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Autore: ceciotta    31/10/2010    4 recensioni
Seconda classificata al concorso "The Graveyard" indetto da Forgotten stories sul forum di Efp.
Una ragazza, una prova di coraggio e un insolito incontro: quale ambientazione migliore del trentuno ottobre? Una storiella in occasione di Halloween, spero che vi piaccia. attendo con ansia il vostro parere.
Dalla storia: Però, niente male come atmosfera: la notte di Halloween, in un cimitero, con un temporale in arrivo. 'Un degno inizio per un pessimo film horror...' ragionai, ma non potei fare a meno di provare una certa inquietudine.
P.S.: Buon Halloween.
Genere: Generale, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia si è classificata seconda e ha vinto il Premio della Critica (della serie: non vantiamoci troppo...) al contest The Graveyard di Forgotten stories. In fondo alla pagina troverete il loro giudizio; ringrazio Eruannë e Raf per il bellissimo contest, per i banner (che potete vedere qui sotto) e per tutto il resto.

 

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=THE GRAVEYARD=

Era una notte d'acqua a catinelle...

di Ceciotta.



“Che cosa stupida...” continuavo a bofonchiare. “Una prova di coraggio... ma per favore!”

Ero da sola, parlavo al vento per lenire la solitudine.

In poche parole: ero pazza. E di certo le circostanze confermavano la diagnosi.

Mi guardai attorno: non ero ancora entrata nel cimitero, ferma davanti al cancello, ma già i miei amici si erano defilati, probabilmente nascosti dietro qualche albero non troppo lontano. Sapevo che mi stavano seguendo passo a passo per vedere che tenessi fede all'accordo, che non mi fossi rifugiata in qualche bar. Non che non ne fossi tentata: in quella notte di fine ottobre, nonostante una giacca pesante, il freddo pungente mi arrivava fino alle ossa; pensai con rimpianto al bar rumoroso e caldo al limitare del paese, poco lontano da lì, che per l'occasione era aperto quasi tutta la notte. Non sarebbe stata una cattiva idea rinunciare a quell'assurdità, voltarmi verso i miei amici e proporre un giro di cioccolate calde aromatizzate alla cannella. Ma quella era una prova di coraggio e se mi fossi tirata indietro proprio lì, alla soglia del cimitero, avrei dovuto sopportare le prese in giro di Andrea per almeno una decina d'anni. Dopo tutto, avevo una dignità.

Un tuono in lontananza mi fece sussultare.

Ma quale dignità?

Però, niente male come atmosfera: la notte di Halloween, in un cimitero, con un temporale in arrivo. 'Un degno inizio per un pessimo film horror...' ragionai, ma non potei fare a meno di provare una certa inquietudine. Insultandomi in varie lingue, feci un timido passo.

“Sbrigati, ci stiamo gelando il culo qui dietro!” esclamò infine Andrea.

Mi voltai verso l'albero dietro cui erano nascosti e lo fulminai. “L'idea è stata tua!” gli ricordai. “Andatevene al bar e venitemi a prendere quando la prova sarà finita”.

Li sentii muoversi e subito cinque piccole sagome si allontanarono verso il paese.

“E se si mette a piovere?” Fu Giovanna a chiederlo, quando ormai erano all'altezza della curva.

Guardai il cielo e, a giudicare dalle nuvole scure e pesanti, pensai che la possibilità non era poi così lontana. Sbuffai: se mi fossi presa un malanno, chi la sentiva la mamma?

Rimasta sola, tornai a guardare il cimitero: non era molto grande, ma neanche piccolo. Dopotutto, accoglieva le povere anime che avevano abbandonato questo mondo da almeno duecento anni. Le lapidi di marmo e di pietra, vecchio stile, si estendevano ordinate e pulite, e una serie di viottoli si snodava per condurre i visitatori alla loro meta, mentre qua e là nascevano le cripte di famiglia. Le alte siepi ne circondavano il perimetro e rendevano l'atmosfera ancor più suggestiva: se uno zombie avesse cercato di strangolarmi, nessuno avrebbe potuto vederlo. Tutto sommato non gli avrei dato tutti i torti: uno pensa che dopo la morte lo attenda un meritato riposo, mentre poi ti arriva un ragazzino rumoroso a far baccano...

Un gufo solitario che ululava in lontananza mi fece venire la pelle d'oca. Era assurdo: io vivevo di storie e film horror! Perché allora non riuscivo a decidermi a fare due piccoli passi in un cimitero, di notte?

D'un tratto, mi venne in mente una filastrocca che mi facevano cantare all'asilo e sorrisi, lanciando un'altra occhiata alle nubi minacciose sopra di me.

Quindi varcai il cancello, canticchiando a bassa voce.

«Era una notte d'acqua a catinelle,

io me ne andavo senza le bretelle.

A un certo punto vidi un cimitero,

oh, com'era buio, oh, com'era nero!»

Cominciai a prenderci gusto, camminando tra le lapidi, e mi accorsi che in fondo il cimitero non era poi così spaventoso: del resto, perché bisognava aver paura dei morti?

Continuavo a trovare sciocca questa prova di coraggio, anche perché sapevo già come sarebbe andata a finire: il patto era questo, che ogni anno uno di noi si sarebbe addentrato nel vecchio camposanto, e io ero stata la prima, ma c'era da scommetterci che l'anno successivo i miei amici si sarebbero accorti di essere un po' troppo cresciuti per questo genere di divertimento e io sarei rimasta l'unica stupida ad aver affrontato la notte al cimitero. Sbuffai, ripensando alla discussione che avevo avuto quella mattina.

“Dai, sarà divertente!” insisteva a bassa voce Giovanna. Eravamo in classe, a seguire la lezione di scienze. O a fingere di seguirla: del resto, mentre il professore scriveva qualcosa di incomprensibile sulla lavagna, il brusio degli studenti era così forte che di certo non avrebbe sentito noi due.

“Sì. Divertentissimo. Una notte in un cimitero, yuhuuu!” ribattei io con voce piatta.

Entrare in un camposanto non mi faceva paura, ma se fossi stata uno di quei cadaveri che marcivano nelle loro tombe mi avrebbe dato fastidio che dei ragazzi stupidi mi camminassero intorno facendo casino.

La mia migliore amica si affrettò a dirmi che solo uno di noi sarebbe entrato e che il nome del fortunato sarebbe stato estratto quella sera stessa. A quel punto il mio rifiuto era stato ancor più categorico, anche perché mi immaginavo Andrea, l'ideatore di questa grande iniziativa, riempire il suo stupido cappello con bigliettini su cui aveva scritto solo e soltanto il mio nome. Il tutto corredato da una dolcissima risata satanica.

Giovanna non demorse, non era nel suo stile. “Ma è Halloween!” mi fece notare, come se questo giustificasse il disturbo della quiete eterna dei morti.

“Sarà anche Halloween, ma questa prova di coraggio è stupida e banale” tagliai corto, copiando una formula astrusa dalla lavagna.

“Lo sai cosa dirà Andrea” disse, guardandomi con occhi carichi di pena.

“Lo sai quanto mi interessa” le ricordai.

E allora perché ero lì, ad aspettare che la mia temperatura corporea raggiungesse quella dei morti che mi stavano attorno? Certo, gli occhi da cerbiatto che mi aveva fatto Giovanna c'entravano qualcosa... accidenti! Quella ragazza sembrava tanto ingenua, ma sapeva rigirarti come voleva senza che tu te ne accorgessi.

Cos'avrei dato per una bella tazza di cioccolata calda. Speravo che gli altri venissero a tirarmi fuori da lì prima che il bar chiudesse, almeno me ne sarei bevuta una mezza dozzina. O forse una bella birra alcolica... no, meglio di no: il mio paese non era tanto piccolo, ma la possibilità che le voci arrivassero a mia madre non era poi così remota e già m'immaginavo la sua faccia se avesse saputo che bevevo qualcosa di più alcolico di una Fanta Lemon.

Camminavo tra le lapidi, osservando i nomi che vi erano scritti sopra. Di tanto in tanto trovavo il nome di qualche mio avo sepolto qui e cercavo di scorgerne i tratti nelle piccole e vecchie fotografie che a malapena riuscivo a vedere alla poca luce della mia torcia.

Continuavo a chiedermi cosa avrebbero pensato se avessero saputo che la loro discendente preferita (perché sono certa che, se avessero avuto l'onore di conoscermi, mi avrebbero adorato) era lì a pochi passi da loro. Chissà se mi avrebbero scacciato?

All'inizio della serata, dato che mezzo paese era venuto a conoscenza del piano diabolico (segno che i genitori hanno spie ovunque), avevo pensato che qualcuno ci avrebbe fermato, considerando inconcepibile questa nostra alzata d'ingegno, eppure anche la maggior parte dei vecchi del paese scuotevano la testa con indulgenza, come se per loro questa non fosse altro che una bambinata.

Un altro tuono, più vicino adesso. Scocciata, cercai con lo sguardo un eventuale riparo in caso di pioggia, come una cripta o un capanno.

Durante questa ricerca, mi parve di vedere qualcosa scintillare, in lontananza, e, presa dalla curiosità, decisi di andare a vedere.

Cambiai sentiero e superai una fila di cipressi che tagliava in due il cimitero: lì c'era la parte considerata come vecchio camposanto, ossia dove c'erano i morti più antichi.

Nel farlo, ripresi la mia filastrocca.

«E saltellando tomba dopo tomba,

vidi una bionda, mamma mia che bionda,

era il fantasma della zia Gioconda,

che ripuliva la sua tomba nera e fonda!»

Mi fermai, stupita, e capii di non essere sola. Avvampai all'idea che qualcuno mi avesse sentita mentre esibivo le mie doti canore.

A una decina di metri da me c'era una ragazza dai capelli neri, acconciati in boccoli perfetti, , dall'aspetto gentile e aristocratico. Era vestita in modo alquanto strano, visto che non doveva avere più di venticinque anni: i suoi vestiti erano della stessa foggia di quelli che avevo visto nella vecchie fotografie della mia bisnonna. Ciò che più mi colpì era la posizione in cui era messa: era comodamente seduta su una lapide, con le mani in grembo, e muoveva appena la testa per guardarsi attorno, quasi si aspettasse di veder apparire qualcuno. Mi accigliai: come si permetteva di sedersi su una tomba? Un minimo di rispetto per i morti non poteva mostrarlo?

Senti chi parla!, mi disse una vocina nella mia testa. Tu sei entrata in un cimitero di notte, te ne vai in giro canticchiando, stonata come sei, e critichi qualcun altro per mancare di rispetto a un morto? Tu ne avrai risvegliati una dozzina!

Ok, ero l'ultima che poteva parlare. Ma quella usava una lapide per riposare le sue nobili terga!

E poi... che ci faceva una perfetta sconosciuta in questo cimitero? Sapevo che non era del luogo, non l'avevo mai vista prima e, se fosse successo, vi assicuro che l'avrei notata: una che si veste in questo modo non passava inosservata e poi aveva qualcosa, come un'aura di mistero, che mi attirava e mi faceva desiderare di conoscerla meglio.

La ragazza, d'un tratto, alzò la testa su di me e sorrise, radiosa. Quando poi mi fece cenno di avvicinarmi, rimasi di sasso.

Con un sospiro, obbedii, chiedendomi cosa volesse la strana tipa.

“Buongiorno” dissi stupidamente. Lanciai un'occhiata al cielo notturno e sospirai.

“Ciao a te” replicò lei, guardandomi con interesse. “Chi sei?”

“Potrei farti la stessa domanda” ribattei, sicura di me.

Lei sollevò un sopracciglio e fece per parlare, poi si portò una mano davanti alla bocca e produsse una risata cristallina e raffinata.

“Che c'è che ti diverte tanto?” chiesi, innervosita dal suo comportamento. Non mi piaceva essere presa in giro.

Lei sorrise, con grazia. “Sei buffa” rispose, come se questo chiarisse tutto.

Io rimasi interdetta. “E comunque sei tu che dovresti spiegare chi sei e perché sei qui” replicai scocciata. “Non ti ho mai visto prima. Da dove vieni?”

“Io abito qui da molto prima di te” continuò a sorridere la ragazza.

Ora ero davvero arrabbiata. “Senti un po', bella, se questo è uno scherzo...” Mi interruppi all'improvviso, sbiancando. Guardandola meglio, la sua figura sembrava troppo eterea per essere umana, come se stessi guardando un ologramma. Ma cosa ti sei fumata? chiese la vocetta razionale nella mia testa (una delle tante voci che mi si aggirano per il cervello).

“Vivevo in paese tanti anni fa” disse lei. “Questa è la mia dimora, adesso” continuò, indicando il cimitero con un ampio gesto del braccio.

Io la guardai con tanto d'occhi; ci misi un bel po' a riavermi. “Ho capito, Andrea ti ha pagato per farmi questo scherzo divertente” dissi, sicura. “Bella trovata, ma non ci casco. Insomma, mi vuoi far credere che sei un fantasma? Ma andiamo! Non credo più a storie di anime in pena che si aggirano per case abbandonate e cimiteri in attesa di terrorizzare i passanti. Se sei morta come dici, allora perché ti sto parlando? Scusami tanto, ma non basta indossare un vestito d'epoca e sedersi su una tomba per passare da spirito defunto... Perché non richiami il tuo compare Andrea e non gli dici di smetterla di perdere tempo? Se vuole spaventarmi, che si inventi qualcosa di più credibile”.

La ragazza mi guardò sollevando le sopracciglia durante tutta la mia arringa, poi sorrise ancora e scosse la testa, avvicinandosi a me. “Non conosco alcun Andrea” replicò.

“Raccontane un'altra” dissi, agitando le braccia. “Dimmi, perché dovrei credere che tu sia un fantasma? Dammene una prova! Sono come San Tommaso: se non vedo, non credo” conclusi, soddisfatta.

“San Tommaso, te lo sto già mostrando” disse lei, annoiata, indicando qualcosa sotto di sé.

Io abbassai lo sguardo e per un istante non capii: era ancora seduta, che c'era da vedere? Poi mi ricordai che si era avvicinata a me, che non era più sulla lapide e allora notai che non c'era proprio nulla da osservare: fluttuava nel vuoto, comodamente appollaiata nell'aria.

Boccheggiai e mi ritrassi. Avevo una voglia matta di mettermi a gridare o a correre o a fare entrambe le cose, mentre il cuore sembrava scoppiarmi nel petto.

Non misi in atto nessuno di questi piani. Adesso mi piacerebbe affermare che a trattenermi fu quel residuo di dignità che ancora avevo in corpo, ma la cruda realtà è che ero paralizzata dal terrore.

Tornai in me lentamente, consolata dal fatto che la ragazza-fantasma non aveva ancora provato ad uccidermi o a possedere il mio corpo, né sembrava tentata di chiamare l'orda di famelici zombie al suo servizio.

Tremando come una scema, mi arrischiai a guardarla di nuovo e notai che mi stava fissando con aria preoccupata.

“Stai bene?” mi chiese, con tatto.

“Tu. Sei. Un. Fantasma” scandii, con voce tutt'altro che ferma.

“È quello che cercavo di dirti” disse lei, esasperata. Tornò a posarsi sulla propria tomba.

“Ma i fantasmi non esistono!” replicai scioccamente.

“Evidentemente sì. Comunque, io sono Violante. Posso sapere il tuo nome?”

“N...Nicoletta” replicai io, ancora sconvolta. Sbirciai la foto sulla sua lapide: non c'erano dubbi, quella era lei. A giudicare dal nome inciso lì sotto, apparteneva ad una famiglia molto importante nella storia del paese. La data di morte risaliva al primo Novecento. Feci passare ancora qualche minuto, prima di arrischiarmi a parlare. “Ma se... se sei morta eppure sei ancora qui... significa che hai un conto in sospeso con qualcuno?” tentennai.

Lei rise di nuovo. “Oh, no, niente faccende in sospeso! Quella è un'invenzione dei vivi per spaventare il prossimo. Quando sei defunta, sei morta e basta: certo, qualche rimpianto c'è, ma appartiene al passato e noi non possiamo porvi rimedio. Ci è concesso solo vagare per questo cimitero e rivolgere la parola ai pochi passanti che incontriamo”.

“Quindi sei legata al tuo corpo anche da morta? Rimani dove sono sepolti i tuoi resti?” Ora che la paura stava passando, ero sempre più curiosa. Violante non sembrava pericolosa e, d'altra parte, chi altri può vantarsi di aver parlato con un morto in carne e ossa? (Per così dire... più spirito che ossa, in realtà). Tanto valeva approfittarne.

“Sì e no” rispose enigmaticamente.

Mi accigliai e la spronai a spiegarsi meglio.

“Non penserai che passeremo tutta l'eternità chiusi qui dentro?” chiese lei, con aria di sufficienza. Riprese quindi a parlare, gesticolando con la mano. “No, solo una notte all'anno – la notte tra il trentuno ottobre e il primo novembre, per l'esattezza – ci è concesso di far visita al mondo dei vivi, ma siamo sottoposti ad alcune regole: non possiamo lasciare il luogo dove siamo stati sepolti, non possiamo infestare le case, anche se siamo stati tumulati nelle vicinanze, né spaventare le persone... cose così, insomma. Alcuni ci provano, ma vengono rispediti nel mondo dei morti ancor prima di attuare il loro piano. È una misura preventiva: i vivi sembrano terrorizzati da qualsiasi argomento riguardi i fantasmi e la vita dopo la morte...”

“Beh, è naturale, no?” ribattei. “Non sappiamo cosa ci sia dopo, e l'idea di spiriti arrabbiati che vagano per le nostre strade non è molto confortante!”

Il suo sorriso prese una piega più dolce. “Nicoletta, noi non possiamo farvi del male” disse, con voce rassicurante. Io la guardai scettica e lei tese una mano verso di me. “Guarda: io non posso nemmeno sfiorarti...”

Esitai.

“Avanti, prova a toccarla!” mi spronò Violante.

Io allora allungai la mia mano, ancora diffidente, e mi preparai a reagire a qualunque esperienza mi aspettasse.

Avvicinai lentamente le mie dita alle sue, concentrata sul suo viso sereno, poi mi accorsi di aver già sfiorato la sua mano: mi ero immaginata che le sarei passata attraverso, ma mi aspettavo una qualche sensazione... freddo, per esempio. Invece, mentre guardavo le due mani attraversarsi a vicenda e giocherellare l'una con l'altra, solo concentrandomi a fondo riuscii a captare una strana percezione, come di solletico. Capii che appartenevamo a mondi troppo diversi e che non eravamo in grado di entrare veramente in contatto. Era un po' triste, essere vicino ad una persona e non poterla sfiorare...

“Non è dei morti che devi avere paura, Nicoletta, ma dei vivi” mi sussurrò il fantasma.

Riabbassai il braccio, ancora un po' confusa, ma non potei che darle ragione. “Qual è la tua storia?” chiesi, curiosa. “Come sei... morta? È stato doloroso?”

Lei sollevò le spalle. “È passato tanto tempo: anche i ricordi dei fantasmi si affievoliscono, quindi potrei non serbare memoria di ogni particolare. Ricordo che stavo passeggiando a cavallo con mio fratello; era primavera inoltrata ed era una bellissima giornata. Avevamo un piccolo maneggio, in famiglia, e i cavalli erano i nostri migliori amici” raccontò, con un sorriso amaro. “Il mio cavallo preferito aveva un manto scuro come il carbone, con una specie di stella marrone sul muso, e io lo chiamavo Saetta della notte; cavalcavo sempre e solo lui, ma quel giorno non stava bene e io non volli affaticarlo. Presi lo stallone di mio padre. A metà percorso – non so perché, forse vide una biscia, ce n'erano molte nei dintorni – fatto sta che si imbizzarrì e io caddi” esitò un attimo, accigliata. “Non ho sofferto molto, a dire il vero. Sbattei la testa su un masso e persi subito conoscenza. Sentii un forte dolore, ma durò solo un attimo e nemmeno mi accorsi di quello che stava succedendo. In pochi istanti, non appartenni più a questo mondo...” concluse, guardandosi attorno con aria bramosa.

Da parte mia, mi sentii in colpa per aver portato la conversazione su quell'argomento che di certo doveva essere doloroso per lei. Era morta giovane, doveva rimpiangere ciò che aveva perduto.

Un attimo dopo, comunque, forse perché aveva visto il mio ripensamento, mi sorrise con intensità. “E tu, invece? Perché sei qui?” mi chiese.

“Oh, solo una stupida scommessa” risposi, con un gesto scocciato della mano. “Il mio amico Andrea mi ha sfidato ad entrare qui dentro per mettere alla prova il mio coraggio. Ma credo che nemmeno lui pensasse che questo cimitero ospitasse davvero dei fantasmi” ridacchiai. “Vorrei che fosse qui: rischierebbe l'infarto, immagino, fa tanto il gradasso ma è così fifone. È una fortuna che sia toccata a me stasera, perché se avessi avvicinato lui avresti anche dovuto chiamare i soccorsi...”

Violante rise.

“Ma senti un po'” intervenni poi, dannatamente curiosa. “Se tu sei morta più di un secolo fa, come mai il tuo linguaggio è così moderno? Insomma, a volte sembra di parlare con un vivente”.

“Oh, sai, frequentando i morti più recenti, se così vogliamo chiamarli, mi sono abituata al vostro linguaggio fino a usarlo quasi correntemente: a volte, quando parlo con un'anima della mia epoca, quella stenta a capirmi” mi spiegò lei.

“E perché non vedo altri fantasmi? Questo posto dovrebbe esserne pieno zeppo” insistetti.

“Si nascondono. Loro... hanno paura” spiegò.

Io la fissai allibita e mi trattenni dal ridere. “Paura? Ma sono fantasmi! Ormai che male potrei far loro?” chiesi.

Lei rispose con un'alzata di spalle. “I vivi tendono a diventare irrazionali quando ci vedono: molti si spaventerebbero e non c'è nulla di peggiore che un vivente che si fa prendere dal panico. I più chiamerebbero qualcuno per disinfestare la zona, il cimitero diventerebbe un luogo di ritrovo per cacciatori di spettri e probabilmente dovremmo nasconderci per tutte le notti di Halloween a venire. Non vogliamo che questo posto pulluli di esorcisti”.

Riflettei a lungo su quelle parole e non potei fare altro che annuire. Neanch'io ci tenevo a vedere il mio paese e il cimitero trasformati in meta di pellegrinaggio per appassionati dell'occulto. “Ma io non spiffererò a nessuno di tutto questo” replicai, speranzosa. “Mi prenderebbero per pazza, probabilmente. E poi...” continuai, maliziosa, “...sarà bello essere l'unica a sapere della vostra esistenza. Mi piacerebbe conoscere altri fantasmi...”

Violante si guardò attorno, pensierosa, poi riportò l'attenzione su di me. “Ascolta, io posso cercare di convincerli, ma tu devi promettere, capisci? Devi giurare che ciò che vedrai stanotte lo terrai per te. Nemmeno i tuoi amici più fidati dovranno sapere” disse, con aria estremamente grave che non le si addiceva.

Io assunsi un'espressione altrettanto solenne. “Lo giuro” dissi solamente.

“Aspetta qui” disse.

Sparì così all'improvviso che quasi non me ne resi conto. Rimasi ad aspettare, tremando per il freddo.

Un movimento ai miei piedi mi fece sussultare e abbassai lo sguardo: un gatto randagio camminava scodinzolando nervoso tra le tombe e si dirigeva verso di me. Quando fu abbastanza vicino, mi accucciai a terra e tesi la mano verso di lui. Il gatto sembrava diffidente e mi girò attorno un paio di volte, cercando di capire se di me ci si poteva fidare; infine, strofinò il muso sulle mie dita, facendo le fusa.

E mentre attendevo il giudizio dei fantasmi, ricominciai a canticchiare.

«I vermicelli freschi di giornata

se li mangiava insieme all'insalata.

E il gatto nero, re del cimitero,

che mi guardava come fossi un corvo nero!»

Continuai ad accarezzare il gatto finché quello non si stufò e si allontanò con un miagolio.

“Nicoletta?”

Alzai lo sguardo: Violante era di nuovo seduta sulla sua lapide e mi sorrideva.

“Girati” mi suggerì, di fronte al mio sguardo interrogativo.

Con il cuore che mi batteva forte, mi rialzai e obbedii, molto lentamente. Rimasi senza fiato.

Erano almeno una cinquantina, se ne stavano timorosi accanto alle loro tombe e mi guardavano incerti. Avevano l'aspetto di persone reali, ma, come Violante, avevano anche un non so che di etereo che li differenziava dai viventi. Un pallido alone di luce circondava le loro figure e capii a cosa era dovuto quello strano scintillio che avevo notato dietro ai cipressi: su Violante non l'avevo visto semplicemente perché era oscurato dalla mia torcia.

Piano piano, altri fantasmi apparvero dal nulla e, dopo i primi tentennamenti, cominciarono a comportarsi in modo normale. Presero a radunarsi in piccoli gruppetti, a chiacchierare o a vagare per il cimitero. Una coppia vestita con abiti ancor più antichi di quelli di Violante passeggiava tenendosi a braccetto e allora compresi che tra loro gli spiriti potevano toccarsi, esattamente come i viventi.

“Wow!” sussurrai, mentre il camposanto si riempiva di quelle figure diafane e solide insieme. Era uno spettacolo unico, mi veniva quasi da piangere. Lentamente, alcuni fantasmi si avvicinarono a noi e mi rivolsero la parola: erano curiosi di conoscere le notizie più recenti, di sapere la mia storia. Io raccontai loro della prova di coraggio, della mia vita ordinaria (almeno fino ad allora) e in cambio ricevetti degli aneddoti sulle loro esistenze.

Fu strano incontrare persone che avevo conosciuto da vive, che ovviamente mi chiesero informazioni sulle loro famiglie e su come andava il paese. Il vecchio sindaco non sembrò felice quando gli rivelai che suo nipote aveva sposato una rappresentante del partito che, ai suoi tempi, gli aveva fatto opposizione; il suo dramma toccò l'apice nello scoprire che ora era il partito vincente. Nel frattempo, un campanile vicino suonò la mezzanotte.

Il fornaio che aveva la bottega sotto casa mia quando ero piccola riuscì a mettermi in imbarazzo raccontando di quando avevo rovesciato uno degli espositori dove teneva il pane: sostenne che si era così divertito alla vista di quella bimbetta di tre anni piangente in mezzo a una montagnola di panini, che non aveva fatto pagare ai miei il danno. Me la ricordavo bene quella giornata: mio fratello non aveva ancora smesso di prendermi in giro.

Parlammo a lungo e venni a sapere molte cose sulla vita precedente di molte di quelle persone, tra cui i miei avi (che mi adoravano!). Interrogai ulteriormente Violante sul suo passato e lei parve ben felice di rispondere alle mie domande.

All'improvviso, desideravo che quella prova di coraggio non finisse mai e che potessi stare lì tutta la notte insieme a loro, ma sapevo che non poteva durare a lungo.

Ed infatti...

“NICO! Nicoletta!” mi chiamarono delle voci. Riconoscendo le voci dei miei amici sbuffai.

I fantasmi si guardarono attorno preoccupati, poi molti svanirono di botto; altri si fermarono qualche istante per un veloce saluto prima di dileguarsi nel nulla; i miei vecchi compaesani mi sorrisero e mi augurarono un buon proseguimento, dilungandosi nell'addio.

Mi ritrovai di nuovo sola con Violante.

“Potrò... potrò tornare a trovarvi?” chiesi, ansiosa.

Lei sollevò le spalle. “Se lo vorrai, nessuno te lo impedirà. Ma non te lo consiglio” rispose.

Io ci rimasi male. “E perché?”

“Tu appartieni ai vivi, Nicoletta: finché ne hai l'occasione, resta con loro. Oh, avrai tutta l'eternità per fraternizzare con i morti. Goditi la vita, fai tutto ciò che puoi, perché ci sono esperienze che, dall'altra parte, non potrai fare. È questo il mio suggerimento. Sei liberissima di seguirlo o no” disse.

Annuii. “Immagino che tu abbia ragione. Beh, è stata un'esperienza interessante” osservai. “Sono sicura che ci rivedremo, prima o dopo. Aspettami, nel tuo mondo: non ci si libera molto facilmente di Nicoletta” aggiunsi, fingendomi minacciosa.

“Ne sono certa. Ora va': i tuoi amici ti stanno aspettando” replicò.

Sentivo le loro voci insistenti, in effetti, e non volevo che entrassero e vedessero Violante. Ci salutammo calorosamente. Stavo già per andarmene, quando mi tornò in mente una cosa. “Senti, ma cosa c'è, dopo la morte?” chiesi, voltandomi di nuovo.

Mi lanciò uno sguardo da sfinge. “Ma se ti dicessi tutto, che divertimento ci sarebbe?” chiese.

Io annuii, mentre spariva. Tornai dai miei amici, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, e loro mi accolsero con sollievo: avevano cominciato a cercarmi lì dentro.

“Con chi stavi parlando?” mi chiese subito Andrea, corrucciato.

Io sollevai le sopracciglia. “Parlando? Io non parlavo con nessuno” dissi, guardandolo.

“Ma io ti ho sentito. E quelle luci? C'era qualcuno con te!” ribatté lui convinto.

Io lo guardai come se fossi stata preoccupata della sua salute mentale. “Hai bevuto qualcosa di troppo alcolico, stasera? Ti dico che non c'era nessuno...”

Lui si voltò a guardare il filare di cipressi. “Ma io ho visto...”

La sua voce flebile si interruppe quando io scoppiai a ridere. “Mi sa che ti sei fatto suggestionare troppo. Con chi dovevo parlare? Con un fantasma?”



Sono passati molti anni da quella notte, non ho mai infranto il mio giuramento: non ne ho parlato neanche con Giovanna, la persona di cui più mi fidi al mondo, né sono tornata nel cimitero durante la notte di Halloween, nonostante ne fossi molto tentata. Ho deciso di seguire tutti i consigli di Violante, in primis quello di godermi la vita.

Ho scritto questa storia solo per il bisogno impellente di raccontarla a qualcuno, ma, appena avrò chiuso la penna, brucerò questi fogli inutili. È giusto che il segreto rimanga inviolato.

«Questa storiella non ha significato,

è come fare il vino col bucato,

è come dire buona notte al muro,

e poi lavarsi i denti col cianuro!»

 

 

 

 

 


Note Autrice:
 Ho usato come musa ispiratrice una canzoncina che ho imparato all'asilo e che la maggior parte di voi avrà riconosciuto; mi è sempre piaciuta, forse anche perchè era più macabra di tutte le altre filastrocche che mi hanno insegnato. Per quanto riguarda la scena delle mani che non si toccano, invece, devo ammettere che ho preso spunto da Casper (sempre legato alla mia infanzia: io adoravo quel film...).


Che altro dire? Spero che la storia vi sia piaciuta e vi invito a lasciare un commentino per farmi sapere cosa ne pensate. Alla prossima!

Ecco il giudizio:

Grammatica e sintassi: 19

Stile: 14.75

Originalità della trama: 15

IC e caratterizzazione: 15

Attinenza col tema: 10

Parere personale: 4.75

78.5/80

 

Sebbene ci piacciano tutte le storie partecipanti a questo contest, la tua ha qualcosa in più (il punteggio del parere personale, però, è stato abbassato di 0.25, perché hai scritto il nome anche nella storia, sotto il titolo, quando abbiamo espressamente chiesto di non inserirlo, perché vogliamo giudicare la storia in forma anonima). (NdA: ci tengo a precisare che quando ho spedito la storia ero fusa dalla stanchezza e dall'ansia e me ne sono dimenticata. roba da prendere a testate il muro...)

All'inizio sembra il classico racconto della prova di coraggio nel cimitero, ma poi la trama prende una piega che lascia piacevolmente sorpresi.

Il personaggio di Nicoletta si fa apprezzare sin dai primi pensieri, e ancora di più per la sua reazione dopo l’incontro con Violante: la curiosità che manifesta per la “vita dopo la vita” è quella genuina di una ragazza senza troppe pretese, desiderosa di conoscere il mondo e di fare mille esperienze, fra le quali rientra la prova di coraggio ad Halloween.

La cosa che più abbiamo apprezzato è che, dopo averne usato un pizzico, la dose giusta, hai messo completamente da parte la paura per lasciare il posto ad un racconto presumibilmente molto “tuo”, che riflette le tue opinioni o ipotesi personali.

Peccato per quelle piccole imprecisioni grammaticali o i troppi punti esclamativi, che hanno così ridotto il punteggio, altrimenti la tua storia sarebbe risultata senz'altro la migliore, sotto ogni punto di vista. Ci è dispiaciuto infinitamente dover togliere dei punti per errori che con una rilettura in più si potevano evitare.

C’è molto di te nella storia, e questo la rende davvero completa. Davvero complimenti^^
   
 
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