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Autore: Ezrebet    07/11/2010    0 recensioni
Frances, una donna che sta realizzando il proprio sogno. E un uomo, che invade la sua vita con la forza di un uragano, proprio quando lei meno se l’aspetta..
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Intorno al tavolo ovale c’erano tutti; il regista, immerso nella lettura di alcune carte, i produttori, che confabulavano tra loro, e Frances. Giocherellava con una penna, scarabocchiando a tratti sul notes aperto davanti a sé. Erano le dieci e mezza e di Simon neanche l’ombra. Ogni tanto, entrava la segretaria di produzione e scuoteva la testa in direzione del regista, che alzava le spalle e tornava a leggere qualcosa. Forse il copione.
 

Ad un certo punto, Frances si alzò “Signori, scusatemi, ma io ho da fare. Non posso aspettare fino a mezzogiorno . Mi dispiace, ma sto lavorando ad un altro progetto e sono venuta qui sul set unicamente per questa riunione, così..se non vi dispiace, io andrei..”.
Il regista disse “Ma abbiamo bisogno anche di te, cara. Ti prego, abbi pazienza..”.
“Non è questione di pazienza. Ho veramente molte cose da fare..” .
Ma uno dei produttori intervenne “Signorina, la prego. E’ molto importante che lei sia presente. Sa come sono gli attori..vedrà che sta arrivando..”.
Sospirando, Frances si risedette. Era troppo timida per lasciarsi andare e dire che cosa veramente pensava della star che li stava facendo aspettare da quasi un’ora. Riprese a scarabocchiare sui fogli bianchi, rassegnata.

Simon Crawford fece il suo ingresso nella sala riunioni quindici minuti dopo. Salutò tutti frettolosamente senza neanche inventare una scusa per il ritardo. Frances lo guardò distratta, cercando di non sembrare troppo ostile. Era indiscutibilmente bello. Poteva anche capire il delirio delle fan; un fisico atletico, un bel viso dagli zigomi infiniti, un paio di magnetici occhi blu, capelli castani dai riflessi chiari. Decisamente sexy anche vestito con un paio di jeans stinti e una camicia nera, come se l’avessero appena buttato giù dal letto. Magari era proprio così. Anzi, sicuramente era così, ed era di certo questa la ragione di quell’inaccettabile ritardo.
Come Frances aveva previsto, la riunione verteva su un argomento che non le competeva affatto e per la verità non competeva neanche a Crawford. I produttori parlarono a lungo sulle strategie per contenere i costi, mentre il regista spiegò quanto fosse necessario aumentare il budget per le scenografie. Il ping pong durò circa un’ora e mezza.
Stavano per salutarsi, quando l’assistente di produzione porse un foglio ad uno dei produttori che annuì dicendo “C’è un’ultima cosa, ed è veramente importante. Domani sera dovremo presenziare ad una serata di beneficenza durante la quale verrà presentato il film. Ovviamente, andrai tu, Robert” guardò il regista “Con Simon e miss Drake”.
Frances lo fissò “Ma che le viene in mente”. Tutti gli occhi si puntarono su di lei, che fu costretta ad aggiungere, in tono più calmo “Intendevo dire.. che la mia presenza non è necessaria..”.
“Al contrario. Lei ha scritto un romanzo fantastico da cui trarremo un film fantastico. Lei deve esserci, miss Drake, e dovrà firmare autografi e rispondere alle domande dei giornalisti, come gli altri” intervenne uno dei produttori “Le manderemo l’automobile alle venti. Stia tranquilla, sarà facile come bere un bicchiere d’acqua”.
Non poté ignorare lo sguardo divertito che le rivolse Crawford, prima di uscire dalla sala. Si sedette e si prese la testa fra le mani, scoraggiata. Una serata a Hollywood non era certo il tipo di passatempo che  avrebbe preferito. Non era interessata a quel tipo di occasioni. Lei voleva scrivere, lavorare, sedersi in poltrona e leggere qualche bel libro.
Gordon la raggiunse qualche minuto dopo ed era chiaramente entusiasta. Cominciò a parlare di abiti, trucco, scarpe all’ultima moda, acconciature.. Smise di farneticare soltanto quando incrociò lo sguardo di lei.
“Non mi sembra che tu sia particolarmente eccitata”.
“Infatti non la sono” gli disse “Non me ne importa niente di una serata tra gente che non conosco. Non ho niente da dire ai giornalisti”.
“Credo che tu sia l’unica a poter dire qualcosa di veramente interessante su questo film” tentò di incoraggiarla “E poi, finirai sulle riviste, con un magnifico vestito da sera”.
“Non ho abiti da sera nel mio armadio” lo redarguì.
“Ma io conosco una boutique fantastica” le sussurrò all’orecchio “Vedrai che meraviglia”.
“Tu non capisci. Io non ci voglio andare, non m’interessa, non voglio.. non voglio fare questo tipo di vita. Io sono una scrittrice” batté una mano sul tavolo e scattò in piedi “Che vuoi che m’importi di interviste, fotografie, serate!”.
Gordon le andò vicino e le sussurrò “Avanti, Frances. Si tratta di una sola uscita”.
Lasciarono il set poco dopo. Gordon si mise al volante e la riempì di discorsi sulla boutique, sulla necessità di trovare un abito adeguato, di sistemare i capelli in un certo modo, eccetera eccetera. Smise di parlare soltanto quando entrarono nel negozio e furono presi in consegna da una signorina gentile e bella come una top model.
Trascorsero il pomeriggio in sala prove. Frances entrava ed usciva dal camerino per sfilare davanti ad un Gordon su di giri, che applaudiva e faceva commenti sugli abiti, sugli abbinamenti con le scarpe e le giacche, facendo battute ed incoraggiando la commessa a svuotare il magazzino.
La scelta cadde su un semplice abito nero di raso, che si appoggiava morbido sulle ginocchia e lasciava scoperte le spalle, su cui posare una stola di pizzo nero ed argento. Quando uscirono, il portafogli di Frances era notevolmente più leggero. 
Dopo aver accompagnato Gordon e aver ascoltato le sue raccomandazioni circa la seduta dal parrucchiere fissata per il pomeriggio seguente, si diresse finalmente a casa, agognando il suo bel divano e le sue comode ciabattine.
Ma fu difficile rilassarsi. Se ne rimase sdraiata sul divano fino a notte inoltrata, nel buio. Non riuscì a scrivere né a leggere qualcosa. Ogni tanto, lo sguardo si posava sul vestito, la cui sagoma si intravedeva attraverso la custodia chiara. L’avrebbe indossato e sarebbe andata alla serata, cercando di fare una bella figura.. Il solo pensiero la agitava.
Sapeva perfettamente che si stava lentamente trasformando in un orso. A dispetto dell’improvvisa notorietà, Frances stava vivendo una vita solitaria, completamente assorbita dal suo lavoro. Poteva considerarsi fortunata, certo. La sua passione di sempre, la scrittura, era diventata il suo mestiere e le permetteva di guadagnare molto, grazie al contratto con la casa editrice ed alla collaborazione con gli studios per la realizzazione del film. Ma tutta quell’agiatezza non le aveva dato alla testa, anzi, l’aveva spinta a lavorare di più, ad immergersi nella fantasia, nelle sue storie. L’ispirazione era esplosa in lei come un fuoco d’artificio e sembrava inesauribile. Ed era tutto ciò che possedeva.
Suo padre era morto quattro anni prima, dopo una lunga malattia. In realtà, non era stato più bene dalla scomparsa della moglie, avvenuta in modo prematuro. Frances ricordava a malapena i giorni successivi all’incidente, era così piccola. Un’unica, indelebile, immagine, suo padre che piangeva accanto al feretro, stretto nel cappotto, il volto inondato di lacrime. E poi si voltava verso lei, una ragazzina di dieci anni, e tentava di sorriderle, asciugandosi maldestramente le guance.
Da allora, si erano in qualche modo sorretti a vicenda. Frances si era diplomata col massimo dei voti ed era andata al college, dove aveva studiato letteratura e filosofia, scrivendo articoli per il giornale degli studenti e coltivando la sua passione per la scrittura. Scriveva poesie e racconti che faceva leggere al padre, contenta che lui lo facesse volentieri ed esprimesse critiche. Erano andati avanti così per anni, costruendo insieme una routine affettuosa ed irrinunciabile.
Si accorse di avere gli occhi pieni di lacrime. Il tempo non aveva guarito la ferita per la perdita dei suoi genitori né mai l’avrebbe fatto. Aveva trentanove anni, ma si sentiva ancora una bambina smarrita, con una ferita al cuore che stentava a rimarginarsi. 

   
 
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