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Autore: bubblin_    31/10/2010    1 recensioni
"Lo amavo e mio zio aveva torto. Poco importava che lui fosse un vampiro e io un umana. Poco importava che io fossi la Cacciatrice e lui il demone da distruggere. Lo amavo e non c’era altro modo di sfuggire a ciò che provavo per lui. Chiedermi di rinunciare a quella parte di sentimenti era come chiedermi di rinunciare a una parte di me stessa, come chiedermi di tagliarmi a metà. Il solo pensiero mi causava tanto dolore da procurarmi conati di vomito. Non potevo tornare dietro, neanche a volerlo. Ora mai c’era troppo dentro. Ero sua, gli appartenevo, come le stelle appartengono al cielo."
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo secoli torno ad aggiornare questa fan fiction, giusto in tempo per Halloween!!! Grazie alle persone che leggono, che a quanto vedo, non sono poche! Non dimenticate di recensire, VI PREGOOOOO! ç_ç

Bacioooooooo!

1 Novembre 2008

7 CAPITOLO - INVITO

“ Ti ricordi il mio nome?”

Il suo tono falsamente ingenuo mi fece insospettire, ma decisi di mantenere la calma e rispondere alla provocazione.

Ammiccai. “ Tu ti ricordi il mio nome?”, chiesi maliziosa.

Si lasciò scappare una risatina quasi nervosa poi mi guardò dritto negli occhi, usando tutta la potenza del suo sguardo.

“ Ora mi dai un motivo migliore per ricordamelo”, affermò ironico, avvicinandosi di un passo verso di me. “ Lucy.”

Mi irrigidii istantaneamente, e non per il nervosismo. Il tono di voce seducente, sottile, con cui pronunciò il mio nome fece andare in tilt il cervello, nonostante fossi abituata a quel genere di complimenti scritto tra le righe. Cercai di ignorare la voglia di avvicinarmi a lui quel tanto che bastava a verificare se anche il suo corpo profumasse come quella fragranza che tappava le narici, soffocando l’istinto con una certa fatica, per occuparmi di questioni più importanti.

“ Che ci faccio qua, Derek?” chiesi piano.

La domanda lo colse di sorpresa, poi cercando di non smascherarsi mi rispose velocemente.

“ Ti sei leggermente ubriacata!” disse ironicamente. Lo fulminai con lo sguardo ma lui continuò. “ Inoltre ho impedito al tuo amico di fotterti nel cesso della discoteca. Non credo che tu fossi molto consenziente.”

Rimasi ammutolita a fissarlo. Amico? Fottermi? Nel cesso? Ma di che diavolo blaterava?

“ Che… che stai dicendo?” balbettai.

“ Quello che ho detto”, mi ribadì lui. “ Tu e Shane eravate in atteggiamenti molto, molto intimi. Per essere precisi la sua lingua ha esplorato molto profondamente la tua bocca, favore che poi hai ricambiato.”

“Ah!” fu tutto ciò che riuscii a dire alla fine. Che altro potevo dire? Che mi stava bene? Si, anche. In quel momento sperai che anche Shane si fosse ubriacato abbastanza da non ricordarsi nulla. Mi ripresi quando uno spiffero di aria fredda si scontrò con la mia schiena nuda. Solo allora mi ricordai di essere in reggiseno. Un'altra paura mi fece scattare. In un'altra occasione non mi sarei sentita così a disagio, tutt’altro era una persona che in occasioni del genere giocava molto sulla malizia, ma c’era qualcosa in Derek che annientava quella parte di me. Mi metteva in soggezione. Più lo guardavo e più sentivo del fuoco bruciare in me.

“ Giusto per…” iniziai imbarazzata, non sapendo quale fosse il modo migliore ed educato per esprimere le mie preoccupazioni. “ Anche noi eravamo… in.. in atteggiamenti intimi?”

Derek mi fissò con espressione che si faceva sempre più divertita man mano che io andavo sempre più in palla. Ero più che sicura che avesse capito a cosa mi stessi riferendo e sospettai che mettermi in difficoltà fosse un modo per vendicarsi dopo figuraccia che gli avevo fatto fare ieri sera. Evidentemente aspettava che parlassi io.

Avrei voluto scavarmi una fossa da sola quando dissi: " Abbiamo fatto sesso?" tutto d'un fiato.

L'espressione di Derek si fece sempre più vittoriosa e beffarda mentre con passo lento ma deciso si avvicinava sempre di più verso di me. "No, ma se vuoi rimediamo subito!”

Rimasi ammutolita riflettendo sul senso di quella frase. Mi aveva forse detto in un modo un po’ contorto che gli piacevo? Nah, senza contorto: l’invito era stato chiarissimo. L’imbarazzo stranamente sembrò evaporare. Cercai di soffocare la reazione eloquente del mio corpo mentre la parte felina di me si schiantava con una potenza.

Annullai con passo sicuro la distanza tra di noi. “Rimedieresti davvero?” chiesi con voce bassa e seducente, alzando gli occhi per poterlo guardare negli occhi. Non mi ero resa conto che fosse così alto: dovevo tenere la testa sempre più in su per guardalo in viso. La mia reazione lo sorprese, era evidente. Si era improvvisamente irrigidito, lo riconoscevo dai suoi occhi simili all’argento, incredibilmente concentrati nei miei.

“ Tu no?” ribattè alla fine, con voce che cercava di nascondere un fremito. Cercai di non lasciarmi distrarre da quel profumo inebriante. Socchiusi un poco la bocca, lasciando intravedere la lingua, poi mi alzai in punta di piedi verso di lui. Derek rimaneva immobile, scombussolato da quel mio improvviso cambio di umore. Il meglio deve ancora venire, pensai tra me e me. Inarcai un po’ la testa, fino a portarmi a neanche un centimetro di distanza dalla sua bocca. Mi avvicinai e…

“ NO!” esclamai allontanandomi brusca, portando i nostri corpi a una distanza di sicurezza. “ Non lo farei.”

Sorrisi trionfante. Derek ricambiò silenzioso il mio sguardo, senza trasmettermi niente. Era padrone di se stesso, non avrei saputo dire quali sensazioni stesse provando in quel momento. Avrei detto imbarazzo. Io da parte mia gongolavo di soddisfazione per averlo messo nel sacco. Ora non stava a me parlare, ma quando Derek lo fece, desiderai che non l’avesse mai fatto.

“ Oh si che lo faresti, tesoro.” Affermò sicuro di se. “ Lo nascondi sotto quel…” indicò il mio corpo, sforzandosi di trovare le parole giuste. “… quel ben di Dio, ma lo faresti. E lo sai.” Uno dei suoi sorrisi sarcastici e dominatori gli balenò in volto.

Mi sentii sprofondare ma lo congelai con occhiataccia. “ No.”

“ Si.”

“ NO!”

Mi ri sorrise, sferzante.“ Si, se non fosse così non saresti qui a discutere con me e con te stessa.”

Rimasi a bocca aperta, poi la richiusi di scatto, imbufalita Non era vero! Aveva torto! Per quanto fosse fichissimo non avevo di certo intenzione di andare a letto con lui. “ Credi a cosa vuoi!”, ringhiai alla fine, per poi andare a passo di carica verso la porta. Stupido idiota! In quel momento, arrabbiata com’era non sapevo che farmene dell’orgoglio. Sarei uscita di casa anche in reggiseno e scalza se non fosse stato per Derek, che in un attimo mi fu dietro, richiudendo senza sforzo il portone in legno che avevo aperto e bloccandomi l’uscita con il suo braccio muscoloso. Rimasi immobile a fissare i vetri opachi, troppo scioccata per capire come avesse fatto a raggiungermi così in fretta e per di più senza far rumore. Sentivo il suo fiato freddo sul collo. Quando lanciai uno sguardo velenoso al braccio, pronta a staccarglielo a morsi, Derek parlò pacato, innervosendomi ancora di più.

“ Se proprio devi andartene, perlomeno rivestiti. Oltre a prendere freddo potresti scatenare la reazione di qualche passante. E oggi non so se mi va di fare a botte con qualcuno.”

Ignorai la sua minaccia e digrignai i denti, poi mi voltai riluttante a guardarlo in faccia. “ Allora dammeli tu, visto che in camera tua non ci sono,”ribattei. “ Grazie.”

“ Sono nel bagno!” mi rispose lui, spostandosi e lasciandomi libera di andare verso le scale. Lo incenerii con un'altra occhiata poi salii con passo pesante le scale. Una volta in camera sua, cercai velocemente i vestiti, piegati malamente ai piedi del letto, indossandoli svogliatamente mentre pensavo ancora alle parole che mi aveva detto con sicurezza in soggiorno. Se non fosse così non saresti qui a discutere con me e con te stessa. Come potevo farmi influenzare dal parere di un ragazzino di qualche anno più grande di me, che a malapena mi conosceva? Solo perché fisicamente era attraente questo non giustificava il fatto che si potesse comportare come uno stronzo di prima categoria. Io sapevo qual’era la verità, e non era di certo quella. Mi fiondai in bagno, cercando di scacciare quei pensieri. Mi specchiai nel grande specchio sopra il lavandino, e ovviamente vidi riflesso ciò che mi aspettavo: una massa di capelli mezzi lisci e mezzi mossi e tutto il trucco sbavato. Legai i capelli in una treccia veloce e pratica poi mi sciacquai la faccia cercando di portar via il più trucco possibile e mi limitai ad asciugarmi con della carta igienica al posto di usare un asciugamano. Indossai il cappotto, infilai gli stivali e scesi in fretta le scale, sotto il ticchettio frenetico dei tacchi, masticando con fatica i tre cicles alla menta che avevo trovato in borsa, usandoli come rimedio allo spazzolino. Non avevo nemmeno intenzione di salutare Derek o ringraziarlo, per quel che mi riguardava poteva benissimo lasciarmi in atteggiamenti intimi con Shane, sempre che fosse vero. Finalmente uscii dalla casa ma mi bloccai sulla soglia,un sorrisetto pietrificato sulla bocca. L’aria fresca e frizzante, che profumava ancora di ruggine e pioggia, mi fece rabbrividire, mentre fissavo quasi spiritata una moto grande, nera e lucida parcheggiata proprio sul vialetto. Derek trionfante e bellissimo, seduto proprio su quella meraviglia, intento e sfregarsi le mani per riscaldarsi da quell’aria fredda, mi fissava soddisfatto.

“ Che cosa significa tutto questo?” domandai stizzosa, avvicinandomi a lui.

“ È’ il mio modo per chiedere scusa,” rispose angelico.

“ Se il tuo modo per chiedere scusa vuol dire andarsi a schiantare contro un palo della luce, okey.”

Lui soffocò una risata, senza badare al tono acido che avevo usato. “ Veramente volevo chiederti se ti andava di uscire.”

Gli risposi dopo un momento di palese sorpresa. “ Ho altro da fare”, dissi accennando a un passo nella direzione opposta alla sua.

Il suo braccio muscoloso e lungo, apparve fulmineo, bloccandomi la strada. Per un istante rimasi li a chiedermi se fosse il caso di prendere a morsi la sua mano o a tirargli un pugno in testa. Poi feci un sospiro scocciato e mi voltai a guardarlo, inviperita. Lui, testardamente, con il braccio libero, mi porse un casco che non afferrai. Ci guardammo per dei secondi interminabili e quasi con furia, finchè Derek non scatenò su di me la potenza del suo sguardo.

“Di certo la motivazione del tuo “ no” non è sicuramente perché hai paura di finire nei casini con i tuoi,” mi provocò.

Feci per ribattere, anche se quella era la verità, ma lui mi anticipò.“ Se fosse stato così te ne saresti andata da un pezzo. Quindi vedila come un modo per chiederti scusa riguardo prima. E inoltre anche se non ti importa, sappiamo bene che una volta a casa non uscirai per un bel po’ quindi… a te la scelta.”

Ridussi gli occhi a una fessura quando lui riavvicinò il casco alle mie mani. Dove tornare a casa e lo sapevo bene, come minimo ero in ritardo di almeno dieci ore. Stare ancora in giro a gingillare per un po’ non mi avrebbe ingraziato di sicuro. Sarei stata volentieri ancora fuori, per potermi godere gli ultimi istanti di libertà però… stavo per dire non con Derek ma mi bloccai. Ero davvero così sicura di non voler montare su quella moto con lui? Pensai alla prima volta che l’avevo visto e poi a quel desiderio malsano di rivederlo che mi aveva assalito nelle settimane a venire. Ora che finalmente c’e l’avevo davanti sarei stata in grado di digli di no e andarmene? Di certo quando l’avevo visto non avevo immaginato che disponesse di un carattere così pungente e vivace ma d’altronde l’irresponsabile e testarda ragazza che ero, era l’ultima che poteva giudicare le persone.

“Sento che mi pentirò di questa decisione” mormorai guardandolo e prendendo il casco tra le mani.

Lui rise e mi sorrise. Un fuoco improvviso divampò in me. Controllati, mi dissi.

Infilai con sicurezza il caso, montando dietro di lui. Afferrai saldamente la felpa che indossava, cercando però di non accollarmi a lui. La sua risata fragorosa, segno che probabilmente aveva capito, venne coperta dal ruggito del motore appena acceso. “ Pronta?” mi chiese, quasi frenetico.

Sperai che riuscisse a sentirmi anche attraverso il casco. “Sì.”

La moto partì in quarta, facendomi quasi schizzare all’indietro, nonostante fossi pronta all’impatto. Con un moto di paura ed eccitazione sorrisi involontariamente mentre stringevo le gambe contro quelle di Derek, sentendo l’aria fredda trapassare il giubbotto leggere, sfrecciando lungo una strada costeggiata di case vittoriane ed enormi. Alcune erano fatiscenti e disabitate, con travi in legno alle finestre, mentre altre gloriose e bellissime in confronto, sebbene tutte si distinguessero per i muri esterni scoloriti e decadenti. Nella mia mente riconobbi subito quel quartiere, non esattamente tra i migliori:il Vittoriano. Fino a meno di cinquant’anni fa, era incluso nella parte storica della città ma con l’andare degli anni quella ville erano state vendute o cedute dai proprietari agli esalatori dei debiti e scommesse. Ora mai a popolarlo era un miscuglio di malavita e persone seriamente problematiche. Preferibilmente da evitare. Mentre mi perdevo in quei pensieri mi resi conto che non avevo la minima idea di dove Derek mi stesse portando, così un po’ intimorita cominciai a seguire gli spostamenti della moto. Non riconoscevo le viuzze che lui percorreva con sicurezza e facilità, tra palazzi mezzi distrutti e pitturati da graffiti colorati e appariscenti, finché non imboccò un ponticello in legno, procedendo sempre più a nord verso le colline e la vecchia stazione, risalendo tornanti e stradine sterrate. Feci mente locale, cercando di ricordare se ci fossero negozi o qualsiasi altre cose che non lo rendessero un posto appartato, constatando che a parte qualche ristorante di lusso sfruttato soprattutto da romantici fidanzanti non c’era altro. Aveva intenzione di offrirmi la cena? Mentre la moto slittò un poco sotto della ghiaia, mi chiesi se era il caso di scendere e tornarmene a casa. Senza darmi il tempo di prendere una decisione razionale la moto si fermò con un brontolio mentre io rimanevo seduta sul retro del veicolo, guardandomi intorno con circospezione. La diffidenza venne sostituita in poco tempo dalla sorpresa, mentre sempre più incredula allentavo lo la presa ferrea che esercitavo su Derek. Mi sfilai lentamente il casco per poter ammirare ancora meglio il panorama, scendendo cautamente dalla moto.

“ Grazie”, mormorai distratta a Derek, porgendogli il casco. Mi avviai sempre più entusiasta e con lunghi passi, camminando su terra secca e irregolare, verso un precipizio. La risata smorzata di Derek, probabilmente dovuta alla mia reazione, raggiunse le mie orecchie, ma non ci badai. Per potermi sporgere ancora un po’ di più, e ammirare meglio il panorama che mi si parava davanti, afferrai saldamente il tronco di un pino. Quando raggiunsi la posizione adeguata aguzzai la vista, mentre un sorriso che partiva da un orecchio all’altro mi si stampava in volto. Guardavo dell’altro e con ammirazione, su una collinetta a metà tra la terra e il cielo, una piccola e caotica Maddlemburg:avevo vista completo di tutto. Riuscivo a scorgere con fin troppa chiarezza il parco grande e immenso che si mischiava con il bosco, ormai una macchia vuota e quasi spoglia, i quartieri a Nord che erano praticamente sotto i miei piedi, alcuni tra i palazzi più alti del centro, la ferrovia che attraversava la città e il fiume che la costeggiava. In lontananza si vedevano i quartieri a Sud. Se questa era la vista di cui usufruivo guardando in basso non potevo dire lo stesso se alzavo gli occhi al cielo, velato di grigio e nuvole sparse che coprivano il blu, quasi fossero state una cappa di fumo. Quel colore in quel momento mi ricordava una sola cosa, o persona. Le colline sempre più alte e ricche di una foresta fino a qualche mese prima rigogliosa, delimitavano la vallata e circondavano la città, creando una meravigliosa gabbia. Tutto era fin troppo stupendo, soprattutto se visto da un punto intermedio come il mio. Sentii foglie secche sgretolarsi sotto i passi e poi il respiro lento e regolare quanto il mio.

“ Sono perdonato?” domandò Derek spezzando il silenzio dopo alcuni secondi.

Mi voltai a guardarlo e annuì, con ancora i residui di quel sorriso sulle labbra. Lui arricciò il naso e mi sorrise, pizzicando la lingua fra i denti, soddisfatto da quella risposta. Mi voltai di nuovo verso il burrone, continuando a reggermi per sicurezza all’albero.

“ Non sapevo esistesse questo posto.” Mormorai per non spezzare la calma.

“ Lo sanno in pochi.”

“ Andiamo?” chiese poi di punto in bianco.

Mi voltai confusa. “ Dove?”

Mi strizzò l’occhio: “ In un altro posto che conoscono in pochi.”

RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!
  
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