovuto al bagliore soffuso delle luci del locale.

 

Nina si avvicinò. << Io sono sempre sicura di me >> ribatté, << Non dovrei esserlo? >>.

 

La ragazza sorrise. Era praticamente sdraiata sul tavolo, incurante della gente che stava agli altri tavolini, protesa verso di lui, tranquilla. Xander non se ne era nemmeno accorto, ma aveva ripiegato rapidamente la mappa, che ora stava in un angolino, in bilico…

 

<< Allora sei una Sentinella >> disse lui, e non era una domanda. Non voleva farsi distrarre dal suo atteggiamento, anche se ci era riuscita comunque.

 

Nina rise, e una ciocca di capelli ondeggiò a poca distanza da lui.

 

<< Mark, Mark, perché pensi così male di me? >> disse, e gli sfiorò il mento con la mano, << Ti sembro così cattiva? O c’è qualcosa che ti rende nervoso? >>.

 

Xander si scostò, infastidito. Certo che c’era qualcosa che non andava… C’erano un sacco di cose che non andavano. Il litigio con Irina aveva aperto uno spiraglio nel loro rapporto che non riusciva più a chiudersi, e lui stava soffrendo… Era arrabbiato, deluso, offeso e anche un po’ spaventato, e di sicuro non aveva voglia di sorridere al mondo e a tutti i suoi abitanti…

 

Nina gli si avvicinò ancora, sensuale.

 

<< Perché non chiudiamo, con questa ragazza, eh? >> fece, << Scommetto che ce ne sono un sacco di carine come lei… Anche di più, credo. Sono sicura che non faresti fatica a trovarle. E poi, se ti fa soffrire in questo modo, non dovrebbe meritarsi tutti questi scrupoli da parte tua, non credi? >>.

 

“Stronza…” pensò Xander, “Sta cercando di farmi cadere… Però non posso dire che non ha colto il problema…Come fa a saperlo?”.

 

Le rivolse un’occhiata piuttosto fredda.

 

<< Cosa pensi di saperne, tu? >> ringhiò.

 

Nina non si fece spaventare. Si mosse sul tavolo con grazia, facendogli arrivare alle narici il suo buon profumo, molto probabilmente costossissimo.

 

<< So come vanno le cose, Mark >> sussurrò, << E tu non sei il tipo da relazioni stabili… Lo vedo dai tuoi occhi. Chi sarà mai questa ragazza che ti vuole legare con un guinzaglio, eh? Nessuno può permettersi di toglierci la nostra libertà, non credi? Soprattutto chi dice di amarci… >>.

 

Nina inchiodò gli occhi azzurri nei suoi, con un ghigno sul bel volto. Era una adulatrice, una dannata manipolatrice, furba come una volpe… E amava le sfide. In quel caso, la sfida era farlo cedere.

 

<< Non è sempre come dici tu… >> sussurrò lui, nello stomaco qualcosa di pesante…

 

La ragazza si abbassò ancora di più.

 

<< Forse no… Ma quando le persone diventano un peso, perché continuare a trascinarcelo dietro? >> fece lei, << Un rapporto deve essere fatto di amore reciproco, di rispetto… E non mi sembra che lei ti stia rispettando… >>.

 

“In effetti, non mi sembra che Irina stia patendo la stessa cosa che patisco io…”.

 

“Sta solo cercando di fregarti…”.

 

Xander guardò Nina, e qualcosa nel profondo avrebbe tanto voluto fargli dire che aveva ragione… Solo la sua determinazione gli fece rimanere la lingua incollata al palato.

 

<< Che cosa vuoi da me, Nina? >> mormorò.

 

Le labbra della ragazza si inclinarono ancora in un sorriso.

 

<< Niente… >> rispose lei, << Sto solo cercando di aiutarti… Ti vedo sofferente, e non te lo meriti >>.

 

“Già, non me lo merito…”.

 

Xander scosse il capo e lo abbassò, allontanando la sua faccia da quella di Nina. Stava giocando la carta della seduzione, della lusinga… E lui poteva caderci, se voleva. Poteva lasciar perdere tutto e lasciarla vincere… Forse voleva. Voleva staccare, voleva dimenticare per un attimo di essere legato a una persona che in quel momento non provava lo stesso dolore che provava lui, che non capiva lo sforzo che aveva fatto fino a quel momento per garantirle la serenità… Voleva smettere di essere il bravo agente dell’F.B.I. e tornare per qualche ora quello che era stato prima di quella svolta, quello che se ne fregava di tutto e tutti, che non si preoccupava del dopo, del se e del ma…

 

“Non posso, non posso… Le avevo promesso che le avrei sempre detto tutto…”.

 

“Lei però non lo ha fatto… Non ha parlato dell’idea di sedurre Konstantin…”.

 

Alzò nuovamente lo sguardo su Nina, trovandola intollerabilmente bella, più bella di qualsiasi altra ragazza avesse mai visto. Perfetta, con il suo corpo sinuoso adagiato al tavolo, le sue labbra rosse e morbide, i capelli biondi, la pelle profumata… Però dentro era vuota, era insoddisfatta, come lo era stato lui ai suoi tempi. Ciò che la spingeva a voler lui, in quel momento, era il senso di sfida, la sensazione di avere uno scopo, niente di più.

 

Ma non avrebbe tradito la sua parola, non avrebbe tradito Irina. Se doveva succedere qualcosa, sarebbe accaduto solo dopo, quando avesse chiarito le cose con lei… Qualsiasi cosa fosse successa.

 

Si alzò di scatto e guardò Nina dall’alto in basso, gli occhi di ghiaccio: la trovava bellissima ma al tempo stesso la detestava, la destava con tutto stesso perché stava cercando di sedurlo, perché stava cercando di confonderlo.

 

<< Quello che passa per la mia testa sono solo problemi miei >> disse, e fece per andarsene, senza sapere che sul volto di Nina, in quel momento, si disegnò un vero e proprio sorriso di trionfo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Autostrada, Germania orientale

 

William strizzò gli occhi fissando la strada che scorreva davanti a loro a folle velocità, il sole calato alle loro spalle che ormai aveva lasciato spazio al buio della notte. Il cruscotto colorato di bianco della Veyron illuminava fiocamente l’abitacolo, le lancette che si muovevano appena, il navigatore satellitare che indicava la direzione da seguire, silenzioso.

 

Daniel, la cintura di sicurezza che gli segava il collo, dormiva con la bocca aperta, la faccia rivolta verso l’esterno. William aveva coperto il suo lieve russare alzando il volume della radio, ma lo trovava comunque irritante. Strinse il volante, gettò una rapida occhiata al tachimetro che segnava i duecento orari, e cercò la bottiglietta dell’acqua che aveva gettato di lato.

 

Lasciare la Gran Bretagna non era stato poi così difficile, ma al tunnel della Manica avevano rischiato di essere perquisiti dalla polizia: solo per caso fortuito, due spagnoli che guidavano una Ferrari rossa avevano attirato maggiormente l’attenzione degli sbirri, che avevano scelto loro come obiettivi.

 

Guidava ormai ininterrottamente da sei ore, e aveva i muscoli del collo e delle spalle contratti, le gambe indolenzite e gli occhi che bruciavano. Si era concesso pochissimo riposo da quando avevano abbandonato l’Inghilterra, e aveva lasciato il volante a Daniel solo una volta: sapeva guidare, ma gli era parso chiaramente in difficoltà quando era stata ora di tenere medie elevate come quelle che pretendeva lui. Per fortuna, in Germania c’erano tratti dove non c’erano limiti, e non correvano il rischio di essere fermati dalla polizia per aver superato i limiti di velocità.

 

Si passò una mano sugli occhi e si immise nella corsia di destra, rallentando la velocità. Individuò il cartello che segnalava una stazione di servizio e si preparò a scendere.

 

<< Sveglia, ci fermiamo >>.

 

Daniel scosse la testa e si stiracchiò, guardandosi intorno con aria assonnata.

 

<< Di già? >> fece, la voce impastata, << Che ore sono? >>.

 

William sbuffò e fermò la Bugatti in una zona appartata della stazione di servizio, accorgendosi che era necessario fare nuovamente rifornimento di benzina: l’alta velocità non faceva che aumentare i consumi di quella macchina.

 

<< Ho guidato per sei ore di fila, credo di potermi prendere una pausa >> rispose William, << Dopo tocca a te. Dovrebbe esserci un tratto che di solito è abbastanza trafficato, quindi ne approfitterò per riposarmi. A mezzanotte ci diamo di nuovo il cambio >>.

 

Daniel annuì. << Ok… Io ho bisogno di mangiare, tu? >>.

 

<< Andiamo a prenderci qualcosa… >>.

 

William chiuse l’auto e raggiunsero l’autogrill, dove sembravano esserci solo camionisti in sosta. Ordinarono un paio di caffè e si presero un panino; poi tornarono in auto, fecero il pieno e ripartirono, William questa volta seduto dalla parte del passeggero.

 

Non avrebbe dormito, non ci riusciva. Primo perché Daniel non sarebbe mai stato in grado di gestire da solo un imprevisto se mai ci fosse stato, e secondo perché era impaziente e non vedeva l’ora di arrivare a Mosca. La sua testa finiva sempre lì, a lei e a quello che le avrebbe fatto.

 

Mentre vedeva scorrere il guard-rail alla sua destra, le luci dei tir brillare nella notte, pensava. Pensava alla situazione in cui si trovava, di chi era la colpa, di che cosa sarebbe successo e poteva succedere. Di quanto le cose fossero diverse, ma di quanto lui in realtà non si sentisse cambiato. Di quanto odiasse Irina, ma di quanta voglia avesse di rivederla.

 

<< Sai… Forse non manterrò la promessa di farti conoscere la mia ragazza… >> disse, come se parlasse a stesso. Si mise le braccia dietro la testa, più comodo.

 

Daniel, il volante stretto tra le mani, aggrottò le sopracciglia ma non distolse lo sguardo dalla strada.

 

<< Cosa vuoi dire? >> chiese.

 

William fece un ghigno. << Lei non è mia ragazza >> rispose, tranquillo, << Non lo è mai stata >>.

 

Daniel sembrò ridacchiare. << Ah, allora qualcuno aveva ragione, in carcere… >> mormorò.

 

William si irritò, ripensando ai giorni passati chiuso in una cella. << Nessuno aveva ragione, perché nessuno sapeva come stavano veramente le cose >> ringhiò, << Non era la mia ragazza… Era mia e basta >>.

 

Daniel sembrò non capire.

 

<< Questo cosa vuol dire? >>.

 

William ghignò di nuovo: aveva voglia di parlare, di parlare di Irina, forse per mettere ordine nelle sue idee, o forse solo per vantarsi di lei. Perché anche se non era mai stata la sua ragazza, né era sempre stato orgoglioso…

 

<< Voglio dire che se la conoscerai, non potrai fare a meno di rimanerne affascinato >> rispose.

 

Se non avesse guidato, molto probabilmente Daniel si sarebbe girato a guardarlo in faccia per capire se lo stava prendendo in giro oppure no. William si mise comodo sul sedile e continuò: << Se solo volesse, potrebbe rivoltarti come un calzino, potrebbe riuscire a farti fare esattamente quello che vuole lei senza che tu te ne accorga… >>.

 

<< Questo lo avevo capito… >> disse Daniel, << Una che parte per la Russia e va a fare delle gare clandestine per liberarti deve per forza avere le palle… >>.

 

William sorrise. << Non è come pensi tu >> disse, << Te la stai immaginando nel modo sbagliato. Quando la vedrai in faccia, ti chiederai se non ti abbia veramente preso in giro… >>.

 

Stava per descriverla, per descrivere Irina com’era veramente, e non come la costringeva a essere lui: semplice, naturale, ma sempre con quella tempra che trasformava il suo sguardo… Ma poi si rese conto che Daniel non avrebbe capito, non poteva capire… Irina era un controsenso, qualcosa che sembrava conciliare gli opposti: bella e semplice, forte e debole, adulta e bambina. Doveva vederla per rendersi conto di chi fosse la ragazza che aveva incastrato lo Scorpione.

 

<< Se ti dicessi che è riuscita a farmi arrestare, cosa penseresti? >>.

 

Daniel si voltò a guardarlo per la prima volta, la bocca aperta.

 

<< Non prendermi per il culo… >> sussurrò.

 

William sorrise. << Non ti sto prendendo per il culo… E guarda la strada >>.

 

Daniel tornò a fissare lo sguardo davanti a sé, ma non sembrava credere alle sue parole.

 

<< Stai dicendo che stiamo correndo verso una traditrice? >> ringhiò, arrabbiato.

 

William sorrise.

 

<< Sì >>.

 

Per un attimo credette che Daniel fermasse l’auto e facesse inversione, senza curarsi di dove si trovavano; invece apprezzò il suo sangue freddo nel dire solamente: << Spiegati, non capisco >>.

 

<< Irina era la numero tre della Black List >> disse William, tranquillo, << Lavorava per me per pagare i debiti di suo fratello… Ma non era solo una mia pilota, era anche l’unica donna al mondo che mi abbia sbattuto in faccia il suo no secco e diretto >>.

 

<< Non ci credo… >>.

 

<< Per quale motivo credi che, oltre che per omicidio, io sia stato condannato anche per violenza sessuale? >> ribatté lo Scorpione, irritato, << L’ho violentata, e non sai quante volte. Lei era mia, la mia pilota, mi doveva un sacco di soldi, e non ha mai avuto il coraggio denunciarmi alla polizia… Lo ha fatto solo una volta, ma quando ha capito che ero troppo forte per lei, ha lasciato perdere. Era mia, nessun’altro poteva metterle gli occhi addosso, nessun’altro poteva girarle intorno senza che io lo volessi… >>.

 

Nella sua voce non c’era orgoglio, ora, c’era una profonda amarezza, dovuta all’umiliazione che aveva subito, che aveva patito e che non avrebbe mai dimenticato.

 

<< Due anni fa è arrivato uno sbirro dell’F.B.I., che si è infiltrato tra noi >> continuò, sentendo la rabbia crescere, << Si chiamava Alexander Went, e si è spacciato per un pilota clandestino… E ha incontrato lei. Sapevo tutto dall’inizio, i miei contatti mi avevano informato che Went era un poliziotto, ma l’ho lasciato fare. Avevo voglia di giocare, di vedere fin dove fosse riuscito ad arrivare… Non avevo calcolato che Irina lo aiutasse, che facesse il doppio gioco per lui… E che se ne innamorasse >>.

 

Il suo tono era di ghiaccio, gelido, ma qualcosa dentro di lui gli procurò un dolore acuto nel pronunciare quell’ultima frase. Perché Went e non lui?

 

<< Alla fine ho costretto Went a fuggire, ma quando ha scoperto chi avevo all’interno dell’F.B.I. è tornato indietro. Ho preso Irina come ostaggio, perché con lei a farmi da scudo Went non avrebbe osato fare mosse azzardate. Era cotto di lei, era pronto anche a lasciarmi fuggire… Se Dimitri non mi avesse tradito, non ci avrebbe trovati… Ho sfidato Went sull’autostrada, ma mi ha battuto >>.

 

Aveva snocciolato quegli eventi velocemente, con voce piana, senza sentimento, ma in realtà dentro ribolliva. Non avrebbe raccontato di come aveva pregato Irina di dargli una scusa per non ucciderla, di come si era reso conto che dipendeva da lei più da qualunque altra persona… Non avrebbe detto che l’aveva bramata più di qualsiasi cosa avesse avuto in tutta la sua vita.

 

<< Quindi è per colpa sua se sei stato arrestato >> disse Daniel.

 

William guardò fuori dal finestrino.

 

<< Sapevo tutto, potevo rimandare Went da dove era venuto senza problemi >> rispose, << Avevo il mio infiltrato, potevo controllare la situazione… Non potevano prendermi, se non lo avessi voluto. L’errore che ho commesso è stato quello di volerla tenere per me, di non voler uccidere Irina al momento giusto. Se lo avessi fatto, non sarei mai stato catturato. Al massimo sarei stato costretto alla fuga, ma sarei rimasto libero… >>.

 

<< Allora perché stiamo andando a Mosca? >> chiese Daniel.

 

<< Per uccidere Dimitri, e per trovare Irina >> rispose lo Scorpione, << Per scoprire perché non sta più con il suo sbirro, perché è tornata a fare la pilota… E per ucciderla, perché sono sicuro che qualsiasi cosa stia facendo, mi odi ancora >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Los Angeles – Sei anni prima

 

Irina è seduta di fronte a lui, nello studio luminoso e pulito di casa Challagher. E’ spaventata, lo vede, ma non vuole farlo capire, e continua a guardarlo con quel misto di sfida e strafottenza che gli ricordano tanto le sue. Ha ancora in mente la voce di Dimitri che gli dice: “Irina ha gareggiato, ieri sera… E ha vinto”.

 

<< Cosa ti passa per la testa? >> domanda William, accendendo la sigaretta che tiene in bilico tra le dita.

 

<< Hai detto di voler indietro i tuoi soldi >> risponde secca lei, << E di farci fuori tutti se non li riavrai… Non abbiamo un milione di dollari, e credo che non li avremo mai. L’unico modo che ho per pagare il debito di mio fratello è provare a gareggiare per guadagnare qualcosa >>.

 

Lo Scorpione vorrebbe riderle in faccia, ma non ci riesce. Il tono serio di Irina lo lascia senza parole… Pagare il debito di suo fratello? Come spera di poter racimolare un milione di dollari facendo qualche gara in macchina?

 

<< Stai dicendo sul serio? >> chiede, la boccata di fumo che si dissolve leggera nell’aria.

 

<< Sì >> risponde Irina, e non c’è tremore nella sua voce, << Non li abbiamo, tutti quei soldi… E Dominic non si farà rivedere, anche perché non so dove rintracciarlo. L’unica alternativa che ho è questa, mi sembra. So che hai dei piloti che lavorano per te… >>.

 

William è basito. Quella ragazza si sta offrendo di ripagare il debito di suo fratello facendo la pilota clandestina… Non ha mai visto nessuno fare una cosa del genere.

 

<< Vorresti lavorare per me? >> chiede, ma non è una proposta, la sua. Non per il momento.

 

Sul volto di Irina si dipinge un piccolo sorriso.

 

<< Se tu me lo permetti >> ribatte.

 

William sorride a sua volta. I suoi occhi si soffermano sul suo viso: è una bella ragazza, deve ammetterlo. E ha anche capito che forse è rimasta affascinata da lui, come qualsiasi altra donna che gli è capitata davanti.

 

<< E’ vero, ho dei piloti che lavorano per me >> dice, << Fanno parte di quella che viene chiamata Black List… Ne hai sentito parlare? >>.

 

Irina annuisce. << Sì, ma non so bene come funziona… La gente non è stata molto disponibile nei miei confronti… >>.

 

<< Hai infastidito qualcuno, vincendo >> spiega William, fissandola, << Dalle nostre parti non si vedono piloti donna, a parte qualche raro caso… Hai ferito l’orgoglio di alcuni di noi >>.

 

Irina sembra divertita, e lo è anche lui. Anche se sembra fuori posto, quella ragazza appare stranamente determinata e in qualche modo molto più forte di quanto possa sembrare. William rimane colpito, guardando il suo volto liscio e delicato, tanto simile a quello di una bambina ma con gli occhi di una donna.

 

<< Davvero vorresti diventare la mia pilota? >> chiede William, avvicinando il posacenere, senza distogliere gli occhi da lei.

 

Irina diventa seria, e un’ombra passa nei suoi occhi da cerbiatta. << E’ l’unica alternativa che ho… A meno che le tue minacce non siano finte >>. Non c’è speranza nella sua voce.

 

Lo Scorpione spegne la sigaretta, osservando quella ragazza giovane e molto bella che ha davanti. Non la conosce, sa poco e niente di lei, eppure non può che esserne affascinato… Tuttavia, deve dimostrare che lui è uno da temere, che non cede di fronte a niente…

 

<< Le mie minacce non sono finte >> dice, a bassa voce, << Dominic ha un debito, e i debiti vanno saldati… Ha cercato di fregarmi, e non perdono questi affronti… >>.

 

<< D’accordo, allora sono disposta a farmi carico del suo debito >> lo interrompe Irina, quasi a non voler sentire cosa ha da dire, << Pago io per lui… Anche se non so quanto tempo ci impiegherò >>.

 

William la guarda, senza capire cosa passi nella testa di quella ragazza. << Perché vuoi fare una cosa del genere? >>.

 

Irina abbassa gli occhi. << Sono abituata a pagare per i miei fratelli >> risponde a bassa voce.

 

William tace. C’è qualcosa che gli dice che quella ragazza è abituata a lottare, ma che è anche incredibilmente stanca… Più vecchia di quanto dovrebbe essere.

 

<< Quanti anni hai? >> domanda lo Scorpione.

 

<< Diciotto >>.

 

William la fissa. Aveva intuito fosse giovane, ma non così tanto… Allora non sembra poi tanto piccola, lo è veramente.

 

Gli occhi di Irina lo scrutano, a metà tra l’impaurito e lo sfrontato. Per essere poco più che una bambina, quella ragazza ha carattere: nonostante abbia paura, si offre di legarsi a lui…

 

Tutto sommato, non sono i soldi che gli interessano. Un milione di dollari non sono poi gran che, valutando anche che in realtà ne ha prestati a Dominic molti di meno: la maggior parte sono interessi, maturati in seguito ai suoi diversi tentativi di “intimidazione”… Averli o non averli indietro non gli cambia la vita, ma è il fatto di essere stato gabbato a dargli più fastidio. Non si gioca con lo Scorpione, e tutti lo devono sapere.

 

“Quando sono andato a casa di Dominic, non credevo che mi sarei ritrovato davanti a questo… Ha le labbra da bambola”.

 

I suoi occhi tornano a guardare Irina, seduta immobile, e la ragazza arrossisce di colpo. L’occhiata che le ha gettato è stata particolarmente eloquente… Anche se è giovane, Irina lo attira molto, fisicamente.

 

Ghigna. Potrebbe essere interessante avere a che fare con lei… Non sembra la tipa da una notte e via, ma di sicuro riuscirà a scioglierla… Ne ha viste di ragazze di quel genere, e molte a letto erano delle tigri, a dispetto delle apparenze…

 

Potrà anche essere brava al volante, ma non è sicuro che possa tornarle utile. Magari alla fine si scopre che sono state tutto un caso, le poche vittorie che ha guadagnato…

 

In tutta sincerità, non ha nessun motivo per doverla accettare tra i suoi piloti: ne ha già abbastanza, e di sicuro non riavrà mai i suoi soldi. Oltretutto è troppo piccola per poter vantare qualche esperienza, e sarebbe la pilota più giovane di tutto lo Stato…

 

Però qualcosa di lei lo attira come una calamita. Nonostante la sua faccia pulita, senza trucco, nonostante la sua maglietta scura che nasconde egregiamente le sue forme, la trova sensuale. Basta l’espressione dei suoi occhi scuri a catturarlo: non ha mai visto nessuna ragazza come lei.

 

<< Ci sono delle condizioni, se vuoi essere la mia pilota >> sussurra, mentre nella sua testa prende forma un’idea.

 

<< Quali? >> chiede Irina.

 

<< Dovrai fare ciò che ti dico >> spiega William, << Tutto, anche se non ti andrà a genio. In cambio io lascerò in pace la tua famiglia e tuo fratello. Mi pagherai con i proventi delle gare che riuscirai a vincere, e sbrigherai per me alcune faccende. E dovrai ricordare una cosa: mai mettersi contro lo Scorpione >>.

 

Irina sembra trattenere il respiro per un attimo, i suoi occhi che si abbassano impercettibilmente.

 

<< Tutti? >> chiede, la voce piccola piccola.

 

<< Tutti quelli che riterrò tu possa portare a termine >> risponde William, e un sorriso gli affiora tra le labbra.

 

Non vuole spaventarla; vuole vedere fin dove potrebbe arrivare.

 

<< Per il resto, sarai libera di fare quello che vuoi >> continua, << Essendo una mia pilota, potrai provare ad entrare nella Black List, e far parte del mio giro >>.

 

Irina annuisce, guardandolo.

 

<< Lascerai in pace la mia famiglia? >> dice, come per essere sicura delle condizioni.

 

<< Hai la mia parola >> risponde William, << Tu diventerai la mia pilota, e io cancellerò dalla mia memoria le loro facce… Rimarremo solo tu e io, in questa storia. Accetti? >>. Le porge la mano aperta.

 

Irina trae un sospiro, poi annuisce. << Accetto >>. Stringe con la sua manina la sua, e sorride, certa di aver salvato la sua famiglia e forse anche se stessa, mentre William sente il braccio diventare caldo, e qualcosa serrarglisi nello stomaco…

 

Perché solo in quel momento si rende conto che forse quella ragazza non è lì per caso, che forse non è una qualunque… Quella stretta gli trasmette la sensazione che sia stato il destino a farli incontrare, e non sa che quel pensiero diventerà presto una convinzione… Non sa che intrecciando la mano con quella piccola di lei, ha scritto la pagina più importante della sua vita, ha segnato per sempre il suo futuro… Non sa che l’idea che si è fatto, quella di aggiungerla tra le sue conquiste, è solo uno stupido piano destinato a fallire. Non sa che Irina non sarà come le altre, che non vincerà mai con lei… Non sa che diventerà la sua ossessione, il suo chiodo fisso, la sua debolezza…

 

Come lei che non sa che quello che ha davanti sarà la sua rovina, il suo incubo, il mostro da cui da sola non riuscirà mai a fuggire… Che le strapperà l’anima, che si insinuerà dentro il suo cuore e che lo lacererà come mai nessun’altro. Che la farà morire e rinascere tante e troppe volte.

 

E con quella stretta di mano, nessuno dei due sa che ha firmato la sua sconfitta.

 

<< Benvenuta nel mio mondo, bambolina >>.

 

 

 

 

 

 

 

  
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