Nate odiava con tutte le sue forze il 24 agosto. Tutti gli anni si ripeteva la stessa storia, per quanto cercasse di allontanare le persone, esse trovavano sempre un modo di stargli tra i piedi. Lui ovviamente sapeva benissimo la natura di questa ossessione nei suoi confronti: Era senza dubbio il più intelligente della Wammy’s House, ma non ne aveva certo il bisogno che glielo ricordassero sempre.
Tutti i bambini sicuramente vorrebbero avere le sue stesse doti, ma a lui, queste doti non piacevano affatto. Lui voleva essere normale. Si, normale. Era molto faticoso guardare il mondo con i suoi occhi. Occhi critici, assetati di ragione e logica. Non riusciva ad apprezzare le cose semplici come i sentimenti. Per lui tutto doveva avere una logica precisa, oppure non poteva essere altro che un mito, una teoria fondata sulla fantasia, sulla necessità dell’uomo di rispondere alle sue domande ricorrendo a elementi mistici, che non hanno bisogno di essere provati. Ma lui sosteneva che tutto ciò che appartenesse al mondo degli uomini doveva poter essere provato, era ovvio che un qualcosa la quale esistenza non fosse basata a delle prove concrete, fosse argomento di discussione.
Non sorrideva mai,
rifiutava completamente l’ottimismo. Gli ottimisti tendono a guardare "il lato positivo
delle cose" e ad assumere la buona fede nelle persone… Le persone
deludono. Non si può mai pretendere che qualcuno abbia un certo atteggiamento
verso un qualcosa, ogni individuo è considerato unico per avere un’idea
propria, individuale e differente riguardo ad un certo argomento o situazione.
Non capiva la fede, non riusciva a trovare un senso nei sentimenti.
Principalmente nell’amore… ma neanche nella speranza. Nate era un Nichilista,
accettava la sua miserabile posizione e la sua difficoltà nel provare
sentimenti positivi, considerava inutile alimentare qualsiasi speranza che si
trovasse aldilà della sua portata. Aveva già sofferto troppo in soli
quattordici anni di… Chiamiamola “vita”. Era veramente triste, la vita di un
genio.
Era seduto per terra, circondato dai soliti
giocattoli. Teneva in mano un piccolo e sporco robot… Un modello molto vecchio,
che gli fu regalato circa undici anni fa. Il giocattolo che teneva in mano
quando arrivò alla Wammy’s. Aveva quattro anni ma era lontanamente paragonabile
ad un suo uguale in età. Era da quel maledetto giorno del 1998 che odiava la
sua maledetta intelligenza. L’intelligenza era tutto ciò che gli era rimasta.
Il resto gli fu strappato via, in quello stesso giorno. Odiava la sua
intelligenza perché avrebbe preferito mille volte crescere all’oscuro di quella
verità che gli aveva bloccato la voglia di vivere ad appena quattro anni, che
capire da solo tutto quanto accadde il quella notte maledetta. Maledetta quanto
lui e la sua rapidità logica.
Bussarono alla porta.
-
Avanti.
Mail entrò, euforico.
Aveva un sorriso esageratamente allegro, aveva aspettato quel giorno con grande ansia ed era pienamente fiero del
regalo che era riuscito a preparare. Nate aspirò due odori fortissimi, che si
contrastavano.
- E’ inutile che cerchi di nascondere l’odore della
sigaretta con della lozione, Mail.
Il ragazzo rosso
allargò gli occhi, ma cercò subito di mascherare l’azione involontaria
assumendo un’ espressione sarcastica
-
Ma cosa blasfemi, tu?
Nate scivolò
lentamente per il pavimento. Prese la mano di Mail ed inalò il suo profumo.
-
Vedi, Mail, non ti sei neanche curato di lavarti le mani. E
poi, l’odore che hai addosso è veramente forte. E’ sicuramente uno dei profumi
importati di Mihael. Anche perché tu non hai profumi, sei allergico.
-
Ma…
Nate sfiorò
lentamente il collo di Mail.
-
Hai il collo completamente irritato, sai.
Mail si sbrigò a toccare il proprio collo.
Non sentiva nessuna anomalia nella superficie della sua pelle.
- Perché mi devi sempre prendere in giro? Non
è giusto!
Che grande ironia. Davanti a sé Nate aveva
un ragazzo pieno di sentimenti e emozioni. Un ragazzo a cui piaceva stargli
accanto ma non per la sua intelligenza, ma per un qualcos’altro che lui non
riusciva a capire.
-
Tu non vuoi da me cosa vogliono tutti gli altri, eppure mi
cerchi. Allora cosa vuoi da me?
-
Non sono io che voglio qualcosa da te. Sei tu che hai
bisogno di avere qualcosa da me.
-
Spiegati.
Mail non credeva esistessero cose che dovevano
essere spiegate a Nate, ma si rese conto che in quel momento lui avesse bisogno
di capire questi famosi sentimenti ai quali non era mai riuscito ad attribuirne
un significato.
- Tu hai bisogno di un amico. Vedi, sei
quotidianamente circondato da molte persone che ti sembrano tutte uguali. Ti
sembrano uguali perché non ti rappresentano nulla… Per potertelo spiegare mi
devi dire una cosa. Tu mi vedi come vedi tutti gli altri?
Forse Mail fosse l’unica persona che avesse
mai avuto l’opportunità di guardare Nate come un bambino della sua età dovrebbe
essere guardato. Forse quello era ( e sarebbe stato ) l’unico momento in cui ci
fosse stata la possibilità di guardarlo così. Era fantastico ciò che sentiva il
rosso in quel momento: Era stato in grado di insegnare qualcosa a Nate. Era
fantastico anche ciò che sentiva il piccolo albino: Era stato in grado di
trovare qualcuno che si sentisse all’altezza di spiegargli qualcosa. Mail non
si era mai sentito intimidito dalle capacità di Nate.
-
Riuscirei a riconoscerti facilmente in mezzo alla folla.
-
Ecco. Questo perché siamo amici. Abbiamo un legame.
-
Un legame. Siamo quindi collegati. Facciamo parte di una
stessa catena che…
-
… E’ inutile se fai così. Non è che io non riesca a
spiegarti di più; è che non può proprio essere spiegato. Non è fatto per avere
una spiegazione. Siamo amici, tutto qua.
Nate si mise a giocare con una ciocca dei
suoi capelli, fissava il pavimento. Aveva la sua solita espressione di profonda riflessione.
-
Amicizia. E come lo chiami il tuo legame con Mihael?
Nate fissava ancora il pavimento. Mail
deglutì seccamente. Che significava “Come lo chiami…” ?
-
… Amicizia.
-
No. E’ diverso. – Il suo tono era convinto. Lui lo sapeva.
– Vedi, lo si può notare dai tuoi occhi. Diventano di un verde chiaro e
limpido, quando guardi Mihael. Ah, e brillano. Lo stesso vale per Mihael, ma
lui lo nasconde… come se sentisse che questo fosse sbagliato. Non ti sei mai
reso conto che non ti guarda mai negli occhi? E poi, nel giorno del vostro
incontro… La prima cosa che ti ha detto, è che gli ricordavi Biancaneve. Non ti
sei mai chiesto il perché?
Si, si era già reso conto… Ma Mello una
volta gli aveva spiegato che non riusciva a tenere fermo lo sguardo su di
niente allora non gli chiese più niente al riguardo… E invece sulla natura di quello
strano, e anche abbastanza odioso, paragone, lui non ne sapeva niente.
-
Dobbiamo andare, ti aspettano tutti. E poi, devi
assolutamente aprire il regalo che ti ho fatto!
Mail sorrise,
decidendo di ignorare completamente ciò che aveva appena sentito per il
semplice fatto di non sapere come ribattere. Ma Nate aveva ancora voglia d’
imparare ciò che non comprendeva. Nate sentiva di non farne parte di questo
misterioso mondo di sentimenti e emozioni, e voleva capire il perché. In fondo
erano molto simili, loro due.
-
Sei coperto di ricordi brutti, come me. I tuoi genitori
sono morti, come i miei. E tu sorridi. Perché sorridi?
-
Devi svincolarti di questi ricordi che ti fanno soffrire.
Appoggiò la mano sulla spalla di Nate. Questi alzò la testa e lo guardò.
Dritto negli occhi. Quegli occhi grigi e critici, pozzi profondi di acque
turbolente, che s’incontravano con quelli verdi e vividi, sintomi di energia e
voglia di vivere. Si contrastavano, si studiavano. Non si erano mai incontrati
prima, non si conoscevano. Quelle enorme sfere grigie si tirarono indietro.
-
E’ impossibile svincolarsi di un ricordo. Non puoi fare
finta che non sia mai successo.
-
Tu non sai se è possibile o impossibile. Non lo so sai
perché non hai provato a svincolarti. Non vuoi provarci perché i ricordi che ti
fanno soffrire sono davvero brutti, ma sono anche gli unici che hai della tua
famiglia.
Nate uscì dalla camera seguito da Mail.
Nessuno di loro voleva insistere troppo in un argomento così appuntito…
Tutti i regali erano disposti nell’ultimo
tavolo della mensa. Nate non ne aveva affatto la voglia di aprirli in quel
momento, ma almeno quello di Mail doveva aprirlo, il rosso ci teneva davvero
tanto.
Si sedette di fronte al tavolo e osservò
dall’esterno il regalo. Era molto grande e abbastanza pesante… Lo aprì
lentamente, scoprendo un fantastico robot, completamente attrezzato. Ci poteva
fare qualsiasi cosa con quello aggeggio! Gli piaceva. Era senz’altro un bel
regalo. E poi, Mail ci aveva messo veramente tanto impegno nel farlo. Si alzò.
-
Suppongo di doverti abbracciare, siamo amici.
Ma non diede a Mail il tempo di rispondere.
Lanciò le sue minuscole braccia intorno al collo dell’amico, per farlo dovette
addirittura mettersi in punta di piedi.
Mail non sapeva bene che fare. Non sapeva
manco cosa avrebbero pensato gli altri davanti ad una scena più unica che rara.
Guardò disperatamente in giro e trovò Mello, a qualche metro di distanza. Aveva
un’ espressione strana… Cercava di capirla quando il biondino si girò e corse
via.
-
Mello… Era strano… C-Corse via… Io…
-
Avrà clamorosamente frainteso la situazione. Tu lo sai il
perché. Lo sai…E lo senti anche tu. Non devi avere paura.
Nate lo lasciò. Mail lo guardò per qualche secondo… Quelle
parole erano esattamente quelle che cercava da sempre. Corse il più veloce che
poteva… Doveva trovare Mello. Era talmente ovvio… Si capiva dai loro occhi. Per
quanto volessero convincersi del contrario, i loro sguardi gli smentivano
sempre. Doveva assolutamente spiegare a Mello che amare non era affatto un
peccato.