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Autore: Shinalia    29/10/2010    3 recensioni
L'abitudine.
[estratto capitolo] Delle volte mi piacerebbe comprendere il perché molte cose accadono. Per alcuni ogni avvenimento ha un suo fine, una sua motivazione intrinseca, che forse non ci appare nella sua reale consistenza, almeno non subito, ma che comunque nonostante tutto esiste.
Per me il destino è solo un gran bastardo, si prende gioco di noi, sue marionette, ponendoci dinanzi agli eventi che non siamo in grado di affrontare e che porteranno con loro solo scompiglio.
Il mio incontro con Gabriele mi fece spesso pensare a tutto ciò. Mi chiesi se fosse incappato sulla mia strada come una qualche punizione, una tortura per una mia malefatta, una prova… qualcosa, un segno.
Talvolta penso fu solo sfortuna, o fortuna. Non saprei dirlo con precisione, forse perché nonostante tutto portò con sé quella ventata d’aria fresca di cui necessitavo, probabilmente se non fosse stato lui ci sarebbe stato un altro, più avanti, e le cose avrebbero preso comunque quella piega.
Forse…
Non tutti i mali vengono per nuocere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salveeee, voi direte? Un'altra storia? Ma sei impazzita?

Ammetto che è stato un incidente... ieri ero particolarmente abbattuta, così ho aperto la pagina di word, bianca, e ho iniziato a scrivere senza sapere cosa o come. Alla fine è sbucata fuori una trama XD bha... Vederemo cosa ne uscirà! Un bacione a tutti voi che passerete di qua!

Sulla mia pagina su Fb:  Questa troverete spoiler, le foto dei personaggi (che sto caricando proprio ora) ecc XD

Abitudine?  

« Questa è una bufala grande come una casa.» sentenziai, senza impelagarmi in futili maledizioni o in epiteti offensivi.

Un inutile spreco di fiato, a parer mio.

« Tutto qui?» mormorò incredula.

Probabilmente lei non concordava con me.

Avvertii il suo sguardo trapassarmi, irritato ed irrequieto, ma non vi diedi peso. Non in quel momento almeno.

Ero a metà di quel dannatissimo quadro. Dopo due settimane ero riuscita a raggiungere finalmente quel livello, che con mio disappunto si stava rivelando anche più arduo dei precedenti.

Porcaccia la miseria. Imprecai a denti stretti, premendo con irruenza una combinazione di tasti, accelerando e provocando un testacoda, facendo così uscire di strada il povero Super Mario. Dannazione… riparti, riparti!

« Cristina, ti ho appena detto che all’università gira voce che tu sia stata con Mattia e tu stai lì a perdere tempo con quel cazzo di video gioco?»

Alzando gli occhi al cielo per l’esasperazione, fui costretta a mettere in pausa il quadro. Non tanto perché ritenessi giusto prestarle attenzione, ma semplicemente perché le sue urla stridule avevano la stupefacente capacità di deconcentrarmi.

Abilità che non perdeva occasione di sfruttare, oltretutto.

«Cosa altro dovrei dirti?» mormorai, poggiando il joystick in terra, volgendomi verso di lei, seduta a gambe incrociate sul pavimento freddo della mia stanza. «Sentiamo.» la incoraggiai cercando di non ridere della sua espressione frustrata.

Detestava la mia costante parvenza di calma.

Non era la prima a cui facevo quell’effetto, ma almeno era la prima a non piantarmi in asso dopo anni di amicizia.

La osservai sorridendo divertita. Era una bella ragazza, con il viso un po’ tondo e due occhi vispi color menta. Se non fosse stato per qualche chiletto di troppo avrebbe avuto ai suoi piedi chiunque, ma il suo amore per il cibo andava ben oltre quello per gli uomini ed in verità questi ultimi non rientravano nei suoi interessi.

« Dovresti fare qualcosa. - bofonchiò. – Non puoi permettere a quell’idiota di spargere certe voci. Dannazione, come se tu potessi abbassarti a stare con uno come lui! » esclamò stizzita, arricciando le labbra in una smorfia di puro disgusto, seriamente esilarante.

Era una persona incomprensibilmente teatrale, un motivo in più per adorarla. Il suo modo di fare riusciva a strapparmi un sorriso anche nelle situazioni più critiche, e di quelle ne avevamo affrontate in abbondanza, insieme.

« Forse tu non te ne rendi conto ma quello ha ai suoi piedi mezzo corso di letteratura, credo che tutte quelle ragazze abbiano una percezione ben diversa dalla tua. »

Arcuò il sopracciglio destro, fissandomi con disapprovazione.« Vuoi dire che ci andresti a letto?»

« Ha il cervello che è l’equivalente di una nocciolina ed è un bastardo rompipalle di dimensioni epiche. » obiettai, sbuffando. Certo era carino, con un bel fisico e un fondoschiena da urlo, ma a tutto c’è un limite. Magari se non fosse un narcisista convinto di poter aver tutto ciò che desiderava e soprattutto se fosse stato in grado di stare zitto… uhm.

« Il tuo è un no?»

« Mi pare ovvio.» mormorai pacata, gettando lo sguardo allo schermo della tv, sperando di aver placato una volta per tutte le sue lamentele.

Speranza vana. La sua cocciutaggine era sempre stata un’arma a doppio taglio e questa era una di quelle volte in cui ne avrei volentieri fatto a meno.

«Allora dovresti fare qualcosa.» asserì, incrociando le braccia al petto. Già… qualcosa! Suggerimento piuttosto generico. Non che la mia mente non vagliasse ipotesi stuzzicanti , quel bastardo meritava certamente una lezione, ma alla fine sarebbe stato come lottare contro i mulini a vento. Bhe, Don Chiosciotte non era certo il mio modello di vita.

«Vuoi che vada da lui a tirargli un bel calcio nelle palle, zittendolo finalmente una volta per tutte? – proposi alzando gli occhi al cielo. - L’idea è allettante, ma sai benissimo che non sono il tipo e poi una simile scena finirebbe per alimentare il vociare su di noi. Scommetto dieci a uno che mi scambierebbero per la ragazzetta sedotta e abbandonata. »

« Anche questo è vero.» fu costretta ad ammettere riluttante.

Come sempre avrebbero tratto da quella stronzata tutti i pettegolezzi più assurdi e succulenti che sarebbero stati in grado di montarci e io mi sarei impelagata in una specie di romanzo rosa, indossando le vesti della pulzella bisognosa di attenzioni che si è rivolta al bastardo di turno, illudendosi di avere dinanzi il principe azzurro.

Come se credessi ancora nelle favole.

« Già, lo so. – commentai caustica. – se tu ti dessi la pena di riflettere prima di agire riusciresti a risparmiarti un gran numero di guai.»

Scrollò le spalle con noncuranza. «Forse, ma in questo modo riesco a togliermi un bel po’ di soddisfazioni. – sospirò, massaggiandosi le tempie con studiata lentezza. - Io proprio non ti capisco. Se Michele lo scoprisse? Non credi si arrabbierebbe a morte?»

Scrollai le spalle. Già Michele.

Il mio fidanzato da tre lunghi anni. Un ragazzo dolce, di bell’aspetto, ma noioso come pochi. La sua mente era costantemente proiettata sui libri e sullo studio, trascorreva gran parte delle giornate recluso nella sua stanza, degnandosi di uscire solo per i pasti o se costretto. Vivendo nello stesso palazzo avevamo modo di vederci spesso, di trascorrere almeno un paio di sere a settimana insieme, guardando un film o chiacchierando. O meglio, io parlavo e lui ascoltava. Ma… c’era qualcosa di stantio nel nostro rapporto. Una routine insopportabile che iniziava a pesarmi, più di quanto fossi disposta ad ammettere.

Talvolta cerchiamo di ignorare i segnali, fingiamo di non vedere quello che sappiamo potrebbe stravolgere le nostre certezze, troppo preoccupati per le conseguenze.

Bhe, per me Michele era una certezza.

Lamentavo l’impulsività di Luana, ma internamente ammiravo la sua capacità di affrontare tutto a testa alza, senza pensar troppo. Era una qualità che a me mancava del tutto.

Saltare nel vuoto? No grazie…

« Capirà! – asserii, sventolando la mano fingendo noncuranza. – Sa benissimo che non vado dietro il primo sgallettato che mi capita a tiro. Tra parentesi conoscendolo non lo saprà mai. Non è tipo da ascoltare i pettegolezzi.»

«Certo, vive in un mondo tutto suo. – bofonchiò, tirando fuori una busta di patatine dalla borsa. – Stamattina ho parlato per oltre due ore al muro. Inutile dirti che cercare di convincerlo a rinunciare al corso di Martucci perché il programma era il doppio è stato tutto fiato sprecato. La sua unica risposta è stata il professore è un luminare nel suo campo. - borbottò imitando alla perfezione il suo tono. – Che poi mi domando luminare di che? È un professore di antropologia, mica di astrofisica.»

Scrollai le spalle, per nulla sorpresa, reprimendo un sorriso. Era una persona estremamente silenziosa, con un senso della morale e del dovere decisamente fuori norma per un ragazzo della sua età. Non che me ne lamentassi… o almeno non sempre, ma sapeva essere oltremodo irritante, in certe situazioni. A confronto con lui io mi sentivo costantemente come una bambina sorpresa con il braccio nel barattolo dei biscotti. «Sai com’è fatto. – sospirai arrendevole, gettando lo sguardo sul quadrante dell’orologio a muro. Le 19:30. – Si è dimenticato di chiamarmi.» notai, storcendo le labbra.

La mia amica mi scrutò attentamente, corrugando la fronte in un’espressione fin troppo consapevole. « Sbaglio o neanche ieri?»

«Ci sono gli esami. – lo giustificai d’impulso. – è una settimana che non ci vediamo.»

«Per stasera piantalo ed esci con me.» propose, passandosi distrattamente le mani tra i capelli che le ricadevano in una massa arruffata sul viso.

«Qualche idea?» alzai gli occhi su di lei, in attesa. Forse un po’ di distrazione mi avrebbe aiutata.

«Che ne dici di un giro nel pub di Sebastiano? Potremmo prenderci una birra stasera.»

Annuii, afferrando il cellulare ed inviando a Michele un messaggio. Neanche per quella sera non ci saremmo visti.

   
 
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