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Autore: pk82    09/11/2010    8 recensioni
I nostri eroi si sono costruiti una famiglia e vivono felici. Ma cosa succede se incontrano qualcuno che arriva da molto lontano per distruggere quello che faticosamente hanno creato? E chi sono quelle figure misteriose che sembrano interessarsi a loro? Sarà davvero tutto come sembra? Sequel di "Ritornare a vivere". (pk82 si mette in ginocchio, sguardo da cucciolo) Recensite, per favore.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo più di un anno rieccomi a voi

Dopo più di un anno rieccomi a voi!

Non mi sono dimenticato della storia – questo capitolo che leggerete e il primo Missing Moment postato circa un mese fa ne è la prova – è solo che tra lavoro, amici, lavoro, svaghi, lavoro e lavoro il tempo era poco.

Poi c’è stato un periodo in cui l’ispirazione era in vacanza mentre io ero a lavoro (non so se avete capito ma il motivo principale era il lavoro) e ho perso quasi la voglia di mettermi a scrivere.

 

A questo proposito voglio chiarire subito una cosa: quando – e ovviamente se – lascerete una recensione per questo capitolo, ricordatevi che i primi ringraziamenti dovranno essere rivolti a EDVIGE86. Ripeto: i primi ringraziamenti a EDVIGE86.

In questo periodo è rimasta in contatto con me, incitandomi a continuare, a non mollare e, soprattutto, ad aiutarmi “materialmente” alla stesura di alcune parti di questo capitolo in cui ero proprio bloccato.

Se non era per lei avreste aspettato ancora a lungo perché ero proprio bloccato.

Quindi ricordatevi di ringraziare prima EDVIGE86, chiaro?

 

Prima di lasciarvi alla lettura del capitolo – che per la cronaca è il penultimo e si scopriranno gli “altarini” – lasciate che ringrazi tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente, chi ha messo la storia nei preferiti / seguiti e, naturalmente, chi ha recensito:

robby: riprenditi mia cara, perché anche questo capitolo ti lascerà senza fiato. Eh, si, era proprio Malfoy! Quel l****o v***e s******o! Lily non è morta: posso anche dirtelo, non rovino nulla. Se ti ricordi erano due le ragazze accanto al calderone, quando si preparava la pozione: erano proprio Emy e Lily. Per quanto riguarda la tua idea sulla trappola…

EDVIGE86: qui sono io che devo ringraziarti! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE! Rimaniamo in contatt: abbiamo TAAAAANTO di cui discutere, vero?

lady marty: mi spiace che hai dovuto aspettare così a lungo. Spero che tu possa perdonarmi e mi auguro che anche questo capitolo ti piaccia.

tweety sweet: spero che dopo tutto questo tempo che ti ho fatto aspettare sia ancora una delle tue storie preferite.

 

Ok, perora ho finito. Ci risentiamo a fine capitolo.

 

A proposito: i ringraziamenti a EDVIGE86, ricordatevi.

***

 

CAPITOLO 15 - Sull’Orlo del Baratro

Apparvero in un vicolo tra due grandi capannoni al porto.

Non c’era un filo d’aria, nubi minacciose oscuravano il cielo, impedendo alle stelle e alla luna di illuminare la notte. Tutto ciò non faceva altro che aumentare la tensione di Harry e Ron, che si guardavano attorno con attenzione grazie anche alla luce delle proprie bacchette. Anche Art e Jay facevano viaggiare lo sguardo lungo tutto il vicolo.

Loro erano ancora più tesi dei genitori. Fino a quel momento erano riusciti a muoversi grazie anche al fatto che conoscevano già come si erano svolti gli eventi; ora, invece, si muovevano “al buio” dato che non conoscevano i dettagli dello scontro finale.

Foster si voltò verso tutti loro. «Da questa parte».

Li guidò lungo la via, illuminata appena dalle luci delle loro bacchette; silenziosamente svoltarono a destra, rimanendo vicini alla parete della costruzione. In lontananza udirono la sirena di una nave che stava lasciando il porto. Proseguirono ancora per un centinaio di metri prima di incrociare un’altra via. Foster si sporse oltre il muro, per controllare che non ci fosse qualcuno di indesiderato e spegnendo nel frattempo la luce della propria bacchetta per evitare di farsi scoprire.

Anche Ron fece lo stesso, affiancando l’Auror. «Quanto manca ancora?»

«Si trova dalla parte opposta della strada» rispose Foster, indicando con la bacchetta un altro edificio. «Dietro quel capannone».

«Bene. Muoviamoci».

Attraversarono la via, favoriti dai mantelli scuri che risultavano quasi invisibili nell’oscurità. Camminarono ancora accostati alla parete, svoltando ancora una volta a sinistra.

Ron notò con la coda dell’occhio che Art si guardava attorno nervosamente, la mano stretta con forza attorno alla bacchetta. Rallentò appena, lasciando che fosse Harry a seguire più da vicino Foster, e si avvicinò al figlio. «Tutto bene?»

Art annuì, teso. Ron teneva ancora lo sguardo fisso su di lui e questo lo metteva un po’ a disagio. Si costrinse a guardarlo a sua volta. «Sono solo un po’ nervoso. E’ normale, no?»

Ron fece un piccolo sorriso. «Si, è normale…» lo rassicurò, «ma pensa che tra poco tutto questo sarà finito».

Art annuì ancora, più tranquillo. Anche Harry e Jay gli sorrisero e il ragazzo si sentì rinfrancato: non avrebbe certo ceduto al nervosismo proprio ora che erano ad un passo dal cambiare il futuro.

Svoltarono ancora in uno stretto vicolo, notando una figura nell’ombra proprio prima che sbucassero sulla via principale. Harry e gli altri alzarono le bacchette ma Foster li anticipò, aumentando il passo ed avvicinandosi alla figura, che subito si lasciò identificare.

«Siete qui finalmente» disse Weber. «Capitano Potter. Capitano Weasley».

«Com’è la situazione, Weber?» chiese Harry affiancandosi all’Auror.

Dopo aver lanciato una breve occhiata ai due giovani, Weber indicò loro il capannone che stava dall’altra parte della strada, l’unico che aveva una luce all’interno che filtrava dalle finestrelle poste in alto. «Alcuni uomini hanno portato delle casse all’interno. Sembravano pesanti ma non sono riuscito a capire che cosa contenevano».

Ron avanzò, lanciando un’occhiata all’edificio. «E Sorenson? E’ ancora dentro?»

«Ho controllato tutto il perimetro» rispose Weber. «Quella» ed indicò l’entrata, «è l’unica uscita e da lì non si è fatto più vedere da quando è entrato».

«Quindi anche Malfoy è ancora lì dentro».

Un pesante silenzio in cui ognuno era perso fra i suoi pensieri calò su di loro. L’uomo che aveva pianificato tutto quello che era accaduto, dall’attacco al porto, alla fiera, a villa Malfoy, era dentro quelle quattro pareti di lamiera.

«E adesso?» chiese Art, lasciando trapelare una certa irrequietezza nella voce.

Harry serrò la presa sulla bacchetta. «Dobbiamo aspettare i rinforzi». Si rivolse poi a Foster. «Quanto dobbiamo aspettare ancora?»

«Il Generale ha detto che avremmo dovuto aspettare almeno mezz’ora…» controllò l’ora, «ancora dieci minuti».

Prima che qualcuno potesse commentare la notizia, un movimento lungo la via principale attirò la loro attenzione. Un gruppetto di uomini con lunghi mantelli scuri stava risalendo la via. Il gruppo di Auror si appiattì lungo le pareti per evitare di essere scoperti. Osservandoli si accorsero che qualcosa non andava: al centro c’era una figura che sembrava lottare per andarsene, che tentasse la fuga. Quando arrivarono sotto il lampione che illuminava l’entrata del capannone dove Sorenson e Malfoy si nascondevano, tutto apparve più chiaro.

«E’ l’assistente di Sorenson».

La giovane donna cercava, inutilmente, di liberarsi dalla stretta dei due uomini che le tenevano – e che sembravano divertirsi molto a giudicare dalle risate che arrivavano fino a loro – mentre il terzo uomo bussava alla porticina dalla quale filtrava appena la luce dell’interno. Questa si aprì, rivelando un’altra figura.

«Sorenson!»

Ron aveva quasi urlato, rischiando di farli scoprire. Il gruppo di uomini non sembrava però aver notato nulla: Sorenson lasciò libero il passaggio, rientrando all’interno, seguito dagli uomini che trascinarono dentro la prigioniera, richiudendosi poi la porta alle spalle.

«Che cosa facciamo?» chiese Art. «Non possiamo restarcene qui dopo quello che abbiamo visto».

«Potrebbe essere pericoloso entrare senza sapere quanti uomini ci sono all’interno e come è strutturato l’edificio» fece notare Foster.

Ron indurì lo sguardo. «Dobbiamo entrare» esclamò categorico.

«I rinforzi arriveranno fra dieci minuti…» cominciò Weber ma Ron lo interruppe.

«Dieci minuti che quella donna potrebbe non avere».

Anche Harry era convinto come l’amico che bisognava agire; il suo sguardo si posò sul capannone accanto a quello di Sorenson. Una scala metallica saliva lungo la parete… ed arrivava all’altezza di una finestra.

«Va bene» disse attirando l’attenzione di tutti. «Non possiamo aspettare ancora, non più».

Ron sembrava soddisfatto della decisione dell’amico ed anche Art e Jay sembravano decisi. «Hai già qualche idea?»

Harry annuì. «E’ rischioso, perché dovremo passare dalla porta principale, ma è l’unica via. Foster, Weber» i due Auror lo guardarono, aspettando. «Salite su quella scala» disse indicandola, «dovreste riuscire a tenere sotto controllo l’interno da quella posizione attraverso una delle finestre. Aspettate lì i rinforzi e se la situazione dovesse diventare critica, intervenite. Muoviamoci».

Il gruppo si divise: Weber e Foster si avviarono verso la scala mentre il resto del gruppo si muoveva verso la porticina. Si posizionarono ai lati, le bacchette strette in pugno. Harry gettò un’occhiata all’interno attraverso la piccola apertura sulla porta: dal vetro sudicio s’intravedevano solo una gran quantità di casse di legno, non permettendogli di vedere se qualcuno era ancora nei pressi dell’ingresso.

Fece un cenno a Ron che si preparò. «Alohomora».

La serratura scattò. La porta si aprì appena ed Harry la spinse per avere una visuale migliore: non sembrava che ci fosse qualcuno di guardia. Con un altro cenno a Ron e ai ragazzi, Harry entrò posizionandosi accanto alla parete e facendo viaggiare velocemente lo sguardo attorno, dove una fila di alte casse di legno erano impilate in modo da formare degli stretti corridoi lungo le pareti e verso il centro dell’edificio. Ron entrò, facendo segno ad Art e Jay di seguirlo.

«Possibile che non ci sia nessuno?»

La domanda di Jay metteva in luce la preoccupazione di tutti. C’era troppo silenzio attorno e ciò non prometteva niente di buono. Harry alzò lo sguardo verso le finestre che davano sulla scalinata esterna: vide due ombre muoversi e pensò che i due Auror fossero in posizione. Si guardarono ancora attorno senza che vedessero o sentissero alcunché. Con le bacchette sguainate si divisero in coppie – Harry con Jay e Ron con Art – e proseguirono lungo due corridoi paralleli, diretti verso il centro del magazzino.

Si sentivano solo i passi leggeri e i loro respiri che ne tradivano l’ansia.

Si ritrovarono dopo poco al limite di uno spiazzo creato tra le casse di legno, Harry e Ron – che guidavano i due gruppi – posarono lo sguardo esattamente al centro: una figura, davanti a quello che sembrava un altare di pietra dava loro le spalle.

«Ben arrivati». Sorenson si voltò con studiata lentezza, mostrando un sorriso sicuro sul volto.

Ron fece un passo avanti, gli occhi che mandavano lampi, stringendo la bacchetta con forza mentre la puntava contro l’uomo, tanto da farsi sbiancare le nocche.

Sorenson guardava divertito i due Auror, senza essere minimamente intimorito dal fatto di essere sotto tiro. «Sono molto contento di vedervi qui».

«Eri impaziente di finire in prigione?»

L’uomo mantenne il sorriso. «Io credo che siamo partiti con il piede sbagliato» si appoggiò all’altare, ora alle sue spalle, «sapete che cosa stiamo per far rivivere, vero? I vostri figli ve ne hanno parlato, dico bene?».

Harry e Ron, così come i due ragazzi, non riuscirono a nascondere un’ombra di sorpresa sui loro volti, cosa che non sfuggì a Sorenson. «Si, so chi sono. Ma questo non è importante ora; quello che veramente conta è che voi sappiate che siamo sul punto di cambiare totalmente la situazione attuale. Un nuovo mondo nascerà non appena libereremo la Creatura… avremo fra le mani un potere immenso che ci renderà i padroni del mondo. Elimineremo coloro che non sono degni di vivere nel nuovo ordine che costruiremo… e risparmieremo i più meritevoli…».

«Hai voglia si scherzare?»

Sorenson continuò come se non fosse stato interrotto, mettendo però in mostra ora un lampo di pazzia negli occhi. «Sarebbe un vero peccato se voi doveste soccombere. Nonostante le nostre incomprensioni sono seriamente convinto che sareste due ottimi elementi… è una proposta ragionevole se ci pensate bene: voi date a me la pietra che mi avete sottratto, giurate fedeltà ed io permetterò a voi ed ai vostri familiari e amici di servirmi ed aver salva la vita…» il volto era una maschera di follia, «se volete un consiglio, accettate: è meglio essere il braccio destro del diavolo che mettersi sul suo cammino».

Ron lo fissò, a metà tra il furioso e il disgustato. «Tu sei completamente fuori di testa se pensi che accetteremo una cosa del genere».

Sorenson sospirò. «Devo ammettere che sono deluso: vi credevo più intelligenti da capire quale occasione vi sto offrendo. Evidentemente mi sbagliavo».

Harry fece un passo avanti, lo sguardo duro e deciso. «Piantiamola con questi giochetti, dove sta il trucco?» Sorenson si limitò ad inarcare un sopracciglio. «Hai quattro bacchette puntate contro pronte a schiantarti» continuò il moro, «eppure sei calmo e tranquillo. Dove sono i tuoi uomini?»

Questa volta il sorriso di Sorenson era molto più simile ad un ghigno. «E va bene, d’accordo» esclamò sarcasticamente, «mi avete scoperto». Fece schioccare due dita: dall’ombra apparvero una dozzina circa di uomini che si posizionarono ai margini dello spiazzo, circondandoli.

«Allora, ricominciamo» Sorenson si avvicinò, allungando una mano. «Consegnatemi la pietra».

«Scordatelo!»

«Forse siete voi a non rendervi conto della situazione» Sorenson era sicuro di sé. «Potremmo uccidervi in un attimo, senza alcuno sforzo».

«E allora perché non lo fai?» lo provocò Harry; era un rischio ma doveva farlo parlare più a lungo possibile in modo da guadagnare tempo.

«Perché sarebbe un peccato non farvi assistere allo spettacolo» rispose l’uomo.

«Credi veramente che ti permetteremo di portare a termine il tuo intento?»

«Oh, ma io non lo credo… ne sono sicuro» rispose Sorenson, «Ma forse avete ragione, dovremmo chiedere un parere a qualcun altro. Voi che cosa ne pensate?» chiese infine, puntando lo sguardo oltre le spalle di Harry e gli altri.

I quattro sentirono alcuni passi dietro di loro e si voltarono appena – giusto il necessario per tenere sotto controllo Sorenson – gettando lo sguardo sulle due figure che si stavano avvicinando… provando sorpresa e rabbia quando si accorsero che chi si avvicinava erano i due Auror che li avevano accompagnati fin lì.

Ma qualcosa non quadrava: mentre si avvicinavano, i loro volti cambiavano lineamenti, perdendo i tratti dei due Auror e lasciando il posto a visi più marcati. «Credo che li abbiamo sopravvalutati se nemmeno si sono accorti che li stavamo portando in una trappola» rispose il più vicino – che assieme al compagno bloccava l’ultima via d’uscita – mentre sfilava dal mantello una piccola fiaschetta.

Harry comprese l’inganno. «Polisucco».

«Un metodo piuttosto efficace, non trovate?» Sorenson era compiaciuto. Allungò la mano. «Datemi la pietra».

Nessuno dei quattro si mosse; stavano ancora pensando ad un modo per uscire da quella situazione quando una risata si propagò tutt’attorno. Sembrava essere amplificato dall’ambiente e si guardarono attorno fino a quando non scorsero una figura nell’ombra alle spalle di Sorenson. Questa fece alcuni passi avanti, mostrandosi. «Non la consegneranno» disse l’uomo con le cicatrici, «non di loro spontanea volontà, non è vero?»

Mentre Harry e Ron cercavano di capire chi fosse il nuovo arrivato – mostrando apertamente cosa pensavano dei profondi segni sul volto – Art e Jay rimasero a dir poco scioccati.

«Cosa…?» balbettò Art, lasciando quasi cadere la bacchetta dalla mano e attirando l’attenzione del padre. «Che cosa ci fai tu qui?»

«E’ questo il modo di rivolgersi all’uomo che ti ha aiutato a venire qui?» chiese in tono beffardo, avanzando verso di loro. «Tuo padre non ti ha insegnato l’educazione?»

Art indurì lo sguardo, serrando la stretta sulla bacchetta. «Che cosa ci fai qui

«Sono venuto ad assicurarmi che facciate la vostra parte» rispose l’uomo senza scomporsi. «E devo dire che non mi avete deluso. D’altro canto non potevo aspettarmi niente di diverso da voi visto i geni che vi ritrovate: stupidi, esattamente come i vostri padri… ma loro lo sono sempre stati, fin dai tempi di Hogwarts».

Harry aggrottò la fronte. «E tu che ne sai?»

L’uomo scoppiò in una risata. «E così non mi avete ancora riconosciuto. Non sono sorpreso, in realtà, con queste – e s’indicò le cicatrici e le bruciature sul viso – è piuttosto difficile. Allora riproviamo…» si voltò e dall’ombra in cui vi era prima apparve un’altra figura, questa volta di più facile identificazione.

«Malfoy!» ruggì Ron.

Malfoy si avvicinò impassibile verso l’uomo con le cicatrici, fermandosi al suo fianco. L’uomo si voltò con un ghigno verso di loro. «Allora? Che ne dici, non siamo due gocce d’acqua, Sfregiato?»

E la consapevolezza colpì Harry come un macigno: l’arroganza, la voce strascicata, il ghigno sulle labbra… «Malfoy» sussurrò se possibile ancora più sorpreso di quanto non fosse, provocando con quel sussurro lo stesso stupore in Ron, che ora osservava la coppia non solo con rabbia.

L’uomo si fece più vicino. «Non dovreste essere così sorpresi. Dopotutto avete conosciuto i vostri figli del futuro… cosa volete che sia un viaggiatore in più».

Sorenson sbuffò, spazientito. «Se abbiamo finito con le presentazioni potremmo ritornare al motivo principale di questo incontro?»

«Che diavolo ci fai qui?» sbottò Ron, non ascoltando minimamente Sorenson.

«Sei sempre stato uno zoticone Weasley» lo prese in giro Malfoy. «Sono qui per lo stesso motivo che ha spinto tuo figlio a compiere questo viaggio: cambiare il futuro». Diede loro le spalle camminando lentamente davanti a loro mentre raccontava. «Immagino vi abbiano raccontato lo splendido avvenire che toccherà noi: distruzione, desolazione, morte… questo perché voi due, assieme alla Mezzosangue, avete interferito con il rituale, interrompendolo nel momento cruciale e impedendo che avessimo il pieno controllo sulla Creatura» li guardò nuovamente. «Da quel momento non c’è stato un singolo uomo che fosse al sicuro. Sono stato costretto a fuggire, spostarmi continuamente per cercare un riparo contro di essa».

Ron fece una smorfia. «E’ sempre stata una tua prerogativa scappare davanti al pericolo» e lanciò un’occhiataccia ad entrambi i Malfoy.

«E’ stato un vero colpo di fortuna aver trovato la formula per la pozione che ci ha permesso di ritrovarci tutti qui» continuò l’uomo senza scomporsi alle parole di Ron, ma provocando un nuovo stupore nei due ragazzi. «Recuperare tutti gli ingredienti necessari era un lavoro duro e difficoltoso… ma in quel momento, chi incrocio sulla mia strada?» ed indicò con la mano Art e Jay.

«Tu» disse Art, «tu ci hai fatto trovare la formula».

«Mi serviva qualcuno che fosse talmente disperato da occuparsi di tutto. E voi due siete capitati a proposito… dopo quello che hai fatto» continuò rivolto ad Art, «se eri stupido solo la metà dei tuoi genitori, allora avresti fatto il lavoro senza problemi».

Con la coda dell’occhio Ron si accorse che il figlio si era irrigidito. «Cosa vuoi dire?» chiese all’uomo. «Hai detto che eravamo presenti solo noi. Cosa c’entra Chris?»

Malfoy ghignò. «Non glielo hai detto?» chiese al ragazzo.

Art teneva lo sguardo basso: era rigido e la mano che teneva la bacchetta era diventata bianca. «Smettila» disse tra i denti.

«E così non ti ha detto il vero motivo che lo ha spinto fino a qui?» Malfoy spostò lo sguardo da Art a Ron, divertito. «Perché non gli dici cosa è successo veramente?» continuò, «perché non gli dici che il tuo caro fratellino è morto a causa tua».

Art tremava da capo a piede, evitando di guardare il padre che, una volta ascoltate le parole di Malfoy, era rimasto shockato provocando, naturalmente, un divertimento ancora maggiore nell’uomo davanti a loro. «Se non sbaglio il compito di un primogenito è prendersi cura dei fratelli minori» riprese Malfoy, provando un piacere sempre maggiore, «dovrebbe proteggerli ed evitare che capiti loro qualsiasi cosa. E’ una fortuna che io non abbia avuto qualcuno accanto come te… altrimenti sarei già morto da tempo» concluse malignamente.

Non solo Art, ma anche Jay era diventato rigido: le parole di quell’uomo avevano riaperto una ferita che, in effetti, non si era mai rimarginata. Era un dolore ancora troppo grande perché riuscissero a superare… e non credevano nemmeno più di riuscirci.

«Adesso basta!»

Ron si frappose tra Malfoy e Art: guardava l’uomo con gli occhi ridotti a fessure, pronto ad incenerirlo se solo ne avesse avuto il potere. «Ti avverto» le parole gli uscirono di bocca con un ringhio, intrise di odio puro, «prova ancora a torturare così mio figlio e ti uccido con le mie mani».

Un angolo della bocca di Malfoy si alzò in un sorriso sbilenco. «Non sei nelle condizioni di poter minacciare nessuno, Weasley» Ignorò completamente lo sguardo di fuoco che lui ed Harry gli rivolsero. «Voi siete qui per una sola ragione: consegnarci la pietra».

«E sarebbe anche ora!» s’intromise Sorenson, per niente felice di essere stato ignorato fino a quel momento ed ancor più irritato per non aver ancora tra le mani la tanto agognata pietra.

Malfoy fece un passo verso Art – ancora sconvolto – con l’intenzione di cercare la pietra tra le pieghe del mantello del ragazzo.

Ma non fece nemmeno in tempo ad alzare una mano che Ron gli puntò contro la bacchetta. «Non toccare mio figlio!»

Lo schiantesimo mancò di un soffio Malfoy – in realtà se lo aspettava – che si piegò di lato, mentre i frammenti di una cassa colpita dall’incantesimo volavano fra di loro. Subito gli altri uomini cominciarono a lanciare fatture verso Ron che, aiutato da Harry e Jay, riuscì a difendersi per poco prima che venisse colpito e atterrato come gli altri.

Dolorante, cercò di rialzarsi ma si ritrovò la bacchetta di uno dei tirapiedi di Sorenson puntata contro il petto e non poté fare altro che guardare Malfoy sogghignare, mentre riprendeva a cercare la pietra su Art, l’unico rimasto fermo durante l’attacco. «Sei pateticamente prevedibile, Weasley. Credevi davvero che non mi aspettassi una vostra reazione?» si voltò verso di lui, picchiettandosi con l’indice una tempia, «E’ già successo e l’esito è stato identico».

Continuò la ricerca… fino a quando la sua mano si strinse attorno alla pietra, situata in una tasca interna del mantello di Art. Lentamente, per assaporare meglio quel momento, riaprì la mano mostrando a tutti la pietra che tanto aveva bramato: riflessi bluastri brillarono alla luce dell’ambiente, quasi ipnotizzando lo sguardo dei presenti.

«Finalmente» la voce di Malfoy era quasi un sussurro, «E’ incredibile pensare che un potere così vasto possa essere rinchiuso in un oggetto così piccolo. Ed ora è mio».

Sorenson, lo sguardo puntato sulla pietra, si era fatto avanti desideroso di poter mettere le mani su ciò che cercava da anni, ma le ultime parole di Malfoy lo irritarono.

«Malfoy» cominciò innervosito, «sono io che ho passato anni a cercare quella pietra, io ho fornito attrezzature e fondi per trovarla. Deve essere nelle mie mani».

L’uomo con le cicatrici non sembrava aver dato ascolto alle parole di Sorenson: era ancora incantato dal potere che aveva nel palmo della mano.

«Malfoy!» ruggì Sorenson. «Dammela. E’ mia!».

Malfoy spostò lo sguardo sul professore: aveva la stessa espressione con cui si guarda una mosca fastidiosa. Roteò gli occhi annoiato… prima di estrarre la bacchetta dal mantello e puntarla contro Sorenson. Il corpo del professore venne scaraventato contro una grande cassa di legno che si frantumò sotto il suo peso. Un bagliore verdastro circondò ancora per qualche istante l’ormai cadavere prima di svanire del tutto.

Un mormorio si propagò tra gli uomini, ed anche Harry e Ron rimasero per un momento spiazzati. Malfoy non ripose la bacchetta. «C’è qualcun altro che ha da dire qualcosa?» chiese beffardo. Non ricevette risposta. «Bene. Portate i nostri ospiti di sopra. Non voglio che s’intromettano, dobbiamo ancora sistemare alcune cose».

Harry e Ron vennero privati delle loro bacchette mentre venivano spinti, assieme ai due ragazzi, verso una scalinata… non prima però di rivolgere uno sguardo di puro odio ad entrambi i Malfoy: quello del futuro, che ancora guardava estasiato la piccola pietra nella propria mano, e quello del presente, rimasto impassibile per tutto il tempo.

 

****************

«Come ho fatto ad essere così idiota?»

La stanza in cui erano stati rinchiusi era molto piccola, tenuto anche conto del fatto che diversi schedari arrugginiti erano stati ammucchiati lungo tutta una parete, occupando quasi metà dello spazio. Una piccola finestrella posta quasi vicino al soffitto lasciava intravedere la luna piena.

«Quel verme schifoso!»

Art non si dava pace: dopo essersi ripreso dallo shock, trascinato assieme agli altri, non aveva fatto altro che schiumare rabbia da ogni poro, marciando avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia. Era furioso con tutti: con quell’uomo che li aveva ingannati facendo finta di aiutarli approfittando del loro dolore, con Sorenson per la sua avidità, ma soprattutto con se stesso per essersi lasciato ingannare così facilmente.

Anche Jay era nelle stesse condizioni, benché lui si “limitasse” a restare fermo vicino al muro non significava che non provasse le stesse emozioni.

«Tipico di Malfoy». Harry era cupo in volto. «Restare in disparte mentre altri fanno il lavoro».

«E noi ci siamo cascati come degli stupidi!» Art diede un calcio ad uno degli schedari: un cassetto si aprì di colpo, cadendo a terra e spargendo alcuni vecchi documenti.

«Stava puntando a questo momento». Harry stava analizzando gli eventi di quegli ultimi giorni. «Si è presentato a Sorenson dopo che avete preso la pietra, dopo che è venuto la prima volta al Ministero, altrimenti non si spiegherebbe il suo cambiamento».

Jay guardò il padre. «Se è così, allora c’è lui dietro l’attacco alla fiera. E’ per questo che è avvenuto prima del previsto».

Harry annuì. «Deve aver raccontato tutto a Sorenson. In questo modo si è messo in una posizione di vantaggio, restando un passo davanti a noi. Scommetto che è stato lui a suggerire la pista che ci ha portati ad Azkaban: lui era l’unica persona che potesse aver accesso alla stanza nascosta nella villa. Recuperare Malfoy e il libro nella confusione della battaglia è stato relativamente facile, considerando che non ha fatto molta resistenza».

Ron aveva ascoltato distrattamente le parole di Harry. Quello che più gli interessava al momento erano le condizioni del figlio: vederlo in quello stato gli provocava una fitta al cuore che difficilmente sarebbe riuscito a placare. La rabbia e la collera che il ragazzo stava mettendo in mostra non era niente in confronto al dolore che, Ron sapeva, si portava dentro.

Le parole di Malfoy ancora gli rimbombavano nella testa: nel futuro in cui aveva lasciato i suoi figli, Sean era morto. Erano riusciti a salvarlo in questo presente, ma nel futuro era morto.

Dolore e rabbia si mischiarono dentro di lui, rischiando di farlo esplodere. Ma prima che questo avvenisse doveva occuparsi di una questione importante: prima di lasciare che tutto ciò che aveva dentro si riversasse su Malfoy, doveva mettere in chiaro le cose con suo figlio.

Si avvicinò, cercando di fermarlo. «Figliolo».

Art sembrava non averlo nemmeno sentito perché continuava imperterrito a marciare per la stanza, le mani strette a pugno e la rabbia mal contenuta.

«Figliolo» chiamò ancora Ron senza successo. Art scoteva la testa, insensibile ai richiami.

«Chris».

«NO!»

Ron gli aveva messo una mano sulla spalla, tentando di fermarlo, ma Art era scattato, quasi scottato da quel contatto. Puntò gli occhi in quelli del padre e la sua maschera si spezzò: ora la rabbia aveva fatto totalmente spazio al dolore e alla disperazione.

«Ce la faremo, Chris» tentò Ron per tentare di placare il dolore che lui stesso stava sentendo.

«No» disse ancora disperato Art. «Tu non capisci». Indietreggiò fin contro la parete, evitando lo sguardo del padre come se avesse paura di vederci delusione o altro. «Ero io. Dovevo morire io, non lui». Ogni parola era una pugnalata al cuore di tutti.

Ron aveva l’impulso di chiedergli cosa fosse accaduto, ma nemmeno voleva forzarlo. Non ce ne fu bisogno.

«Era ancora buio... in quei giorni pareva che il sole non sorgesse mai» Ron osservò con disperazione gli occhi del figlio, mentre questo parlava: spenti... bui... vuoti.

Art fissava un punto indefinito sulla parete davanti a se, come se su di essa fossero incise le parole di un racconto, una tragedia, a cui lui era stato affidato il ruolo di narratore.

«Dov'è Dan?!!........»

«Lily, Emy, restate qui!!»

«SEAN!!»

«Avevamo subito un attacco quel giorno; ci stava braccando come si fa con le bestie, perchè si era reso conto che eravamo allo stremo delle forze».

Jay strinse convulsamente gli occhi, mentre le immagini di quel giorno tornavano anche davanti a lui. Ricordava tutto, esattamente come Art.

«Mamma dov'è andato Sean?... Mamma!!!»

Art scosse la testa. «La creatura attaccò a casa nostra e, non so come, riuscimmo a raggiungere una passaporta nascosta nel cortile e raggiungere la casa di zia Ginny». La voce di Art era poco più di un sussurro, appena udibile; ma per Ron ogni singola frase aveva la stessa intensità di uno strillo acuto.

«Zia, presto la barriera!!!»

«Chris, Sean, Emy!!!»

«Zia dov'è Dan?»

«Quando ci materializzammo nel giardino di casa Potter, ricordo che afferrai la mano di Lily con tutta la forza di cui ero capace; come se in quel modo, nessuno avrebbe potuto strapparla a me. Urlai a Sean di correre dentro casa, mentre io lo seguivo con mia sorella». Il giovane Weasley si copri gli occhi con una mano, strofinandoseli. «Ho chiesto aiuto pochissime volte in vita mia, ma giuro che quella sera, ho scongiurato perchè qualcuno mi aiutasse a proteggerli».

«Io non c'ero». La voce di Jay arrivò alle orecchie di Ron ed Harry: colpevole, come quella di Art. «Ero al ministero, per finire delle ricerche su quel maledetto rituale....volevamo trovare un modo per invertirlo».

«Li avevi affidati a me». Lo interruppe Art, che solo in quel momento spostò lo sguardo dalla parete al cugino. «E io ho fallito».

«No, non è vero». Sussurrò a sua volta Jay, con gli occhi rigati dalle lacrime.

Art urlò. «Si invece!!! Solo....per una stupida ferita!!!!». Colpì il muro dietro di se con un forte pugno e a Ron gli si strinse il cuore ancora di più : dio mio, cosa doveva aver passato?

«Chris, stai sanguinando! Vieni, fammi vedere!»

«No zia, non è niente. Zia, sta arrivando, dobbiamo chiamare gli Auror!»

«Dan è al ministero, dobbiamo avvisarlo!».

«Zia Ginny cercò di tamponare la ferita che aveva sul fianco destro.....ma era molto profonda, e il sangue non si fermava. Sentivo gli occhi terribilmente pesanti».

«Mamma che succede?Il terremoto!»

«E’ lui!»

«Ci crollerà la casa addosso!»

«Dobbiamo mandare un Patronus a Dan, subito!»

«Ci trovò. Con il senno di oggi, sono certo che fu tutta una trappola. Ci voleva tutti quanti, assieme». Art sospirò. «La casa iniziò a tremare, e le pareti presto si incrinarono».

«La creatura?» chiese Harry.

Jay annuì. «Ve l'abbiamo detto, ha poteri terribili... letali».

«Sean ebbe l'idea di mandare un Patronus a Dan, ma sapevo bene che era facile da intercettare e quindi da distruggere». Altre lacrime scesero dal volto di Art che dovette interrompersi per qualche attimo, come per riprendere fiato.

«Sean, non è possibile. Lo individuerebbe subito»

«Vorrà dire che uno di noi la distrarrà, mentre tu manderai il Patronus!»

«Sei pazzo? Non ci pensare nemmeno Sean! Non vi lascerò mai fare una cosa del genere, ne a te, ne alle ragazze e tanto meno a zia Ginny!»

«Chris è l'unica possibilità!»

«Allora lo farò io e voi pensate al messaggio».

«Non avrei mai dovuto accettare! Dovevo fare tutto da solo....e invece.....invece…»

«Lily, Emy restate dentro!»

Emy prese le mani del fratello fra le sue. «Noi siamo con te. Tu pensa al mostro, e noi faremo la nostra parte!»

«Emy?»

«Chris sei ferito! Hai bisogno di noi!»

«Accettai».

La pausa che seguì fece capire a Ron che molto presto avrebbe dovuto ascoltare la parte in cui suo figlio veniva ucciso, e per l'altro iniziava l'inferno.

«Cercai di evitare ogni suo colpo, ogni incantesimo.....era sempre più difficile. Sentivo il dolore aumentare a ogni passo, a ogni mio piccolo movimento. Anche la vista iniziava a giocarmi brutti tiri. Non dovevo pensarci... ma... ero così stanco...»

Gli occhi di Art incrociarono quelli di Ron, come in cerca di comprensione. «Non doveva accorgersi di loro, così tentavo di tenerla il più impegnata possibile... se li avesse visti... ma non è bastato…»

«Chris!!!»

«Attento, levati di li!!!»

«Quando vidi il patrono di mio fratello volare nel cielo, sentiì come se il mio corpo non volesse più combattere... non vedevo più nulla... ne sentivo nulla; nemmeno me stesso».

Fermo, immobile come una statua, gli occhi vitrei.

«Mi sentì solo spintonare violentemente e poi l'odore della terra invadermi le narici». Il corpo del ragazzo iniziò a tremare. «Un urlo... un tonfo... e poi...»

«SEAN!!»

«Sean era a terra, nel punto in cui stavo io... mi aveva salvato da un raggio mortale, sacrificandosi per me».

Si prese la testa fra le mani, disperato.

«Dovevo essere io, non lui. Se non avessi accettato ora Sean sarebbe ancora vivo». Si lasciò scivolare a terra, le lacrime che gli rigavano le guance. «Non ho protetto Sean… non l’ho salvato… abbiamo affrontato questo viaggio… e non è servito a nulla…».

Ron non riusciva a vederlo in quello stato: era qualcosa che un genitore non dovrebbe mai vedere. S’inginocchiò accanto ad Art, mettendogli una mano sulla spalla, cercando di consolarlo. Lanciò un’occhiata ad Harry – anche lui vicino al figlio, preda degli stessi fantasmi – prima di puntare nuovamente lo sguardo su Art.

«Ascoltami».

Art fece molta fatica ad alzare la testa: più che altro aveva una paura folle di vedere la delusione negli occhi del padre. Da quando i suoi genitori erano scomparsi aveva promesso a se stesso di prendersi cura di Emy e Sean, di fare in modo che non gli capitasse nulla.

Aveva fallito.

«Sono un mostro» sussurrò, stringendo gli occhi.

I battiti del cuore di Ron presero ad accelerare: no, questo era troppo!

Strinse maggiormente le mani sulle spalle del figlio, scuotendolo forte.

«Guardami! Guardami bene Chris».

Fu quasi un ordine quello che diede al ragazzo, che faticosamente alzò lo sguardo incrociando gli occhi blu di suo padre.

«Non azzardarti mai più a definirti in quel modo».

 Il tono della voce di Ron si mantenne fermo e risoluto, ma decisamente più dolce; provava dentro di se una rabbia tale, che mai come in quel momento desiderò di avere fra le mani Malfoy per poterlo eliminare nel modo più doloroso possibile. Ma doveva imporre a se stesso di mantenere la calma se voleva aiutare Chris; non poteva permettersi errori in quel momento.

«Chris, tu non sei affatto un mostro. I veri mostri non si fanno prendere dal senso di colpa, non piangono la morte dei loro cari... e non compiono azioni coraggiose, mettendo a repentaglio la loro vita per salvare qualcun altro».

Dal petto di Art proruppe un leggero singulto, mentre due lacrime scendevano a rigargli il viso.

«No» sussurrò. «Malfoy aveva ragione... aveva ragione su tutto. Io dovevo proteggerli e non ci sono riuscito. Non sono riuscito a fare niente! Sono un assassino!».

In meno di un secondo, Art si ritrovò a doversi sfiorare la guancia destra, che bruciava terribilmente, mentre il sapore salato delle lacrime gli arrivava alle labbra.

Ron lo aveva colpito con uno schiaffo.

Jay, fece per scattare verso i due, ma suo padre lo trattenne vicino a se, facendogli segno col capo di restare dov'era. Il ragazzo avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, ma la calma che lesse negli occhi di Harry lo convinse a desistere.

Gli occhi di Art si posarono nuovamente su quelli di suo padre, credendo di trovarci rabbia, odio, e che quello schiaffo fosse una sorta di “condanna” nei suoi confronti per il suo peccato.

Rimase stupito invece, quando tutto ciò che vi lesse non fu altro che dolore e… comprensione? Si, quelli non erano gli occhi di un giudice o di un carnefice, ma gli occhi di un padre disperato, che guardavano il figlio come fosse la cosa più pura e importante del mondo.

«Papà io...»

«Basta... mi si sta spezzando il cuore a sentirti parlare così. Credi davvero che se fosse stata colpa tua Jay, Harry... io... potrei starmene qui, accanto a te, a supplicarti di reagire? A scongiurare che qualche santo o dio, mi aiuti a trovare le parole giuste per poterti aiutare?»

Gli carezzò delicatamente la testa, mentre Chris nascondeva il viso fra le mani.

«Io so chi sei. Sei un ragazzo straordinario che non ha esitato un attimo ad affrontare un difficile e pericoloso viaggio nel tempo per salvare le persone che ama. Sei la persona che mi ha salvato la vita quella notte al porto, mettendo a repentaglio la sua. Che ha fatto di tutto per proteggere il suo fratellino quel giorno alla fiera. Sean è vivo grazie a te... e solo per merito tuo potrà avere quel futuro, che per colpa di esseri mostruosi come quelli la fuori, nel tuo mondo gli è stato negato. Ecco chi sei... un eroe».

«Ma lui era così... buono, speciale! Dovevo morire io, non lui».

Ron lo scosse nuovamente. «Per l'amor del cielo smettila di dire così! La sola idea che uno dei miei figli possa morire è impensabile per me! Qui non stimo parlando di chi doveva morire fra te o lui. Non doveva morire nessuno! E se c'è un colpevole se mai, quello sono io».

«Papà che dici? Non è vero!»

«Si invece. E' compito dei genitori proteggere i proprio figli, e io non sono stato in grado di farlo fino in fondo».

Chris scosse violentemente la testa in segno di disappunto. «Se c'è qualcuno che ci ha sempre protetti quello sei tu papà. Hai dato tutto per noi... sempre. Sia tu che mamma».

«E tu hai dato tutto te stesso per i tuoi fratelli. Mi devi credere perchè è la verità!». Anche la voce di Ron ormai era rotta per l'emozione, che faticava sempre di più a trattenere.

«Come fai a non avercela con me, quando io invece mi sento morire dentro ogni volta che penso a lui?» singhiozzò il ragazzo.

Ron gli sorrise leggermente. «Perchè ti senti morire dentro ogni volta che pensi a lui».

Portò un braccio dietro al collo di Chris, per avvicinarlo a se protettivo, circondandogli le spalle e facendogli nascondere il viso nell'incavo del suo collo perchè si sfogasse.

«Gli volevi bene, e se avessi potuto lo avresti salvato. Purtroppo però a questo mondo c'è ancora tanta, troppa malvagità, e accadono cose terribili contro le quali non sempre siamo in grado di vincere. Siamo solo uomini Chris. L'unica cosa da fare è lottare con tutto se stessi... e tu l'hai fatto».

«Passerà mai? Questo dolore che provo dentro... avrà mai fine?»

Ron sospirò. «Non lo so Chris. Non posso prometterti questo» gli rispose sinceramente, stringendo maggiormente la presa su di lui. «Però posso prometterti che farò di tutto per portarti fuori da qui, e che insieme lotteremo per il futuro di Sean, della mamma e di tua sorella. Non sei solo questa volta».

Chris si scostò dolcemente dall'abbraccio del padre, sorridendo in modo quasi impercettibile. «Quando eravamo piccoli, mamma ci diceva sempre che le bugie non le sapevi dire».

Ron scosse la testa. «No, sono sempre stato una frana in quello. Preferisco una cruda verità, a una stucchevole bugia. Per lo meno puoi lottare per migliorare le cose, anche se si rischia di soffrire».

«Quindi... non mi hai mentito vero?»

«Mai. E ti dico di più: ovunque sia Sean, sono certo che è tanto fiero di te, come lo sono io».

«E io» aggiunse Harry, avvicinandosi. «Siamo fieri di entrambi» continuò, guardando con orgoglio suo figlio.

Anche Jay fece un piccolo sorriso, gli occhi leggermente rossi. «Quindi» aggiunse poi, «cosa facciamo?»

«Dobbiamo aspettare il momento giusto» rispose Harry guardando prima lui poi Ron e Art. «In questo momento si sentono al sicuro. Credono di aver vinto perché hanno tutto quello che gli serve e noi siamo disarmati. Ma ci sarà un momento che avranno la guardia abbassata… e noi dovremo essere abili ad approfittarne».

Ron guardò deciso il figlio. «Non dobbiamo arrenderci». Si alzò, porgendogli la mano. «Sei con me?»

Chris sorrise, prendendogli la mano, alzandosi. «Sempre».

Pochi istanti dopo la porta della stanza si aprì: i due uomini che si erano finti Auror si presentarono con un ghigno stampato sul volto e le bacchette puntate contro di loro. «Avanti, muovetevi».

I quattro li fulminarono con lo sguardo – cosa che fece divertire i due uomini – e s’incamminarono giù per la scalinata di metallo. Proseguirono ancora lungo uno dei corridoi formati da quelle enormi casse di legno fino ad arrivare al centro dell’edificio.

«Lasciatemi! Lasciatemi andare!»

Ron e gli altri spalancarono gli occhi quando videro la figura tenuta stretta da due uomini.

«Hermione!»

«Ron!»

«Mamma

Malfoy, al centro dello spiazzo vicino all’altare, ghignò. «Mi sembrava giusto portare qui anche la mezzosangue. Poveretta, si è data tanto da fare per cercare qualche informazione all’Ufficio Misteri senza successo… ora ha la possibilità di assistere ad un grande spettacolo».

Ron non credeva che un giorno avrebbe provato tanto odio per una sola persona. E fece un grande sforzo per non gettarsi addosso a quell’uomo e fargli sparire quell’insopportabile ghigno che aveva stampato sul volto.

Hermione continuava ad agitarsi cercando di liberarsi dalla stretta dei suoi “guardiani”… cercava di tenere impegnata la mente perché non voleva pensare a quanto fosse vicina alla fine, non poteva.

«Lasciatela» fece con un sorrisetto Malfoy. «Fatela andare con gli altri. A questo punto non possono fare più niente per fermarci, lasciateli insieme».

I due uomini mollarono la presa ed Hermione non perse tempo a correre tra le braccia di Ron che la strinse a sé.

«Stai bene?» le chiese.

Hermione annuì contro il suo petto, stringendosi maggiormente. «Non ho trovato nulla che potesse aiutarci. Ed erano in troppi perché potessi fuggire».

Ron la guardò negli occhi: sapeva che aveva dato tutta se stessa per non cadere nelle loro mani. Fiera e battagliera come sempre. Ebbe l’impulso di baciarla, ma la voce di Malfoy catturò ancora l’attenzione di tutti.

«Signori» fece viaggiare lo sguardo sui presenti, «siamo ad un passo dal cambiare il destino del mondo intero: tra poco ne saremo i padroni e nessuno ci potrà fermare».  Ad un cenno un’altra  figura si avvicinò: era il Malfoy del presente che aveva tra le mani il libro. «Vieni avanti, amico mio» disse l’uomo con le cicatrici, «entrambi abbiano diritto ad assaporare questo momento».

Mentre alzava la mano con la quale teneva la pietra, in modo da tenerla sopra il corpo sull’altare, ben visibile da tutti, l’altro Malfoy poggiava il libro su di un vecchio leggio di legno, aprendolo. Cominciò a leggere la formula, più simile ad una preghiera.

«ZazasZazasNastanada Zazas»

I rumori parvero essere risucchiati; solo le parole di Malfoy era udibili dai presenti, come se la preghiera stessa non permettesse a nessun altro suono di intromettersi.

«ZazasZazasNastanada Zazas»

Il ghigno sul volto piegò in modo raccapricciante le cicatrici: un tenue bagliore apparve al centro della pietra, dapprima minuscolo, poi sempre più intenso, sempre più veloce, come se si stesse risvegliando da un lungo sonno, risvegliato da un luogo lontanissimo.

Ron e gli altri erano incantati da quello spettacolo: era qualcosa di ipnotico, non riuscivano a staccare gli occhi dal quel bagliore che preannunciava qualcosa di grande, immenso… terribile… una forza che nessuno avrebbe dovuto risvegliare…

… Granger…

Hermione spalancò gli occhi: qualcuno l’aveva appena chiamata… ma sembrava una cosa impossibile. Si guardò attorno… arrivando a pensare che forse si era immaginato tutto…

Granger

Fu un attimo. Il suo sguardo si posò sul Malfoy del presente che alzò gli occhi dal libro per un solo istante… un unico istante

Tieniti pronta

Un istante dopo accadde di tutto.

L’uomo con le cicatrici chiuse gli occhi, portandosi una mano alla tempia, una smorfia di sofferenza sul volto, lasciando cadere la pietra sull’altare. Riaprì gli occhi di scatto voltandosi contro l’altro se stesso. «Cosa stai facendo?»

Questi non perse tempo a rispondergli: diede una spinta all’uomo accanto a sé, prendendogli la bacchetta e lanciandola ad Hermione che, ripresasi dallo stupore, l’afferrò al volo colpendo con un incantesimo uno degli uomini che prima la teneva prigioniera.

Gli altri uomini erano ancora distratti dai giochi di luce della pietra e non capirono cosa stesse accadendo, lasciando ad Harry e gli altri l’occasione per reagire.

Il momento giusto.

Con una gomitata Ron si liberò dell’uomo dietro di lui, strappandogli la bacchetta e schiantando l’altro uomo accanto. Prese Hermione per la mano, trascinandola dietro di sé e portandola dietro una delle casse, al riparo. Anche Harry, Art e Jay avevano recuperato delle bacchette: si posizionarono anche loro dietro alcune casse per ripararsi dagli attacchi dei nemici – che alla fine si erano accorti di essere sotto attacco.

Nel frattempo Malfoy aveva trovato la formula giusta sul libro e, al riparo, aveva preso a leggerla.

«SalanahAiunGaiesis»

Dovette coprirsi la testa perché una cassa esplose poco lontano da lui. Alzando lo sguardo incrociò quello furibondo dell’altro Malfoy.

«Cosa ti sei messo in testa!?!»

Gli puntò contro la bacchetta ma prima che potesse fare qualcosa un getto rosso gli passò ad un palmo dal naso. Voltandosi puntò lo sguardo su quello altrettanto furioso di Ron. «Non te la caverai questa volta».

Incantesimi e scoppi riempivano l’aria: casse che esplodevano, detriti che volavano ovunque. Molti degli uomini di Malfoy non erano stati rapidi a rispondere all’attacco e quelli che ci riuscirono dovevano confrontarsi contro la determinazione e la rabbia di Art e Jay, aiutati da Harry e Hermione. I due ragazzi – in special modo Art – stavano dando sfogo a tutto quello che avevano dentro, riuscendo a produrre incantesimi di elevata potenza, tanto che i Sortilegi scudo che incontravano cadevano in pezzi sotto i loro colpi.

Malfoy non si voleva arrendere: era arrivato troppo vicino… troppo vicino per permettere a qualcuno – perfino a se stesso – di mandare a monte il suo piano. Tentava di avvicinarsi al Malfoy del presente per recuperare il libro prima che fosse troppo tardi, ma Ron non gli dava tregua.

Nella mente di Ron viaggiavano senza sosta le immagini di tutto quello che era accaduto in quei giorni: la paura, la disperazione, la rabbia, tutto quello che aveva provato… tutto il dolore che aveva visto negli occhi di Hermione e dei suoi figli… stava riversando tutto quanto sulla persona responsabile. Malfoy.

«Levati di mezzo, Weasley!» gridò Malfoy, lanciando un’altra maledizione.

Ron la evitò. «Non la passerai liscia questa volta, Malfoy! Te lo posso assicurare!». Lanciò un incantesimo che si infranse su di un’altra cassa, frantumandola.

Malfoy ghignò. «Ti sei sempre creduto migliore di quanto non fossi in realtà. Senza Potter e la Mezzosangue non sei nessuno».

«Non ho bisogno di loro per te» ruggì Ron. «Io basto e avanzo».

«SalanahAiunGaiesis»

Malfoy stava per rispondere qualcosa di tagliente ma spalancò gli occhi quando sentì nuovamente la litania. Tutti si bloccarono come colpiti da un incantesimo congelante, gli sguardi puntati sulla pietra: questa aveva preso a brillare più intensamente mentre si librava in aria sopra l’altare. Pulsava di energia, ruotando su se stessa sempre più veloce. Lampi di luce illuminavano a giorno l’intero edificio.

Una luce intensa. Un secondo di silenzio assoluto.

L’esplosione.

E poi… il nulla.

**

Ehi, ricordatevi dei ringraziamenti a EDVIGE86.

 

Ok.

Che ve ne pare?

Ora sarete arrabbiati non solo perché vi ho fatto aspettare così tanto, ma perché concludo il capitolo in questo modo!

Sono perfido, lo so.

 

Spero lo stesso che mi lascerete un piccolo commentino, promettendovi che lavorerò assiduamente sull’ultimo capitolo così non dovrete aspettare la fine del mondo prima di leggerlo.

 

Allora vi saluto, a presto. (Spero)

 

p.s.: un’ultima cosa… non so se ve l’ho detto… forse no… ma ricordatevi di ringraziare EDVIGE86.

 

  
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