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Autore: Arya12    12/11/2005    1 recensioni
Tese le orecchie: in lontananza risuonò un verso stridulo e potente, e una grande sagoma scura si sollevò dal terreno, per poi venire immediatamente inghiottita dal mare dalle tenebre, elegante e misteriosa. La giovane seguì la scena a testa alta, ma gli occhi lucidi tradivano la sua immensa tristezza: era andata vicina al successo, ma ancora una volta non ce l'aveva fatta. L'ingannevole serpente dell'abbandono cominciava già ad insidiarsi dentro di lei, lento ed inesorabile come il trascorrere del tempo. Cos'avrebbe fatto?

Una ragazza alla ricerca dei Draghi. Come compagni di viaggio avrà un suo saccente collega e un folletto un po' troppo pazzo.
Recensite, please!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Questa è la prima storia seria che scrivo, spero che vi piaccia! Capisco anche che il prologo non è dei più lunghi, ma ho preferito un testo più breve ma scritto decentemente che un papiro incomprensibile.



La giovane donna avanzava nel bosco calpestando stancamente il manto di foglie che ricopriva il suolo. Era infreddolita e affaticata dalle ultime ore di viaggio e la luna, coperta dalle nubi notturne, non le avrebbe di certo agevolato le ricerche. «Su, ce la puoi fare» mormorò tra sè Esther, ansimando. La sua era una voce limpida e rassicurante, ma arrochita dal freddo e dalla stanchezza. Sì, questa volta avrebbe trovato dei draghi e avrebbe dimostrato all'intera Esmond che non era una pazza visionaria. Sarebbe diventata famosa e tutti l'avrebbero trattata con il meritato rispetto.
Accompagnata dai sinistri fruscii del bosco, ma rincuorata dai suoi pensieri ottimisti, la Dragologa proseguì il cammino. Era una terra inospitale, quella del Brestwood, ma i suoi recenti studi l'avevano portata a sospettare che le maestose creature si riunissero proprio lì, in una radura al centro della foresta.
Per un attimo ebbe l'impressione di sentire un "non sottovalutarci" sibilato dal sottobosco, ma scosse la testa, attribuendo la colpa al sonno arretrato e maledicendo se stessa per non aver riposato in modo adeguato prima della partenza. Non era la prima volta nel corso della serata che si era sorpresa distratta e assonnata e ogni episodio non faceva che confermare il suo peggior timore: fallire. Era ovvio che non sarebbe mai riuscita ad arrivare a destinazione prima dell'alba, ma doveva provarci, se non altro per difendersi dagli attacchi feroci dei suoi colleghi.
Sospirò, facendo scorrere le iridi castane sul monotono paesaggio: il susseguirsi infinito e costante di alberi aveva smesso di interessarle da un po', così come il tappeto di foglie che calpestava con indifferenza. Perchè, quindi, si costringeva a guardarli? Per non ritornare a fissare ansiosamente il cielo notturno, nel perenne timore di scorgere i primi raggi solari. Un tentavo tanto nobile quanto vano.
«Maledizione.» imprecò lei, scoccando un'occhiata fugace al Firmamento. Era tardi, terribilmente tardi. E i Draghi non l'avrebbero di certo aspettata.
Tese le orecchie: in lontananza risuonò un verso stridulo e potente, e una grande sagoma scura si sollevò dal terreno, per poi venire immediatamente inghiottita dal mare dalle tenebre, elegante e misteriosa.
La giovane seguì la scena a testa alta, ma gli occhi lucidi tradivano la sua immensa tristezza: era andata vicina al successo, ma ancora una volta non ce l'aveva fatta. L'ingannevole serpente dell'abbandono cominciava già ad insidiarsi dentro di lei, lento ed inesorabile come il trascorrere del tempo. Cos'avrebbe fatto?
  
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