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Autore: _darkia_    07/11/2010    1 recensioni
Una vita normale, una città normale, una ragazza normale, un incubo che la tormenta da quando è nata. Una misteriosa ombra entra nella sua vita, attentando alla vita dei suoi cari e la paura inizia a farsi strada: Caris non sa cosa pensare e non riesce a trovare risposta ai vari interrogativi che affollano la sua mente. Un aiuto arriverà, anche se forse non era quello che la ragazza aspettava...
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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****ringraziamenti****

Valelle96: chissà come mai, ma il tuo intuito è acuto come uno spillo xD forse perchè, in qualche modo oscuro a noi sai già come si svolgerà la storia?? vieni forse da Amethyst?? =__= ah no giusto: sai tutto perchè te ne parlavo continuamente! Ti ricordi delle storie con i pupazzi?? Mama, i tempi dell'infanzia *.* continua a dirmi che ne pensi e fammi il favore di non anticipare parti altrimenti c'è il 87% di probabilità che te ne farò pentire amaramente! xD Hahaha...Hehehe...Hihihi...HOHOHO!!!!

hermana: wow quante domande! O.o allora piano, una alla volta: come ha detto Ylon, il sicario non creerà danni, in quanto personaggio privo di intelletto e fondamentale importanza (non credo di avergli dato nemmeno un nome tanto è inutile), quindi non farà altro che tornare ad Amethyst e ricomparire prima o poi. E il sicario è andato, passiamo ad Alex: eh.... mi dispiace, ma la storia fra Caris e il ragazzo si conclude relativamente presto, ma, come ha anticipato Valelle96, "probabilmente" Caris incontrerà un altro ragazzo... Probabilmente, eh. (siiiiii, certo come no! metti probabilmente quando la possibilità è del 99.9%! nd unragazzobiondofissatoconlacioccolatachenonpossomenzionareperchèesternoallastoria) (-.-" sempre a dirmi su, te! TACI! non fai neanche parte della storia quindi MUTO! @.@ nd me). Per quanto riguarda Eleonor si scoprirà in seguito se crede o meno nella lettera, e lo stesso per quanto riguarda il sogno. ^.^ felice che ti piaccia la storia e il modo in cui ho chiarito l'anomalia della famiglia. Baci =*

CAPITOLO 3:

IL VERO MONDO





Caris credeva di sognare: tutto quello che vedeva le sembrava irreale. Vide New York farsi sempre più piccola, poi, quando stava per entrare nello spazio e nel tempo di Amethyst, svenne.

Quando riaprì gli occhi, Ylon era di fianco a lì, lo sguardo fermo che vegliava su di lei.

«Finalmente ti sei svegliata.» disse.

«Dove siamo?»

«Queste sono le rovine di Nhary, qui una volta si ergeva il castello di tuo padre. Quello che hai visto nel sogno.»

«Ah... Così era qui che regnava mio padre...»

«Già.»

Caris rimase in silenzio per un attimo, poi sussurrò: «Possiamo andare via da qui? Non mi piace stare sulla tomba dei miei genitori.»

«Oh, ma la tua famiglia non riposa qui: le loro spoglie sono situate su un'isola invisibile.»

«Un'isola invisibile?»

«Sì. Dal colpo di Stato, i seguaci di tuo padre sono stati perseguitati. Allora si sono nascosti su un'isola e, mediante una muraglia magica, l'hanno resa invisibile. Lì vengono addestrati i cavalieri e vengono preparati i piani d'attacco.»

«Sai molte cose Ylon... Chi te le ha insegnate?»

«Da giovani tutte le persone e gli animali speciali devono imparare queste informazioni. Sono lozioni di base per il ruolo che ognuno dovrà occupare.»

«E tu che ruolo occupi?»

«Fin da quando ero piccola...»

«Aspetta» l'interruppe Caris «quindi tu non sei piccola? Beh, perché lo sembravi davvero!»

«Si sono ancora una cucciola, ho solo undici mesi, ma già dal primo mi hanno allenata e preparata ai pericoli che correvo nel venire sulla Terra.»

«Che pericoli?»

«Potevo finire in un posto sbagliato, le cose nuove avrebbero potuto sconvolgermi e...» Ylon si fermò.

«E....»

«E, se fossi rimasta troppo sul tuo vecchio pianeta, sarei... morta.» concluse.

«Morta?»

«Sì, perché, Amethyst richiama a sé con forza i suoi figli, anche a costo di ucciderli.»

«Un momento! Io sono nata qui, ma non sono stata richiamata!»

«Questo perché l'assassino dei tuoi genitori ha fatto un incantesimo in modo che Amethyst non ti riportasse qui.»

«Sì, ma hai detto che la forza con la quale il nostro mondo ci richiamo è tanto potente che può ucciderci.»

«Non sempre. Evidentemente l'omicida non ha voluto tentare sia perché la possibilità di vivere o meno dipende dal caso, ma anche perché ha sentito la tua grande energia e ha creduto che avresti potuto sopravvivere.»

«Capisco...»

«Vieni: queste rovine sono state dimenticate da tutti, e l'attuale sovrano ne ha vietato la visione, perché le reputa prive di qualsiasi oggetto utile al regno e simbolo di possibili movimenti di rivolta. Non sa, infatti, dell'esistenza di un'arma appartenuta a tuo padre ed ora è giunto il momento che la sua erede la prenda in custodia.» detto questo, Ylon andò al centro delle rovine ed ululò. Dai muri distrutti apparve uno spettro: il fantasma del vecchio re. Accanto al sovrano comparve anche la regina, il cui viso si riempì di lacrime quando vide Caris.

«Bambina mia...» singhiozzò avvicinandosi.

«Re Raphael, regina Tysa, è un onore incontrarvi.» disse Ylon, inchinandosi.

«Ti ringraziamo sentitamente per aver portato qui nostra figlia, l'ultima erede del grande potere dei Vernium.» esclamò il re.

«Mamma, papà...» mormorò Caris, incredula.

La madre aveva i capelli del color del grano, che scendevano oltre le spalle creando onde perfette. I suoi occhi erano blu, come gli abissi mare, e, a guardarli, ci si perdeva nella loro profondità. La sua pelle era candida e delicata, come fosse di porcellana. Il suo sguardo infondeva dolcezza e serenità.

Raphael era alto e muscoloso, i capelli lunghi fino alle spalle erano neri come la notte, mentre gli occhi erano grigi, di forte intensità. La barba era tagliata corta e sul viso vi era una cicatrice.

Ognuno dei sovrani portava sul capo una corona. Quella del re era d'oro rosso, e, al centro, era incastonata un'ametista. Sembrava dotata di luce propria e, intorno alla pietra vi erano incise delle fiamme.

“Quello deve essere lo stemma della casata.” constatò Caris.

La corona della regina, invece, era d'oro bianco e cingeva il capo della donna come fosse stata una ghirlanda di rose.

“Sembrano così reali...”

«Dopo quindici anni, finalmente possiamo rivedere la nostra bambina...» esclamò re Raphael.

«Sei diventata una ragazza bellissima!» Tysa la guardò con la dolcezza con cui solo la madre può guardare la propria figlia.

“Non ho mai visto questo sguardo...” pensò Caris, ricordandosi di Eleonor.

«Non avrei mai immaginato che i miei veri genitori fossero...»

«Cosa? Fantasmi?» chiese il padre.

«No, questo me lo aspettavo. Non avevo nemmeno pensato, però, che fossero il re e una regina di un altro mondo. Ancora non riesco a crederci, mi sembra tutto così strano e confuso, tutto sta accadendo troppo in fretta! Di certo, non mi immaginavo di incontrarvi... Quando ho saputo che quello che è successo, mi aspettavo di vedere la vostra tomba, di sentire le vostre gesta e di...»

«Di?»

«Di riuscire a vendicarvi...»

Raphael rise, mettendo Caris a disagio. Tysa, invece, cercò di spiegare il motivo dello sfogo del marito.

«Vendicarci? È una cosa impossibile. Il tuo avversario è troppo forte: ti ucciderebbe senza pietà. Inoltre devi ancora far maturare i tuoi poteri, non sei pronta per uno scontro diretto con chi ci ha ucciso. La vendetta, poi, non ti porterebbe da nessuna parte.» le disse con dolcezza.

«Ma voi potete seguirmi e aiutarmi a diventare forte!»

«No, noi possiamo apparire solo sul luogo della nostra morte, e per farlo, abbiamo bisogno di Ylon. È lei che ha il potere di parlare con i defunti.»

«Capisco, ma dov'è?»

«Ylon? Starà controllando che non ci sia nessuno in giro. Siete nel bel mezzo del regno, dopotutto. È sempre stata molto circospetta e diffidente. Ha imparato che non bisogna fidarsi di nessuno, prima di conoscerlo bene. Sai, da quando è nata, è stata addestrata per proteggerti e portarti qui. È venuta a parlare con noi e abbiamo riconosciuto in lei una compagna fedele che ti potrà assistere in questo viaggio.» spiegò Raphael.

«Inoltre, come te, porta dentro un desiderio di vendetta.» aggiunse la regina.

«Perché?»

«L'accompagnavano sempre i suoi genitori nelle sue visite qui. Erano due lupi molto potenti.»

«Erano?» chiese Caris, cominciando a capire.

«Sì, erano. Vedi, suo padre era colui che l'allenava e la preparava fisicamente, la madre le dava l'aiuto interiore. Purtroppo, durate una loro spedizione qui, prima che potessero evocarci, furono attaccati da uno dei battaglioni d'attacco del regno. Ylon era piccola, aveva solo quattro mesi, non sapeva ancora padroneggiare bene la magia, quindi si fece da parte, come avevano prestabilito. Tra i soldati, però, vi erano dei veterani, cioè dei maestri nell'arte del combattimento magico. Erano troppi. La piccola lupa dovette rimanere nascosta, impotente, perché sapeva che non sarebbe riuscita a battere gli avversari. Quando questi se ne andarono, Ylon ci chiamò, per sapere se potevamo fare qualcosa. Inutile. Rimase lì, per due giorni, senza toccare né cibo né acqua. Quando ci richiamò, all'alba del terzo, era diversa. La perdita dei suoi cari l'aveva cambiata, l'aveva resa più seria e più propensa a compiere ciò che doveva. Ci rivelò che, ingenuamente, aveva detto ad un altro lupo che stava andando qui con i suoi genitori. Abbiamo dedotto che l'animale di cui Ylon si era fidata fosse una spia. Quando le abbiamo detto la nostra teoria, lei è corsa nella foresta ed è tornata solo la notte, tutta sporca di sangue. La spia non sarà più un problema, ha detto.»

«Non ne avevo idea.» disse la ragazza, rendendosi conto di non sapere nulla della compagna.

«Evidentemente non vuole perdere anche te, mi sembra di capire che vi siate affezionate l'una all'altra.»

Caris sorrise a quella frase: era vero.

«Purtroppo il nostro tempo stringe. Dobbiamo darti ciò che ti spetta.» disse il re. «Ylon, vieni: è ora.»

La lupa si avvicinò e guardò Caris negli occhi, dandole forza.

La ragazza la vide ululare e, pochi attimi dopo, dalle macerie, emerse una spada, nel fodero, che era allacciato ad una cinta di cuoio, l'elsa dell'arma che brillava alla luce di un sole di un altro universo.

«Questa era la mia spada, l'abbiamo tenuta nascosta per tutto questo tempo in attesa che tu arrivassi per diventarne la padrona.» spiegò Raphael.

«I-io?»

«Sì, questa spada è appartenuta a tutti i Vernium da quando il nonno di tuo nonno l'ha forgiata da un blocco di ametista.»

Caris tolse il fodero bianco e prese in mano l'arma: riusciva a tenerla in mano con facilità. L'elsa era bianca, mentre la lama era del tipico colore della pietra da cui era nata. L'impugnatura era comoda e dava la possibilità di ruotare il polso. La ragazza se l'era immaginata diversa: credeva che avesse una lama lunga e larga, come quelle che aveva visto in televisione; invece era una specie di sciabola, esile, ma al tempo stesso spessa, dava l'idea di poter tagliare ogni cosa. Sull'elsa era inciso il simbolo della famiglia Vernium.

«Ti aiuterà ad attaccare e difendere, la sua lama può reggere a qualsiasi colpo.»

«Ma non so usarla...»

«Imparerai, come abbiamo fatto tutti. Ce la farai, ne siamo sicuri.» disse Tysa.

Caris annuì: era lusingata della fiducia che i genitori riponevano in lei.

«Il tempo a nostra disposizione è terminato, ma prima» annunciò Raphael «vogliamo farti un altro dono.»

«Hai un ciondolo molto bello» fece la madre.

«Me lo ha regalato John, sulla Terra era lui mio padre.»

«Allora permettimi di farci un incantesimo. Era una specialità delle ninfe d'acqua: farò in modo che amplifichi i tuoi poteri.» detto questo Tysa passò la mano sull'ametista, quasi toccandolo, poi, a incantesimo ultimato, si accasciò, sfinita.

«Fare una magia ci costa molta energia.»

«Vi ringrazio, con tutto il cuore, è stato bellissimo potervi conoscere e vi prometto che diventerò forte e che tornerò a trovarvi il prima possibile.»

«Ti aspetteremo.»

I sovrani sorrisero e scomparvero.

«Non sapevo che mia madre fosse una ninfa d'acqua.» disse la ragazza, legandosi la spada in vita.

«Ci sono tante cose che non sai, ma stai tranquilla, te le spiegherò tra poco. Ora dobbiamo andare all'isola.»

«Ha un nome?»

«No. Adesso muoviamoci, desidero arrivare entro notte nella foresta di Kiram.»

Camminarono per una mezz'ora, poi si fermarono in prossimità di un fiume.

«Questa è la Samla, uno dei fiumi più grandi di Amethyst.»

«E dobbiamo attraversarlo?!»

«Se preferisci usare la via lunga... Ti consiglio di fare così: Liss!» Ylon si alzò in aria e camminò sopra il fiume come fosse la cosa più naturale del mondo.

Arrivata all'altra sponda, la lupa si girò, vedendo Caris ferma dove l'aveva lasciata.

«Non ci riesco!» piagnucolò la ragazza.

«Concentrati.»

Passarono alcuni istanti.

«Non succede niente! Non riesco più ad usare i miei poteri!»

Ylon volò verso di lei.

«Probabilmente l'altra volta si sono rivelati perché era una situazione che li richiedeva, ma ci vuole del tempo affinché rinascano completamente.» disse.

«Vuoi dire che...»

«Voglio dire che ora non hai poteri, sei una ragazza normale, e che ti porterò io dall'altra parte del fiume. Liss.»

In poco tempo si ritrovarono tutte e due al di là della Samla, e ripresero a camminare per le colline che circondavano le rovine. Di tanto in tanto, tra le vaste distese d'erba, spuntavano dei cespugli e degli arbusti, altre volte degli alberi. Le due avventuriere si tenevano lontano dai sentieri e dalle strade e quando dovevano attraversarle, facevano finta di niente, attente a non dare nell'occhio.

Quando, però, erano da sole nei campi, correvano, scherzando e buttandosi nell'erba, dando le basi alla loro amicizia. Proseguirono così per due giorni.

Al calare della sera erano giunte al margine di una foresta.

«Questa è la foresta di Kiram. È pura, i suoi alberi sono molto alti e contano milioni di anni. Di giorno è chiara e cristallina, si dice che gli alberi parlino ai passanti, narrando le loro storie e quelle di altri: secondo le voci che girano per Amethyst, i loro mormorii risvegliano il vento. Le versioni sul bosco di notte, però, sono opposte: molti sostengono di aver sentito delle urla e dei lamenti provenire dagli alberi, seguiti da un susseguirsi di ombre che si dirigono verso il centro della foresta. Personalmente, non credo ad una sola parola: ho passato diverso tempo in questo bosco e non ho mai avvertito niente di sinistro. Vieni, prima che faccia troppo buio troveremo un posto per dormire.»

S'inoltrarono nel folto della foresta e le tenebre le abbracciarono, felici di avere nuovi ospiti.

Caris procedeva con prudenza. Ovunque posasse lo sguardo le sembrava di vedere un paio di occhi spiarla, e la luna le appariva diversa, più cattiva, decisa a interferire con quella che la ragazza avrebbe desiderato fosse una bella serata.

“Forse i racconti di Ylon mi hanno impressionato troppo.” pensò quando le parve di vedere un'ombra sgusciare svelta fra un albero e l'altro.

«Dormiremo su questa quercia.» disse improvvisamente la lupa, facendo prendere alla ragazza un colpo. Le stelle inondavano il velo notturno.

«Eh?»

«Non sono sicura che non facciano delle ronde nella foresta, quindi è meglio dormire sugli alberi.»

«Ah, va bene.»

«Non avrai paura?» la punzecchiò Ylon.

«No, figurati» rispose la ragazza scrollando le spalle.

«Allora muoviti!»

Si arrampicarono sulla quercia secolare, o, per meglio dire, Caris si arrampicò, mentre la lupa volò direttamente in cima e si sdraiò in un nido d'aquila abbandonato. Quando la giovane giunse fino all'animale si mise comoda fra i rami, decisa a fare a Ylon diverse domande.

«Scusa, ma perché non hai fatto salire anche me?» chiese la ragazza, indignata.

«Semplice: devi allenarti e sviluppare la resistenza, e poi volevo vedere come te la cavavi.» aggiunse sogghignando.

«Beh, ti è andata male: è da quando che avevo sei anni che mi arrampico. Adoro farlo. Una volta ho persino scalato un monte.» disse compiaciuta.

«A mani nude?»

«No! Scherzi?»

«Te lo anticipo: dovrai imparare a farlo.»

«Oh...»

Restarono in silenzio per una decina di minuti.

«Raccontami dei miei genitori.» disse Caris ad un certo punto.

«Cosa vuoi sapere.»

«Tutto.»

«Va bene. Tuo padre è cresciuto a corte fin da piccolo, figlio del re che governava prima di lui, William. Ha mostrato subito una predisposizione per il combattimento: governava con impressionante bravura il potere del fuoco, come ogni Vernium. Che dire? Ha partecipato a diverse spedizioni e in una di queste ha incontrato tua madre. Splendida ninfa d'acqua, la sua padronanza dell'elemento lo colpì tanto da volerla conoscere meglio. Tysa si era già innamorata di tuo padre da tempo: un giorno, era stata mandata come commerciante per contrattare con re William. Mentre era nel giardino reale, vide di sfuggita Raphael allenarsi nel combattimento con le spade e ne rimase affascinata. Da allora sfruttava ogni occasione per vederlo. Puoi immaginare la felicità quando fu lui stesso a venire da lei.»

«Capisco. Come governava mio padre?»

«Era un re gentile e benevolo, prima di qualsiasi decisione si consultava con la sua regina, che lo proiettò sull'essere un punto di riferimento per un popolo libero.»

«E mio nonno?»

«Sinceramente non conosco molto la storia di re William. Di una cosa però sono certa: non voleva che tuo padre sposasse Tysa.»

«Cosa?!»

«Già. Aveva progettato il futuro di tuo padre e tua madre non ne faceva assolutamente parte. Secondo lui non era degna. Quindi, quando Raphael gli disse che l'avrebbe sposata, lui rimase sconcertato. Come poteva suo figlio, unico erede della famiglia Vernium, voler sposare una qualunque. Allora, certo che suo figlio ci avrebbe ripensato, gli spiegò esplicitamente che se avrebbe sposato tua madre, re William avrebbe negato l'eredità a tuo padre. Nonostante ciò, Raphael la sposò lo stesso. Tuo nonno, visto l'amore che provava il figlio, decise che avrebbe comunque ereditato il titolo di re.»

«Allora è finito tutto bene.»

«Sì.»

Dopo un po', entrambe si appisolarono. Caris si addormentò cullata dei mormorii della quercia, e questa, era decisa a raccontarle tutta la sua storia, sveglia o addormentata che fosse. Le sue parole, quindi, entrarono nella mente della ragazza, trasformandosi in sogni.


“La foresta di Kiram: questa sarebbe stata la mia casa.” la voce della quercia entrò nel sogno di Caris e lo modificò, rendendolo coerente alla storia che l'albero le stava per raccontare. Si creò un'immagine sfocata, che si rese via via più nitida: un campo verdeggiante, come quelli che Caris e Ylon avevano percorso il giorno prima. Al centro di quel campo, c'era un germolio. Passarono le stagioni, e quel bocciolo divenne un albero, una quercia precisamente.

“Questa sono io: come vedi sono stata il primo albero della foresta.”

Il tempo passava, e intorno alla pianta ne nacquero altre, fino a creare il bosco.

La luce del sole filtrava fra i rami alti e si posava dolcemente per terra, creando bellissimi riflessi. Fra gli alberi correvano sereni vari tipi di animali: cervi, lepri, lupi, orsi, alci e tantissimi uccelli.

“Questa foresta è vissuta per millenni, crescendo e generando, finché...”

Comparsi dal nulla, iniziarono ad avventurarsi nella boscaglia degli uomini.

“Stavamo così bene senza di loro, ma con il tempo abbiamo imparato ad apprezzarli. Il tempo continuò il suo regolare corso e, una notte, si avvertì un fortissimo botto, seguito da un'esplosione e da terremoti e tsunami. Tutta la foresta si addormentò e, al risveglio, si trovò modificata: alcuni animali si erano trasformati, diventando mutanti e la luce del sole li feriva, li indeboliva. Aspettarono allora la notte per uscire, ma, quando gli uomini li videro, li cacciarono, minacciando di ucciderli. Allora si nascosero, dando alla foresta due volti: il primo, diurno, di splendore e pace, e il secondo, notturno, caratterizzato dalla fuga e dalla segretezza.”

Si videro ombre sguscianti saettare fra gli alberi.

“Visto che gli uomini ci avevano rovinato con i loro esperimenti e ci avevano rinnegato, dichiarammo guerra alla razza umana. Vi fu, però, un re, William credo si chiamasse, che riuscì a porre fine alle battaglie che si erano create, e instaurò una pace fra il loro regno e il nostro. Rivedo quell'uomo nel tuo sangue. Era molto potente e riusciva a comunicare con la terra in maniera speciale. Quando morì, salì al trono il figlio, Raphael, e anche lui cercò di tenere saldo il legame creato dal padre. Dopo il colpo la sua morte, però, si è creata un'ostilità fra il popolo di Kiram e quello di Amethyst. Scina si è dimostrato interessato solo a sfruttare le nostre risorse. E noi non possiamo permetterlo.

Ho saputo del tuo arrivo e ho voluto raccontarti la nostra storia, in modo che non ti dimenticherai di noi durante la tua missione. Il popolo della foresta vuole davvero far parte di quello di Amethyst, ma non sotto Scina.” detto questo la voce si spense.


Caris si svegliò di soprassalto. La luna era al centro del cielo ed emanava una candida luce, che sembrava stendere sulla foresta un velo incantato. Ylon era ancora addormentata, e la ragazza lanciò il suo sguardo intorno alla quercia. Pensò a quello che le aveva detto la pianta e d'un tratto le sembrò di vedere la foresta dall'alto, e con lei tutta la vita in essa racchiusa. Sentì i fruscii e lo scorrere lento della Samla. Caris si lasciò cadere dalla quercia e si incamminò, decisa a scoprire i segreti della foresta, la mano sulla spada.

Quando passò davanti a dei fiori rampicanti, li sentì muovere, girarsi a guardare quella sconosciuta che si avventurava sola nel bosco. Arrivò al fiume e seguì il suo corso, quando notò che alcuni punti dell'acqua brillavano. Si chinò e allungò la mano nella loro direzione. Ne prese uno e se lo portò davanti in modo da riuscire a vederlo: era un piccolo, minuscolo, luminoso pesce blu, che, svegliatosi, aprì gli occhi e spalancò quattro lunghe ali celesti. Emise un grido acuto con cui svegliò tutti i suoi simili e li chiamò da lui. In pochi minuti Caris si ritrovò circondata da migliaia di piccole luci sospese. La ragazza lasciò andare la creatura e questa le si posò sulla spalla, mentre le altre si disposero una dietro l'altra, a formare una fila lunga quanto il fiume.

“Ma cosa?”

Incerta seguì la via a lei indicata, camminando per ore, fino a trovarsi alla sommità di un cratere naturale, al cui interno sorgeva una città, tagliata dalla Samla.

Si sporse per vedere meglio, ma perse l'equilibrio e cadde. Iniziò a rotolare e finì ai piedi di un alto palazzo. Era di un colore grigio cupo e alcuni mattoni sporgevano, come a formare una scalinata alternativa. Lo sfiorò con un dito: anche se era lì e riusciva a vederlo, non riusciva a percepirne il tatto. Appena lo toccò, infatti, la superficie sparì, come si fosse fusa con l'aria.

Caris si girò: alla sommità del cratere vi erano ancora i pesci luminosi, che la osservavano e aspettavano.

«Ehi, tu! Che cosa ci fai qui?!» gridò una voce alle sue spalle.

La ragazza si sentì afferrare per le spalle e sbattere contro la parete inesistente.

Davanti a lei vi era un giaguaro.

“Un mutante!”

L'animale, infatti, era sì un giaguaro, aveva dei tratti umani, come il fatto che riusciva a stare in piedi e non aveva lo sguardo da cacciatore, piuttosto da preda, da chi è stato maltrattato per qualcosa che non aveva fatto. Caris riconobbe in quegli occhi qualcosa di John.

«Chi sei?» chiese la bestia avvicinandosi.

La ragazza si coprì d'istinto il viso con le braccia, i palmi voltati verso l'interlocutore, che fece un salto indietro. Solo allora, la giovane si rese conto che tremavano, sia lei che lui. Avrebbe voluto tranquillizzarlo, ma non aveva idea di come fare. Lo guardò negli occhi: sentì una profonda nostalgia per il patrigno. Una lacrima, una sola, le rigò il viso. Senza dir niente si alzò in piedi e si voltò decisa verso l'animale, che la guardava preoccupato.

«Sono Caris, figlia di Raphael e ultima Vernium in vita. Ho risposto alla tua domanda?»

La bestia annuì.

«E tu? Tocca a te darmi una spiegazione.» disse la ragazza mettendo da parte la paura.

«I-io? Mi chiamo Goyv, sono la guardia orientale della città di Feid» rispose fieramente.

«Non mi sembri molto coraggioso per essere una guardia...» sogghignò Caris.

«Questo perché non vedo spesso degli umani, e quelle poche volte ci hanno attaccato. Come hai fatto a raggiungere Feid?»

«Mi ci hanno portato dei pesci luminosi.»

«Oh, i Nul...»

«Come mai questa casa scompare quando cerco di toccarla?»

«Perché è un'illusione.»

«Cosa? Voi abitate nelle illusioni?»

«Sì. Le nostre case sono così: quando arriva il giorno, noi dobbiamo nasconderci, quindi queste case devono sparire.»

«Ma perché vi nascondete?»

«Siamo ricercati. Ai tempi del dominio di tuo padre, vivevamo in pace con il resto della popolazione di Amethyst. Poi, con il dominio di Scina...»

«Aspetta! Scina? Chi è?»

«È l'assassino dei tuoi genitori.» disse una voce alle sue spalle.

Ylon apparve dal nulla, seria in volto.

«Mi sono svegliata e mi sono ritrovata da sola. Ho visto una scia di luce, per poi scoprire che era stata creata dai Nul apposta per te. Infine ti ritrovo qui a parlare con uno sconosciuto! Come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere?! E se fossi stata attaccata? Avresti potuto compromettere la nostra missione!»

«Anch'io sono felice di vederti, Ylon. Lui è Goyv, una delle guardia di Feid e mi stava raccontando la loro storia.»

La lupa fremette di rabbia, poi si acquietò e si sedette.

«Bene, quando avrà finito di raccontarti una storia di cui tu non conosci le fondamenta, potremo proseguire.»

Caris sbuffò, ma fece segno a Goyv di continuare.

«Stavo dicendo che Scina, una volta conquistato il trono, ci mise la popolazione contro incolpandoci di crimini mai commessi. Fine della storia.» replicò la guardia, titubante.

«Oh... Questo è successo perché non volevate condividere le vostre risorse con Scina?»

«Condividere! Lui ce le stava rubando! Comunque sì, è andata così.»

«Bene,» interruppe Ylon «si sta avvicinando l'alba. Non vogliamo farti passare dei guai, quindi ce ne andremo prima che qualcun altro possa accorgersi di noi. Sono contenta che tu sia stato così gentile con Caris, e soprattutto che tu non le abbia fatto del male.»

«Non ho fatto niente...»

«Speriamo che nessuno vi scopra.»

«Caris, è ora di andare...Goyv, speriamo di poter rivederci quando sarete liberi.»

«Sì, speriamo. Fate buon viaggio.»

«Grazie. Arrivederci!» salutò Caris.

«Vieni, risaliamo il cratere. Liss!»

In pochi secondi si ritrovarono sulla sommità. Ylon indicò il branco di Nul.

«Ora dì loro di andarsene. Tu li hai chiamati e tu li mandi via.»

La ragazza si avvicinò ai pesci.

«Vi ringrazio davvero tanto per avermi condotto fino a qui, ma ora potete tornare a casa. Grazie di nuovo.»

Il branco di luci si spense e si buttò nel fiume.

Giunse l'alba e ben presto il cratere tornò come doveva essere, brullo e deserto.

«Sono andati via...»

«Già, e dovremmo seguire il loro esempio.»

Caris le sbarrò la strada.

«No! Prima mi hai detto che della storia che Goyv mi stava raccontando io non conoscevo le fondamenta. Bene ora dimmele!»

«Te le dirò durante il viaggio.»

«Io non ti capisco, prima fai tutta la simpatica e l'amica, poi ti trasformi in una specie di tutore severo e rigido!»

«Perché tu devi rimanere con i piedi per terra ed evitare inutili pericoli.»

Caris rimase in silenzio: non sopportava quando si comportava così!

Ylon sospirò.

«Allora, ciò che ti ha detto Goyv è vero, ma devi sapere che il vero motivo per cui Scina dà loro la caccia è che il Popolo di Kiram, così si fanno chiamare, lo ha rinnegato, si è opposto con tutta la sua forza al suo esercito e ne ha distrutto un terzo. Per questo ha inventato quelle fandonie per riuscire a catturarli. Quindi il Popolo ha deciso di vivere di notte, costruendo l'illusione di una città, in un cratere formatosi all'epoca dello stacco dalla Terra.»

Proseguirono in silenzio, quando iniziò a piovere.

«Non possiamo fermarci?»

«Sei stanca?»

«No, ma non dovremmo cercare un riparo?»

«Non c'è tempo, ieri abbiamo percorso metà della foresta, e oggi dovremmo fare altrettanto.»

«Puoi almeno far smettere questa pioggia?!»

«No, nessuno ha il potere di controllare il tempo.»

«Uff...»

Caris guardò il cielo: cupo, le nuvole coprivano completamente il sole, la pioggia cadeva forte, ogni tanto un lampo abbagliava la foresta, seguito da un tuono, che la faceva tremare. Le nubi apparivano come il sipario di un teatro: dietro di esse si vedevano fulmini saettare da una parte all'altra del cielo.

«I fulmini...» mormorò la ragazza «sono... diversi da quelli che ho visto sulla Terra, sono più potenti.»

«Già, » concordò Ylon «sai, è uno dei cinque elementi che un mago deve imparare, per riuscire a diventare un maestro. Ogni mago ha la predisposizione per un elemento: i Vernium sono molto forti a padroneggiare il fuoco, ma ci possono essere delle eccezioni, per esempio tuo nonno, che era in contatto con la natura come nessun altro. Nessuno, Vernium o mago comune, però, è mai riuscito a diventare maestri nell'arte del fulmine: un'arte micidiale, basata sulla distruzione. Solo una persona è quasi riuscita a diventarne padrone: Scina.»

«Lui?»

«Sì, ma l'impresa si rivelò più grande del potere che possedeva, quindi rinunciò, ma le conoscenze apprese lo hanno reso molto potente.»

«Che rapporto aveva con mio padre, prima di ucciderlo?»

Caris si era fermata: il suo volto era buio.

Ylon si voltò a guardarla: «Nessuno.»

«Nessuno?!»

«Già, nessuno la conosceva, ma, nei mesi prima dell'attentato, molti uomini erano scomparsi. Si venne a scoprire che lui li aveva resi schiavi e aveva creato un esercito con cui una notte attaccò il castello di tuo padre, sbucando dall'ombra. Il resto lo sai.»

La ragazza rimase in silenzio, gli occhi fissi su un albero, ma che guardavano oltre.

«Come farò a risvegliare completamente i poteri?» chiese improvvisamente.

«Questo dipende da te.» rispose Ylon

«Non lo so...» aggiunse la lupa.

«Muoviamoci, voglio arrivare a quest'isola senza nome e capire come posso diventare forte.» detto questo iniziò a correre.

La velocità era sempre stata il suo forte, e riusciva a tenere quel passo per circa mille metri. Schivò i rami, le radici sporgenti e i sassi che ogni tanto le sbarravano la strada. Correva non pensava ad altro, la spada alla cintura. D'un tratto Ylon la affiancò: correva senza fatica, senza spingere.

All'alba del giorno dopo arrivarono ad un bivio del fiume.

«Strano» disse la lupa «la Samla non ha affluenti né deviazioni.»

«E allora da che parte andiamo?»

«A saperlo...»

«Io andrei a destra.»

«Tu non conosci questo mondo, e non puoi basarti su una semplice impressione!»

«Fidati. Il mio intuito non ha mai sbagliato.» la ragazza guardò in faccia la compagna: le sorrise con un sorriso che solo lei sapeva fare, innocente e fiducioso. Ylon si addolcì e, per un attimo, si chiese come mai non riusciva a credere completamente in lei.

“Forse per la giovane età...” pensò “O forse sono io... forse mi manca la forza di decidere o forse ho paura di fallire il mio compito, di perdere lei, la nostra salvezza... e la mia amica... No! Mi devo fidare! Sì: crederò in Caris!”

«Va bene: andiamo a destra.» disse avviandosi per prima.

La pioggia cadeva copiosa. Il fiume si stava ingrossando. Le fronde degli alberi erano scosse dal vento che ululava rabbioso. Nonostante le intemperie Caris correva veloce, seguendo Ylon. Il sole stava calando e ben presto scese la notte sulla foresta di Kiram.

«Fermiamoci qui per la notte, così per il mezzogiorno di domani saremo arrivate al mare.»

«Va bene.»

Passarono la notte su una betulla, e il mattino arrivò presto. Come Ylon aveva previsto, quando il sole si alzò al centro del cielo, all'orizzonte scomparvero i cespugli e gli alberi, sostituiti da scogli isolati e da piccole onde che vi si infrangevano.

“Wow!” Caris era rapita da quel panorama: il mare, così cristallino, e il cielo, spoglio di ogni nuvola.

«È bellissimo! M-ma come lo attraverseremo?»

«Vieni.»

Si avvicinarono all'acqua calma, resa tiepida dal sole.

«Ci resta un altro giorno di viaggio. Ora dipende da te: puoi farti il viaggio a nuoto, altrimenti...»

«Altrimenti?»

«Gyramiss.» mormorò Ylon, appoggiando il piede sull'acqua, e non sprofondò, anzi, sembrava che stesse camminando normalmente sulla terraferma.

Caris non restò molto impressionata dalla magia della compagna: «Quindi l'incantesimo Gyramiss ti fa camminare sull'acqua?!»

«No: dà il controllo sull'elemento. Io l'ho solo resa solida al mio passo, come fosse ghiaccio.»

«Non facevi prima a congelare la strada?»

«Non è così semplice: il dominio sul ghiaccio si ottiene dopo aver ottenuto quello sull'acqua, ma è, come dire, facoltativo. Io, per esempio, non ne sono padrona.»

La ragazza sogghignò, poi si avvicinò al mare.

«Una nuotata mi farà bene, poi quando sarò stanca camminerò.»

«Fai come credi.» La lupa scosse il capo, divertita dall'ingenuità della compagna. “Anche se sa di essere in un posto a lei nuovo, pieno di insidie, non ne sembra spaventata. Vuole proprio godersi questi ultimi momenti di pace... E fa bene.” pensò.

Caris, senza pensarci, si buttò, e una sensazione di quiete la avvolse, in un dolce abbraccio da cui lei non avrebbe mai voluto liberarsi. Nuotò, andando in profondità e osservando il mondo sottomarino. Gli abissi erano popolati da miriadi di specie diverse di pesci che giocavano fra gli anemoni. La ragazza li guardava divertita, ma a un tratto le mancò l'aria e riemerse. Si guardò intorno: Ylon aveva iniziato a percorrere il mare. Caris le si affiancò: il suo sguardo era perso all'orizzonte.

«C'è qualcosa che non va?» le chiese.

«Nulla d'importante: è solo che non riesco a trovare risposta a una domanda che mi tormenta da un po'.»

«Da quanto tempo di preciso?»

«Da quando siamo arrivate ad Amethyst.»

«Quindi riguarda me?» era più un'affermazione che una domanda.

«Sì.»

«Allora, avanti: spara!»

«Mi chiedo come mai tu non sia rimasta sconvolta quando ti ho detto la verità, e come mai non hai opposto resistenza quando ti ho detto che dovevi venire qui.»

«Beh, qualche sfogo l'ho avuto...» ribatté Caris abbassando lo sguardo.

«Si, ma nulla di serio, non sei rimasta, non so, turbata?»

«Certo. Però sono venuta qui per salvare la mia famiglia, ma non solo...»

«C'è dell'altro?»

«Sì. Vedi, io ho sempre desiderato vivere un'avventura come questa. A casa leggevo tantissimi libri, la maggior parte fantasy, e mi impersonavo nella storia, da quella di Eragon a quella di Twilight, sognando di averne, un giorno, una mia.»

«Quindi stare qui e vivere la tua avventura, per quanto pericolosa essa sia, è ciò che davvero vuoi?»

«Si! Poi, ora che sono qui, non è che ho malta scelta: questo è un posto fantastico, magico, e non posso lasciare che si rovini in una guerra!»

«Beh, in questo caso sei arrivata tardi...»

«Cosa?!»

«La guerra c'è da anni, e non ne fanno parte solo umani, ma anche creature magiche.»

«In questo caso farò cessare la guerra!»

«Un passo alla volta: per ora devi imparare a usare dei poteri che non si sono ancora risvegliati del tutto. » rise Ylon e Caris la spruzzò, bagnandola da capo a piedi.

«Ci metterò comunque poco tempo!» sogghignò la ragazza.

«Lo vedremo. Ti devo mettere al corrente di una cosa...»

«Si?»

«Quando arriveremo a destinazione, io e te ci separeremo.» la lupa pronunciò le ultime parole con sofferenza, fermandosi.

«Cosa?! Perché?»

«Tu dovrai imparare a combattere, sia con la spada che con la magia. Ti verrà affidata una guardia del corpo che ti farà anche da tutore. Io dovrò occuparmi di organizzare le truppe di spionaggio.»

«Posso camminare sull'acqua?»

«Gyramiss.»

Caris si sollevò, appoggiandosi a Ylon, e si alzò in piedi, la punta della spada in acqua.

«L'hai tenuta tutto questo tempo?!» chiese la lupa.

«Sì, che c'è di strano?»

«E non ti ha dato fastidio?»

«No.»

«Neanche mentre nuotavi?» Ylon era stupefatta.

«No, non l'ho sentita.»

Avevano percorso molta strada, e il sole stava tramontando.

«Proseguiremo finché non saremo giunte a destinazione.»

Camminarono fino all'alba, poi:

«Siamo arrivate!» disse la lupa, trovandosi di fronte a quattro scogli, ognuno alla stessa distanza dall'altro, come a formare un quadrato invisibile.

«Sicura?» Caris non riusciva a capire: davanti a lei c'era solo acqua, acqua e acqua, nient'altro.

«Si, guarda.» Ylon fece qualche passo e si posizionò tra due delle rocce.

«Jismy!» urlò.

«Cos'è successo?» chiese la ragazza, a cui il paesaggio sembrava lo stesso di prima.

«Vieni...» le rispose sorridendo.

Caris avanzò, fino a trovarsi un passo oltre Ylon e allora capì: davanti a lei vi era l'isola invisibile.

 

   
 
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