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Autore: Duir    15/11/2005    2 recensioni
questa è la prima Fan Fiction che scrivo, spero di non averla buttata troppo sul tragico, ma ero molto triste quando l'ho scritta. Spero in ogni caso vi piaccia, fate i commenti che volete.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“…….chi sei?” “Sono la Morte” “Perché io?” “Perché così vuole il tuo destino” “Io non credo nel destino….” “Ci crederai, come crederai a tutto ciò che la tua vita ha ancora in serbo per te” “Vuoi dire che vivrò ancora?” “Si. Non ho bisogno di te per il momento” “Perché sei qui allora?” “Non sono affari che ti riguardano ” “….per favore….” “Basta con le idiozie e ritorna alla vita, stupido mortale!” “NOOO!!!! ASPETTAAAA!!!!!!” Pausa. Un universo di calma ed immobilità. Le membra pesanti racchiudono ora un alito d’anima in frenesia. Attorno…..il vuoto. Le tenebre schiaccianti. Desiderio insostenibile di muoversi, di aprire gli occhi, in lotta con il sonno, il torpore, l’insensibilità del primo risveglio. Pura di vedere e volontà di capire. Cosa? Tante cose…..o forse nulla. Dunque un respiro che porta con sé umido, odore di cose impalpabili, terra bagnata, abissi, sconfinate profondità dell’essere. Un movimento anima ora il corpo insensibile. Un palpito e la mano che scivola sul suolo umido e duro. Gli occhi si aprono, la luce! Latte di luna ferisce l’iride, penetra la nera pupilla, ferisce la cornea…..forse un bacio di amara dolcezza. Il capo ora si volge alla sulfurea vena di seta, che si agita in singhiozzi sulla livida cerea materia. Gli occhi si richiudono alla volontà di riperdersi nel mare insensibile dell’empio non essere; ma il cuore batte e l’orecchio è teso all’intercalar di un secondo respiro, che si spande e diviene fonte di freddi brividi lungo la schiena. Una mano all’improvviso gli si posò sulla fronte diaccia. La sensazione di calore fu come una sferzata nel suo corpo ancora freddo ed irrigidito, tanto che dopo alcuni attimi un fremito diffuso si era impadronito delle sue membra. Usop strinse i denti. Sentì un rivolo di saliva scendergli da un lato della bocca, mentre un riflesso lo costringeva a deglutire. Il denso fluido dal sapore ferroso e acre gli scese nella gola secca, ma senza dare alcun sollievo dalla sete che ora lo stava divorando. Fu allora che un movimento scosse l’aria attorno e qualcuno, come avesse udito i suoi pensieri, gli portò alle labbra quello che poteva essere una ciotola di argilla ruvida e salata. Impotente ad opporsi Usop lasciò che il liquido dolce e freddo estinguesse la bruciante sensazione che lo stava attanagliando. Non fu ancora in grado di aprire gli occhi –o forse la pura era troppa per potervi riuscire -, ma sentì che la sua testa veniva reclinata su qualcosa di soffice. Un ennesimo sforzo per respirare e per scuotersi dall’opprimente oscurità gonfiò il torace, sul quale ora percepiva il peso forse di…..mosse una mano, poi l’altra risvegliandole dal loro torpore. Un formicolio pervase le dita, mentre il sangue tornava a circolate tra i capillari. Dopo le mani fu la volta di un piede e poi dell’altro. Della materia fine gli graffiò i polpastrelli, penetrando sgradevole sotto le unghie dolenti. Gli avevano tolto le scarpe; con fatica portò l’indice destro all’altezza della coscia….ma aveva ancora i pantaloni. Un soffio attraversò i suoi capelli, trovando riflesso una, due, tre volte sul suo volto…..e così suoi occhi si spalancarono. All’inizio furono solo voci: eccitate, forse provenienti da chissà quali domìni del suo inconscio che avvolsero il silenzio, richiamando echi sottili, sibili, ronzii appena percepibili. Ancora il buio e poi…..li vide. Nel chiarore setoso delle candele diafane gli parvero distinti come le prime stelle sul manto blu scuro del cielo serotino: occhi. Occhi scintillanti di argento, dai riflessi terrificanti e penetranti e tutti lo fissavano, increduli, incantati, a tratti minacciosi, convinti – o forse no -, di che fare e di che pensare. Di tutte le iridi puntate sulla sua ancora inerme figura due in particolare erano fredde e taglienti; due occhi grandi, severi, che lo avvolgevano di ancestrali paure. Il frullio ovattato di voci era intercalato dai profondi sospiri di chi eccitato si appresta a esaminare il frutto di una sua segreta ed allettante scoperta. Quando un lungo e freddo dito gli sfiorò la punta del naso, fu come se le sue energie ritornassero a fluire nelle vene ed i muscoli fossero pervasi da un’improvvisa energia incontrollabile. Un grido finalmente uscì dalla sua gola, chiusa in uno spasmo di terrore sin a quell’istante. Strisciò veloce, tentando di trovar un rifugio dalle smanie di quegli sguardi tremendi. Come una preda messa alle strette, Usop si premeva contro la parete di ruvida e pungente roccia, ansimando. - Lasciatemi stare! Che volete!? Chi siete?! Dove mi trovo?!- esplose allora la sua voce in un impeto di angoscia. In quelle parole parve esaurirsi tutta la foga che poco prima gli aveva dato la forza di reagire al torpore della morte apparente. Gli occhi si chiusero, il suo corpo cadde nuovamente inerme contro la roccia scura ed egli giacque privo di sensi. - Sei ancora qui?- - ….che vuoi ancora da me?- - Te l’ho detto, mortale, nulla- - …e perché mi hai portato via dal mio corpo allora?- - Il tuo corpo è sempre lì dove lo hai lasciato l’ultima volta. Destino di voi mortali, d’altronde- - ….io non capisco! Spiegati!- - Non hai nulla da capire ed io nulla da spiegarti! Vattene ancora indegna creatura! Torna alla tediosa luce del sole!-
  
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