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Autore: Alechi    07/11/2010    3 recensioni
è una storiella semplice. parla di due persone che, nonostante tutte le difficoltà che hanno dovuto superare durante le loro vita, non hanno mai smesso di volersi bene. il titolo è una canzone dei pink floyd, ma loro non c'entrano, ho solo pensato che si adattasse bene a quello che avevo in mente. beh... spero che vi piaccia!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminavo veloce verso la macchina nera parcheggiata a bordo della strada davanti a me. Sopra c’era Mark, un ragazzo conosciuto poco tempo prima. Un ripiego, naturalmente, anche se non volevo ancora ammetterlo. C’eravamo dati appuntamento davanti al locale in cui c’eravamo incontrati per la prima volta. Facevamo sempre così. Ci vedevamo là e poi, a turno, uno di noi sceglieva cosa fare la sera. Di solito mi recavo al luogo dell’appuntamento in autobus, o mi facevo in qualche modo scarrozzare, ma quella volta avevo deciso di andare a piedi… chissà poi perché… era così lontano da casa mia!
 
Andavo verso l’auto sorridente. In fondo quel ragazzo mi piaceva. Era da tanto che non mi sentivo in quel modo, spensierata. Mi sembrava quasi strano uscire con quel ragazzo senza troppi problemi. Talmente strano che mi aspettavo la batosta da un momento all’altro.
 
Quel giorno mi aveva chiesto di vestirmi elegante, quindi avevo indossato un vestitino nero e corto, e avevo tirato su i capelli, cosa che non facevo mai. Non mi piaceva apparire troppo elegante. Non lo ero per natura, e anche per influenze probabilmente.
 
Detto questo, mi muovevo in quella viuzza stretta e puzzolente sui tacchi traballanti che in confronto alle mie comodissime e adorate converse mi sembravano un inferno quando…
“Merda! Ma su che cazzo sono inciampata?”
Guardai cosa mi aveva quasi fatta finire col muso per terra, e rimasi per un attimo a fissare quel volto familiare rigato di lacrime.
Quel bellissimo viso dall’aria sconvolta, che metteva tristezza solo a guardarlo.
Presi fiato e mi chinai verso di lui. Era terribile trovarselo davanti inaspettatamente e ridotto in quel modo dopo tutto quel tempo. Sembrava talmente bisognoso d’aiuto, e io, in fondo sapevo che lo era. Lo capivo dal suo sguardo, oltre che dalle lacrime. Era vuoto e spento. Era successo qualcosa e, nonostante stessi cercando in ogni modo di escluderlo dalla mia vita, non potevo ignorarlo, non dopo quello che lui aveva fatto per me almeno.
Gli accarezzai il viso, asciugandolo dalle lacrime.
“Will, che ci fai qui? E perché piangi? Dannazione ma come cazzo ti sei conciato? Will rispondimi!”
“Kate? Porca puttana sei davvero tu? Cazzo credevo di essere talmente fatto da avere le allucinazioni!” la sua voce era un mugolio, e facevo fatica a distinguere le sue parole.
“Will ma che cazzo! Hai ancora la siringa attaccata al braccio! Non ti sei mai combinato così! Non tu almeno! Dimmi cosa ti è preso!”
“Erin”
Quel nome, pronunciato come un soffio, bastò più di mille spiegazioni. Mi avvicinai al suo corpo caldo e lo abbracciai. Lo tenni stretto a me, mentre ricominciava a piangere. Non mi interessava più tutta la sofferenza provata a causa sua. Quel solo abbraccio aveva cancellato tutto.
Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla, e mi voltai di scatto. Mark. Sapevo che era lui. Era ovvio che si fosse insospettito vedendo che mi ero fermata.
“Ehi! Scusami, stavo arrivando ma sono inciampata su di lui e mi sono fermata a vedere come stava…”
“Lo conosci?” mi chiese. Il suo bel volto dai lineamenti eleganti era contratto in un’espressione terribile, quasi di disgusto nel vedere quel ragazzo buttato tra i sacchi dell’immondizia, come fosse uno di loro.
“Si. È un mio caro amico. Tu… torna pure in macchina, io ho quasi finito, voglio solo stare un altro po’ con lui. Tra un po’ ti raggiungo.”
Mi guardò con aria interrogativa, probabilmente chiedendosi cosa potesse importare a me di quello scarto della società.
“Ok..” disse semplicemente prima di girarsi e andare di nuovo verso la bella auto nera.
La mia attenzione si rivolse di nuovo al ragazzo dai lunghi capelli rossi steso a terra, che mi guardava con aria interrogativa.
“Chi era quello?”
“Un amico. Dobbiamo uscire sta sera. Ma non ha importanza. Piuttosto dimmi che è successo con Erin.”
“Kate guarda che quello ci prova sicuramente! No, dico, hai visto come ti guardava?! Ti stava divorando con gli occhi! Ma tanto non ha speranze! Tu non gliela dai vero bella? Non sei una facile tu, sei speciale. Non è così?”
“WILLIAM! Non divagare! Se non vuoi dirmi cos’è successo con quella io giro i tacchi! Infondo ho un impegno! Non posso mica perdere tutta la serata con te!” feci per alzarmi, ma lui mi fermò tenendomi per un braccio.
“No! Bimba aspetta! Io ho bisogno di te! Se hai fratta vai pure… io ti aspetto qua, così quando torni ne parliamo.”
“Qua? Will tesoro, se resti qua qualcuno come minimo ti prende sotto!” il mio tono si era addolcito. Non potevo resistere a quello sguardo, né a quelle parole, soprattutto se pronunciate da quella voce. Lo guardai negli occhi, e gli presi dolcemente la mano.
“Ti ricordi dov’è casa mia vero? Si… bene.” Presi delle chiavi dalla borsa e gliele porsi.
“Tanto ho le altre.” dissi. Lui sorrise.
“porti sempre il doppione? Che mania strana…”
“ehi!! Non sfottere le mie manie rosso! Mi fa sentire più sicura postare due chiavi di casa con me! Se…” non feci in tempo a finire perché lui, ridendo, completò la frase per me.
“se ti fottono la borsa hai sempre quelle in tasca.”
“esatto! Dai ora vai a casa. Quando torno parliamo. Non ci metterò tanto. Te lo prometto.”
Ci alzammo entrambi in piedi e ci salutammo con un abbraccio. Io mi voltai e andai verso l’auto, con in mente due occhi verdi. Gli occhi più belli che avessi mai visto. Gli occhi che mi annebbiavano i pensieri.
  
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