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Autore: The Warden Archivist    02/11/2010    2 recensioni
Anche se il Flagello è passato, un certo Custode non smette di avere terribili incubi...a volte, la strada che ci riporta a casa è quella che ce ne allontana. SPOILERS sull'epilogo del gioco, più avanti potrebbe farsi violento. A tratti drammatico, a tratti umoristico, ma sempre avventuroso, nello spirito di Dragon Age!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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I, I'll get by
I, I'll survive
When the world's crashing down
When I fall and hit the ground
I will turn myself around
Don't you try to stop me
I, I won't cry

(Alice (Underground) – Avril Lavigne)


Il breve incontro con il Sovrintendente aveva lasciato Alistair con l’amaro in bocca e un migliaio di dubbi a ronzargli in testa. Mentre, scortato dai suoi due rapitori (ricomparsi all’improvviso non appena aveva lasciato l’ufficio), scendeva le scale della torre fino al pianterreno, qualcosa dentro di lui non gli dava pace. Aveva accettato di portare a termine quel compito, ben sapendo quali sarebbero state le conseguenze…o forse no?
Dopotutto, erano passati anni dal suo ultimo incontro con Cullen…e già a quel tempo non gli aveva dato l’impressione di una persona del tutto equilibrata, ma date le circostanze…
E poi, da lì a diventare uno spietato assassino…
Lo ricordava ancora, rattrappito sul pavimento zuppo di sangue, debole e stravolto, che mormorava preghiere con voce rotta e atona, come se solo quelle flebili parole lo separassero dal baratro. Eppure era bastato un cenno di Prometheus, per farlo scattare, occhi stralunati iniettati di sangue, mani adunche per il digiuno, la tensione che sembrava divorarlo come una pestilenza, e la voce sempre più acuta, rabbiosa…indemoniata forse, pervasa com’era dall’odio per i maghi. Posseduto dalla sua stessa pena, sembrava lo spirito della vendetta, più che un uomo in carne ed ossa…
Aveva provato pietà per lui.
E, in fondo all’anima, l’aveva capito. Alistair era stato cresciuto per diventare un templare, in fin dei conti. Sapeva quanto fosse profondo il legame che li univa, non solo spirituale, ma anche personale. Erano una famiglia, a modo loro…una famiglia fanatica, castrante, pericolosa, se vogliamo…ma che altro restava? Rinunciare a tutto (amore, figli, la possibilità di scegliere cosa fare delle propria vite) pur di compiere la volontà del Creatore era un intento lodevole, ma che ti consumava a poco a poco. Dove trovare conforto, oltre che nella religione e nell’allenamento, se non gli uni negli altri? Nessuno lo sapeva meglio di lui, che in questo non aveva nemmeno avuto una scelta. Quanti giorni aveva passato nella segreta paura di perdere sé stesso, in tutta quella intransigenza e sterilità? E quanta gioia aveva provato quando Duncan lo aveva salvato da quel destino…Non aveva trovato amici tra i templari, ma di certo ne aveva trovati tra i Custodi. E perderli era stato…
Non l’aveva mai confessato a Prometheus, ma in quel momento la rabbia di Cullen gli era sembrata giustificata, legittima. Forse l’avrebbe anche appoggiato, nel suo desiderio di sterminare tutti i maghi del Circolo, se Prometheus non avesse detto:
“Non sacrificherò vite innocenti per questa vendetta, giustificata o meno!”
L’aveva guardato, incredulo. Nei suoi occhi splendeva una luce sinistra, quasi crudele…
Ricordò chiaramente la fitta gelida che gli attanagliò lo stomaco. Che stupido era stato…Cullen non era l’unico ad aver perso dei compagni. Prometheus aveva vissuto nella Torre tutta la vita, senza conoscere altro oltre le sue mura. Tutti quei maghi erano stati amici, compagni, fratelli, forse anche padri e madri, per lui. Nonostante tutto quello che era successo, certi legami erano impossibili da spezzare. Nella Harrowing Chamber, su per le scale, stavano i responsabili del massacro di due casate: dei templari e dei maghi. Davanti a lui, i figli di due di queste casate avevano reazioni completamente diverse, davanti al loro annientamento. Cullen, una creatura perversa assetata di sangue. Prometheus, una maschera di dolore e fiamme. Non era immune a quell’odio, quello stesso odio che lo univa a Cullen, in una maniera distorta e profonda…glielo si leggeva negli occhi, se avesse potuto si sarebbe volentieri gettato nella mischia, e avrebbe ucciso, massacrato, vendicato… ma sapeva reprimere quell’istinto, davanti alla consapevolezza che c’era un bene superiore da perseguire, talmente incomparabile a sé stesso e alla sua vendetta, da impedirgli di agire come avrebbe voluto. Dentro di sé, sentì nascere la vergogna, mentre ancora, a capo leggermente chino, guardava Prometheus, traendo forza dalla sua determinazione.
Cullen aveva urlato, aveva colpito la gabbia con i pugni, insultandoli, una frustrazione disperata che gli deformava il volto, gli occhi in fiamme come quelli di un cane rabbioso e altrettanto bestiali. Poi, rendendosi conto che non avrebbe ottenuto nulla, era tornato alle sue preghiere, inginocchiandosi a terra davanti a loro come se non fossero mai esistiti, quieto e vuoto, come se avesse perso ogni speranza.
Solo ora riusciva a comprendere il pieno significato del suo comportamento.
“Siete pensieroso, my lord…”
La voce incerta di Godwin lo distolse dal fiume dei ricordi. Il mago camminava al suo fianco, guardandolo di sottecchi, quasi come fosse preoccupato.
“Wow. La svolta…”
Herbert, in testa al gruppetto, sibilò una frecciatina velenosa che Alistair fece diplomaticamente finta di non udire. Forse non era il più sveglio del reame, ma certo lo era abbastanza da sapere quanto non fosse una buona idea dare ad un mago bisbetico una scusa per mandargli a fuoco i capelli. Indispettito, si rivolse a Godwin.
“Niente di grave, Godwin, pensavo solo al compito che mi attende”
Il mago rabbrividì, scuotendo il capo con ribrezzo.
“Quel…quel mostro… – farfugliò, soffiando le parole tra i denti serrati – Ricordo ancora quando arrivò alla torre per la prima volta. Glielo si leggeva in faccia che non ci stava con la testa, nossignore! Con tutti quei ‘Si, Comandante Gregoir! No, Comandante Gregoir! Posso leccare la terra che calpestate, Comandante Gregoir?’ Disgustoso…”
“Beh, questo non basta a farne un mostro…”
“I maghi che ha assassinato potrebbero dissentire” si intromise Herbert, duro.
“Sia ringraziato il Creatore, avevo già levato le tende, quando è successo – gemette Godwin, scrollando le spalle – Avrei potuto essere…”
“Godwin – rise Herbert, cupo - con una capacità mimetica come la tua, dubito che saresti stato in pericolo…sono sicuro che allora ci fossero dozzine di armadi in cui nascondersi…”
Godwin fremette, indignato, e fissò il mago come se volesse incenerirlo con lo sguardo.
“E’ facile fare dell’ironia, quando non ci si trova in certe situazioni…”
Herbert sbuffò.
“Strano fatto, tu trovi sempre il modo di non trovartici, in queste situazioni…o meglio, fai in modo di non farti trovare. E questo, da dove vengo io, si chiama essere degli immensi codardi”
“COME?!”
“Peccato Godwin – lo interruppe subito Herbert, sorridendo sprezzante – siamo arrivati”
Erano giunti davanti all’ingresso dei sotterranei della torre. Alistair deglutì, ricordando cosa era successo l’ultima volta che avevano tentato di aprire quella porta.
“Ma – chiese con voce incerta – l’uscita non è…”
“Vuoi saperne più di noi su dove si trova l’uscita, cocco? – grugnì Herbert, prendendo dalla tasca un mazzo di grosse chiavi arrugginite e infilandone una nella toppa della porta – Tranquillo, nessun Abominio ti mangerà…”
“Non è degli Abomini, che mi preoccupo” ribattè il giovane. Cominciava davvero ad averne le scatole piene della strafottenza di quel tizio.
Herbert gli lanciò un’occhiata gelida, sogghignando maligno.
“Allora sei più stupido di quanto sembri”
“Forse – li interruppe Godwin con voce stridula, vedendo che la mano di Alistair era scattata verso l’elsa della spada – dovrei darvi le direttive per la missione…”
Alistair guardò prima Godwin, poi Herbert, che continuava a fissarlo con aria di sfida. No, non era il caso di scomodarsi per un coniglio impaurito e uno stronzo. La mano scivolò lungo il fianco, lasciando la spada dov’era.
“Già – bofonchiò – forse è meglio”
Mentre Herbert faceva strada lungo gli stretti corridoi, Godwin, sollevato, cominciò a descrivergli la situazione.
“Dalle notizie che ci sono giunte dal bann, gli spostamenti di Cullen dopo la sua fuga sono stati piuttosto irregolari. Quel che è certo, è che colpisce di giorno….”
“Di giorno? Strano…di notte gli sarebbe più facile far perdere le sue tracce”
“Sì, lo pensavamo anche noi. Ma tenete presente che lui…beh, come dire…è pazzo.”
“Pazzo ma non stupido, o almeno così mi dicono…”
Quanto lo irritava dover usare le stesse parole del Sovrintendente…
“Certo – continuò Godwin, mentre scendevano un’altra breve rampa di scale – ma, capite, lui ha il suo modo da pazzo per fare le cose. Non abbiamo prove per affermarlo con certezza (lui non lascia testimoni), ma vista la sua ossessione per il simbolo di Andraste, crediamo che preferisca colpire quando il sole è alto…”
“Il sole – riflettè Alistair, poggiandosi due dita sotto il mento – è simile al simbolo di Andraste, giusto?”
“Esattamente – annuì il mago con vigore – La sua follia nasce da una mania religiosa. Da quanto Gregoir ha scritto sul rapporto, Cullen è convinto che tutti intorno a lui siano posseduti da demoni o siano maghi del sangue. Perciò, li giustizia in modo…”
“Come se li esorcizzasse…in maniera definitiva…”
Sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale. Non seppe mai se per sdegno…o per paura.
“Se vogliamo metterla così…comunque, abbiamo esaminato le aree nelle quali ha colpito finora. E tutte sono in un raggio ben definito…”
“Cioè?”
“Anche se i suoi obiettivi sono casuali, e sempre isolati dai centri abitati o da altri gruppi di persone, tutti sono raggruppati attorno ad un unico luogo…”
“Un attimo. Se voi ve ne siete accorti, anche i templari…”
“Oh, non credo – Godwin scosse la testa, convinto – finora si sono concentrati sui luoghi di culto, le chiese, i santuari e anche gli altari sparsi sulle vie più sperdute. Oppure, nei luoghi dove vi sono stati avvistamenti di maleficarum o di eretici. Il Sovrintendente dice che lì si sentono nel loro elemento, più forti. Dice che pensano da templari, non da uomini, e visto che Cullen è uno di loro, credono che si comporterà di conseguenza”
Invece no, pensò Alistair. Templare, certo. Ma non più quel genere di templare.
“Comunque, tutto converge verso…”
Mentre parlavano, Herbert si fermò.
“…Lothering”
Alistair sobbalzò, inciampando in un vecchio tappeto sdrucito e rischiando di andare a sbattere contro un’enorme statua.
Sentì le braccia di Godwin che si affrettavano a sorreggerlo, mentre i suoi occhi si abituavano alla penombra, cercando di riprendere il controllo della situazione.
Aveva sentito bene?
“Lothering?! – esclamò, non appena fu nuovamente saldo sulle gambe, gli occhi sgranati – Ma a Lothering non c’è più niente! La Prole Oscura ha raso al suolo l’intera zona, e la Corruzione rende impossibile la vita, laggiù…”
“Proprio per questo! – disse Godwin, aiutandolo a raddrizzarsi - Un luogo buio, desolato, dove nessuno osa avventurarsi per paura del contagio…e dove un tempo stava una delle biblioteche più fornite sul culto di Andraste!”
“Ma…ma questa è…”
“Follia? – gli domandò Herbert, sardonico – Ci siete arrivato, alla fine”
Alistair vide che Herbert tirava fuori qualcosa di lungo e sottile dalla tasca della veste. Poi, con un ampio gesto del braccio, il mago pronunciò alcune parole che il giovane non afferrò.
In un lampo, l’oggetto nella sua mano fu avvolto da un tenue bagliore azzurrognolo…così come l’enorme statua sulla quale Alistair aveva rischiato di andare a sbattere. Scattò all’indietro con un sussulto, rendendosi conto che non si trattava affatto di una statua come un’altra.
Era un golem. Un golem di gigantesche dimensioni, imponente e terribile mentre si sgranchiva le membra granitiche e sbatteva i grossi piedi a terra, facendo tremare il pavimento sotto di loro. Wynne una volta aveva accennato al fatto che ci fosse un golem nel seminterrato della torre, ma avrebbe dovuto essere rotto…
“Sorpreso, vero? – sogghignò Godwin, compiaciuto – Questo gioiellino è rimasto qui ad ammuffire per anni, finchè non è arrivata Dagna e l’ha aggiustato…ragazza straordinaria, quella Dagna…ci ha fatto un favore…”
“In che senso?” chiese Alistair, fissando il golem come se da un momento all’altro avesse dovuto attaccare a gridare: “MORTE A TUTTI I PICCIONI!”
“Beh, all’inizio doveva servire solo per agevolare il trasporto di materiali da qui alla nuova torre…poi qualcuno ha accidentalmente smarrito la verga di controllo…”
Dietro di loro, Herbert si soffiò sulle unghie, sghignazzando con spocchia.
“…e così hanno deciso di abbandonare il golem al suo destino.”
“Figlio di ladri mica per niente – gongolò Herbert, orgoglioso – la parte più difficile è stata infiltrarsi tra gli addetti al trasporto degli armadi, rubare la verga è stato un gioco da ragazzi…”
“Questo spiega molte cose – sbuffò Alistair – ma non vedo come un golem possa aiutarmi ad attraversare il lago…a meno che non abbiate un incantesimo che gli faccia spuntare le ali”
Rise sotto i baffi, pensando alla reazione che Shale avrebbe avuto a quel pensiero, se fosse stata presente.
I maghi lo fissarono increduli.
“A che serve volare – chiese Godwin, saccente – quando si può camminare?”
Alistair pensò (sperò) di aver capito male. Con un ghigno, Herbert gli indicò qualcosa alle spalle del golem.
Aveva l’aspetto di un’enorme carrozza, completamente rivestita di metallo spesso almeno due dita. Era priva di finestrini, eccetto forse per una sottile apertura in testa, chiusa da un campo di forza magico, ed era legata al golem con spesse cinghie di cuoio e ferro vagamente arrugginito.
Arrugginito?
Alistair rabbrividì.
“Oh no”
“Oh sì” gli risposero i maghi, in coro.
“Ma…ma…ma… - balbettò, terreo – voi dovete essere più pazzi di quanto credessi…non vorrete…passarci sotto?
Godwin battè la mano sullo sportello della carrozza, sogghignando.
“Tranquillo, non metteremo la nostra vita a repentaglio solo per farvi dispetto – rise, mentre Herbert armeggiava con lo sportello opposto – Come credevate che vi avessimo portato qui, la prima volta?”
Al solo pensiero di essere stato caricato su quell’affare, e di aver raggiunto la torre trainato da un golem e con solo una lamina di metallo a separarlo da non si sa quante tonnellate di acqua mista a pozioni, Alistair ebbe un attimo di vertigini.
“E’ sicuro – disse Herbert, che intanto aveva preso posto a sedere – basta non agitarsi, e lasciar manovrare la verga ai professionisti…”
“Oh, allora siamo a posto! – esclamò il povero Custode, mentre Godwin lo spintonava nella carrozza con malagrazia – Meno male che me lo avete detto, sennò me la sarei davvero fatta sotto!”
Avrebbe opposto una maggiore resistenza, ma ancora non poteva credere che lo avrebbero fatto sul serio. Per cui, si sedette, e osservò come da molto lontano come Godwin serrava lo sportello blindato con dei lucchetti, e Herbert agitava la verga in elaborate volute.
Quando udì un vago rumore di rocce infrante all’esterno, si aggrappò con le mani a tenaglia alla stoffa dei sedili, e deglutì rumorosamente. Stavano cominciando a muoversi.
Godwin scosse la testa.
“E voi sareste un Custode Grigio?”
L’occhiata raggelante che gli lanciò Alistair fu sufficiente a smorzare le sue critiche. Indicò la finestrella dietro di lui.
“Vo…volete guardare fuori?”
Non ne era proprio sicuro. Voleva proprio vedere la sua molto prossima tomba d’acqua? Ma sì, in fondo perché no? Sarebbe stata la degna fine di una lunga giornata di follia. Si girò, e sbirciò dalla finestrella.
Il golem, muovendosi con pesanti movimenti meccanici, stava trainando il carro verso un’enorme botola nel pavimento, a malapena nascosta da vecchi tappeti e pezzi di legno contorti. Lo vide allungare l’enorme mano di pietra verso la botola, e aprirla senza alcuno sforzo, tra i cigolii del legno umido e dei cardini. Dietro la botola si apriva una lunga rampa di carico, come quelle per ammarare le barche. Sotto, solo acqua.
Alistair ebbe un tuffo al cuore quando il golem prese ad avanzare inesorabilmente verso l’acqua. Ecco l’uscita. Magari non l’avesse mai trovata! Lanciò uno sguardo lamentoso verso i suoi compagni di viaggio. Godwin si stava grattando un orecchio, e Herbert era completamente preso dal comandare il golem. A questo punto, tanto valeva chiudere gli occhi e aspettare l’inevitabile.
Con un tonfo sordo, il golem si buttò in acqua, portandosi dietro la carrozza.
Alistair lo sentì arrancare verso il fondo, combattendo contro l’attrito dell’acqua. Poi, fu silenzio.
“Ora potete guardare…” fece Godwin, incoraggiante.
Non del tutto convinto, Alistair riaprì gli occhi, e tornò a sbirciare dal finestrino.
Quello che vide lo lasciò senza fiato.
Erano sott’acqua. Davvero!
Attorno a loro, le acque buie del lago si estendevano a perdita d’occhio, mosse dalla corrente come aliti di vento invernale. Le alghe carezzavano le pareti della carrozza con la loro pigra danza, e ogni tanto collanine di bolle salivano dalla sabbia, come tante piccole perline. Dall’alto, la vaga luce della luna arrivava come un diafano velo tra le profondità, dolce e consolante come una madre. Era uno spettacolo incredibile, e Alistair osservava quella quiete blu notte come un bambino, sorridendo a fior di labbra e sussultando ogni volta che qualcosa (pesci…o altro?) si muoveva in lontananza, increspando per un attimo in paesaggio lacustre. Intanto, il golem avanzava inesorabile verso l’altra sponda.
Non si rese conto del tempo che passava, tanto era preso a divorare con gli occhi la natura attorno a lui, la paura letteralmente scomparsa…Creatore, non avrebbe mai creduto che qualcosa di così bello e incontaminato potesse…
Venne interrotto dai suoi pensieri, quando il carro prese a sobbalzare rumorosamente. Alistair sussultò. Stavano risalendo in superficie.
Con una certa malinconia, il cavaliere dovette dire addio alle profondità del lago, mentre il golem saliva per un’altra rampa, in un cigolare di corde e sciabordio d’acqua. Osservò attentamente all’intorno. Stavano entrando in un magazzino di stoccaggio merci, che però non riconosceva…
Riconobbe però benissimo il locandiere della Principessa Viziata, che guardava il carro risalire dalle profondità con quell’odioso sorrisetto stampato in faccia. A denti stretti, Alistair si ripromise di prenderlo a calci non appena avesse concluso il suo incarico. O almeno finchè non gli fossero passate le vertigini.
Il golem si fermò al centro della stanza, lasciando una lunga scia di bagnato sul pavimento di pietra. Solo allora, Godwin aprì i lucchetti, e si decise a scendere con un sorriso sollevato, seguito a ruota da Herbert, che si rimise la verga in tasca.
“Eccoci qui! – esclamò, alla volta di Alistar – Allora, è stato così terribile?”
“No, devo ammetterlo – ammise il cavaliere, continuando a fissare il locandiere con astio – Dunque siete uno di loro?”
“Oh no, ser – si affrettò a replicare l’uomo, sogghignando – E’ solo che, vedete, gli affari non vanno molto bene, e così mi arrangio come posso, dando una mano ai miei amici del Collettivo…ah! A proposito…”
Si chinò dietro una cassa, e prese una borsa che porse ad Alistair.
“La vostra sacca – disse, cordiale – non manca niente…”
“Sarà meglio!” esclamò Alistair, strappandogliela dalle mani e controllando il contenuto. A quanto sembrava, c’era davvero tutto.
“Come siete malfidato…ad ogni modo, se dopo volete raggiungermi nel locale, sarò ben lieto di offrirvi una birra, per scusarmi! Questo è solo il retrobottega, si accede da quella porta, quando avrete finito qui…” e gli indicò una porta sul lato destro della stanza.
Alistair storse la bocca al pensiero di quella sciacquatura di piatti…ma che diamine, una birra è sempre una birra! Ne avrebbe avuto davvero bisogno. Il locandiere li lasciò soli, e Alistair si voltò verso i suoi accompagnatori, sogghignando.
“Bene, a quanto pare ci separiamo qui! – disse, tra l’ironico e il soddisfatto – Grazie per il passaggio, spero che la prossima volta non ce ne sarà bisogno. O, alla peggio, che non dovrete prendermi a bastonate!”
Porse la mano a Godwin, che la strinse a mala pena, un’espressione preoccupata stampata in faccia. Herbert nemmeno si scomodò a tirar fuori le mani dalle tasche, e si limitò a lanciargli il suo solito sguardo di disapprovazione. Alistair fece spallucce. Oh beh.
Si voltò per andarsene, ma mentre si dirigeva verso la porta, si sentì chiamare.
“Ser Alistair!”
Era Godwin. Si girò, perplesso.
“Io… - balbettò il mago, incapace di articolare le parole dietro tutta quell’ansia - …io so com’è Cullen…vi prego…fate attenzione…”
Alistair lo guardò, serio.
"Credevo che Cullen fosse migliore di così, sai Alistair? Ora però mi rendo conto che è solo uno dei tanti fanatici. Dovrò stare più attento, in futuro…"
Annuì, e sorrise in segno di ringraziamento, ed entrò nel locale per quella birra e i rifornimenti.
Prossima fermata: Lothering



Il viaggio lungo la Gran Via fu privo di avvenimenti significativi. A dire la verità, Alistair si sarebbe aspettato di veder sbucare Prole Oscura da dietro ogni albero, cespuglio o tana di coniglio, visto il luogo dove era diretto. Ma niente di tutto questo accadde. Solo il suono della neve quasi del tutto disciolta e il gracchiare delle cornacchie, lo accompagnarono in quella lunga marcia carica di ricordi e amarezza.
Arrivato poco fuori Redcliffe, decise di accamparsi. Aveva viaggiato tutta la notte, e ormai il freddo sole invernale stava per spuntare da dietro le colline di roccia scarlatta. Era stanco, spossato, e ancora non si era del tutto ripreso dalla traversata del lago. Montò il campo, e accese un fuoco, per riscaldarsi in quelle poche ore che lo separavano dall’alba. Ancora una volta, ripensò a Cullen, a Prometheus, e a tutta quella assurda situazione. Non si era ancora del tutto rassegnato all’idea di aiutare il Collettivo, non dopo aver conosciuto il loro leader…eppure, se quello era l’unico modo…
UCCIDIMI
…allora non si sarebbe certo tirato indietro. Sfregò le mani l’una contro l’altra, e le avvicinò al fuoco, godendosi il tepore delle fiamme. Non era così sicuro di voler dormire, ora…eppure doveva mantenersi in forze. Entro sera sarebbe giunto a Lothering, o a ciò che restava di essa, e qualcosa gli diceva che avrebbe avuto bisogno di tutto il suo coraggio, per affrontare ciò che lì lo attendeva.
Si distese sulla branda, a terra, e si mise a guardare le stelle che piano piano si affievolivano, contro il cielo appena illuminato dal biancore dell’alba imminente. Com’era tutto immobile, in attesa del nuovo giorno…

“Beh, eccola qui. Lothering! Bella come un quadro!”
Morrigan si voltò verso di lui, ghignando sprezzante. Perché tutti i maghi ce l’avevano con lui?
“Ah, ti sei deciso a tornare tra noi? Buttarti sulla tua spada per il dolore ti pareva troppo disturbo?”
Soprattutto, perché diavolo Prometheus aveva deciso che, così dal nulla, avevano un bisogno disperato di questa stronza per combattere il Flagello?
“Ti è così difficile capire perché sono così sconvolto? – aveva esclamato lui, esasperato e rabbioso – non hai mai perso qualcuno a cui tenevi? Cosa faresti se tua madre morisse, eh?!”
“Prima o dopo aver smesso di rotolarmi dalle risate?”
Gli aveva sorriso, come a sfidarlo a controbattere, con quegli occhiacci da demone. Creatore, come la odiava.
“Basta voi due!”
Ed eccolo, puntuale come una clessidra, Prometheus cercava di mettere pace, senza peraltro riuscirci un granchè. Accanto a lui, il nuovo acquisto del gruppo (un mabari) li fissava guardingo, come a voler dare man forte al suo padrone. Erano usciti dalle Selve solo da tre giorni, e già non si sopportavano. Come avrebbero mai potuto combattere assieme, se non riuscivano neanche a viaggiare assieme?
Alistair guardò il mago. Era stanco, e si vedeva, ma nonostante ciò manteneva una certa dignità nel contegno, come un comandante con le sue truppe. Era stato lui a lasciare a Prometheus il comando, ma ora come ora stava cominciando a pentirsi della sua scelta…bastava guardare le occhiate che lui e Morrigan si lanciavano di soppiatto, quando credevano che non li vedesse. Disgustoso. E pericoloso.
E ora di certo si sarebbe schierato con lei, come ogni uomo che si rispetti fa per la sua donna…
“Morrigan, perché tu e Brutan non ci precedete al villaggio?”
Alistair aveva sgranato gli occhi, perplesso, e aveva guardato Prometheus. Il mago aveva ricambiato il suo sguardo, serissimo.
“Io e Alistair dobbiamo parlare”
La donna, sbuffando stizzita, aveva fatto spallucce, e si era incamminata verso i cancelli del villaggio, seguita a ruota da Brutan. Alistair li guardò allontanarsi, per poi rivolgersi al mago, con fare sostenuto.
“Di cosa volete parlare?”
Non voleva dargli appigli per canzonarlo, come aveva fatto Morrigan. Tutti uguali i maghi, sempre pronti a coalizzarsi contro di lui…
Prometheus si limitò a fissarlo per un po’, come se non sapesse bene da dove iniziare. Poi, si sedette sul muretto che costeggiava la Grande Via, e fece segno ad Alistair di sedersi accanto a lui.
Guardingo, il Custode si sedette, esitando un po’ nei movimenti. Di cosa diamine voleva parlare? Voleva cacciarlo? Minacciarlo di trasformarlo in un rospo se non avesse lasciato in pace Morrigan? Che ci provasse! L’avrebbe…
“Volete parlare di Duncan?”
Ebbe un tuffo al cuore, e la rabbia si tramutò in disperazione, nell’udire quel nome. Era stato così impegnato a dare addosso a tutti loro, che ancora non aveva avuto modo di elaborare del tutto…
Duncan.
Si irrigidì, e scosse la testa, come a volersi negare a quella discussione. Sibilò, gelido:
“Non siete costretto a farlo…non… - ricacciò indietro le lacrime - …non lo conoscevate quanto me…”
Prometheus sospirò, e continuò a guardare avanti a sé, per evitargli l’imbarazzo di quelle lacrime.
“Per voi era come un padre – mormorò, comprensivo – capisco…”
Alistair non sapeva davvero cosa dire. Quella voce, quel tono, la genuina preoccupazione dietro quelle parole…poteva percepirla, se solo avesse cercato di mettere da parte il dolore che gli squarciava il petto e si fosse lasciato cullare dalla consapevolezza di non essere del tutto solo, in fin dei conti. Almeno, meno solo di quanto credesse. Voltò la testa verso Prometheus, che continuava a fissare l’orizzonte. Per la prima volta, lo vide non come un mago, ma come un Custode. Un alleato. Per la prima volta dopo Ostagar, sorrise.

Da qualche parte, poco distante, un ramo si spezzò.
Alistair scattò a sedere, cercando a tentoni la spada. La vista annebbiata, la mente ancora divisa tra il sonno e la veglia, e il freddo alle ossa bastarono a metterlo in allarme. Si alzò in piedi, brandendo la Zanna avanti a sé e agitandola contro le ombre della sera.
Accanto a lui, il fuoco, ormai del tutto consumato, si era ridotto ad un ammasso di carboni anneriti e freddi. Dietro un cespuglio, un cervo fuggì via, impaurito.
Ansimando, Alistair ripose la spada. Un cervo. Solo un cervo.
Era anche un mio amico…
Un sogno. Solo un sogno.
Si guardò attorno. Ormai si era fatta sera, e le lunghe ombre degli alberi avevano oscurato l’accampamento come dita adunche di strega. Aveva dormito per tutto il giorno! Si affrettò a racimolare le sue cose, incespicando nella coperta e sporcandosi le mani di cenere quando si appoggiò accanto al fuoco per non cadere.
Doveva rimettersi in marcia.

La luna era alta nel cielo, quando giunse a Lothering.
I primi segnali del disfacimento della regione li ebbe a circa un miglio dal villaggio. Cartelli storti ad ogni angolo della Grande Via intimavano a non proseguire oltre. “Via di qui! Lothering è perduta!”. Come oscuri presagi, avvertivano della distruzione poco distante. Il paesaggio, man mano che si avanzava, diveniva sterile e nero. Gli alberi erano contorti e dalla corteccia bruciata, anche a distanza di tanto tempo, e il terreno era arido, senza neanche un filo d’erba. Perfino la neve non si posava su quella terra, e i pochi cumuli erano neri e sozzi come fossero stati intrisi di fuliggine. Non si udiva né lo stridio di una civetta, né il passo felpato di un lupo. Tutto era fermo, vuoto, morto.
Alistair deglutì, sentendo il terrore insito in quella terra entragli dentro, come un vento spietato. Nubi minacciose oscuravano il cielo, come mani che avessero voluto rapire la luna e le stelle, o forse solo proteggerle dalla Corruzione. Oh sì, poteva avvertirla. Era tutta intorno a lui, nell’aria, nelle pietre, negli alberi, perfino nel suolo sotto i suoi piedi, come un cancro. Strinse le labbra, e portò una mano allo scudo, traendone forza. Poteva tagliare la tensione col coltello. Ogni fibra del suo corpo era pronta lotta, e sfibrata dallo sforzo di non permettere all’angoscia crescente di dominarlo.
Ma il peggio fu giungere ai cancelli di Lothering, vicino a quel muretto dove tanto tempo prima aveva trovato il suo leader in un mago. Lasciò cadere a terra lo scudo, e il clangore del metallo echeggiò nella notte immobile come un grido di dolore, mentre indietreggiava tra i detriti e si portava una mano alla bocca in preda ai conati di vomito.
Era tutto distrutto.
Ma una distruzione che andava aldilà della parola stessa.
Le precarie torri di guardia erano rovinate al suolo in mille pezzi carbonizzati, bloccando la strada come ossa marcescenti. Dietro di esse, le case, i carri dei mercanti e dei profughi, perfino il vecchio ponte, non erano solo stati dati alle fiamme… erano invasi da sacche di carne putrida, ammassate in ogni dove come orride escrescenze. Dopo il Flagello, certo, erano appassite, non essendoci più la Prole Oscura a curarsene, ma ora mandavano un tanfo di decomposizione e livore tale da mozzare il fiato, appestando l’aria. In fondo al villaggio, della chiesa era rimasto solo uno scheletro spettrale, simile alle fauci di un mostro mastodontico. Ogni tanto, la luna, facendo capolino tra le nubi, illuminava le travi carbonizzate, rendendole simili a lunghi denti cariati. Alistair aveva già visto una corruzione simile: a Bownammar, oltre le Trincee dei Morti. Sapeva che, a guardare meglio, nel buio, avrebbe potuto distinguere qualche resto umano…forse addirittura avrebbe udito una voce,  roca e monotona, cantare una tetra litania…
First day they come / And catch everyone…
Scosse la testa. No, doveva riprendersi. Non poteva lasciarsi andare ai ricordi, per quanto terribili e incancellabili fossero, non ora che era così vicino. Ma come poteva Cullen essere davvero lì?! Nessuno avrebbe mai potuto resistere a tutta quella Corruzione, nemmeno il più folle degli uomini!
Comunque fosse, ormai era lì, e doveva andare avanti. Un passo dopo l’altro, doveva addentrarsi nell’incubo. Raccolse lo scudo da terra, prese un profondo respiro di aria ancora respirabile, e scese verso Lothering.
Mentre camminava, il crepitio degli stivali gli diceva che stava calpestando qualcosa di fragile, come vetro spezzato o foglie secche. Ringraziò il Creatore per il buio provvidenziale. Sapeva su cosa stava camminando, in realtà. E non era solo spazzatura carbonizzata. Quanto avrebbe voluto che lo fosse…
“Allora…cosa credete accadrà a tutta quella gente che abbiamo lasciato a Lothering?”
“Alcuni troveranno la via per Denerim…molti moriranno, secondo la volontà del Creatore…”
Molti moriranno.
Molti moriranno.
Per Andraste, perdonateci!
Gli occhi presero a bruciargli, e un groppo gli salì in gola. No, non era il momento per il rimorso. Riuscì a superare i resti delle torri di guardia, e si addentrò nello spiazzo principale, cercando la strada a tentoni. Sul lato destro, alcuni carri erano ammassati l’uno sull’altro, come se avessero cercato disperatamente di raggiungere la Grande Via, prima che le torri crollassero, bloccando l’uscita e condannandoli a morte certa. Estrasse la spada, mentre sentiva una rabbia ribollente salirgli agli occhi, destando antichi echi di Flagello e vendetta.
Second day, they beat us / And eat some for meat…
Accanto al ponte, un ammasso informe e rivoltante di carne putrida bloccava l’accesso all’altra parte del villaggio, là dove avevano reclutato Leliana e Sten, là dove avevano lottato con le guardie alla taverna…si portò una mano al volto, per limitare un minimo l’olezzo di morte e Prole Oscura che saliva dal ponte in lenti miasmi, e strinse le palpebre in un’espressione di puro schifo.
“Beh, tutto questo è assolutamente esagerato…”
La sua voce scherzosa gli risuonò sgradevole e spenta.
Continuò a camminare fino alla Bacheca del Cantore, che stranamente ancora di ergeva in tutto quel caos, anche se storta e scurita come il resto. Cercò di ignorare la lunga macchia nera di sangue rappreso su di essa, dalla forma molto simile a quella di una testa umana.
Third day / The men are all gnawed on again…
“Sì…”
Sobbalzò, e si appiattì contro il muro del cortile, stringendo la Zanna convulsamente.
Aveva sentito bene? Qualcuno aveva parlato?
“Sì…”
Piegò il collo, sporgendosi abbastanza da sbirciare nel cortile della chiesa. Qualcuno aveva parlato, ne era sicuro. O meglio, aveva sibilato qualcosa.
“Sì, Andraste, sì…”
Cosa?
Alistair strizzò gli occhi, esitante, per mettere a fuoco le sagome nell’ombra. Qualcuno si muoveva nel cortile, tra i detriti e i resti della chiesa bruciata…
Un raggio di luna colpì per un attimo l’entrata della chiesa. Alistair sussultò, e si coprì con lo scudo, pronto a tutto.
Sui gradini, un uomo era assorto in preghiera. Indossava parti arrugginite di varie armature, in un’accozzaglia di pezzi che, ad un attento esame, volevano imitare l’armatura dei templari. La pettiera era appartenuta ad un’Avanguardia Hurlock, di questo era sicuro, così aguzza e rozza…la parte inferiore era stata ricavata dalla stoffa ammuffita di una tunica della chiesa, tanto imbevuta di sangue da non distinguere più nemmeno un ghirigoro della stoffa originale. Alle mani e ai piedi portava guanti e stivali di pelle grezzi, tenuti insieme da legacci di spago perché non si sfaldassero.
“Sì, Andraste, sì…”
Il volto era scoperto, e solo per questo riconobbe l’uomo, anche se gli dava la schiena.
Cullen.
“Sì, Andraste, sono il tuo fedele servo…”
Doveva muoversi. Eppure era bloccato, incapace di fare alcunchè. Sentiva, sapeva che se si fosse mosso, Cullen si sarebbe voltato, e lui avrebbe visto…
Sì, avrebbe visto.
“Tu sai, non è vero? Ruck vede…sì! Ruck vede l’oscurità in te!”
Fourth day we wait / And fear for our fate…
“Sì, Andraste, sì…epurerò questa terra per te…”
Alistair mosse un piede, pronto a scattare…
Sotto di lui, qualcosa di ruppe con un grande fragore. Aveva pestato un teschio vuoto.
Merda!
Scattò di lato un secondo prima che una potente mazzata investisse il muretto, polverizzandolo in una pioggia di polvere grigiastra. Rotolò in terra per qualche metro, e si tirò su facendo leva sulle ginocchia, puntando la spada verso il nemico.
Davanti a lui, Cullen lo fissava con occhi vitrei, bianchi e iniettati di sangue, in un’espressione di esaltazione sanguinaria. La sua faccia era butterata, cosparsa di macchie nere, e il suo ghigno era così carico di follia omicida che Alistair per un momento esitò. Non era Cullen. Era il guscio vuoto di un ghoul.
Cullen allargò le labbra spaccate in un sorriso isterico di pura estasi, mentre continuava ad avanzare verso Alistair menando fendenti nell’aria con un maglio della Prole Oscura.
“Sì Andraste…altro sangue di peccatori per te!”
“Merda…”
Si scostò ancora, mentre Cullen, ridendo come un ossesso, continuava a colpirlo senza pietà. I suoi movimenti per fortuna erano troppo lenti, troppo disarticolati, così Alistair ebbe il tempo di tornare in piedi, e di sferrare un primo attacco. Tentò di scaraventarlo a terra con l’Urlo di Guerra, ma lui non cedette, anzi, si mise a ridere ancora più forte, gli occhi sbarrati nel delirio. Lo colpì col pomo del maglio, sbalzandolo all’indietro contro il mucchio di carne sul ponte. Alistair affondò in quel pantano disgustoso, e si sentì mancare le forze. L’odore nauseabondo gli invase i polmoni, stordendolo fino quasi a farlo svenire. Cercò di rialzarsi, ma il viscidume lo avvolgeva quasi completamente, bloccandolo al suolo e impedendogli di muoversi. Dalla nebbia della semi incoscienza, Alistair vide Cullen avvicinarsi, senza fretta, pregustando la sua fine…
Fifth day they return / And it’s another girl’s turn
“Sì, Andraste sì…anche questo demone…”
Gli si parò poco d’innanzi. Alzò il maglio, pronto a vibrare il colpo finale.
“AL DIAVOLO TU E I TUOI MALEDETTI DEMONI!”
Gridò, e con tutta la forza che aveva in corpo assestò un poderoso calcio al ginocchio destro di Cullen. Sentì lo schiocco della rotula che si frantumava, rientrando ad angolo retto, e l’urlo lanciante di Cullen mentre si accasciava al suolo, reggendosi la gamba e annaspando come un granchio ferito. Ecco lo svantaggio delle corazze da templare, cocco.
Alistair si fece coraggio, e prima che il templare potesse tentare ancora qualcosa, si issò da quel lerciume, e si appoggiò alla Zanna per non cadere al suolo.
Prese ad boccheggiare forte, cercando disperatamente aria. Ai suoi piedi, Cullen strillava come un maiale scannato, agitandosi alla cieca cercando di scappare. Anche nella follia, era un codardo. Certo, Alistair non era una delle sue vittime innocenti, prive di difese contro in templare ben addestrato. Si sentì invadere dall’odio e dal disgusto, mentre lo seguiva nella sua lenta e disperata ricerca di un rifugio.
“NO ANDRASTE PROTEGGIMI ANDRASTE AIUTAMI ANDRASTE DISTRUGGI COL TUO FUOCO SACRO QUESTO ERETICO ANDRASTE AIUTA IL TUO FEDELE SERVO…!!”
“Chiudi il becco”
Detto ciò, gli piantò la Zanna nel cranio. Lo vide contorcersi per qualche istante, mentre il sangue zampillava dalla ferita, la bocca contratta in una perfetta “O” e gli occhi sbarrati. Poi, più nulla.
Alistair rimase a guardarlo, torvo in volto. Aveva vinto.
Si lasciò cadere al suolo, abbandonandosi a qualunque cosa la notte di Lothering avesse in serbo per lui.
Now you lay and wait, for their screams will haunt you in your dreams.



MOTIVAZIONI DIETRO LA MIA SCOMPARSA.

Cari lettori, prima di tutto voglio scusarmi con voi. In questi mesi ho avuto seri problemi di salute, che non starò ad approfondire qui. Vi basti sapere che il tempo e la voglia di scrivere mi sono mancati. Solo ora le cose si stanno risolvendo, e così ho ripreso in mano il pc per continuare la storia di Alistair. Ci tengo molto, troppo per smettere ora ^_^
Voglio scusarmi per essermi fatta attendere. Cercherò di non sparire più, in futuro.

Per il momento, sappiate che ho molti progetti. Voglio buttare giù qualche One Shot per le Cronache, e voglio cominciare a scrivere due altri progetti. Qui ve li espongo in breve, ditemi quale dovrei presentare per primo:

Il Codice Maferath: il più grande segreto della Chiesa sta per essere rivelato…ciò comprometterà l’amore di un custode per la sua donna? Pairing: Leliana x M!Amell

Awakening: The Musical: quello che dice il titolo. Una parte della storyline di Awakening in musical, come copione teatrale. Pairing: Velanna x Nathaniel, Custode x Alistair (metto Custode così ognuno può immaginarsi la propria PG)

Per ora, spero che questo capitolo vi soddisfi! ^_^







 


  
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