Dopo secoli torno ad aggiornare questa fan fiction, giusto in tempo per Halloween!!! Grazie alle persone che leggono, che a quanto vedo, non sono poche! Non dimenticate di recensire, VI PREGOOOOO! ç_ç
Bacioooooooo!
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Novembre 2008
7
CAPITOLO - INVITO
“
Ti ricordi il mio nome?”
Il
suo tono falsamente ingenuo mi fece insospettire, ma decisi di
mantenere la
calma e rispondere alla provocazione.
Ammiccai.
“ Tu ti ricordi il mio nome?”, chiesi maliziosa.
Si
lasciò scappare una risatina quasi nervosa poi mi guardò dritto negli
occhi,
usando tutta la potenza del suo sguardo.
“
Ora mi dai un motivo migliore per ricordamelo”, affermò ironico,
avvicinandosi
di un passo verso di me. “ Lucy.”
Mi
irrigidii istantaneamente, e non per il nervosismo. Il tono di voce
seducente,
sottile, con cui pronunciò il mio nome fece andare in tilt il cervello,
nonostante fossi abituata a quel genere di complimenti scritto tra le
righe. Cercai di ignorare la voglia di
avvicinarmi a lui quel tanto che bastava a verificare se anche il suo
corpo
profumasse come quella fragranza che tappava le narici, soffocando
l’istinto con
una certa fatica, per occuparmi di questioni più importanti.
“
Che ci faccio qua, Derek?” chiesi piano.
La
domanda lo colse di sorpresa, poi cercando di non smascherarsi mi
rispose
velocemente.
“
Ti sei leggermente ubriacata!” disse
ironicamente. Lo fulminai con lo sguardo ma lui continuò. “ Inoltre ho
impedito
al tuo amico di fotterti nel cesso
della discoteca. Non credo che tu
fossi molto consenziente.”
Rimasi
ammutolita a fissarlo. Amico? Fottermi?
Nel cesso? Ma di che diavolo
blaterava?
“
Che… che stai dicendo?” balbettai.
“
Quello che ho detto”, mi ribadì lui. “ Tu e Shane eravate in
atteggiamenti
molto, molto intimi. Per essere
precisi la sua lingua ha esplorato molto profondamente la tua bocca,
favore che
poi hai ricambiato.”
“Ah!”
fu tutto ciò che riuscii a dire alla fine. Che altro potevo dire? Che
mi stava
bene? Si, anche. In quel momento sperai che anche Shane si fosse
ubriacato
abbastanza da non ricordarsi nulla. Mi
ripresi quando uno spiffero di aria fredda si scontrò con la mia
schiena nuda.
Solo allora mi ricordai di essere in reggiseno. Un'altra paura mi fece
scattare. In un'altra occasione non mi sarei sentita così a disagio,
tutt’altro
era una persona che in occasioni del genere giocava molto sulla
malizia, ma
c’era qualcosa in Derek che annientava quella parte di me. Mi metteva
in
soggezione. Più lo guardavo e più sentivo del fuoco bruciare in me.
“
Giusto per…” iniziai imbarazzata, non sapendo quale fosse il modo
migliore ed
educato per esprimere le mie preoccupazioni. “ Anche noi eravamo… in..
in
atteggiamenti intimi?”
Derek
mi fissò con espressione che si faceva sempre più divertita man mano che io andavo sempre più in palla. Ero più che
sicura che avesse capito a cosa mi stessi riferendo e sospettai che mettermi in difficoltà fosse un modo
per
vendicarsi dopo figuraccia che gli avevo fatto fare ieri sera.
Evidentemente aspettava che parlassi io.
Avrei
voluto scavarmi una fossa da sola quando dissi: " Abbiamo fatto
sesso?" tutto d'un fiato.
L'espressione
di Derek si fece sempre più vittoriosa e beffarda mentre con passo
lento ma
deciso si avvicinava sempre di più verso di me. "No, ma se vuoi
rimediamo subito!”
Rimasi
ammutolita riflettendo sul senso di quella frase. Mi aveva forse detto
in un
modo un po’ contorto che gli piacevo? Nah, senza contorto: l’invito era
stato
chiarissimo. L’imbarazzo stranamente sembrò evaporare. Cercai di
soffocare la
reazione eloquente del mio corpo mentre la parte felina di
me si schiantava con una potenza.
Annullai
con passo sicuro la distanza tra di noi.
“Rimedieresti davvero?” chiesi con voce bassa e seducente, alzando gli
occhi
per poterlo guardare negli occhi. Non mi ero resa conto che fosse così
alto:
dovevo tenere la testa sempre più in su per guardalo in viso. La mia
reazione
lo sorprese, era evidente. Si era improvvisamente irrigidito, lo
riconoscevo
dai suoi occhi simili all’argento, incredibilmente concentrati nei miei.
“
Tu no?” ribattè alla fine, con voce che cercava di nascondere un
fremito.
Cercai di non lasciarmi distrarre da quel profumo inebriante. Socchiusi
un poco
la bocca, lasciando intravedere la lingua, poi mi alzai in punta di
piedi verso
di lui. Derek rimaneva immobile, scombussolato da quel mio improvviso
cambio di
umore. Il meglio deve ancora venire, pensai tra me e me. Inarcai un po’
la
testa, fino a portarmi a neanche un centimetro di distanza dalla sua
bocca. Mi
avvicinai e…
“
NO!” esclamai allontanandomi brusca, portando i nostri corpi a una
distanza di
sicurezza. “ Non lo
farei.”
Sorrisi
trionfante. Derek ricambiò silenzioso il mio sguardo, senza
trasmettermi
niente. Era padrone di se stesso, non avrei saputo dire quali
sensazioni stesse
provando in quel momento. Avrei detto imbarazzo. Io da parte mia
gongolavo di
soddisfazione per averlo messo nel sacco. Ora non stava a me parlare,
ma quando
Derek lo fece, desiderai che non l’avesse mai fatto.
“
Oh si che lo faresti, tesoro.” Affermò sicuro di se. “ Lo nascondi
sotto quel…”
indicò il mio corpo, sforzandosi di trovare le parole giuste. “… quel
ben di
Dio, ma lo faresti. E lo sai.” Uno dei suoi sorrisi sarcastici e
dominatori gli
balenò in volto.
Mi
sentii sprofondare ma lo congelai con occhiataccia. “ No.”
“
Si.”
“
NO!”
Mi
ri sorrise, sferzante.“ Si, se non fosse così non saresti qui a
discutere con
me e con te stessa.”
Rimasi
a bocca aperta, poi la richiusi di scatto, imbufalita Non era vero!
Aveva
torto! Per quanto fosse fichissimo non avevo di certo intenzione di
andare a
letto con lui. “ Credi a cosa vuoi!”, ringhiai alla fine, per poi
andare a
passo di carica verso la porta. Stupido
idiota! In quel momento, arrabbiata com’era non sapevo che farmene
dell’orgoglio. Sarei uscita di casa anche in reggiseno e scalza se non
fosse
stato per Derek, che in un attimo mi fu dietro, richiudendo senza
sforzo il
portone in legno che avevo aperto e bloccandomi l’uscita con il suo
braccio
muscoloso. Rimasi immobile a fissare i
vetri opachi, troppo scioccata per capire come avesse fatto a
raggiungermi così
in fretta e per di più senza far rumore. Sentivo il suo fiato freddo
sul collo.
Quando lanciai uno sguardo velenoso al braccio, pronta a staccarglielo
a morsi,
Derek parlò pacato, innervosendomi ancora di più.
“
Se proprio devi andartene, perlomeno rivestiti. Oltre a prendere freddo
potresti scatenare la reazione di qualche passante. E oggi non
so se mi va di fare a botte con qualcuno.”
Ignorai
la sua minaccia e digrignai i denti, poi mi voltai riluttante a
guardarlo in
faccia. “ Allora dammeli tu, visto che in camera tua non ci
sono,”ribattei. “
Grazie.”
“
Sono nel bagno!” mi rispose lui, spostandosi e lasciandomi libera di
andare
verso le scale. Lo incenerii con un'altra occhiata poi salii con passo
pesante
le scale. Una volta in camera sua,
cercai velocemente i vestiti, piegati malamente ai piedi del letto,
indossandoli svogliatamente mentre pensavo ancora alle parole che mi
aveva
detto con sicurezza in soggiorno. Se non
fosse così non saresti qui a discutere con me e con te stessa. Come
potevo
farmi influenzare dal parere di un ragazzino di qualche anno più grande
di me,
che a malapena mi conosceva? Solo perché fisicamente era attraente
questo non
giustificava il fatto che si potesse comportare come uno stronzo di
prima
categoria. Io sapevo qual’era la verità, e non era di certo quella. Mi
fiondai
in bagno, cercando di scacciare quei pensieri. Mi specchiai nel grande
specchio
sopra il lavandino, e ovviamente vidi riflesso ciò che mi aspettavo:
una massa di
capelli mezzi lisci e mezzi mossi e tutto il trucco sbavato. Legai i
capelli in
una treccia veloce e pratica poi mi sciacquai la faccia cercando di
portar via
il più trucco possibile e mi limitai ad asciugarmi con
della carta igienica al posto di usare un
asciugamano. Indossai il cappotto, infilai gli stivali e scesi in
fretta le
scale, sotto il ticchettio frenetico dei tacchi, masticando con fatica
i tre
cicles alla menta che avevo trovato in
borsa, usandoli come rimedio allo spazzolino. Non avevo nemmeno
intenzione di
salutare Derek o ringraziarlo, per quel che mi riguardava poteva
benissimo
lasciarmi in atteggiamenti intimi con Shane, sempre che fosse vero.
Finalmente
uscii dalla casa ma mi bloccai sulla soglia,un sorrisetto pietrificato
sulla
bocca. L’aria fresca e frizzante, che profumava ancora di ruggine e
pioggia, mi
fece rabbrividire, mentre fissavo quasi spiritata una moto grande, nera
e
lucida parcheggiata proprio sul vialetto.
Derek trionfante e bellissimo, seduto proprio su quella
meraviglia,
intento e sfregarsi le mani per riscaldarsi da quell’aria fredda, mi
fissava
soddisfatto.
“
Che cosa significa tutto questo?” domandai stizzosa, avvicinandomi a
lui.
“
È’ il mio modo per chiedere scusa,” rispose angelico.
“
Se il tuo modo per chiedere scusa vuol dire andarsi a schiantare contro
un palo
della luce, okey.”
Lui
soffocò una risata, senza badare al tono
acido che avevo usato. “ Veramente volevo chiederti se ti andava di
uscire.”
Gli
risposi dopo un momento di palese sorpresa. “ Ho altro da fare”, dissi
accennando
a un passo nella direzione opposta alla sua.
Il
suo braccio muscoloso e lungo, apparve fulmineo, bloccandomi la strada.
Per un
istante rimasi li a chiedermi se fosse il caso di prendere a morsi la
sua mano
o a tirargli un pugno in testa. Poi feci un sospiro scocciato e mi
voltai a
guardarlo, inviperita. Lui, testardamente, con il braccio libero, mi
porse un
casco che non afferrai. Ci guardammo per dei secondi interminabili e
quasi con
furia, finchè Derek non scatenò su di me la potenza del suo sguardo.
“Di
certo la motivazione del tuo “ no” non è sicuramente perché hai paura
di finire
nei casini con i tuoi,” mi provocò.
Feci
per ribattere, anche se quella era la verità, ma lui mi anticipò.“ Se
fosse
stato così te ne saresti andata da un pezzo. Quindi vedila come un modo
per
chiederti scusa riguardo prima. E inoltre anche se non ti importa,
sappiamo bene
che una volta a casa non uscirai per un bel po’ quindi… a te la scelta.”
Ridussi
gli occhi a una fessura quando lui
riavvicinò il casco alle mie mani. Dove tornare a casa e lo sapevo
bene, come
minimo ero in ritardo di almeno dieci ore. Stare ancora in giro a
gingillare
per un po’ non mi avrebbe ingraziato di sicuro. Sarei stata volentieri
ancora
fuori, per potermi godere gli ultimi istanti di libertà però… stavo per
dire non con Derek ma mi bloccai. Ero davvero
così sicura di non voler montare su quella moto con lui? Pensai alla
prima
volta che l’avevo visto e poi a quel desiderio malsano di rivederlo che
mi
aveva assalito nelle settimane a venire. Ora che finalmente c’e l’avevo
davanti
sarei stata in grado di digli di no e andarmene? Di certo quando
l’avevo visto
non avevo immaginato che disponesse di un carattere così pungente
e vivace ma d’altronde l’irresponsabile
e testarda ragazza che ero, era l’ultima che poteva giudicare le
persone.
“Sento
che mi pentirò di questa decisione” mormorai guardandolo e prendendo il
casco
tra le mani.
Lui
rise e mi sorrise. Un fuoco improvviso divampò in me. Controllati,
mi dissi.
Infilai
con sicurezza il caso, montando dietro di lui. Afferrai saldamente la
felpa che
indossava, cercando però di non accollarmi a lui. La sua risata
fragorosa,
segno che probabilmente aveva capito, venne coperta dal ruggito del
motore appena
acceso. “ Pronta?” mi chiese, quasi frenetico.
Sperai
che riuscisse a sentirmi anche attraverso il casco. “Sì.”
La
moto partì in quarta, facendomi quasi schizzare all’indietro,
nonostante fossi
pronta all’impatto. Con un moto di paura ed eccitazione sorrisi
involontariamente mentre stringevo le gambe contro quelle di Derek,
sentendo
l’aria fredda trapassare il giubbotto leggere, sfrecciando lungo una
strada
costeggiata di case vittoriane ed enormi. Alcune erano fatiscenti e
disabitate,
con travi in legno alle finestre, mentre altre gloriose e bellissime in
confronto, sebbene tutte si distinguessero per i muri esterni scoloriti
e
decadenti. Nella mia mente riconobbi subito quel quartiere, non
esattamente tra
i migliori:il Vittoriano. Fino a meno di cinquant’anni fa, era incluso
nella
parte storica della città ma con l’andare degli anni quella ville erano
state
vendute o cedute dai proprietari agli esalatori dei debiti e scommesse.
Ora mai
a popolarlo era un miscuglio di malavita e persone seriamente
problematiche.
Preferibilmente da evitare. Mentre mi perdevo in quei pensieri mi resi
conto
che non avevo la minima idea di dove Derek mi stesse portando, così un
po’
intimorita cominciai a seguire gli spostamenti della moto. Non
riconoscevo le
viuzze che lui percorreva con sicurezza e facilità, tra palazzi mezzi
distrutti
e pitturati da graffiti colorati e appariscenti, finché non imboccò un
ponticello in legno, procedendo sempre più a nord verso le colline e la
vecchia
stazione, risalendo tornanti e stradine sterrate. Feci mente locale,
cercando
di ricordare se ci fossero negozi o qualsiasi altre cose che non lo
rendessero
un posto appartato, constatando che a parte qualche ristorante di lusso
sfruttato soprattutto da romantici fidanzanti non c’era altro. Aveva
intenzione
di offrirmi la cena? Mentre la moto slittò un poco sotto della ghiaia,
mi chiesi
se era il caso di scendere e tornarmene
a casa. Senza darmi il tempo di prendere una decisione razionale la
moto si
fermò con un brontolio mentre io rimanevo seduta sul retro del veicolo,
guardandomi intorno con circospezione. La diffidenza venne sostituita
in poco
tempo dalla sorpresa, mentre sempre più incredula allentavo lo la presa
ferrea
che esercitavo su Derek. Mi sfilai lentamente il casco per
poter ammirare ancora meglio il panorama,
scendendo
cautamente dalla moto.
“
Grazie”, mormorai distratta a Derek, porgendogli il casco. Mi avviai
sempre più
entusiasta e con lunghi passi, camminando su terra secca e irregolare,
verso un
precipizio. La risata smorzata di Derek, probabilmente dovuta alla mia
reazione, raggiunse le mie orecchie, ma non ci badai. Per potermi
sporgere
ancora un po’ di più, e ammirare meglio il panorama che mi si parava
davanti,
afferrai saldamente il tronco di un pino. Quando raggiunsi la posizione
adeguata aguzzai la vista, mentre un sorriso che partiva da un orecchio
all’altro
mi si stampava in volto. Guardavo dell’altro e con ammirazione, su una
collinetta a metà tra la terra e il cielo, una piccola e caotica
Maddlemburg:avevo vista completo di tutto. Riuscivo a scorgere con fin
troppa
chiarezza il parco grande e immenso che si mischiava con il bosco,
ormai una
macchia vuota e quasi spoglia, i quartieri a Nord che erano
praticamente sotto
i miei piedi, alcuni tra i palazzi più alti del centro, la ferrovia che
attraversava la città e il fiume che la costeggiava. In lontananza si
vedevano
i quartieri a Sud. Se questa era la vista di cui usufruivo guardando in
basso
non potevo dire lo stesso se alzavo gli occhi al cielo, velato di
grigio e
nuvole sparse che coprivano il blu, quasi fossero state una cappa di
fumo. Quel
colore in quel momento mi ricordava una sola cosa, o persona. Le
colline sempre
più alte e ricche di una foresta fino a qualche mese prima rigogliosa,
delimitavano la vallata e circondavano la città, creando una
meravigliosa
gabbia. Tutto era fin troppo stupendo, soprattutto se visto da un punto
intermedio come il mio. Sentii foglie secche sgretolarsi sotto i passi
e poi il
respiro lento e regolare quanto il mio.
“
Sono perdonato?” domandò Derek spezzando il silenzio dopo alcuni
secondi.
Mi
voltai a guardarlo e annuì, con ancora i residui di quel sorriso sulle
labbra.
Lui arricciò il naso e mi sorrise, pizzicando la lingua fra i denti,
soddisfatto da quella risposta. Mi
voltai di nuovo verso il burrone,
continuando a reggermi per sicurezza all’albero.
“
Non sapevo esistesse questo posto.” Mormorai per non spezzare la calma.
“
Lo sanno in pochi.”
“ Andiamo?”
chiese poi di punto in bianco.
Mi
voltai confusa. “ Dove?”
Mi strizzò l’occhio: “ In un altro posto che conoscono in pochi.”
RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!