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Autore: NonnaPapera    09/11/2010    4 recensioni
Ormai era buio –anche se non erano che le sette e mezza di sera-
La notte calva presto in quelle fresche giornate di fine ottobre.
Stava per salire in macchina quando un rumore lo fece bloccare.
Si guardò attorno, girando lo sguardo per il parcheggio ormai deserto.
Oltre alla sua auto non c’era che quella di Alessandro parcheggiata a poca distanza.
Fece una smorfia infastidita ed aprì la portiera.
L’ultima cosa che voleva era incontrare di nuovo Alessandro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Colleghi Nemici/Amici

 

Era ormai sera tardi quando Simone si alzò dalla sedia dell’ufficio e si richiuse la porta alle spalle.

Quello era un periodo di fuoco e la giornata si concludeva sempre molto tardi.

Si stiracchiò e si avviò verso la macchina con la mante già proiettata al rilassante divano.

Si sarebbe seduto in panciolle a guardarsi un bel film della Disney assieme ai suoi due figli e poi, una volta andati a letto loro… magari avrebbe concluso la serata con Claudia (sua moglie).

Sorrise tra se ed estrasse le chiavi della macchina dalla tasca dei pantaloni.

Ormai era buio –anche se non erano che le sette e mezza di sera-

La notte calva presto in quelle fresche giornate di fine ottobre.

Stava per salire in macchina quando un rumore lo fece bloccare.

Si guardò attorno, girando lo sguardo per il parcheggio ormai deserto.

Oltre alla sua auto non c’era che quella di Alessandro parcheggiata a poca distanza.

Fece una smorfia infastidita ed aprì la portiera.

L’ultima cosa che voleva era incontrare di nuovo Alessandro.

La litigata furiosa che avevano avuto quel pomeriggio su dei lavori da fare era stata più che sufficiente.

Erano quasi dieci anni che si scontravano sempre su ogni cosa.

Certo non tutte le colpe erano da attribuire al capo della squadra tecnica.

Simone per quanto detestasse cordialmente Alessandro, si rendeva conto che spesso e volentieri la colpa di quegli attriti era da attribuirsi a lui soltanto.

Caratterialmente era sempre stato una persona dal facile entusiasmo.

Questo lo portava ad imbarcarsi in un sacco di imprese ciclopiche che poi finivano tutte per sfuggirgli di mano.

Lo definivano ritardatario cronico.

Il fatto era che, era un romantico ed un perenne ottimista.

Ottime qualità per un organizzatore di eventi… però un minimo di maggiore organizzazione da parte sua avrebbe giovato a tutti.

Di questo se ne rendeva conto perfettamente, però tra il dire e il fare…

Finiva sempre e comunque che qualche cosa non filasse per il verso giusto.

In fondo erano imprevisti calcolati nel suo mestiere.

Comunque le cose alla fine venivano sempre portate a termine con gran soddisfazione di tutti i committenti.

Però questi imprevisti infastidivano notevolmente Alessandro.

Lui era un uomo molto preciso.

Non per questo lo si poteva definire pedante, anzi a parlarci assieme –senza che il lavoro venisse tirato in ballo- era un tipo molto piacevole.

Il problema era che lui e Simone non parlavano mai, se non di lavoro.

Perciò litigavano praticamente sempre.

Perché Alessandro, essendo il responsabile della squadra tecnica, era quello che alla fine doveva mettere in atto tutte le fantasie che si affollavano nella mente di Simone.

Spesse volte era capitato che Simone arrivasse ad orari improponibili chiedendogli se gentilmente poteva far spostare questo o quel tendone, possibilmente entro la mattinata successiva.

Senza minimamente rendersi conto che per attuare una cosa simile ci voleva tutta la squadra al completo e come minimo un giorno intero di lavoro.

Insomma, i rapporti tra i due uomini erano sempre e perennemente tesi.

Soprattutto sotto le scadenze, e quel venerdì era proprio un giorno di quelli neri.

Ecco perché Simone fece velocemente scivolare la ventiquattrore sul sedile del passeggero, cercando di sbrigarsi per potersene andare prima di incontrare il collega.

Però, prima che potesse richiudersi la portiera alle spalle, sentì nuovamente un suono.

Questa volta più distinto del precedente, pareva quasi come un singhiozzo.

Simone fissò l’orologio infastidito e sbuffo indeciso se indagare o ignorare la cosa.

Un altro singhiozzo –perché ora era certo che fosse un pianto quello che sentiva- e decise di fare un giro di controllo.

Convinto che si trattasse di qualche animale che ferito stava agonizzando li vicino, in uno dei campi coltivati che circondavano il parcheggio della ditta.

Si mosse silenziosamente cercando di non coprire con i suoi passi –che scricchiolavano sulle foglie secche del selciato- il suono flebile che sentiva.

L’impresa non era affatto semplice, perché con il suo metro e ottanta, non si poteva certo dire che Simone fosse una piuma.

Rimase immobile per alcuni istanti al centro del parcheggio deserto, scrutando con lo sguardo il buio attorno a lui.

Si passò la mano tra i capelli ricci e canuti sulle tempie con fare stanco.

Voleva tornarsene a casa.

Ancora un singhiozzo, questa volta più forte, gli fece dubitare che si trattasse di qualche animale.

Volse i passi nella direzione da cui provenivano e dopo pochi istanti si trovò dietro la Ford blu di Alessandro.

Appoggiato con la schiena alla portiera, seduto sul ruvido asfalto stava un uomo con una giacca rossa.

Simone lo fisso perplesso, soprattutto quando in quell’uomo riconobbe il collega.

Alessandro non era certo tipo da lasciarsi consolare facilmente, anzi a dire il vero non pensava neppure fosse il tipo che si sedeva dietro la sua macchina a piangere da solo di notte… perciò rimase alcuni istanti annichilito a fissarlo, indeciso sul da farsi.

Vedendo che però l’altro non accennava a smettere di piangere, né a calmarsi, decise che forse era il caso di palesare la sua presenza e cercare di aiutarlo… qualsiasi cosa fosse successa.

Simone fece alcuni passi in avanti e l’altro alzò la testa.

Uno sguardo misto tra dolore ed umiliazione si dipinse sul volto dell’uomo quando si rese conto di non essere più solo.

“Merda, merda merda” ringhiò infastidito vedendo che la persona che lo fissava con preoccupazione era l’ultima che avrebbe mai voluto incontrare.

Simone gli si accovacciò al fianco e rimase in silenzio per alcuni istanti.

Alessandro era un uomo di quarantasette anni, molto forte e sempre determinato.

La sua parola all’interno dell’ambiente di lavoro era sempre stata considerata legge.

Che dire per consolare un uomo così?

Cosa domandargli per non apparire invadente?

Le uniche esperienze di pianti che aveva erano quelle dei suoi due figli.

Però consolare dei bambini delle elementari non era certo paragonabile a dover consolare un uomo adulto, con il quale per altro non si era neppure in buoni rapporti.

Si frugò in tasca e ne estrasse un pacchetto di fazzoletti di carta.

Senza proferire parola –cosa assai strana per lui che parlava sempre- lo tese sotto il iso del collega.

“Va via, non voglio parlare con nessuno, figurarsi con te”

Simone fece una smorfia, figurarsi, se quello diventava gentile perché stava male!

“Che ti succede?”

“Non sono affari che ti riguardano”

Nel dire quell’ultima gentilezza Alessandro aveva allungato la mano e si stava asciugando gli occhi con i fazzoletti offertogli.

Ormai sembrava molto più calmo, anche se traspariva dalla sua voce il fastidio che provava a dover essere costretto a parlare con Simone.

Perciò sembrava ritornato tutto nella norma.

“Come vuoi, se non ti serve nulla me ne vado! Tanto più che sono stanco e voglio tornare a casa… magari una volta tanto riesco a tornare in tempo utile per mangiare con i bambini”.

Aveva parlato con noncuranza e si era alzato in piedi con l’intenzione di andarsene via.

Ma probabilmente qualcosa in ciò che aveva detto doveva avere risvegliato il dolore dell’uomo che silenziosamente aveva ripreso a singhiozzare.

Simone alzò gli occhi al cielo, la cosa si prospettava lunga.

Non che fosse un tipo insensibile, anzi appunto perché aveva deciso di aiutare il suo collega aveva alzato gli occhi al cielo rassegnato.

Ormai aveva deciso che avrebbe sviscerato tutti i problemi di Alessandro, anche se sapeva che non sarebbe stata cosa facile –soprattutto considerando il caratterino del collega-.

“Allora… senti non fare il pirla, si vede che non stai bene, mi vuoi dire che ti succede?”

L’altro scosse la testa stringendo le labbra, nel tentativo di fermare il pianto.

Era tutto il giorno che si tratteneva.

Che manteneva le bella facciata, benché il dolore e l’umiliazione fossero così forti.

Poi però era scoppiato, pensando di essere rimasto ormai da solo.

Errore madornale!

Se avesse saputo che c’era ancora Simone in ufficio, sarebbe tornato a casa senza perdere tempo, a costo di scoppiare in lacrime mentre guidava.

La verità era che tornare a casa non avrebbe fatto altro che fargli più male.

Sospirò ed alzò le spalle, in risposta alla domanda di Simone.

Aveva un bisogno matto di sfogarsi, di parlare con qualcuno, ma farlo avrebbe significato abbassare la guardia, e c’erano alcune cose della sua vita che voleva restassero personali.

Però la voglia di aprirsi era talmente tanta che decise di spiegargli –stando ben attento a non farsi sfuggire particolari troppo privati-.

“Questa volta pensavo di avercela fatta… sai la persona giusta, quella che credi ti resterà accanto per sempre?”

Simone si sedette sorpreso che l’altro avesse deciso di aprirsi con lui –evidentemente doveva star male davvero-

“Ma che te lo chiedo a fare… tu hai Claudia!” mormorò dandosi una risposta da solo.

“Si è vero io sono molto fortunato” ammise Simone cautamente, sperando che l’altro non riprendesse a piangere.

Alessandro fece un sorriso a mezza bocca e poi continuò

“Stessi interessi stesse passioni… certo c’era molta differenza d’età forse troppa…” Non stava più rivolgendosi al collega, era più una constatazione che faceva a se stesso.

“Mi dispiace” si limitò a dire l’altro.

“Sapessi a me”

Sospirò e andò ad estrarre il telefonino dalla tasca del giubbotto rosso.

“La cosa che veramente mi fa incazzare” continuò stringendo i denti per la rabbia “E’ che non si può lasciare una persona dopo due anni scrivendogli un misero sms”

La mano tremò stringendo più forte l’apparecchio telefonico.

“Magari la situazione è ancora recuperabile…” si azzardò a dire Simone.

Alessandro sorrise mestamente e poi scosse la testa.

“Sono andato a casa in pausa pranzo… ha portato via tutto ciò che gli apparteneva, non è rimasta più neppure traccia che abbia abitato lì” fece un respiro e poi aggiunse:

“Deve aver trovato qualcun altro con cui stare… diversamente la casa non sarebbe stata svuotata così in fretta”.

Lo sguardo si offuscò lievemente, ma orgoglioso com’era non voleva ritornare di nuovo a piangere.

“So che detto adesso può suonare strano, ma troverai di certo qualcun’altra”

Alessandro lo fissò per un istante con i suoi profondi occhi scuri.

Quello sguardo fece pensare a Simone che probabilmente ciò che sapeva, non era tutto ciò che c’era da sapere, però non chiese nulla.

“Non è così facile… almeno non per me” aggiunse, infatti, il collega con voce malinconica.

Poi riprese con più foga, con una rabbia che stentava a contenere.

“Ciò che mi fa più male è che questa mattina non mi ha detto nulla, mi ha baciato come se niente fosse… sapevo che era una persona incostante, ma questo è esagerato persino per uno come lui…”

Lasciò la frase in sospesa, raggelato per ciò che aveva appena detto.

Simone lo fissò con un’espressione da pesce lesso sul bel viso.

“Lui?”

Alessandro si portò una mano sul viso nascondendolo e poi tirò una gomitata alla carrozzeria della sua macchina.

Sapeva che non era affatto una buona idea mettersi a discutere dei suoi problemi con Simone.

E adesso?

Lavorava in quell’azienda da più di vent’anni e proprio in quel momento gli doveva sfuggire così la verità?

Non si vergognava di se stesso o dei suoi gusti, solo riteneva di non doverne far partecipi gli altri.

In più, c’era da ammetterlo, fare il lavoro che faceva lui –gestire squadre di operai scalmanati ed irrispettosi- non era certo facile già di suo, figurarsi se si fosse venuta a sapere una cosa simile.

Sarebbe stata la fine della sua autorità.

Una mano ferma e calda gli si posò sulla spalla ed Alessandro si sentì costretto a sollevare lo sguardo.

Il sorriso aperto di Simone lo portò a sorridere lievemente a sua volta.

“Non ti fare problemi… Resterà tra noi, se non vuoi che gli altri lo sappiano non sarò certo io ad andarlo a dire in giro”

Si potevano dire tante cose di Simone, che fosse distratto, poco attento, poco organizzato, che vivesse sempre e solo sulle nuvole… però una cosa era certa… era una brava persona.

Questo Alessandro lo sapeva bene, per quanto i loro rapporti non fossero dei migliori, sapeva di potersi fidare delle parole del collega.

Molte volte lo aveva visto assumersi responsabilità che non gli competevano o trattare con estrema cura e delicatezza situazioni particolari –un po’ come lo era diventa questa-

Mosse la testa con fare affermativo ed abbozzò ad un sorriso sghembo.

“Grazie… di tutto”

Si alzò subito seguito dall’altro.

Ora che era il momento di smarrimento era finito Alessandro si sentiva veramente in imbarazzo.

“Bene è meglio che tu vada… altrimenti tua moglie si preoccupa”.

Simone lo fissò di sottecchi, non gli piaceva che l’altro si sentisse così a disagio, non ne vedeva il motivo… però capiva che Alessandro potesse sentirsi molto in imbarazzo per le rivelazioni che gli erano sfuggite in un momento di debolezza.

Sorrise e poi decise che era il caso di riportare le cose alla normalità, e magari tentare la sorte!

“Senti… volevo chiederti una cosa”

Alessandro lo fissò, se gli domandava cosa ci trovava negli uomini o altre puttanate di questo tipo, si sarebbe sotterrato.

“Dimmi” disse comunque con voce bassa.

“Mi sono accorto che il parquet delle case mobili, per la fiera di martedì, non è dei più adatti, non è che lunedì tu e i tuoi uomini potreste cambiarlo?”

L’uomo lo fissò basito… cambiarlo!? Ci sarebbero voluti due giorni interi non era una cosa fattibile… e poi cosa non andava in quello che c’era giù?

Stava per montargli la rabbia, quando si accorse di uno strano luccichio negli occhi di Simone.

Alessandro lo guardò e scoppiò in una serena e sonora risata.

“Ne deduco che sia un no…” sbuffo tra il serio e il faceto l’altro.

“Esatto, è decisamente un no!”

L’imbarazzo era svanito ed ora si sentiva un po’ meglio, Alessandro estrasse le chiavi della macchina e fece scattare la serratura.

“Ci vediamo lunedì buon fine settimana”

“Anche a te”

“… Simone…” l’uomo che si era già avviato alla volta della sua macchina si voltò “… grazie di tutto…”

Simone alzò la mano a mo di saluto e se ne andò.

Alessandro sorrise, magari non sarebbero mai diventati amici del cuore, però aveva rivalutato quel pazzo del suo collega.

 

End

 Partecipante al Contest Le 22 stelle Carta utilizzata La temperanza al negativo

Le caratteristiche della carta che ho scelto sono:

Significati generali:
Al negativo: mancanza di moderazione(il compagno di Alessandro) – disarmonia –  (nei rapporti iniziali tra Simone e Alessandro)

Significati per l’amore:

Al negativo: problemi o dispiaceri-unioni infelici-delusioni e amarezza-incontri sfavorevoli e tradimenti (Naturalmente tutta la vicenda tratta questi argomenti: problemi tra i due protagonisti e problemi tra Alessandro ed il compagno, l’unione infelice di Alessandro e l’amarezza e la delusione nell’essere stato lasciato in modo così meschino, non solo tradito ma anche umiliato).

E’ tutto…alla prossima!

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