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Autore: Marty Cullen    07/11/2010    2 recensioni
E se Edward fosse stato umano e orfano e Bella una ragazza con un passato difficile? E se il destino volesse che queste due anime ferite se incontrassero, per aiutarsi a vicenda? Che cosa sarebbe successo, se la storia di Twilight, avrebbe avuto solo personaggi umani fragili e soli?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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2. La grande casa

Carlisle mi mise subito a mio agio, mi diede la divisa da lavoro e mi spiegò come funzionavano più o meno le cose. Mi chiese se avevo mai fatto trekking, e se ne capivo quindi qualcosa di attrezzature, ma dovetti ammettere di essere veramente impreparata sull’argomento. Mi assicurò che in poco tempo avrei capito le marche migliori, gli oggetti più funzionali e avrei dato ottimi consigli ai clienti. Per i primi tempi avrei soltanto fatto lavori manuali. I rapporti con i clienti toccavano a Carlisle, io ero alla cassa e in contabilità, e dovevo fare l’inventario settimanale. Il primo giorno filò liscio come l’olio. Arrivati alla fine della giornata, Carlisle mi chiese di prendere la mia valigia dalla macchina, perché saremmo andati con la sua auto.

Saliti sulla sua auto, cominciò a parlare della sua famiglia. << Io e mia moglie Esme non possiamo avere figli. Quelli che vedrai ora sono i figli che abbiamo preso sotto il nostro tetto. Sono tutti maggiorenni e hanno tenuto il loro cognome originale. Voglio molto bene a loro, e loro ne vogliono a me. Fra loro si sono formate anche delle coppie. Spero che tu ti trovi bene, e non ci giudichi male, come fa tutta Forks. Ti daremo la camera all’ultimo piano, per gli ospiti. È la migliore ed ha un’ottima vista… >>. Continuò a parlare di cose di poca importanza, mentre io mi perdevo fra i miei pensieri, riemergendone solo poche volte, annuendo e rispondendo a qualche domanda. La strada era lunga, così dopo pochi minuti di silenzio mi chiese di parlare un po’ di me.

<< Sono nata a Phoenix e ho diciotto anni. Sono andata via perché volevo essere libera e indipendente. La mia famiglia non ha mai tenuto tanto a me, e allora ho deciso di partire con la mia auto e i miei pochi risparmi. Così mentre ero in macchina, camminavo senza meta. Fino a quando sono arrivata qua, è qualcosa mi diceva che avrei avuto il mio futuro in questa cittadina. Poi ho visto il vostro cartello e mi sono convinta. Ho scelto Forks perché è totalmente diversa da Phoenix. Diversa in tutto.Ed io volevo una svolta radicale >>.

Mi ascoltava con attenzione, annuendo ogni tanto. Poi mi chiese << Sei sicura di voler passare il resto della tua vita in questa cittadina così piccola, lontana dal mondo? >>. No, non ero sicura. Ero sicurissima. Quello era il posto per una ragazza timida, poco socievole e riservata come me.
Risposi decisa << Sì, sono sicurissima >>.

Attraversammo un piccolo viottolo che ci portò diretti davanti ad una grande casa di legno chiaro, con tante finestre e tanti alberi intorno. Era perfettamente incastonata nel paesaggio e dava un senso di serenità che t’invadeva all’istante. Posteggiammo davanti casa, e Carlisle portò la mia leggerissima valigia su per le scale. Io lo seguii.

Quando entrai, fui invasa dalla luce calda di una lampada accanto alla porta che creava dei bellissimi giochi di luce sulle pareti color ocra. Mi fermai a guardare l’ampio ingresso. Se si spaziava con lo sguardo, si arrivava a vedere una breve scala a sinistra e di fronte a me si apriva una grande stanza con un tavolo largo in legno al centro, un pianoforte a coda in fondo, vicino a un’ampia vetrata, da cui si ammiravano i monti. Poi in un angolo c’erano tre divani di pelle e un televisore al plasma appeso al muro. Era tutto pulito ed elegante. L’arredamento era stato scelto con raffinatezza. Carlisle aspettava paziente che finissi di guardarmi intorno, e poi mi disse, indicando la scala << Su andiamo! >>.

Salii i pochi scalini di legno che portavano a un primo piano in cui si scorgeva un’altra enorme vetrata con accanto ai banconi della cucina, il tavolo e dieci sedie e poi un muro con un arco alla mia destra. Carlisle m’indicò di attraversare l’arco, per entrare nel lungo corridoio illuminato, in cui s’intervallavano cinque porte in noce. Alla fine del corridoio c’erano altre scale che salivano. Le salimmo ed entrammo in un salone con tavolini, divani, poltrone, un televisore enorme. Sui divani era seduta la famiglia Cullen.

Carlisle mi fece segno di entrare perché ero rimasta sulla porta, intimidita. Sapevo già che ero rossa come un peperone. I Cullen erano tutti voltati verso di me. Una giovane donna, bassa, molto graziosa, si diresse verso di noi e salutò Carlisle con un bacio in bocca. Era sicuramente Esme.

Poi con un braccio intorno alla vita di suo marito, chiese con voce melodiosa e gentile << Tesoro, chi è questa bella ragazza? >>. Parlava di me? Ero rintontita.

Cercai di schiarirmi la voce ma Carlisle parlò prima di me << Lei è Bella Swan, la nuova commessa del negozio. Viene dall’Arizona, si è trasferita a Forks ed è venuta stamattina da noi perché aveva bisogno di un lavoro. Non avendo casa, aveva intelligentemente pensato di dormire per un po’ di tempo nella sua auto. >> mentre diceva questo, mi gettò un’occhiata di rimprovero, poi continuò << Solo il tempo di raccogliere dei soldi per un affitto. Io l’ho invitata a dormire da noi per un po’. Non darà disturbo >>. Feci un lieve sorriso ai cinque figli e a Esme, che mi rispose con un sorriso abbagliante. Aveva i capelli color caramello, occhi verde scuro e la pelle bianca come la mia. Qui il mio colorito non strideva.

Poi mi spinsero verso il centro del salone, dove intanto si erano radunati i figli in piedi. Carlisle mi presentò uno a uno tutti. << Lui è Emmett >> e strinsi la mano a un ragazzone alto, bruno e muscoloso, che ricambiò la stretta con forza e un sorriso a trentadue denti. << Lei è Rosalie >> e m’indicò una splendida ragazza bionda, con occhi azzurro ghiaccio, alta e formosa, da togliere il fiato. Mi strinse la mano molto freddamente. << Lui è Jasper >> e mi ritrovai davanti ad un ragazzo biondo, dalla carnagione scura, occhi verde chiaro, dall’aria simpatica ma timido. << Lei è Alice >> e strinsi la mano a un’allegra ragazzina molto bassa, con i capelli corvini e scompigliati, gli occhi neri come il carbone ma la carnagione pallida. Mi sorrise simpaticamente e poi si mise in punta di piedi e mi diede un bacio sulla guancia. << Infine lui è Edward >>. Dopo la sorpresa del bacio di Alice, alzai lo sguardo verso Edward e rimasi incantata. Era alto, muscoloso, capelli color bronzo, occhi verde-azzurro che mi guardavano con aria di superiorità. Mi strinse la mano velocemente, senza un sorriso, come aveva fatto Rosalie. Avevo la netta impressione che con loro due non sarei andata molto d’accordo…

Mangiammo tutti insieme seduti al grande tavolo della cucina al primo piano, e Alice, Esme ed Emmett mi fecero molte domande sulla mia vecchia vita, su Phoenix, sulla mia famiglia, sul perché avevo scelto di vivere in questa desolata cittadina di montagna. Emmett era molto simpatico, e faceva molte battute. Mi mise subito a mio agio. Alice era sempre euforica e già faceva piani futuri di uscite insieme, Esme era un’ottima padrona di casa, davvero incantevole. Edward invece mangiava velocemente guardando sempre il suo piatto, senza degnarmi di un sorriso, un accenno, una domanda o un semplice sguardo. Era frustante. Perché quello splendido ragazzo aveva deciso di ignorarmi? Ero così antipatica, insignificante da non meritare neanche un sorriso di circostanza? Scoprii che Emmett e Rosalie stavano assieme, così come Alice e Jasper. E quindi Edward era l’unico scapolo in famiglia, almeno che non avesse una fidanzata al di fuori della “famiglia”.

A fine cena, Esme mi portò di nuovo al terzo piano, nel salone, e mi fece notare una porticina all’angolo, che si apriva su un piccolissimo corridoio con due porte. Mi fece vedere il bellissimo e candido bagno, con vasca, tende bianche alle ampie finestre e uno specchio da fare invidia ai castelli reali. << Quella cassettiera è tutta per te, potrai metterci i tuoi vestiti >> mi disse, infine, indicando una cassettiera di legno. Poi aprì la seconda porta e davanti a me spuntò una grande stanza, ariosa e luminosa, malgrado fosse già notte. La parete in fondo era la solita ampia vetrata, coperta parzialmente da leggere tende celesti. Entrare in quella stanza era come salire in cielo. Tutto era bianco e azzurro: il letto era a baldacchino, e da sopra scendevano vaporose tendine argentee, il copriletto era blu chiaro, accanto al letto c’era un comodino con sopra un lume color avorio. La parete di fronte al letto era occupata da tanti scaffali pieni di libri, cd, fotografie di famiglia e soprammobili provenienti chissà da dove. Esme aprì le tende bianche delle finestre e mi mostrò la porta per uscire nel balcone illuminato da due luci a muro. Da lì si scorgeva un fantastico paesaggio: si vedevano i monti e la foresta, e si udiva il suono dello scorrere di un fiume non molto distante da lì. Era senza dubbio una delle stanze più belle che avevo visto finora in casa Cullen.

Esme interruppe i miei pensieri dicendo << Bene, questa è la tua stanza. In bagno ci sono le tovaglie. Dopo il tuo lungo viaggio un bel bagno caldo ti rilasserà. Ti lascio sola. E per qualunque cosa non esitare a chiamarmi, la mia camera è l’ultima a sinistra del corridoio al secondo piano. Buona notte! >>.
<< Buona notte Esme e grazie mille! >>. Mi sorrise dolcemente e poi uscì chiudendosi la porta alle spalle. In quella stanza come in ogni angolo di quell’enorme casa tutto era tranquillo ed emanava serenità. Feci un bel bagno caldo, poi misi un pigiama e m’infilai nelle morbide e calde coperte azzurre. Prima di addormentarmi mi passò come un flash tutta la giornata, poi euforica e ansiosa per il giorno dopo mi addormentai.

  
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