4.
Logan
aggrottò le sopracciglia. Fissò le carte sulla
sua scrivania e poi
assottigliò gli occhi. Perché le mani gli
prudevano? Stupido
americano.
“Ehi,
Logan? Hai finito? Arriveremo tardi per la cena e Arthur è
già
abbastanza girato” fece Sky, prendendo la sua giacca a vento
blu
dall'appendiabiti.
“Mh.
Arrivo.” grugnì lui, lanciando un'ultima occhiata
alle carte, che
in quel momento gli parevano scritte in arabo, e alzandosi dalla
scrivania in modo rumoroso, raccogliendo la sua giacca e mettendola
addosso.
“Ehi,
sei nervoso?” domandò di nuovo Sky, infilando il
cellulare nella
tasca della giacca.
Logan
non rispose, come al suo solito, e cacciò fuori dal taschino
un
pacco di sigarette e un accendino. Sapeva che la cosa infastidiva
Sky, ma non poteva di certo smettere di fumare solo perché i
suoi
dolci occhioni verdi glielo chiedevano.
Lasciarono
l'ufficio, arrivarono nella lobby dove la segretaria li
salutò e si
inchinò. Entrarono nell'ascensore, in silenzio. Logan
sembrava
particolarmente irritato, e Sky lo conosceva troppo bene, sapeva di
non dover parlare troppo o gli avrebbe spento la sigaretta in faccia.
… ovviamente
non l'avrebbe mai fatto sul serio, ma era sempre meglio non
provocarlo.
Poi,
all'improvviso, fu il primo ad aprire bocca. “Quell'americano
non
mi piace per nulla” sibilò, a denti stretti,
fissando il suo
riflesso contro le porte dorate.
“Uh?
Perché?” domandò lui, innocentemente,
smettendo di guardare lo
schermo del suo cellulare.
Logan
gli lanciò una veloce occhiata, assottigliando gli occhi, e
Sky alzò
le sopracciglia.
“Ma...
dai” mormorò lui stesso, rimettendo il cellulare
nella tasca.
“Solo perché mi ha guardato in un certo modo non
significa di
certo che--”
“Lascia
perdere, Sky” sbottò il fratello maggiore,
togliendo la sigaretta
spenta dalle labbra per un secondo. La rigirò tra le dita e
poi la
rimise tra le labbra, mordicchiando il filtro. Gli montava una rabbia
ripensando a quello sguardo carico di lascivia che si era posato
sull'unico fratello del quale gli importasse almeno un minimo.
Eh
no, Sky no. Come si permetteva quello schifoso americano di spogliare
con gli occhi suo fratello minore? Ma altro che cartellina, la
prossima volta gli avrebbe cavato via gli occhi con le dita.
E
poi si sarebbe visto chi avrebbe riso, tra i due.
“La
macchina vi sta aspettando all'uscita, signori”
annunciò uno dei
maggiordomi, chinandosi leggermente. Sky lo salutò con una
mano
mentre con l'altra continuava ad armeggiare con il cellulare.
“Vuoi
mollare quel coso? Te lo lancio via” sputò Logan,
con una smorfia,
mentre finalmente poteva accendersi la sua sigaretta.
“Non
rompere, appena usciamo lo metto via, c'è il wireless qui e
sto
vedendo una cosa” rispose lui, gonfiando leggermente le
guance.
“Seh.
Muoviti” concluse lui, aspirando dalla sigaretta e uscendo
dall'azienda a grandi falcate.
“Un
mom...! E va beh” sbottò Sky, lasciando perdere il
cellulare e
seguendo il fratello sino in macchina.
Lo
avevano praticamente rinchiuso in quella che sarebbe stata la sua
camera per i prossimi due mesi e mezzo. Niente di che, era grande
quasi quanto la sua, ma il gusto nell'arredamento era pessimo. Il
maggiordomo dai capelli rosso scuri dell'inglese del cavolo gli aveva
indicato la camera per potersi cambiare, ma due pinguini erano
piazzati davanti alla sua porta per non farlo uscire prima di cena.
“Tsk.”
sbottò, allentandosi la cravatta quel poco che bastava per
toglierla
senza disfarla, visto che non avrebbe MAI chiesto ad uno schifoso
inglese di aiutarlo a rifarla. Si tolse la camicia del piccolo
cameriere di Chicago e la gettò per terra, era troppo
stretta per
poterne fare utilizzo più avanti, quindi l'avrebbe fatta
buttare.
Aprì una delle sue valigie, ricordandosi di dover
assolutamente
ordinare a qualcuno di sistemarne il contenuto negli armadi e
cassetti. Tirò fuori una camicia bianca e la posò
sul letto. Uff...
si era già annoiato, perché non c'era nessuno ad
aiutarlo?! Girò
gli occhi al cielo e aprì la valigia contenente i completi,
e ne
uscì uno gessato. In realtà non sapeva come si
sarebbe dovuto
vestire, ma 'sti cazzi. A lui non importava di fare bella figura.
La
porta della sua camera si aprì, ed entrò un
maggiordomo seguito da
una cameriera con le trecce, che chiuse la porta alle spalle. Si
inchinarono leggermente e Alfred alzò le sopracciglia.
“In
questa casa non c'è l'accortezza di bussare....?”
mormorò,
sbattendo gli occhi piuttosto sorpreso. E se fosse stato nudo?!
Dannazione.
“Ci
voglia perdonare per la rudezza, signore. Manca pochissimo alla cena
e siamo stati incaricati di aiutarla a prepararsi.” rispose
il
maggiordomo, piegando la testa per scusarsi. La cameriera non aveva
ancora alzato la testa da prima.
“Ah.”
fece Alfred, piuttosto shockato. Ad un cenno dell'uomo, la ragazza si
mosse velocemente e cominciò a svuotare le valigie per
riporre con
ordine ogni indumento ed effetto personale nei cassetti e negli
armadi. Alfred la osservava come se fosse una qualche specie di
fantasma terrificante.
Il
maggiordomo prese la cravatta che il ragazzo si era premurato di non
disfare e la slegò, ponendola tra le altre. Ignorando il
lamento di
Alfred, prese il completo di Calvin Klein che lo stilista gli aveva
regalato insieme ad altri cinquanta per aver posato per la sua
campagna autunno-inverno e lo posò con cura sul letto,
accanto alla
camicia bianca che Alfred aveva tirato fuori poco prima. Ottima
scelta... pensò, piuttosto scioccato dal suo
stesso pensiero. La
cameriera portò una cravatta grigia e la porse all'uomo.
“Se
vuole iniziare a cambiarsi, signorino...” cominciò
lui, prendendo
la camicia tra le mani.
“Oh.”
Alfred si risvegliò come da un sogno e sbattè gli
occhi, facendosi
aiutare a mettere la camicia. Cominciò ad abbottonarla
mentre la
ragazza puliva la giacca e i pantaloni. Quasi come una manna dal
cielo, fu il maggiordomo a legargli la cravatta e quando fu tutto
sistemato, la cameriera prese i vestiti per terra tra le mani, per
portarli a lavare.
“Ehi,
scusa. Quella camicia puoi buttarla... mi va stretta” la
richiamò
Alfred, e la ragazza annuì, uscendo dalla porta insieme al
maggiordomo.
“La
cena è praticamente pronta, signorino. Se può
scendere subito...”
fece lui, sulla porta.
Alfred
annuì distrattamente e le porta si chiusero. Uhm, almeno i
camerieri
inglesi erano efficienti. Si stiracchiò, mise il cellulare
in tasca
e uscì trionfante dalla porta, guardandosi intorno e
salutando i due
energumeni ai lati della porta, con aria di sfida.
“Dove
devo andare per la cena?” chiese, con un sorriso benevolo.
L'uomo a
destra gli indicò il corridoio e poi le scale, dicendogli di
girare
poi a destra. Alfred seguì le informazioni e
cominciò a scendere le
scale con le mani nelle tasche, pensando se fosse il caso di
fargliela pagare ora o più avanti a quello schifoso inglese.
Mentre
andava notò le cameriere che si muovevano veloci nei grandi
corridoi, poi un ragazzino molto basso con i capelli castani che
camminava a testa bassa. Si accorse delle sopracciglia folte e
capì
che anche lui doveva essere un membro della famiglia. Si
avvicinò.
“Ehilà!”
esclamò, e il ragazzino si girò quasi spaventato
e lo fissò con
gli occhioni nocciola spalancati. A parte le sopracciglia, il piccolo
non assomigliava per nulla allo schifoso inglese. Anche se in effetti
neanche gli altri due gli assomigliavano poi così tanto.
“Sa...
sal... salve” biascicò, arrossendo sulle gote.
Doveva sicuramente
essere molto timido, e anche di poche parole.
“Io
sono Alfred, e tu?” sorrise, esuberante. Metterlo in
difficoltà
sembrava proprio divertente.
“Ra...
Ray...” sussurrò, poi alzò il viso
verso di lui, come in un
impeto di coraggio, per guardarlo negli occhi e salutarlo come si
deve. Alfred ridacchiò sommessamente, divertito. Quasi
detestava
ammetterlo, ma i membri di quella famiglia sembravano decisamente
interessanti~ ma chiedere delucidazioni al piccolo scricciolo forse
non era una buona idea.
“Piacere,
Ray” rispose, allungando la mano che l'altro strinse con poca
forza. “Mi sono perso, mi accompagneresti nella sala dove
dovremmo
cenare?”
“Ce...
certo, seguimi...” biascicò lui, cominciando a
camminare
velocemente davanti all'americano, per condurlo in una stanza enorme,
tutta schifosamente decorata che vomitava cattivo gusto da ogni
parte. O almeno secondo gli standard di Alfred.
Al
lungo tavolo erano seduti una signora con lunghi capelli biondi, che
doveva più o meno avere l'età di sua madre, a
capotavola; un'altra
signora castana e boccolosa, più o meno sulla quarantina.
Accanto a
lei, poi, c'erano dei posti vuoti e dall'altra parte del tavolo era
seduto un signore, con una coperta sulle gambe e folte sopracciglia,
probabilmente o... quasi sicuramente il signor Kirkland. Accanto a
lui c'era un signore con i capelli rossi e gli occhi azzurri, che
discuteva con lui di qualcosa che sembrava essere molto divertente.
Poi c'erano altri posti vuoti e poi... lei.
Katherine
Kirkland, colei che sarebbe diventata la moglie di suo fratello
maggiore. I capelli rossi ondulati raccolti in una folta coda, un
vestitino nero e quella posa da brava ragazza che Alfred odiava.
L'aveva vista solo in foto, visto che era abilmente riuscito a
scansarsi ogni visita che la ragazza e la sua famiglia avevano fatto
a New York, ma non poteva di certo scordare la foto che troneggiava
sulla scrivania del fratello maggiore. Quegli odiosi occhi verdi
sorridenti e quelle lentiggini sul viso chiaro. Non la odiava, alla
fine era la donna che suo fratello amava, ma non poteva fare a meno
di non sopportarla.
“Ah!
Tu devi essere Alfred!” esclamò bonario il signor
Kirkland,
allargando le braccia. “Avanti, avvicinati! Non essere
timido!”
rise, facendogli segno di avvicinarsi con una mano. I due ragazzi
andarono verso di lui, Ray si avvicinò e gli posò
un tenero bacio
sulla guancia, come di consuetudine.
“Come
è andata la giornata?” chiese l'uomo,
accarezzandogli i capelli.
Ray chiuse gli occhi, le guance si arrossarono leggermente e rispose
“Bene...”
Il
padre pareva soddisfatto, Alfred invece alzò un sopracciglio
ritenendo la reazione del ragazzino decisamente poco gioviale.
Ray
si andò a sedere e Alfred piegò leggermente la
testa, prima di
allargare un sorriso. “E' un piacere conoscerla, signor
Kirkland.
Sono Alfred F. Jones, perdonate la mia irruzione in casa vostra,
spero di imparare molto dalla mia permanenza qui”
Il
signor Kirkland sembrava piacevolmente sorpreso dalle parole del
ragazzo, sorrise agli altri seduti al tavolo e poi si rivolse di
nuovo al ragazzo. “Beh, sembra che l'aria di Londra gli abbia
già
giovato!” rise rumorosamente, picchiandogli la spalla con un
palmo
della mano. Alfred spalancò gli occhi per il dolore e poi si
allontanò salutandolo mentre l'uomo continuava a ridere. Si
inchinò
all'uomo con i capelli rossi.
“Ciao
Alfred, sono Arden Kirkland, sono il padre di Katherine... non
abbiamo avuto occasione di conoscerci” sorrise e gli
allungò la
mano, che Alfred strinse con un sorriso poco convincente.
“Salve...
mi dispiace non poter essere stato presente le volte in cui siete
venuti a trovarci” si scusò, anche se in
realtà non gli
dispiaceva per nulla. L'uomo gli sorrise e lo congedò,
ricominciando
a chiacchierare rumorosamente con il signor Kirkland.
Alfred
camminò a passo lento fino a raggiungere il posto dove la
ragazza
era seduta. Aggrottò le sopracciglia, ma non voleva farle
capire
subito quanto poco le stesse simpatica.
Contrariamente
alle sue aspettative, la ragazza si alzò in piedi, gli fece
un
inchino e poi cercò di sorridergli.
Alfred
alzò entrambe le sopracciglia, non aspettandosi un gesto
così umile
da una... una inglese. Fece un leggero verso sorpreso, poi
chinò la
testa anche lui. Si avvicinò e le prese la mano per posarvi
le
labbra. “E' un piacere conoscervi, signorina
Katherine”. Quanto
gli faceva male dire una cavolata del genere.
“Oh...
ehm” sembrava in difficoltà, cominciò
ad attorcigliarsi una
ciocca di lunghi capelli rossi con le dita della mano che non era tra
quelle di Alfred.
“Il
piacere è mio... Alfred. Spero diventeremo amici
perché ehm... beh,
se non lo fossimo la vita in famiglia sarebbe piuttosto
difficile!”
ridacchiò nervosamente, poi portò la mano lungo
il vestito.
Alfred
si impietrì come avesse appena sentito una notizia
scioccante. Cosa?
No! No! Tutta l'immagine che si era creato mentalmente della ragazza
era totalmente l'opposto! Doveva essere antipatica, snob, altezzosa,
pretenziosa... un sacco di osa! Certamente non si aspettava una
ragazza che sarebbe stata perfetta per fare la commessa in un grande
magazzino alla moda.
Sbatté
gli occhi. Era solo l'inizio, no? Magari era tutta scena e in
realtà
sotto sotto era una vipera. Le risposte con un leggero verso,
annuendo e permettendole di sedersi. Sentì un leggero
sospiro di
sollievo che proveniva dalla ragazza. Forse era tesa, aveva paura di
non piacere al fratello minore del suo futuro marito. Sembrava fosse
andato tutto bene, però. Forse.
Alfred si avvicinò alla signora
bionda a capotavola e piegò la testa, ancora pensieroso. Le
baciò
la mano e poi si sforzò di sorriderle, illuminando gli occhi
azzurri.
“Lei
deve essere la signora Kirkland, lo riesco a capire dagli occhi, sono
verdi come quelli dei suoi figli” mormorò, con
voce calcolata
facendo sorridere la signora, che aveva un aspetto molto calmo e un
po' trasandato, un po' sciupato. In effetti era totalmente diversa
dalla pomposa signora che sedeva accanto a lei, che sicuramente era
la madre di Katherine.
No,
decisamente la ragazza non aveva preso nulla dalla madre a parte gli
occhi smeraldi. Lei era semplice, sembrava anche lontanamente, molto
lontanamente simpatica, e i suoi occhi non avevano di certo la luce
di altezzosità che balenava in quelli della signora.
“I
miei entusiastici ossequi, qual gaudio finalmente potervi mirare,
signorino Alfred” fece lei, allungandogli la mano che Alfred
esitò
a prendere perché stava ancora cercando di capire le prime
tre
parole della frase. Cosa...? E'... completamente impazzita?
Pensò, toccando riluttante la mano e abbassando il viso
verso di
essa, per posarvi le labbra.
“Le
mie isperanze non son state dunque disattese, potendo rimirar un
giovine tanto affabile e cavalleresco” sorrise lei, piegando
leggermente la testa in segno di assenso.
Alfred
fissò la mano della donna non sicuro di cosa dovesse
rispondere.
Sbatté gli occhi, cominciando a sudare freddo. Ma che cosa
aveva
questa famiglia?! Anzi, questa donna!
“Madre,
la prego. Dubito che il signorino Alfred possa altresì
capire il
vostro aulico modo di parlare” intervenne Katherine,
drizzando la
schiena e fissando la mamma.
La
signora allargò un sorriso piuttosto di scherno nei
confronti del
ragazzo e allontanò la mano, permettendo al ragazzo di
alzarsi.
“Vogliate
perdonarmi. Non sono abituata ad usare un linguaggio di basso
livello” rispose, sottolineando le ultime parole squadrando
Alfred.
… puttana.
In
quel momento, fece ingresso un ragazzino alto quasi quanto Ray, con i
capelli rossi e ondulati, gli occhi verdi e le lentiggini. Alfred lo
guardò per un secondo. Ma quanti cavolo sono? Si
chiese,
mentre il giovane si avvicinava a lui e lo salutava con un inchino.
“Sono
Kain Kirkland, è... è un piacere
conoscerti” mormorò e Alfred
rivedette in lui lo stesso comportamento del ragazzino dagli occhi
nocciola. Beh sì, senza dubbio erano fratelli. Presto lo
seguirono
Arthur, Logan e Sky, opportunamente cambiati e rassettati, eleganti
nei loro costumi.
Arthur
squadrò Alfred, dando poi un'occhiata alla stanza e agli
altri
ospiti. Sembrava non aver combinato nessun guaio, per ora.
Sky
si sporse per salutare Alfred, ma Logan lo trascinò via,
facendolo
sedere nel posto libero accanto a Ray e sedendosi lui stesso tra il
fratello e lo zio, occupando ogni posto disponibile da quella parte
del tavolo.
Alfred
allargò un sorriso. Ma quanto era divertente? A testa alta,
sorpassò
la signora mamma di Katherine, il ragazzino con i capelli rossi e si
andò a sedere nel posto proprio di fronte a Sky,
costringendo Arthur
ad averlo come vicino di posto.
“Spero
tu non abbia creato nessun danno o disturbo tra i miei
parenti”
sussurrò Arthur, senza guardarlo, posando elegantemente il
tovagliolo sulle gambe.
“Tsk.
Non ci sarei riuscito nemmeno volendo. Specialmente con quella
strega” sbottò Alfred, giocherellando con la punta
di una
forchetta.
Arthur
alzò le sopracciglia. “Cosa?”
continuò, quasi sconcertato.
“Lei.
La madre di Katherine” sputò lui, con un verso
schifato e
contrariato, rigirandosi la forchetta tra le mani. Arthur
lasciò
andare un leggerissimo sospiro. Beh, in fondo sapeva che poteva
trattarsi solo di sua zia, ma conoscendo l'americano... se avesse
avuto qualcosa da ridere su sua madre l'avrebbe ucciso. Con la
forchetta con la quale stava giocando in quel momento.
“Questa
serve per mangiare, sono stato chiaro? Non te l'hanno insegnato
all'asilo?” sibilò, con un sorriso beffardo e un
bel tono ironico
come solo lui sapeva fare, togliendogli la posata dalle dita e
posandola al suo posto.
“Come
sei divertente.” scimmiottò Alfred, aggrottando le
sopracciglia
con una smorfia che voleva assomigliare ad un sorriso di scherno
“Ma
ti eserciti per poter fare queste battute o ti escono
naturali?”
I
due si fissarono, entrambi con un sorriso-smorfia sul volto, mentre
l'aria attorno a loro era elettrica. Logan alzò le
sopracciglia e li
fissò annoiato, chiedendosi chi fosse il diciannovenne tra i
due.
Probabilmente nessuno, persino Kain, seduto accanto a loro, sembrava
più grande e serio.
“Direi
di fare un brindisi al nostro ospite, che si è
già dimostrato
affabile e gentile” rise il signor Kirkland alzando il
bicchiere
colmo verso il ragazzo. “Che questa esperienza ti aiuti a
maturare,
ragazzo, e che ti faccia capire quali sono i veri valori della
vita!”
esclamò, per poi cominciare a ridere sonoramente, come
prima. Arthur
scosse la testa con un sospiro, Alfred sbattè gli occhi
sorpreso.
Non
c'è niente di normale in questa famiglia...
Dopo
il brindisi le cameriere cominciarono a portare le pietanze su piatti
di porcellana; tutti mangiavano in assoluto silenzio.
“Ehi,
è vietato anche parlare a tavola?”
sbottò a voce bassa Alfred,
rivolgendosi al suo vicino di posto.
“Quando
si mangia non si parla, non te l'hanno insegnato, americano?”
rispose Arthur, senza neanche guardarlo in viso. “Dedichiamo
il
dopo cena alla chiacchierata consueta. Durante il convito mangiamo in
silenzio. E, se non ti dispiace, vorrei finire la mia bistecca. Buon
appetito”
“Tsk.”
sbottò Alfred, ricominciando a mangiare. Cuoco inglese?
Improbabile, era sicuramente la mano di un italiano quella che c'era
in quella bistecca, appunto, alla fiorentina. Alzò gli occhi
mentre
gustava il piatto, osservando ogni singolo membro della famiglia. Il
signor Kirkland era tarchiato, anziano, con i capelli bianchi e le
sopracciglia folte, un'aria bonaria ma anche seria nei suoi sguardi.
Arden Kirkland era un bell'uomo di mezz'età, con i capelli
brizzolati rossi, gli occhi verdi e piccoli, la pelle chiara e le
lentiggini. Era molto alto, magro, quasi scavato ma avrebbe sfidato
chiunque a non esserlo con una moglie del genere. Accanto a lui
sedeva il maggiore dei fratelli Kirkland, Logan. Alto, magro ma
atletico, occhi verdi e profondi, lentiggini, capelli rosso scuro,
aria truce. Certamente non un simpaticone. Ogni tanto gli lanciava
qualche occhiataccia, certamente il suo piccolo flirt con il
fratellino minore non era stato di suo gradimento... che bellezza!
Quanto adorava ficcarsi in situazioni del genere~.
Accanto
a lui era seduta la sua nuova vittima: Sky. Piccolo di statura,
almeno in confronto al fratello maggiore, capelli rossi, quasi
arancioni, occhi verdi e grandi, lentiggini sul viso, sorriso sempre
stampato sul volto. Sicuramente esuberante e molto più
vivace degli
altri fratelli. E poi aveva un culo stupendo... tra le tante cose.
Seduto
lì accanto c'era il piccolino che l'aveva accompagnato nella
sala da
pranzo, il suo nome doveva essere qualcosa tipo Ray. Basso di
statura, non gli arrivava neanche alla spalla, capelli castani, occhi
nocciola e grandi, guanciotte rosse e un'espressione sempre triste
sul viso. Quasi gli faceva tenerezza.
Poi
c'era Katherine. Occhi verdi e lentiggini, pelle chiara, capelli
lunghi e mossi, rossi come quelli del padre, raccolti in una coda
alta. Aveva il viso rotondo, quasi pacioccone, ma le braccia magre ed
esili come quelle del padre. Aveva le dita lunghe e affusolate, e un
seno piccolo, che probabilmente non arrivava neanche alla seconda
misura. Beh, nel complesso Alfred sapeva riconoscere una bella donna,
ma questo non significava di certo che doveva stargli simpatica.
Seduta
a capotavola la signora Kirkland faceva la sua figura nella sua
immensa modestia. I capelli biondi a caschetto, l'espressione calma e
dolce, gli occhi verdi abbassati sul tavolo, l'aria quasi stanca e
provata. Assomigliava molto ad Arthur, ma era sicuramente una donna
che Alfred avrebbe potuto senza dubbio ammirare ad occhi chiusi.
Tutto il contrario della madre di Katherine, avvolta nella sua
sciarpa di pelliccia, truccata così pesantemente che
sembrava
stuccata, rossetto rosso, ombretto viola, capelli corvini
probabilmente tinti, vestito da sera elegante, lunghi guanti di seta,
aria altezzosa. Ringraziava almeno che la ragazza avesse preso da
quel santo del padre, che sembrava, al contrario, una persona
squisita.
Accanto
a lui c'era un altro piccolino dai capelli mossi e rossi, l'ultimo
che si era presentato, Kain. Sembrava arrabbiato con il mondo, aveva
le sopracciglia aggrottate mentre mangiava il suo piatto, e le labbra
arricciate. Si domandava come mai tutti i fratelli erano
così
diversi, e avevano in comune solo gli occhi, fatta eccezione per il
piccolino dagli occhi nocciola. Somigliavano tutti al signor
Kirkland, ma nessuno di loro somigliava alla madre.
Beh,
coincidenza? In effetti neanche lui e suo fratello Matthew
somigliavano ad Aaron, non si erano mai posti il problema.
Una
volta finita la cena, si spostarono tutti in una sala adiacente
illuminata da un enorme lampadario e piena di poltrone pregiate,
rivestite di seta. Il signor Kirkland era seduto su una sedia a
rotelle, con la giacca da camera e una coperta sulle gambe e rideva
bonariamente come se fosse il più in salute di tutti, mentre
si
raccontavano cosa avevano fatto durante la giornata.
Ma
quanto cavolo poteva essere interessante parlare di cosa si era fatto
o non fatto in azienda?! Che noia, che noiaa...
“Ehi,
americano! Cioè... Alfred! Hai da fare? Sai giocare a CoD?
Nessuno
dei miei fratelli vuole mai giocare con me, ma tu mi sembri un tipo
che sa di cosa sto parlando!” esclamò Sky,
avvicinandosi a lui e
parlando a raffica con il sorriso sulle labbra.
Alfred
lo fissò un attimo, poi ricambiò volentieri il
sorriso, con una
punta di malizia. Il poverino non sapeva a cosa andava incontro...
“Stai scherzando? Sono un campione! Ti potrei battere anche
ad
occhi chiusi...” lo sfidò, allargando il sorriso.
Sky
ricambiò con altrettanto brio. “Ah sì?
Vediamo un po' cosa sai
fare, allora!”
“Prego,
guidami~” sorrise piegando leggermente la testa di lato.
Arthur li
fissò con la cosa dell'occhio, incerto se lasciarli andare o
seguirli.
“Ehi”
prima ancora che potesse pensare a qualsiasi cosa, Logan si
accostò
a lui con le sopracciglia aggrottate “Lo vuoi mollare solo
con
quello? Andiamo” sibilò, prendendo Arthur per un
braccio e
trascinandolo dietro i due.
“L-Logan?!”
sbottò Arthur, mentre si faceva trascinare dal fratello
maggiore.
“Che diamine...?”
“Vuoi
lasciare Sky con quello schifoso americano? Muoviti” rispose
Logan,
continuando tirarlo per il corridoio.
Arthur
lo osservò e si lasciò scappare un sorriso.
Vedere Logan che si
preoccupava per uno dei fratelli forse era una delle poche cose buone
che l'americano aveva fatto capitare in casa.
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Finalmente un nuovo capitolo! çAç perdonate il ritardo! Ero rimasta bloccata su un punto e non riuscivo ad andare avanti... ehm, ma salvo imprevisti universitari il quinto dovrebbe arrivare entro un mesetto XD morga 99, ti ringrazio ç_ç mi sorprende tu ti sia iscritta solo per questa misera fanfic... spero continuerai a seguirmi come tutti gli altri del resto! Vi lascio con una cover della fanfic che ho realizzato nei momenti liberi in cui potevo scrivere ma non mi andava u_u