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Autore: Seratul    27/10/2010    0 recensioni
Lean è un ragazzo che vive in una tranquilla e anonima città italiana, che vive la sua vita con forte introspezione. L'amore per la bella e irraggiungibile Valeria, una ragazza lesbica, metterà a dura prova il suo cuore, con risvolti bizzarri che lo porteranno a cercare il suo vero io. Cosa sei disposto a fare per amare?
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il buio del sonno era tutto intorno a me. Cercai la prova di essere morto.
Come fai a capire se sei morto o vivo?
Alcuni dicono che dovresti vedere un lungo tunnel con una luce bianca in fondo, ma no, niente, non la vedo.
Che sia ancora vivo allora?
Diavolo Lean non ti riesce nemmeno suicidarti con serietà. Sei proprio un fallito.
Oddio ma con chi sto parlando?
La mia voce interiore, la mia psiche, il mio subconscio, non so come definirlo.
Niente. Non sento niente che definisca uno stato di morte. Allora forse sono ancora vivo.
Sentivo la sensazione dei muscoli. L'intorpidimento da "mi sono appena fatto una nuotata in un cascata".
Tentai di aprire gli occhi, ma senza successo.
Dai pappamolla, prova ancora sei vivo!
Provai di nuovo e fu quello il momento, in cui riuscii ad aprirli legermente.
Una intensa luce bianca filtrava.
Dove diavolo ero, in paradiso? Allora ero morto sul serio. finalmente un po' di sollievo. iente piu soffrire per amore, niente rodersi il fegato per una relazione che non puoi ottenere.
O forse no?
- Ehi ragazzo... Lean. Rispondimi se riesci a sentirmi. -
Una voce ridondante mi entrava nelle orecchie. Sembrava quella di un angelo, o di un risultato di una botta da morfina.
Oddio forse sono in ospedale. Sono vivo allora.
Aprii gli occhi e mi ritrovai quella luce bianca, che violentava i miei occhi.
Tanto che mi misi una mano davanti alla faccia.
La mano! Muovevo la mano. Forse non ero così intontito come credevo.
- D-dve sono? - chiesi stordito dalal luce abbagliante.
- Sei in ospedale Lean. Ti hanno rispescato dal fiume. -
Daccordo, era assodato che il progetto suicidio non era riuscito una granchè. Che cavolo! Uno tenta di farla finita con tutta la sofferenza che la vita provoca, e quella continua a ridondarti sulla faccia, come una cane che ti lecca fastidiosamente ogni volta che entri in casa.
Ok, è l'ora di fare i conti con la realtà.

- Hai fatto un bel volo dal ponte.. è un miracolo che tu sia vivo. Qualcuno lassù deve volerti bene. - disse mentre sistemava qualcosa nei pressi della flebo.
Quando riuscii ad avere la completa capacità di vedere, scorsi con chi parlavo.
Un infermiera. Una bella infermiera.
L'abbigliamento da ospedale non lasciava molto all'immaginazione, ma i lunghi capelli castani e il viso minuto lasciavano capire il tipo di fisico.
Una bella ragazza sulla ventina, probabilmente uscita da un servizio di volontariato.
Mi alzai per la lunghezza del mio busto, e mi accorsi di assere dentro un lungo camice, completamente nudo sotto. Ritrassi le coperte come per coprire le mie vergogne, come se fossi davvero nudo. Che cosa stupida.
Lei mi guardo in modo stranito, poi sistemata la flebo, uscì dalla stanza molto tranquilla.
Volevo uscire da li.
Afferrai le coperte e me le tolsi da sopra le gambe, per riuscire ad alzzarmi dal letto.
Mi issai sulle mie gambe, presi la flebo e me la portai dietro.
Ma perchè lo stavo facendo?
Mi tolsi l'ago dal braccio e mi inolrai verso la porta della camera.
In corridioio era pieno di gente ma non m'importava. Avanzai tranquillo, ma, come se fossi un una spece di carcere di massima sicurezza, l'infermiera di prima mi inquadrò subito.
- Ehi! Ritorna in stanza! Non sei ancora in condizioni di essere dimesso, ritorna nella tua stanza.-
- Devo andarmene, non voglio stare qui. - dissi con tono irritato.
Lei mi si pose davanti e mi afferrò per un braccio. Con fare molto seducente mi si pose di fronte e mi sussurrò molto vicino.
- Andiamo, rimani qui per ventiquattrore. Ho sentito che sta per arrivare qualcuno a trovarti. Una ragazza.-
Un immagine mi si pose in mente. Lei. Forse davvero lei. si sarebbe preoccupata per me e mi sarebbe venuta a trovare. Magari la compassione avrebbe aiutato. Magari un bacio rubato, non so.
Mi convinsi di rimanere li in camera.
Tornai indietro e mi rimisi a letto, pronto ad affrontare un giornata intera, ad aspettare lei, che arrivasse o no la aspettavo.

Tempo trenta minuti e l'infermiera tornò nella mia standa. Sempre la solita.
Chissa se assegnano un infermiera sola a camera o se fanno a turni tra stanza e stanza.
Fondamentalmente chissene importa.
Volai lo sguardo verso la finestra che dava fuori. Un cielo bianco, immacolato. Probabilmente il tempo segnava neve.
Ad un tratto sentii uno strano formicolio percorrermi i muscoli.
Mi voltai verso l'infermiera e vidi che aveva premuto un pulsante bianco. Penso fosse quello per la morfina.
Cavolo. Mi aveva fregato. Non sarebbe venuto nessuno a trovarmi, lei non lo sapeva, non era in città. Che stupido.
Fregato da un'infermiera per farmi tornare in camera e drogarmi per farmi stare buono.
L'effetto della morfina entrò in circolo velocemente, e in poco tempo fui di nuovo nel mondo dei sogni.
   
 
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