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Autore: nitro    09/11/2010    2 recensioni
Può l’amore sbocciare in un terreno arido coperto solo di sangue e dolore? Due cuori, uno che ama soltanto se stesso, l’altro che non sa manifestare i propri sentimenti. Riusciranno a incontrarsi? Riusciranno a migliorarsi a vicenda? Una storia d’amore, quella tra Draco e Asteria, s’intreccerà con i tragici avvenimenti che devasteranno il Mondo Magico.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Astoria Greengrass, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Mangiamorte, Pansy Parkinson
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Tradimento

 
 
La tormenta infuriava fuori dalla finestra della sua stanza a Villa Malfoy. Una tempesta di neve il primo giorno dell’anno non era di buon auspicio per il futuro.
Asteria guardò il suo gufo bianco che spariva tra i fiocchi di neve con una lettera diretta verso le regioni orientali d’Europa.
Le vacanze invernali procedevano fredde e solitarie, le uniche volte in cui aveva messo piede fuori dalla sua stanza erano state il giorno di Natale e la sera precedente, quando aveva fatto gli auguri a sua madre e a sua sorella, a mezzanotte. Quelle erano state anche le uniche occasioni in cui aveva visto Draco; entrambe le volte lui aveva evitato i suoi occhi e si era dileguato ai piani superiori in tutta fretta, curvo nelle spalle. Asteria, dal canto suo, non aveva fatto nulla per andargli incontro e non si era chiesta cosa lo avesse turbato quella sera nel bagno dei prefetti. Era alle prese con un grosso senso di colpa.
Mai come in quegli ultimi giorni aveva pensato tanto a Sasha. Prima di scrivere una parola aveva osservato la pergamena bianca per ore.
Non erano mai stati insieme, ma Sasha aveva più volte lasciato intuire quali fossero i suoi reali sentimenti verso Asteria. Le era bastato uno sprazzo di cielo limpido per dimenticare tutto e tutti e per perdere totalmente il controllo di se stessa.
Non le era mai piaciuto perdere il controllo, a lei piaceva essere padrona della situazione e della sua mente, ma in quel particolare frangente non le era pesato poi molto.
Alla fine aveva glissato su cosa ci fosse stato tra lei e Draco e aveva scritto una banale lettera d’auguri per tutta la famiglia di Sasha.
Due colpi secchi alla porta la fecero sobbalzare.
Andò ad aprire e si ritrovò davanti gli occhi instabili di Bellatrix Lestrange, luccicavano come quelli di un avvoltoio affamato di fronte ad una carcassa abbandonata. La salutò con un sorriso sghembo e la invitò a scendere nel salotto.
Mentre Asteria scendeva, precedendola lungo la scalinata, sentiva il suo fiato sul collo e poteva percepire chiaramente il crudele ghigno che le deformava la bocca. Lunghi brividi percorsero la schiena della ragazza lì dove si posavano gli occhi dissociati della strega.
Sua madre e Narcissa Malfoy le stavano attendendo sedute sulle poltrone di pelle davanti al camino. I levrieri di Lucius corsero incontro ad Asteria con il chiaro tentativo di giocare, ma la ragazza sedò il loro entusiasmo con uno sguardo.
Narcissa si tormentava nervosamente le mani e la fissava con un’espressione contratta.
Kalliope Greengrass si alzò e fece segno ad Asteria di seguirla. Bellatrix corse nelle segrete con una risata stridula, Narcissa non si mosse dalla sua poltrona.
Le segrete di Villa Malfoy erano tetre e fredde, emanavano un cattivo odore di umido stantio. Asteria fu condotta nella sala in cui solitamente si svolgevano le riunioni. Gli insani gridolini di Bellatrix enfatizzavano l’eccitazione palpabile che aleggiava nell’aria. Kalliope la afferrò per un braccio e la guardò dritta negli occhi.
- Il Signore Oscuro ha chiesto di incontrarti. -
Il cuore di Asteria perse un paio di battiti e faticò a rimettersi in marcia.
- È un grande onore per la nostra famiglia che tu sia stata scelta per servirlo! Mostrati fiera del tuo sangue puro, ma mantieni sempre un atteggiamento posato e prostrato. Non guardarlo negli occhi se lui non ti chiede di farlo. Bellatrix ti accompagnerà. - le fece indossare un mantello lungo e nero con un cappuccio a punta che oscurava il viso di chi lo portasse.
I pensieri di Asteria vorticarono nella sua testa e le fecero quasi perdere l’equilibrio. La sua prima reazione fu di paura, stava per essere data in pasto a un essere egoista e affamato di potere ed Asteria non era pronta ad affrontare le sue richieste. Non aveva mai pensato che qualcuno l’avesse costretta a schierarsi, proprio lei che di posizioni non ne voleva prendere affatto. Poi si rese conto che c’era qualcosa di molto peggiore del volere deviato di Voldemort: il volere di sua madre. Kalliope era pronta a perdere anche sua figlia per i suoi ideali. Sua figlia era sacrificabile per la causa.
Kalliope non guardava mai negli occhi Asteria, se non quando le rivolgeva sguardi di disapprovazione, e per fortuna in quel momento era impegnata ad aggiustare il mantello della figlia e non si accorse della disperazione e dell’odio profondo che serpeggiava nelle iridi nocciola di Asteria.
Sul lungo tavolo per le riunioni c’era un bastone d’avorio con un teschio d’oro incastonato a formare il pomolo. Era la passaporta che la avrebbe condotta da Voldemort.
Asteria indugiò alcuni istanti, arrovellandosi per sfuggire al suo destino, ma non ne ebbe la possibilità. Bellatrix afferrò la sua mano rudemente e la portò sul teschio. La sala si accartocciò su se stessa e sparì.
Dopo un istante di buio, la luce ferì gli occhi di Asteria e le rivelò una distesa di neve.
Il vento alzava grossi mucchi di ghiaccio che si mischiavano con i fiocchi più morbidi che non avevano ancora sfiorato il terreno. Un grosso albero torreggiava innanzi alle due streghe.
Asteria non capì di che albero si trattasse a causa dell’assenza di foglie e della neve che aveva coperto rami e parte del tronco, là dove era sferzato dal vento.
Bellatrix toccò con la bacchetta un nodo del tronco e immediatamente si aprì una piccola botola ai loro piedi. Gli occhi della Lestrange erano ormai fuori controllo da tanto erano eccitati.
- Ho visto giusto. Asteria è una strega eccezionale, il mio nipotino me l’ha confermato. Ho avuto ragione a farla tener d’occhio. – parlava da sola e pregustava il momento in cui il suo signore la avrebbe ricompensata per il buon lavoro.
Il cuore di Asteria si fermò con un tonfo.
Bellatrix rise ancora una volta e spinse la ragazza dentro la botola.
Asteria cadde nel vuoto e ruzzolò a terra poco più sotto. La testa le doleva e faticò a riaprire gli occhi, ma la sua mente correva veloce. Ecco il motivo per cui Draco la aveva interrogata su Durmstrang, ecco il motivo per cui Draco aveva chiesto perdono. La aveva spiata e poi consegnata a due pazzi.
A poco a poco le sue pupille si abituarono alla semioscurità della stanza. C’era un odore di acredine e legno marcio che le fece girare la testa. Un'unica fiammella a mezz’aria, posta al centro, emanava una luce rossa e fioca.
In fondo alla stanza, seduta su una sedia di legno impolverata, c’era una figura incappucciata, immobile.
- Benvenuta Asteria Nymphea Greengrass. Togli il copricapo. -
La voce sembrò provenire dall’oltretomba, era bassa e nasale.
Asteria era pietrificata ma obbedì all’ordine ricevuto e lasciò che i suoi capelli le ricadessero sulle spalle.
La figura si alzò e tolse a sua volta il copricapo.
La ragazza fu costretta a trattenere il fiato per non urlare alla vista di quell’orrore. Quel viso non aveva nulla di umano. Era uno scalpo con due fessure fine al posto delle narici e una leggermente più grande al posto della bocca. Non c’erano labbra, non c’erano guance. Il colore grigiastro della pelle era interrotto soltanto da due enormi occhi rossi serpentini. Si mosse con una lentezza incredibile e parlò con altrettanta pacatezza.
- Ho udito che a Durmstrang ti sono state insegnate le Arti Oscure. Ho bisogno di gente capace nel mio esercito e tu mi sembri una candidata adatta. -
Voldemort avvicinò la ragazza di qualche passo. Ogni fibra del corpo di Asteria era tesa e rigida. La lentezza dei movimenti del mago lasciava trapelare la sua pericolosità, sembrava un serpente placido e sinuoso ma pronto a scattare e a infliggere un morso velenoso che non lasciava scampo.
La figura cominciò a girare intorno alla fanciulla, levitava lentamente e osservava ogni piccolo movimento o sussulto della sua ospite. Completò il giro e si fermò a pochi passi dall’esile corpo della strega.
Asteria rimase ferma, cercando di prepararsi a un eventuale attacco, ma si lasciò distrarre da alcuni movimenti che provenivano da dietro il Signore Oscuro. Mise a fuoco la sedia di legno e si accorse che ai suoi piedi giaceva una coperta lurida. La pezza si mosse debolmente e alcuni lamenti invasero la stanza silenziosa. Una mano bluastra si liberò da quella coltre e afferrò l’aria vuota con disperazione.
Voldemort rise cinicamente e fece volare la coperta con un colpo di bacchetta.
Asteria cominciò ad ansimare, l’aria che inalava le sembrava un gas velenoso. L’odore che prima aveva soltanto percepito ora la investì come una frustata. L’acredine proveniva dal corpo nudo di un mago disteso a terra.
- Questo è cio che accade a chi non svolge propriamente i miei ordini. -
Un altro colpo di bacchetta e la debole fiammella intensificò la sua luce, scoprendo uno spettacolo disgustoso.
Il corpo del mago stava lentamente scivolando dentro all’enorme bocca di un grosso serpente verdastro.
Asteria provò a urlare ma appena aprì la bocca fu costretta a richiuderla per placare i conati di vomito che la scuotevano dall’interno. Voleva distogliere lo sguardo ma non ci riuscì. Per un tempo indefinito Asteria osservò il pasto dell’animale e ascoltò i lamenti strazianti della vittima, finché non rimase fuori dalle fauci soltanto un avambraccio umano. Il marchio nero spiccava macabro sulla pelle traslucida, ormai cadaverica.
Voldemort ghignò, quello spettacolo rappresentava un valido avvertimento per chiunque vi avesse assistito e Asteria pensava la stessa cosa.
Era ancora sconvolta, quando il mago le parlò con la solita disarmante pacatezza.
- Ho grandi progetti per te, ma prima che te li illustri, lascia che ti doni il mio marchio. Simbolo della tua fedeltà. -
La manica larga del mantello nero si aprì e lasciò scoperto il braccio sinistro della fanciulla.
La punta fredda della bacchetta di Voldemort si posò sulla sua pelle candida.
Nella mente della ragazza mulinavano poche parole. “Il marchio nero sarà il simbolo della mia schiavitù”.
Gli occhi del signore oscuro brillarono sinistramente.
“No!”
La fessura che occupava al posto della bocca si spalancò.
“No!”
- Morsmor… -
- No! –
Asteria urlò con tutte le sue forze e ritrasse il braccio dalla bacchetta, facendo un paio di passi indietro.
Non avrebbe accettato di combattere per la sete di potere di qualcun altro. Giudicava la vita troppo breve per trascorrerla a realizzare i sogni altrui.
Proprio sulla brevità della vita si fermarono i suoi pensieri. Aveva appena sfidato un essere privo di compassione. La ragazza rimase immobile, incapace di pensare, aspettando il proprio destino.
Il dolore arrivò intenso e straziante. Le pene provocate dalla maledizione Cruciatus le laceravano il petto e le annebbiavano la mente.
Il suo fragile corpo fu sollevato in aria e torturato per lunghi minuti, poi il dolore cessò. Subdolo com’era arrivato.
Asteria cadde a terra.
In pochi istanti, l’istinto di sopravvivenza della ragazza reagì e fece l’unica cosa che avrebbe potuto salvarle la vita.
Gli anni di Quidditch la aiutarono ad alzarsi con agilità e a girare velocemente su se stessa. Probabilmente il luogo era stato protetto con un incantesimo anti – materializzazione, ma era l’ultima e l’unica speranza di uscire da lì.
L’incantesimo non c’era, il Signore oscuro aveva peccato di presunzione e aveva ritenuto impossibile che qualcuno si materializzasse nelle sue vicinanze.
Mentre la stanza vorticava su se stessa, un lampo di luce verde sfiorò la spalla di Asteria.
L’odore nauseabondo fu sostituito da una fragranza dolce e fresca. Resina e ghiaccio impregnarono le narici della ragazza che cadde in un mucchio di neve, al limitare di una foresta di conifere.
 
Assaporò per alcuni istanti la freschezza della neve sul suo viso e gli odori familiari che rinvigorivano le cellule del suo corpo.
Si mise a sedere e appoggiò la schiena contro un grosso abete.
Respirò a fondo finchè il suo sangue non fu saturo di ossigeno e si calmò lentamente, massaggiandosi le tempie.
La casa che si ergeva nella vallata di fronte a lei era ricavata da un’enorme zucca gialla. Se fosse passato di lì un Babbano non avrebbe visto altro che una sterminata distesa di neve dipanarsi dal bordo della foresta, ma Asteria riusciva a vedere le luci che illuminavano l’interno della casa e le figure che si muovevano felici tra una finestra e l’altra.
Quando i battiti del suo cuore riacquistarono un incedere normale, si alzò lentamente e barcollò, con un’andatura resa instabile dalla tortura subita, fino al pianerottolo d’ingresso.
Suonò il pittoresco campanello a forma di calderone e attese.
La porta si aprì facendo uscire un tepore rassicurante e un concitato chiacchiericcio.
- Asteria?! -
Un ragazzo sui vent’anni, con un grosso naso arrossato dall’alcool, le sorrise basito.
- Ciao Boris! -
Il ragazzo la trascinò nel soggiorno, dove fu sommersa di abbracci e auguri di buon anno. Sasha riuscì a trascinarla fuori da quel delirio famigliare rinvigorito dall’Acqua di Fuoco e a portarla in un luogo più sicuro. La sua camera era esattamente come Asteria la ricordava, troppo piccola per un ragazzo di un metro e novanta e troppo disordinata. Le pareti erano foderate di poster della nazionale di Quidditch della Bulgaria e il pavimento era coperto da vestiti e libri.
Sasha spostò due grosse pile di magliette sporche dal letto e fece accomodare Asteria.
- Sei il regalo più bello di queste vacanze invernali! Ecco il modo migliore per iniziare un nuovo anno! -
La abbracciò stretta e Asteria si lasciò cullare dalla familiarità delle sue lunghe braccia. Da mesi non si sentiva così rilassata, ma Sasha non le permise di rimanere in quel piccolo universo rassicurante, si ritrasse subito e la scrutò in volto.
- Perché il tuo mantello è stracciato? Che cosa diavolo ti è successo? -
Asteria si ricordò del mantello da Mangiamorte che portava. Lo tolse con ribrezzo, come se fosse qualcosa di viscido e lo fece evanescere.
Si stupì quando vide la macchia di sangue che si allargava sulla sua spalla.
- Sei ferita! Aspetta che chiamo mia madre. -
Afferrò Sasha per la manica e lo costrinse a sedere. Il taglio si scorgeva sotto la lacerazione che rovinava la sua felpa blu, non era nulla che pretendesse l’attenzione di un Guaritore.
- Tu-Sai-Chi mi ha punita. Ho rifiutato il Marchio. -
Il ragazzo si passò la mano tra i lunghi capelli neri e aggrottò le sopraciglia.
Asteria rivisse l’incubo in cui era stata gettata e tremò come una foglia. Sasha le appoggiò una mano sul braccio e la costrinse a guardarlo.
- Hai rifiutato il Marchio? Sei impazzita? -
Asteria si irrigidì, non aveva ancora realizzato con esattezza le conseguenze delle sue azioni. Voldemort le avrebbe dato la caccia finché non avrebbe ottenuto la sua vendetta.
Guardò gli occhi di Sasha e anche le sue sopraciglia si contrassero.
I suoi occhi esprimevano quello che le parole non le avevano fatto capire. Dagli occhi del giovane non traspariva preoccupazione per l’amica, ma disapprovazione.
- Hai rifiutato l’opportunità di poterti unire all’esercito che rimetterà i Babbani finalmente al loro posto? –
Il petto di Asteria si lacerò provocandole un dolore simile a quello della maledizione senza perdono che la aveva colpita.
Scrollò il capo, incredula delle parole che aveva udito e dell’espressione del suo migliore amico. Uscì dalla camera correndo e si precipitò giù dalle scale e fuori da quella casa.
Aveva creduto che quello fosse un luogo felice e sicuro ma si ritrovò a scappare anche da lì.
Fece un giro su se stessa e scomparve.
Nella sua mente visualizzò l’unico posto, oltre ad Azkaban, da cui i Mangiamorte si tenevano lontani: Hogwarts. L’agitazione e la poca concentrazione con cui aveva eseguito la smaterializzazione le fecero dimenticare i potenti incantesimi che proteggevano il castello.
Uno scuro velo di nebbia le impediva di visualizzare un punto dove materializzarsi. Le tempie le dolevano e la concentrazione le venne meno. Si materializzò ad alcuni metri da terra, l’incantesimo non le riuscì del tutto. Con un urlo strozzato guardò la sua gamba che prendeva un’angolatura innaturale e si spezzava, risucchiata dal vortice. Il suo cervello non riuscì a sopportare lo stress e il dolore, chiuse tutti i ponti verso l’esterno e precipitò in un pozzo buio.
Anche il corpo inanimato di Asteria precipitò rovinosamente a terra.
 
Un turbinio di immagini buie sfrecciò nella testa di Asteria provocando un dolore insopportabile. Tormentavano le sue tempie come lampi di buio e non le permettevano di svegliarsi.
Una piccola luce lottò contro l’oscurità e con pazienza aiutò la ragazza a tornare nel mondo reale.
Gli occhi scuri non furono costretti ad abituarsi alla luce, perché questa stava lentamente scemando in un rosso rubino che annunciava la fine del giorno. La notte stava calando sulla Foresta Proibita.
Asteria ascoltò le sensazioni del suo corpo che le lanciavano preoccuparti segnali di allarme. La gamba era sicuramente rotta e giaceva scomposta su un letto di foglie, la spalla sanguinava copiosamente, il taglio provocato dalla maledizione di Voldemort era diventato più profondo. Non c’erano altre ferite evidenti, ma dal modo in cui le dolevano i muscoli, era sicura che ci sarebbe voluto poco tempo perché grossi lividi le macchiassero la pelle.
Fece leva sulle braccia e trattenne un urlo per il fortissimo dolore alla spalla, riuscì ad appoggiarsi a un tronco. Si fermò per qualche istante e respirò a fondo, aspettando che il dolore scemasse almeno un po’. La spalla continuava a pulsare e a sanguinare, ma riuscì a strisciare sulla superficie del tronco e a rimettersi in piedi. La gamba rotta pendeva come un ramo spezzato e l’altra teneva su a fatica il corpo di Asteria.
La ragazza si guardò intorno ma l’oscurità le impediva di vedere dove si trovasse esattamente. Sagome scure e inquietanti si allungavano verso il cielo ed altre, più eteree, strisciavano sul terreno.
La mente della ragazza provò a convincerla che quelle sagome inquietanti in realtà erano solo alberi e che a strisciare sul terreno erano solo le loro ombre. L’angoscia le attanagliava i polmoni e la costringeva a pensare agli ultimi avvenimenti. I visi delle persone che la avevano tradita le passarono davanti agli occhi e la derisero.
Asteria si ribellò e le fece scomparire con un gesto furioso della mano. Staccando la mano dal tronco aveva abbandonato il suo unico appiglio, ricadde con un tonfo e atterrò sulla spalla ferita. Un urlo di dolore lacerò il silenzio macabro di quella foresta.
Un pensiero le balenò in mente, forse un lupo sarebbe riuscito a vedere in quell’oscurità e sarebbe riuscito a trascinarsi nel sottobosco con più facilità. In fondo camminare su due zampe, sarebbe stato più facile che saltellare su una.
Raccolse tutte le forze che le rimanevano e chiuse gli occhi. La trasformazione le provocò nuovi dolori agli arti feriti, ma quelli sani diventarono più agili. Si alzò e cominciò a barcollare goffamente tra un albero e l’altro. I suoi occhi animali le permettevano di vedere dove metteva le zampe e il suo fiuto, finemente sviluppato, la aiutava ad orientarsi nel sottobosco intricato.
Non era sicura della direzione da prendere ma il suo istinto le indicò una direzione ben precisa.
Camminò per ore senza fermarsi, la spalla ormai sanguinava abbondantemente e le forze iniziavano a venirle meno. La testa le girava come una foglia trascinata dal vento, i suoi unici pensieri erano concentrati sul terreno che aveva di fronte a se e sul rimanere sveglia e vigile. Altri pensieri però bussavano al suo inconscio, erano spiriti maligni che cercavano di trascinarla nell’abisso. Asteria li caccio fuori e aumentò il passo. Man mano che si affrettava, però, i battiti del suo cuore si facevano sempre più veloci e un pericoloso senso di angoscia si stava facendo strada in lei. Ad ogni passo gli attacchi degli spiritelli diventavano più forti e i dolori più intensi, ma lei continuava a sfuggirli e a lasciarli alle sue spalle.
Improvvisamente vide una piccola luce bianca, danzava a destra e a sinistra come il faro di una boa in mezzo al mare.
Asteria si sospinse verso quella stella di salvezza ma più si avvicinava ad essa più questa si faceva lontana e fioca.
La sofferenza e l’affanno le annebbiarono la vista, impedendole di vedere dove metteva le zampe. Inciampò in una grossa radice e cadde.
Gli spiriti, che era riuscita a lasciarsi alle spalle, la raggiunsero e riuscirono a infestare la sua mente.
Il viso di Kalliope Greengrass la guardò altezzoso e deluso. I suoi occhi di ghiaccio la trafiggevano come lame e le lasciavano addosso una scia di fuoco. Il calore e le fiamme le riportarono alla mente gli occhi color dell’almandino di Sasha. Quelle iridi castane non le infondevano calore e rassicurazione ma fiammeggiavano di disapprovazione e tacite accuse.
Asteria non riuscì più a combattere i suoi spettri; l’ultimo fantasma, il più ingombrante e doloroso, la raggiunse spietato e implacabile.
Draco la guardava e rideva, il viso era contratto in una maschera di pura malignità. Il corpo gracile di Asteria tremò a fondo, i forti scossoni scavarono più a fondo le ferite aperte. La ferita che più le doleva era però incisa in un angolino del suo cuore. I sentimenti, che Draco le aveva fatto provare negli ultimi mesi, sia quelli dolci che quelli amari, si stavano contorcendo in preda alla rabbia. La loro essenza si stava sciogliendo in un liquido denso e scuro. Il cuore pompava quel fiume di dolore in ogni vena e in ogni capillare del giovane corpo.
Ogni centimetro della pelle le bruciava, il sangue sembrava voler liquefare le pareti in cui era costretto come se fosse acido.
Gli occhi di Draco si scurirono e si dissolsero in una nebbia sepolcrale mentre Asteria smetteva di combattere contro il suo cuore.
Chiuse gli occhi e non sentì più nulla. Quelle sensazioni, quei sentimenti non l’avrebbero più tormentata perché ormai erano usciti dal suo cuore e non ci avrebbero più fatto ritorno. La dura corazza di roccia che li aveva imprigionati per tanti anni si era sciolta al loro passaggio ma si era riformata più spessa di prima.
 
 
Risposte alle recensioni:
 
poppi: ciao!! Grazie degli auguri! Ecco che arrivano i problemi che hai previsto..spero che anche questo capitolo ti piaccia!
 
GenGhis: Ciao! Ti ringrazio moltissimo..continua a seguirmi! :) 

   
 
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