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Autore: IsabellaVivianne    27/10/2010    4 recensioni
Arthur boccheggiò per alcuni istanti, rosso in viso [...] Il viso di lei era la perfezione e gli occhi brillavano, blu come la notte.
A Merlin il respiro si mozzò in gola. perchè era bella, bella, dannatamente bella!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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elfin emrys: Lo so, l’attacco nella foresta è banale,ma è il più consono agli scopi di questa fic ;)                                
Grazie mille per aver recensito e spero che ti piacerà anche il secondo capitolo, ancora sull’onda del banale che ti assicuro abbandonerò più avanti! =D

Murasaki: in realtà non è Arthur ( per quanto sia un regal asino ) ad andare contro i famigliari della pulzella, ma è il ragazzo castano ad attaccarlo prima che lui abbia l’opportunità di spiegarli che sta dalla sua parte. Spero di essermi spiegata ;)                                                                                                                                
Ti ringrazio per i preziosi consigli che, per come la vedo io, sono sempre utilissimi! Ti “prometto” (non so se è il termine azzeccato XD) colpi di scena, ho già fissato la trama e quindi ne sono arci-sicura. =D                                                                                                                                                                                
Ancora grazie per la recensione! =)

Fenis79: Grazie mille per i commenti così carini! Sono veramente contenta! Passerò di sicuro a leggere la tua fic, promessa di scout! ;)   




CAPITOLO II           


 

Il ragazzo si sbrigò a impugnare nuovamente la spada e Arthur ne sentì il freddo metallo contro la gola.                      
Gli occhi del primo erano vigili e attenti , concentrati sul suo avversario.                                                               
Alle sue spalle la ragazza che continuava a piangere.                                                                                                                                     

<< Riponila. >> intimò il principe, con voce calma. << Non ti servirà. >>                                                                               
<< Sei uno di loro? >> ruggì l’altro, indicando con la testa i cadaveri.                                                                                    
<< No. >>  rispose candidamente Arthur  corrugando la fronte, evidentemente infastidito da tale paragone. << E dovresti imparare a riconoscere chi vuole aiutarti e chi no. >>                                                                                                                          
Il giovane titubò per alcuni attimi, punto sul vivo, poi abbassò la spada. << Pensavo… pensavo solo a difendere mia sorella! >>


I cavalli procedevano al galoppo, veloce, veloce, sempre più veloce.                                                                                                               
La fanciulla era stretta al petto del ragazzo castano e il lungo mantello bianco oscillava al ritmo della corsa.                  
Era di corporatura sottile, piuttosto alta e dalla pelle bianca come la neve. Ma il viso: quello era rimasto precluso sia a Merlin che ad Arthur.        
E a entrambi i suoi singhiozzi riaprivano ferite profonde.                                                                                                                  
Merlin aveva da poco perso il padre e Arthur viveva dalla nascita senza l’affetto della madre.                                            
Chi poteva capirla meglio di loro? 

<< Isabella… >> la chiamò il ragazzo con voce flebile.                                                                                                  
La giovane era china sul cadavere del padre e stringeva fra le piccole e bianche mani quella enorme dell’uomo.                  
<< Isabella. >> riprovò con tono leggermente più forte ma privo di una qualsiasi inflessione.                                                         
<< E’ morto William! Morto! >>esclamò lei, con voce isterica e gracchiante.


Merlin si chiuse nelle spalle e si sforzò con tutto se stesso di non pensare.  Di non pensare al viso di Balinor, immobile, sempre più freddo. Alla sua perdita, più feroce e pesante che mai e pronta, in quel momento, a gravargli sul petto come un enorme macigno. Ricacciò con un moto d’orgoglio le lacrime e serrò i pugni intorno alle redini. Arthur lo stava fissando. Merlin fece finta di non accorgersene e tirò dritto, lasciando che il vento feroce gli sferzasse le guancie e allontanasse la sofferenza.                                                                                                                       

 

***

 

I cavalli si arrestarono di fronte alle scalinate che portavano al cuore di Camelot: il palazzo del re.                                                
Le guardie accorsero sbattendo continuamente le pesanti lance di ferro contro gli scudi decorati col drago rosso, ma quando riconobbero Arthur si tirarono rispettosamente indietro.                                                                                              
Il principe scese velocemente dal destriero. Accarezzò il fianco della sua giumenta e tirandola da parte affidò le redini a Merlin, già dietro di lui, col volto pallido e provato. Ad Arthur non era sfuggita la sofferenza negli occhi azzurri del servitore; una sofferenza che lui provava continuamente giorno dopo giorno, una sofferenza che credeva lo rendesse debole. Sentiva la mancanza della madre sempre, sempre, continuamente. E si sentiva tremendamente in colpa. Inutile negarlo, inutile tentare di nasconderlo. Igraine non c’era e la colpa era sua, sua e della sua nascita.       
I due si fissarono per qualche secondo, poi, il principe volse lo sguardo ai suoi ospiti.                                                                        
Isabella, con ancora il cappuccio calato in testa, era aggrappata al braccio del fratello che lo fissava a sua volta. Un viso muto e al contempo ricco di domande inespresse.                                                                                                     

<< Seguitemi. >> mormorò Arthur, alzando la testa e gonfiando il petto. Lui era il principe ed era forte.   


 

***
                                                                                               

 

Merlin odiava mettersi in mostra di fronte a Uther, poiché ciò scatenava violenta ansia e atroce patimento. Temeva che gli occhi del sovrano riuscissero a leggere ciò che teneva nascosto. La magia che costituiva la sua forza più grande.                                                
Purtroppo per lui, l’udienza era cominciata.                                                                                                                           
William era in piedi al centro della sala. Si era cambiato d’abito e lavato la faccia, ma gli occhi erano ancora rossi e gonfi. Sul viso albergava un’espressione provata e stanca.

<< Stavamo venendo a Camelot, Sire. >> incominciò il giovane << Io, mia sorella e mio padre. La nostra scorta è stata attaccata appena siamo passati al fianco della foresta. Siamo riusciti a fuggire per miracolo, ma ci hanno raggiunto. Il comandante della nostra guarnigione, Tewdric, è stato ammazzato come un barbaro mentre tentava di aprire una via di fuga ai suoi signori. Sono qui di fronte a Lei, Uther Pendragon signore di Camelot, grazie all’intervento del principe Arthur. >>

La voce era venuta a mancare in molte cadenze e William si era pian piano stretto nelle spalle, nella fragilità che sembrava circondarlo come un alone impenetrabile.                                                                                                                        
Nessuno dei presenti fiatava e Merlin non sapeva come interpretare ciò.                                                                                              
Il giovane mago prese a fissare il suo signore e nei lineamenti contratti di Arthur non poté non leggere l’opprimente senso di colpa che lo divorava. Era ovvio che il principe si sarebbe addossato tutte le responsabilità dell’accaduto: non era riuscito a salvare un uomo. Ciò bastava a cancellare gli altri due salvataggi.                                                                                                                                        

<< Perché stavate venendo a Camelot, ragazzo? >> domandò Uther a voce piatta e incolore. Era abituato a situazioni ben peggiori.   

William alzò gli occhi e balbettò qualcosa a voce flebile, poi, vittima del dolore, si coprì il viso con una mano.                                     

<< Se permette, Sire, risponderei io. >>

Isabella era rimasta tutto il tempo infondo alla sala, appoggiata ad una colonna e immersa nel suo mantello bianco. Non si muoveva. Uther non aveva fatto caso a lei e la giovane aveva accettato di buon grado questa piega. Ora, però, la sua voce si alzò dolce e musicale, accompagnata dai piccoli passi che la portarono al fianco del fratello.                                                                                                                  
Con le piccole mani sollevò il cappuccio dal viso e dei foltissimi capelli castani le ricaddero lunghi, lunghissimi, a seguire il profilo della schiena, in una morbida onda.                                                                                                                                                                  
Il volto! Dio, il volto! Pareva quello di una dea, tale ne era la bellezza!                                                                                            
Gli occhi  erano gloriosi e fiammanti, fieri e di ghiaccio. Saettanti nel colore blu della notte.

<< Lady Isabella di Powys! >> proruppe Uther, drizzando la schiena  con impeto e stringendo fra le mani i braccioli  del trono.

Le labbra rosse di Isabella si tesero in una leggera smorfia nel sentire il suo nome sussurrato da tutti i presenti.                              
Merlin non sapeva chi lei fosse. Ovviamente aveva però sentito parlare del Powys, un regno distante e prosperoso, sede della cultura e della magia.                                                                                                                         
La magia.                                                                                                                      
Uther l’avrebbe certamente scacciata con la forza, tale era la potenza del suo odio. Ma Isabella lo ignorava e fissava a viso scoperto il sovrano.

<< Venivamo per conferire con lei, Uther Pendragon. >> parlò a ritmo leggero, cadenzato, con estrema calma. Al contrario si poteva benissimo notare il suo tormento dalla forza con cui stringeva a sé il braccio di William.

In attesa di una risposta che non giunse la dama continuò.

<< I Sassoni premono sui nostri confini settentrionali. Sono qui a pregare l’intervento dell’esercito di Camelot al fianco del mio regno. Le sto chiedendo forze militari Uther Pendragon, le sto chiedendo aiuto per un regno che ha appena perso il proprio sovrano. >>




 

elfin emrys: Lo so, l’attacco nella foresta è banale,ma è il più consono agli scopi di questa fic ;)                                
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Il nome del regno - Powys- e del comandante delle legioni al servizio di Isabella - Tewdric - sono liberamente presi dal "Romanzo di Excalibur" di Bernard Cornwell.
      

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