When the last candle burns high
oh it's
time for life
Gli dei di Shavanna avevano
mantenuto fede al patto, i ghiacci si erano ritirati e il sole era tornato a
scaldare le immense pianure di Bansor. Gli alberi
millenari della foresta di Dayallen avevano
risollevato il capo e le chiome rigogliose ai nuovi raggi. Il verde smeraldo
della speranza aveva rincuorato gli animi oppressi del popolo ed era sbocciata
improvvisa persino la voglia di cantare. Come un fiume in piena i fiori avevano
inondato il paesaggio e i primi timidi sorrisi i volti degli uomini stanchi del
buio e lungo e freddo inverno appena concluso. Anche il pensiero della guerra,
ancora imminente e spaventosa, come un'ascia sospesa sopra la testa, sembrava
passare in secondo piano di fronte allo splendore e alla magnificenza della
natura, che insensibile ai problemi degli uomini, tornava ogni anno a rinascere
imperturbabile dalle proprie rovine.
Quell'anno poi, tutto sembrava ancora più maestoso, più
allegro, più giusto. Quello non solo era il giorno della festa più importante
dell'anno, ma anche quello in cui sarebbe iniziata una nuova era. Un'era di
prosperità, di sicurezza e di giustizia. L'era della speranza, l'era del sogno,
anzi, l'era della certezza che la pace sarebbe presto tornata.
La città era in fermento, le vie erano stracolme di persone
di tutte le razze e colori, la lunga strada che conduceva verso al foresta di Dayallen era bloccata
dall'enorme folla di curiosi che si stavano dirigendo alla ricerca di un
posticino da cui poter osservare
Quell'anno Tutti avrebbero partecipato. Nessuna eccezione.
Le quattro più importanti sacerdotesse dell'impero avrebbero concelebrato la
Festa d'Estate. Gaya, gran sacerdotessa della Madre
Terra e custode delle misteriose creature che popolano la foresta, Ariel,
figlia prediletta del dio dei Draghi del Vento, e Arwen,
Signora della Sacra Fiamma di Farsin. Persino Ashya, la schiva e misteriosa regina dei ghiacci perenni di
Stayanell e delle limpide acque di Shavanna, quell'anno aveva deciso di presenziare.
La Festa dell'Estate cadeva il giorno di Gaweyn,
il giorno più lungo dell'anno. Il giorno in cui la vita esplode in tutta la sua
fierezza, la festa della Terra. Quando la Vita stessa festeggia il suo trionfo
per le strade, in mezzo alla gente, bagnandosi e stordendosi di musica e di
folla. Ed era in quel tripudio di anime e colori che quel giorno sarebbe stato
celebrato, non solo il Rito, come ogni anno, ma il Sommo Rito. La celebrazione
più importante di tutte, quella in cui le quattro Gran Sacerdotesse del Regno
avrebbero castato l'incantesimo più potente,
richiamando dagli altri piani le forze dei sovrani elementali
per chiedere finalmente l'arrivo di una pace duratura, benedendo
un'incoronazione imperiale o sancendo un'unione regale...
Nel mezzo dell'immensa radura, al centro dell'antico cerchio
di pietre i futuri nuovi sovrani di Bansor attendono
in silenzio l'arrivo dei cortei delle celebranti. Sono abbigliati in maniera
sontuosa, come vuole la lunga tradizione degli uomini e come impone la
maestosità del rito. Lei indossa uno sfarzoso abito in velluto bianco ricamato
con oro e gioielli. Gli stessi gioielli che le adornano le ciocche scure
raccolte in un'elaborata acconciatura. Al collo uno sfavillante collier e ai
polsi due bracciali identici. Lui, al suo fianco, porta come d'abitudine
l'armatura, ma non la solita, vecchia e consunta dalle molte battaglie, una
nuova e luccicante, intarsiata in oro e argento.
Illuminati dalla luce del sole, a picco sulle loro teste,
sembrano quasi due divintà...
Tra la folla assiepata ai lati della radura un bambino di
pochi anni cerca invano di farsi strada tra la folla per poter assistere allo
spettacolo. Ha finalmente quasi raggiunto il suo scopo quando davanti a lui si
para un enorme cavaliere in armatura e con un lungo mantello nero che gli
scende fino ai piedi.
"Oggi è un giorno di festa" pensa "... e nei
giorni di festa tutti sono felici e quando la gente è felice è anche
gentile!"
Strattona allora con le piccole mani il lungo mantello che
al tatto gli sembra innaturalmente caldo...
Ci vogliono alcuni minuti però perchè
l'uomo si accorga di lui. Abbassa lo sguardo scocciato e osserva immobile per
alcuni secondi il bambino guardarlo con occhi supplici.
-Non vedo nulla, signore... Mi prende sulle spalle?- il
bambino ha un brivido, mentre quegli occhi di brace si posano stupiti su di
lui, tuttavia tentar non nuoce...no? Si rassicura.
-Non ci penso nemmeno- E con questo si volta brusco,
oltraggiato, per inoltrarsi a grandi passi nella folla che stranamente si apre
docile al suo passaggio, lasciandolo lì, senza parole.
Come si è permesso
quel microbo!
Ma lo sa con chi stava
parlando?!?!?
Quella piccola e
insignificante scintilla di vita umana incatenata al tempo che scorre.
Io neanche lo conosco
il tempo, queste sono faccende loro.
I concetti di ieri,
oggi e domani, non mi sono nemmeno propri.
Non mi servono.
Io sono.
Da sempre e per
sempre.
Per esempio guardando
quei due laggiù posso dire che ieri erano dei bambini che correvano per queste
stesse strade, questi stessi campi, questi medesimi sentieri. E poi un giovane
e una fanciulla, lontani sulle strade di questa terra
devastata dalla stupida guerra degli uomini, impegnati a combattere insulse
battaglie e a crescere per un futuro che non era certo, ma nel quale
inspiegabilmente credevano ostinatamente.
Oggi sono un uomo e
una donna abbigliati scomodamente, qui, a chiedere di benedire la loro unione e
questa pace ritrovata, già... ma per quanto poi....
Domani... domani...
che ironia...sono solamente uomini...
Il guerriero sorride lasciando correre lo sguardo su quella
folla immensa, ma presto una punta di amarezza intacca la sicurezza di quel
viso.
-Piantala con queste sciocchezze Alyster.-
Una donna gli si fa accanto, richiamando con
quell'affermazione impertinente l'attenzione del cavaliere.
Ha tanto l'aria di una madre di famiglia, di una grande
famiglia, guance rosse, capelli raccolti, grambiule
perennemente imbrattato di farina, maniere brusche di chi ha sempre qualcosa da
fare, linguaggio semplice e sensato.
-Non cambierai mai. Sempre impulsivo e arrogante.- Sorride, facendoglisi accanto e
scostandolo di lato per poter avere una buona visuale sulla radura davanti a
loro. -Sai benissimo che non sono così diversi da noi. Quel minuscolo bambino
che ti ha chiesto di salirti sulle spalle è persino della tua medesima opinione
su quegli ingombranti e scomodi abiti...- Con un cenno
della testa indica la coppia ancora in attesa. -Sono solamente mortali,
fallibili e costretti a vivere nel tempo.-
-Dici poco...- risponde l'uomo
sarcastico.
-Io li invidierei, se potessi...-
torna a sorride saggia la donna, per niente intimidita.
-Io li invidio invece- Risponde con voce cristallina una
bellissima fanciulla appena spuntata dalla folla che si accalca sempre più
numerosa. Ha dei lunghissimi e fluenti capelli di un colore indefinibile e due
occhi blu come il mare. Un leggero vestito le copre le forme snelle ma morbide
e i piedi sono scalzi. Un sorriso furbo le adorna le labbra. Tra le braccia
bianche e sottili stringe lo stesso bambino di poco prima e, dopo avergli dato
un leggero bacio sulla guancia, lo appoggia con naturalezza sulle enormi spalle
del cavaliere che sbuffa ma non osa più protestare.
Fa una giravolta e ride cristallina, mentre i gioielli che
porta alle braccia e alla caviglie tintinnano
argentini.
-Mi sento strana, era così tanto tempo...-
e sorride all'altra donna pronunciano quell'ultima parola -...che non tornavo
qui. L'eternità in fondo non è questa gran cosa... Mi annoia.-
-Del resto tutto è più bello quando sai che può essere la
fine da un momento all'altro. Quando sai che niente è definitivo e tutto
cospira perchè tu ti possa godere la vita attimo per
attimo...- La voce è profonda, chiara e forte,
nonostante provenga da un vecchio sottile e fragile, ricoperto di stracci che
sorride sereno agli altri tre mentre li raggiunge.
Il bambino, dall'alto della sua posizione privilegiata
sembra incuriosito più dal male assortito gruppo attorno a lui che dal centro
della scena.
Tutti possono senza dubbio vederli, ma nessuno tuttavia
sembra guardarli veramente. Eppure un quartetto così particolare, che parla con
tranquillità di cose tanto strambe in mezzo quella folla? Come può passare così
inosservato?
Vada per il vecchio vestito di stracci e la signora sporca
di farina, ma quel guerriero così imponente e quella fanciulla così bella?
Bo', a volte gli adulti gli sembrano così sciocchi...
Ciechi, se non altro.
Tuttavia presto l'attenzione del bambino viene catturata dal
suono di una musica lontana, stanno finalmente arrivando i cortei.
Su tutta la folla cade uno strano silenzio denso di
aspettativa.
Accompagnate da musiche di flauti e campanelli si odono
sempre più distintamente una miriade di voci. Un coro lontano farsi sempre più
vicino, è difficile distinguere da dove provenga, se dalle montagne del nord,
dai deserti del sud, dalle foreste a est o dall'oceano a ovest.
Il cerchio di pietre di Dayallen è
il Centro.
L'ombelico di Ethernia...diceva un'antica poesia dalle origini sconosciute.
Ad ogni secondo che passa la nenia diventa sempre più forte;
contemporaneamente dalle quattro strade che si incontrano nell'ampia radura
fanno la loro comparsa le quattro somme sacerdotesse, seguite dalle proprie
ancelle e le voci, ancora provenienti da ogni angolo, si mischiano a formare un
unico immenso coro.
E' una canzone antica, una lingua ormai incomprensibile ai
più, una nenia lenta e ipnotica. E poi i toni si alzano, ora è una canzone
allegra, divertita, un girotondo di note e risate, all'improvviso diventa la
marcia trionfale di un esercito che ha vinto la sua più grande battaglia, ora è
una fuga ad alta tensione, una corsa, sempre più veloce, sempre più alta,
sempre più precipitosa, i cuori scalpitano e il respiro è trattenuto, e poi
come un rombo di tuono a chiudere tutto nel silenzio più totale.
Le quattro donne sono ormai una di fronte all'altra al centro
della radura, intorno ai due sovrani. Si scambiano uno sguardo, il sorriso di
sorelle che non si vedono da secoli; ma non è il momento per i convenevoli.
Chiudono gli occhi e alzano le braccia al cielo con un gesto
solenne e, mentre tutti pendono dalle loro labbra, iniziano sottovoce il loro
richiamo.
-Adesso basta. E' ora di andare...-
E con questo il cavaliere si toglie bruscamente il bimbo
dalle spalle appoggiandolo malamente a terra, mentre la fanciulla si china per
salutarlo con un bacio e una carezza.
-Ciao ciao, piccolino!- Trilla, mentre in una scia di
campanelli si affretta a seguire gli altri senza più voltarsi, perdendosi come
una visione tra la folla.
Una ad una le somme sacerdotesse si
voltano verso l'enorme spiazzo che divide il gruppo dalla folla di spettatori.
E' lì che avverrà la magia, è lì che appariranno.
L'aria è immota, la tensione è palpabile, il silenzio denso
di aspettativa...
D'un tratto, come le labbra sottili di Ashya
si chiudono in un sorriso, un brivido gelido corre lungo la spina dorsale di
tutti i presenti e in un vortice d'acqua apparso come dal nulla, un movimento
elegante, un gesto fluido, e Shavanna fa il suo
ingresso sulla scena. Maestosa ed elegante, la signora di tutti gli oceani
incombe sulla folla nella sua gigantesca forma di antico drago delle acque.
Sembra si stia ancora stiracchiando quando anche Ariel conclude la sua parte
d'incantesimo. In quel preciso istante le chiome degli alberi iniziano a
rumoreggiare, le foglie si sollevano, le ampie gonne e gli eleganti mantelli
iniziano a svolazzare sempre più forte. Un vento impetuoso proveniente dalle
pianure dell'ovest costringe i più a chiudere gli occhi e a ripararsi con le
braccia dalla polvere sollevata. Poi, d'incanto, tutto finisce improvvisamente
come era cominciato e sulla pianura c'è il signore dei draghi del cielo,
imponente e spaventoso, accovacciato davanti alla sua figlia prediletta. Ora è
il turno di Arwen, somma sacerdotessa della Sacra
fiamma di Farsin, per trascinare su questo piano il
suo signore. L'aria si scalda, ancora prima che l'ultimo verso sia concluso.
Mentre le ciocche di fiamma di Arwen si agitano come
se avessero preso vita. Il re dei draghi di fuoco è impaziente di entrare in
scena. Le foglie a terra iniziano a sfrigolare e scie di fuoco che paiono
provenire direttamente dall'inferno si incontrano generando un rombo spaventoso
che, come un'esplosione terrificante, lascia tutti tramortiti. Un ghigno
soddisfatto sembra aleggiare sul volto terribile della creatura rovente di
fiamme che un attimo dopo, osserva la folla spaventata ai suoi piedi.
Gaya è l'ultima a concludere.
Abbassa le braccia lasciando correre lo sguardo verso un punto lontano, oltre
la radura proprio dove iniziano le prime colline. La folla si apre mentre
un'intera montagna inizia a muoversi, l'ultima invocazione è stata pronunciata
e l'ultimo dei grandi signori degli elementi è stato risvegliato.
E' Garyen, signora della terra e
della vita, che stiracchiandosi il lungo collo inorpidito,
smette i panni dell'immensa collina per tornare pian piano a prendere la forma
nell'enorme corpo del grande drago della terra, e si fa incontro alla gente in
attesa.
E ora sono lì. Tutti e quattro, i signori degli elementi, i
signori delle stagioni, i signori dell'esistenza. Esseri eterni e senza tempo.
Tutti lì a scrutarli, a decidere di loro e della loro vita. Elien
si sente quasi venir meno, sopraffatta dalla tensione, imprigionata in quegli
abiti così scomodi che la impacciano nei movimenti che le rendono difficile
persino il respirare.
Un solo cenno, un solo sospiro e tutto è finito. Non ci sarà
pace, non ci sarà incoronazione, non ci sarà niente, più niente per nessuno.
Lascia scorrere lo sguardo sull'immensa folla che li circonda. Tutti si
aspettano qualcosa da lei. Sarà lei la prossima regina di Bansor
e in lei è riposta tutta la loro fiducia, tutta la loro speranza. Non può
tradirli, non può essere debole, non può scappare, tanto più adesso che non è
più sola. Sente il calore tornare ad invaderle il corpo attraverso la mano che
il suo compagno le sta stringendo. Come un'onda il sangue torna a fluirle nelle
vene, mentre si volta per osservare tra le ciocche scure perennemente
spettinate gli occhi di ossidiana di Key, che ricambia con un sorriso
rassicurante, in cui finalmente può leggere liberamente tutto il suo amore.
Ora non è più sola.
Solleva allora lo sguardo fiero puntandolo dritto negli
occhi delle gigantesche creature.
-Io, Elien di Bansor,
figlia del fuoco eterno di Farsin e delle pure acque
di Shavanna-
-Io, Key di Bansor, generale delle
armate dell'Ovest e ultimo discendente degli antichi sovrani del popolo delle
Foreste-
-Siamo qui per chiedervi di benedire la nostra unione, di
sancire la nostra incoronazione e di aiutarci a portare finalmente un era di pace su questo regno martoriato dalla guerra e
dalla carestia-
-E cosa offrite in cambio, figli del tempo?-