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Autore: LadyMorgan    06/11/2010    7 recensioni
«Gellert, Gellert, Gellert! Ormai c’è solo Gellert per te, vero? Certo, lasciamo sfogare il povero bambino frustrato, prima o poi si stancherà e ci lascerà lavorare per il bene superiore! Magari così si sente meglio, vero, psicologo da strapazzo?!» Il viso rosso, i pugni stretti, il ragazzo faticava a non saltare addosso al fratello, ancora di quella frustrante, intaccabile calma che lo aveva sempre esasperato. «E non guardarmi a quel modo, maledettissimo bastardo! Pensi che sia piccolo e che non capisco un dannato accidente, lo so! Be’, novità fresche di stampa per te, signor Sotutto, forse non sarò un genio come te ma almeno ho un’anima, e non l’ho venduta per due occhioni neri e una voce fascinosa! Ma guardati, proprio non lo capisci, vero? Stai qui a vagheggiare di dominio del mondo e omicidi e rivoluzioni come se fosse una partita a scacchi! Ma in fondo da quando ti importa della vita altrui, purché la tua sia perfetta?! Infondo hai abbandonato tua sorella, che c’è di strano se altri moriranno?!» [...]
Lo scoppio d'ira e il duello che furono la causa di tutto.
[Altro personaggio: Abeforth Silente, Ariana Silente]
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Gellert Grindelwald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'For the Greater Good'
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Duello fatale

«… e quindi è probabile che…»

«L’unica cosa probabile qui è che tu sei il più grande bastardo mai inventato, maledetto figlio di…!»

«Aberforth!»

I due diciassettenni seduti attorno al tavolo si alzarono contemporaneamente, uno genuinamente sorpreso, l’altro profondamente irritato.

«Cosa ci fai qui?» chiese il più alto, guardando il ragazzino tutto ossa che lo fissava furibondo dal vano della porta.

«Cosa faccio qui?» ripeté lui sputandogli contro ogni parola. «Cosa faccio qui? Prova a chiederti cosa ci fa lui qui, signor Genio! Questa è casa nostra, non tua, e se hai intenzione di portare la vostra pazzia anche qui…»

«Ora basta, Abeforth.» Il ragazzo più alto aveva parlato tranquillamente, senza nessuna particolare inflessione. «Questa è casa mia quanto tua, e se io decido di invitare un amico…»

«Casa tua. Casa tua! Questa dannatissima casa non è più tua da quando hai deciso di andartene, dimenticarti di noi, dimenticarti di tua sorella! Oh, forse non sai chi è?! Uhm, vediamo come faccio a riportartela in mente!» Guardò con ferocia il fratello, impedendogli di parlare. «Quasi quattordici anni, terrorizzata a morte quando ne aveva sei, incapace di controllare sé stessa, sola e abbandonata da quello che ha ancora la faccia tosta di definirsi nostro fratello e il capo della famiglia!»

«Ragazzino, ma non capisci che è anche per il suo bene che stiamo lavorando?» chiese il ragazzo biondo, con un sorriso condiscendente.

Abeforth si scagliò contro di lui. «Tu non devi neanche parlare, sei tu che l’hai allontanato da noi!» Tornò a poggiare i fiammeggianti occhi celesti sul fratello. «Oh, ma immagino che sia irrilevante, vero? Certo, voi due lavorate per il bene superiore, che importanza può mai avere una povera, piccola bambina incapace di controllarsi? Cosa pensi di fare, eh, cosa pensi di fare?»

«Adesso basta.» Il ragazzo biondo avvicinò lentamente la mano alla bacchetta.

«Cosa vuoi fare, portartela dietro mentre voi due geni lavorate per il vostro stramaledetto bene superiore? O magari lasciarla a sé stessa, e vedere come se la cava, eh? Certo, perché no, tanto che importanza ha visto che farà bene anche a lei? Oh, già, dimenticavo: quando ci saranno i vostri benefici lei non ci sarà più!»

«Stai zitto…»

«Gellert, no.»

«Gellert, Gellert, Gellert! Ormai c’è solo Gellert per te, vero? Certo, lasciamo sfogare il povero bambino frustrato, prima o poi si stancherà e ci lascerà lavorare per il bene superiore! Magari così si sente meglio, vero, psicologo da strapazzo?!» Il viso rosso, i pugni stretti, il ragazzo faticava a non saltare addosso al fratello, ancora di quella frustrante, intaccabile calma che lo aveva sempre esasperato. «E non guardarmi a quel modo, maledettissimo bastardo! Pensi che sia piccolo e che non capisco un dannato accidente, lo so! Be’, novità fresche di stampa per te, signor Sotutto, forse non sarò un genio come te ma almeno ho un’anima, e non l’ho venduta per due occhioni neri e una voce fascinosa! Ma guardati, proprio non lo capisci, vero? Stai qui a vagheggiare di dominio del mondo e omicidi e rivoluzioni come se fosse una partita a scacchi! Ma in fondo da quando ti importa della vita altrui, purché la tua sia perfetta?! Infondo hai abbandonato tua sorella, che c’è di strano se altri moriranno?!»

«Abeforth, smettila!»

«No che non la smetto, schifoso bastardo traditore! Ti sei dimenticato?! Ti sei dimenticato di tutto, sei così rincretinito dalle sue chiacchiere che non riesci neanche più a vedere com’è ridotta Ariana?»

«Tu proprio non capisci, stupido ragazzino.» Gellert si era alzato e stava avanzando lentamente verso di lui, gli occhi scintillanti di rabbia repressa e la voce ancora più setosa del solito. «Una volta ristabilito il dominio dei maghi sui Babbani tua sorella sarà libera! Non ci sarà più nessun motivo di nasconderla, di temere per lei! Potrà vivere tranquillamente, in pace con sé stessa, muoversi come preferisce! Ma non capisci che i Babbani ci hanno costretto a restare nascosti per così tanto tempo che ci sembra addirittura giusto che sia così? È la soluzione migliore per tutti, da noi fino a tua sorella.»

«Certo, l’ultima ruota del carro, fino a mia sorella, fino al fango! Ma da quando diavolo te ne importa qualcosa di mia sorella, a te?! A te importa solo avere Albus a disposizione, è comodo avere un genietto accondiscendente come lui dalla tua parte, vero? Sarà libera, certo. Come fa a essere libera se riesce a malapena a nutrirsi da sola, dimmi!»

«Abeforth, se i Babbani avessero sempre saputo della magia Ariana non sarebbe mai stata aggredita!» Albus stava avanzando lentamente, con le mani alzate in segno di pace, cercando di tranquillizzare gli altri due. «Sarebbe ancora la bambina che era prima, non sarebbe così spaventata e pericolosa! Avrebbe potuto avere una vita come…»

«Se, se, se! Per te è solo una questione di se, vero, Albus? Se fosse andata così, se fosse stato cosà… be’, indovina un po’? Non è andata così, e non possiamo tornare indietro e disfare quello che è stato fatto, quindi ora tu molli queste pazzie e torni a occuparti del presente, cioè di tua sorella!»

«Taci!» Gellert alzò la bacchetta e Abeforth venne scaraventato contro il muro. «Inutile piccolo idiota, continui a intralciare il lavoro di tuo fratello con le tue chiacchiere senza senso solo perché hai una apertura mentale pari a quella di un Doxy! Tua sorella sarà al sicuro, e questo è quanto! Niente più segreti, niente più gite al chiaro di luna, niente più Babbani torturatori e sadici! Sarà la cosa migliore per chiunque abbia una bacchetta!»

Per tutta risposta Abeforth gli sputò ai piedi. «Mi… fai… schifo!» gli urlò in faccia cercando di muoversi.

Gellert si ritrasse di scatto e il ragazzo cadde a terra, tenendosi la gola. Un nanosecondo dopo, aveva rialzato la bacchetta urlando: «Crucio!»

«Gellert, no!» Albus urlò, urlò per la prima volta dall’inizio del dialogo, eppure rimase immobile mentre le grida del fratello riempivano la stanza.

Dalla porta sbucò una testina bionda. «Forth?» mormorò la voce di una bambina in un sussurro tanto basso che si videro solo le labbra muoversi.

«Gellert, fermati!» Albus si mosse attorno al tavolo e provò ad abbassare il braccio dell’amico a mani nude, spingendolo, cercando di muoverlo: invano.

«Forth?» L’invocazione, ora, aveva assunto un connotato spaventato.

«Lasciami, Albus, lasciami!» Gellert spinse via l’amico senza interrompere l’incantesimo, un sorriso malsano sulle labbra. Si rivolse all’altro, ignorando le urla di Abeforth come assolutamente irrilevanti. «Ma non capisci che ti blocca?» L’incantesimo venne ritratto, il mago si voltò completamente verso Albus. «Ti bloccano, ti tengono qui confinato, compresso e vincolato ad obblighi che non dovresti avere, sono ingiusti verso di te, Albus, lo sai…»

«Sono la mia famiglia…» mormorò guardandolo negli occhi.

«Forth?» Il sussurro li fece girare entrambi: la piccola bambina bionda si era chinata sul fratello a terra e lo stava pungolando con un dito, cercando di capire cosa stesse succedendo. «Forth? Forth?» continuava a ripetere come un mantra, guardando spaventata i tremiti incontrollati che percorrevano il corpo del ragazzo.

«Va’ via, Ariana…» sussurrò puntando le mani per rialzarsi, cercando di apparire normale. Sorrise guardando la sorella, cercando di rassicurarla. «Vai su, io vengo fra poco…»

«Forth» ripeté lei solamente, stringendogli forte un braccio.

Lui le rivolse un altro sorriso, prima di guardare il fratello. «Grifondoro, vero, Albus?» gli sputò contro, continuando a cercare di alzarsi. «Non hai nemmeno il coraggio di proteggere la tua famiglia, sapresti stare lì a guardare mentre questo essere distrugge tutto il mondo!»

«Hai oltrepassato il limite!» L’urlo di Grindelwald fu seguito da un nuovo scoppio di incantesimi, ma questa volta Abeforth era più pronto: spinse via la sorella e invocò uno scudo che, seppure non riuscì a parare del tutto la maledizione dell’altro, attutì il peggio.

«Basta così!» Un nuovo scudo, più potente, si frappose fra i due ragazzi: Albus aveva appena alzato la bacchetta.

Gellert lo guardò con un misto di frustrazione e esasperazione. «Albus, che diavolo! Lo sai che non puoi permettere a questi due di bloccarti!»

«Stai zitto!» Continuando a gridare, Abeforth si lanciò contro il ragazzo scagliandogli addosso un incantesimo, che venne parato con facilità e restituito con gli interessi.

Prima di potersene accorgere, Albus era stato trascinato nella lotta fra due delle persone a cui teneva più al mondo.

Gli incantesimi si susseguivano, gli scoppi continuavano a esplodere da ambo le parti, mentre Abeforth continuava a urlare formule e gli altri due proseguivano il loro perfettamente silenzioso duello.

Li rumore degli schianti era troppo forte per consentire ai combattenti di udire altro, ma Albus vide distintamente le labbra di Gellert formulare un’Avada Kedavra contro il fratello. Con uno sbuffo d’aria, lo spostò dalla sua traiettoria.

Abeforth, che non si era accorto di quello che stava per succedere, gli rivolse un’occhiata rancorosa prima di scagliargli contro una nuova fattura. Erano tutti contro tutti, ora.

«Crucio!» Il comando partito dalla bacchetta di Grindelwald arrivò con singolare precisione alle orecchie di Albus, mentre vedeva il fratello cadere nuovamente a terra. Fra le sue urla, riuscì a distinguere un fortissimo: «NO!» che lo fece girare un secondo troppo tardi: Ariana, che era rimasta per tutto quel tempo nell’angolo dove era stata scagliata con le mani sulle orecchie e la testa appoggiata alle ginocchia, si era appena alzata, e stava facendo levitare una sedia contro il torturatore del fratello. Colpì il bersaglio e Abeforth riuscì a rialzarsi, riprendendo a scagliare maledizioni e cercando di fare da scudo a sua sorella.

Albus si sentiva dilaniato: Gellert era il suo futuro, era i suoi sogni, le sue ambizioni, i suoi desideri, lo aveva capito dal primo momento che lo aveva visto, una persona con cui poteva finalmente condividere tutto, con cui poteva parlare di qualunque cosa senza timore di non essere capito… ma Abeforth e Ariana erano la sua famiglia, erano il suo presente e il suo passato, forse frustranti, ma gli voleva bene, erano tutto ciò che gli era rimasto da una vita travagliata da cui aveva cercato in ogni modo di distanziarsi…

Continuava a combattere automaticamente, evocando più che altro scudi, cercando di restare lucido e di evitare il peggio… ma come faceva a rimanere concentrato mentre tutto attorno a lui erano grida e scoppi e lampi?

«Gellert, dannazione! Non loro, non possono! Io, sono qui, prenditela con me!» urlò alla fine accorgendosi di quanto vicino ai fratelli fosse passato un Anatema Che Uccide.

Quello che aveva creduto suo amico, una parte talmente importante della sua vita da occuparne uno spazio fino ad allora vuoto, lo ignorò, continuando ad infierire sugli altri due, volgendosi verso di lui solo quanto bastava per impedirgli di intervenire: fu allora che lasciò perdere gli scudi ed attaccò con le maledizioni.

«Gellert, no! Non far loro del male, prendi me, prenditela con me!» L’incantesimo che gli scagliò contro era così potente che il mago fu costretto a girarsi verso di lui e ad interrompere il suo attacco agli altri due per evocare uno scudo abbastanza forte da potersi difendere.

Era quello che Albus voleva: concentrare l’attenzione dell’altro su di sé, per permettere ad Abeforth di portare via Ariana…

Per qualche attimo, qualche attimo così pieno di maledizioni e contro maledizioni che riuscì a malapena a parare e reagire per continuare a tenere impegnato il suo migliore amico, credette di avercela fatta, di aver creato un diversivo abbastanza lungo da permettere agli altri due di fuggire, di mettersi in salvo.

Poi un nuovo urlo, più forte di qualunque maledizione, di qualunque incantesimo, squarciò le sue orecchie. «No! NO! NO!»

Abeforth. Ma non sembrava neppure più lui. Quell’urlo… era qualcosa che andava oltre le grida di dolore per una Cruciatus, era qualcosa che gli riempì le viscere di gelo, perché esprimeva più che dolore fisico, qualcosa che nessuna maledizione avrebbe mai potuto provocare, qualcosa di talmente lancinante che interruppe il duello.

Il ragazzo era chino sul corpo minuto della sorella e la stava scuotendo per le spalle, mentre la sua testa si muoveva, abbandonata, a tempo delle scosse.

«Ariana! NO! NO!»

Il tempo si congelò mentre tutti i combattenti si giravano verso la patetica figuretta fra le braccia del più giovane, gli occhioni azzurri ancora spalancati e terrorizzati, cercando di capire qualcosa che non l’avrebbe più colpita.

«Ariana…» La voce di Albus uscì simile a un gemito. «Ariana!» Cadde in ginocchio accanto al fratello, cercando di avvicinarsi.

«NO!» Abeforth lo allontanò con una gomitata, continuando a scuotere la sorella come sperando che si potesse ancora muovere. «Ariana, no, ti prego, no, ti prego, ti prego no…» La colpì delicatamente sulle guance, cercando una reazione, un qualunque movimento che potesse dirgli che era ancora viva. «Piccola, bimba, ti prego, ti prego, Ariana, no, Merlino, no, no, NO!» Scoppiò in singhiozzi sul suo petto, continuando ad abbracciarla forte, come se pensasse che qualcosa, in quella stretta, l’avrebbe potuta riportare indietro. «Ariana… bimba, torna qui, ti prego, ti prego, torna qui…»

Albus era rannicchiato dove il fratello l’aveva lasciato, le ginocchia strette al petto, gli occhi asciutti e vitrei, incapace di vedere, incapace di accettare…

Non udì il leggero pop della Smaterializzazione di Grindelwald sopra il pianto di Abeforth, non vide la luce calare con l’avvento della notte, vedeva solo gli occhi di Ariana, ancora aperti e spaventati, la prima vittima dei folli progetti suoi e del suo migliore amico.

 

 

Angolo Autrice

Lo so che dovrei essere latitante e non dovrei trovarmi qui e tutto quello che volete, ma amo troppo questo sito – e onestamente Questi Due xD – per permettermi una latitanza totale. Non ce la faccio, mi dispiace per voi, ma non sono così forte.

Quindi eccomi qui con una delle mie più vecchie fic su Questi Due, leggermente modificata in quanto, come una mia benintenzionata e assolutamente veritiera amica aveva commentato leggendo l’originale, “va bene che il fratello è ignorante e magari volgare, ma ricordati anche che siamo nell’Ottocento!”, al che mi sono trovata costretta ad edulcorare il linguaggio troppo… poco forbito di Abeforth. Non so se ci sono riuscita.

Non so neppure se questa fiction possa andare bene o no, se non avessi invece fatto meglio a lasciarla nel mio PC in attesa di tempi migliori, sarà che oggi l’ho ritirata fuori e ho sentito le dita prudermi dal desiderio di pubblicarla… sarà che sono troppo sola in questo momento -.-

 

Ciò detto, siccome non interessa a nessuno, accludo i ringraziamenti per quelle anime pie che hanno recensito Defying Gravity:

-          a Morea: grazie mille, è anche una delle prime Grindeldore che scrivo io, quindi il fatto che ti sia piaciuta mi fa decisamente piacere! E lieta che il mio italiano decadente non ti abbia troppo infastidita ^^ Di nuovo, grazie! LadyMorgan

-          a malandrina4ever: a parte la mia idea malvagia nata dal tuo ribrezzo per la così nominata “Nuova Generazione” che metterò per scritto non appena avrò un po’ di tempo da dedicargli (ti conviene tremare, come ti ho già detto, MWAHAHAHAHA!) confesso che il trovarti ogni volta anche nelle mie storie più improbabili – e come ben sai ce ne sono – mi fa talmente tanto piacere che non credo riuscirei neppure a metterlo per scritto. In quanto al pensare che all’Augusta SSP potrebbe mai far piacere l’assenza di SRCXDP, puoi tranquillamente levartelo dalla testa u.u La fa cadere in orride crisi di identità, e comincia a interrogarsi sull’effettivo significato della sua vita e della sua missione, e la cosa non è affatto piacevole perché la costringe a prendere un tè alla prugna – l’unico che possa mantenere la nostra sfumatura di violetto u.u – che con tutta la buona volontà del mondo non è affatto gradevole da sorbirsi -.- Quindi una festa forse c’era, sì, ma da lutto per duplice astinenza u.u Finisco da BM (per i non iniziati, come credo tu NON sia, BimbaMinkia) con un sano TVMKB (come ci insegna zio Voldie “Tremate Voi Mille Kilogrammi di Babbani”, cosa andavi a pensare? u.u), Suprema Sacerdotessa dell’Ordine della Prugna

 

E siccome pare che nella pausa infinitesimale fra la pubblicazione di questa fic e quella di Curiosità qualche anima audace ha osato commentare anche questa, ecco qui i miei più sentiti ringraziamenti:

-          a piccolaSele: allora, prima di tutto hai appena vinto il premio per risposta più veloce degli ultimi cento anni. Ma sorvolando su questo, sono contenta che la Drabble ti sia piaciuta – con la mia scarsa capacità di sintesi è un genere che mi spaventa sempre un po’ utilizzare – e che tu sia riuscita a trovarla effettiva. Grazie ancora! LadyMorgan

 

  
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