Certo
Draco
era certo che Hermione non si ricordasse del loro
primo incontro.
Al
di là della strada davanti a casa sua, una volta c’era un grande parco giochi
per bambini, con altalene, scivoli e box si sabbia in cui a lui non era permesso
andare, perché “i Malfoy non si mischiano con la
feccia”. A quattro anni, Draco non sapeva cosa
volesse dire “feccia”, ma conosceva bene la parola “obbedire” ed era troppo
intimidito da suo padre per chiedere spiegazioni. Quindi, ogni volta che gli
veniva permesso di giocare da solo nel grande cortile di casa sua, stando bene
attendo a non sporcarsi, guardava al di là dell’inferriata gli altri bambini
rincorrersi e giocare insieme e sospirava.
Quando
sospirò per la terza volta quel giorno, il suo sguardo bramoso, puntato verso
l’irraggiungibile parco giochi, incontrò un altro sospiro. Una bambina se ne
stava in disparte rispetto agli altri e li guardava con un misto di sdegno e
desiderio insieme. Poi, improvvisamente, anche lei lo vide e gli sorrise, così,
dal nulla. Draco, non essendo abituato a quel tipo di
reazione, non rispose al sorriso e restò imbambolato a guardarla. Aveva i
capelli castani mossi e disordinati, la bocca rosa con una forma che la faceva
sembrare sempre imbronciata e un paio di occhi castani costantemente accesi e
vigili. La vide alzare lo sguardo e contemplare per un attimo l’imponente casa
dei Malfoy; poi la osservò anche mentre si
incamminava tranquillamente ma con decisione verso di lui.
Arrivata
sul ciglio della strada, guardò diligentemente a destra e poi a sinistra e,
solo dopo essersi accertata che fosse sicuro, attraversò. Andò vicino al
cancello dietro cui stava Draco e con il viso
praticamente in mezzo alle sbarre, gli chiese:
-
Non ti fanno uscire?
Draco
rimase sconcertato dalla sua limpida schiettezza e riuscì solo a scuotere la
testa piano.
-
Dovrebbero farti uscire – affermò lei sicura, come se fosse certa
dell’esistenza una legge scritta che confermasse quello che diceva.
-
Io sono Hermione – aggiunse poi un po’ più
dolcemente.
-
Draco – rispose lui con un filo di voce. Non era
abituato a sentirsi rivolgere la parola da altri bambini, tantomeno ad
intrattenere una conversazione completa.
-
Perché non puoi uscire? – chiese allora la bambina scrutando accigliata l’alto
cancello in ferro battuto nero. La sua era pura curiosità mista ad un briciolo
di sincera preoccupazione, nonostante non lo conoscesse.
-
Io… mio padre dice… io non sono come gli altri.
Draco
aveva balbettato le prime parole che gli erano venute in mente, ma Hermione annuì e sembrò capire cosa intendeva. Si girò per
un attimo e da sopra la spalla guardò gli altri bambini che giocavano beati nel
parco. Poi tornò a rivolgersi al bambino biondo che le stava davanti: - Neanche
io.
Il
viso di Draco si illuminò a queste parole ed il
bambino esclamò: - Davvero? Sai fare questo?
Alzò
la mano destra e sfregò insieme il pollice e l’indice: dalle sue dita uscì
subito una piccola cascata di scintille colorate, verdi, blu, rosse e gialle.
Il suo sorriso compiaciuto però si spense non appena vide lo sguardo di Hermione. Lei era impallidita di colpo, aveva la bocca
semiaperta e gli occhi sbarrati:
-
Cosa…? Come…?
Draco
fece un passo indietro, come se fosse stato colpito da un pugno invisibile.
Così, lei non ne sapeva niente.
-
È… - iniziò cercando di rimediare e frugò nella propria memoria per ricordare
quale fosse la parola giusta usata dai babbani – Un
gioco di pestigio.
All’improvviso
si sentì stupido: suo padre gli aveva già insegnato qualche trucchetto magico,
roba di poco conto, ma l’aveva avvertito di non usarli davanti a sconosciuti.
Hermione
lo guardò sospettosa: - Si dice “prestigio”.
-
Sì, be’, quello che ho detto.
Lei
però fece una smorfia e Draco capì di non averla
convinta. Non aveva mai incontrato altri bambini maghi prima di allora ed il
pensiero che quella potesse essere la prima volta l’aveva eccitato troppo.
Invece, a quanto pareva, si era sbagliato di grosso. Cercò quindi di cambiare
argomento, per non farle pensare a quello che aveva appena visto e sentito: -
Cosa sono i tuoi genitori?
Draco
voleva anche cercare di capire se si fosse davvero sbagliato, perché in cuor
suo ci sperava ancora un po’, ma si rese conto di aver sbagliato di nuovo
quando lei lo guardò confusa.
-
Vuoi dire che lavoro fanno? – chiese lei – Sono dentisti.
Il
bambino sospirò: allora era vero, lei era una semplice (lurida, se lo
dimenticava sempre e poi suo padre si arrabbiava) babbana
e probabilmente non sapeva neanche dell’esistenza dei maghi. Era proprio un
peccato. I maghi però devono per forza essere figli di maghi, altrimenti non
sono maghi veri, pensò ricordando le parole del padre: quindi lei non poteva
esserlo, se i suoi facevano i detristi.
-
I tuoi genitori invece cosa fanno?
Draco
cercò di pensare in fretta a qualcosa da dire, ma alla fine si risolse a
mentire, pur utilizzando la bugia più vicina alla verità: - Prestigisti.
Hermione
inarcò un sopracciglio: - Prestigiatori?
Draco
fece subito di sì con la testa e lei continuò scettica: - Tutti e due?
Lui
annuì di nuovo, un po’ meno convinto e lei sembrò riflettere un attimo; poi
però fece spallucce e aggiunse:
-
Oh, be’. Anche i miei genitori sono tutti e due dentisti.
Gli
sorrise di nuovo e Draco finalmente si sentì
rincuorato. Cosa c’era di male, in fondo, ad avere amici babbani?
Cosa c’era di male ad avere amici?
Hermione
all’improvviso si girò di nuovo verso il parco, dove una donna dal viso dolce
nascosto da un ammasso di capelli crespi la stava chiamando per nome. Si voltò
ancora verso Draco e disse semplicemente:
-
Devo andare.
Sembrava
dispiaciuta e prima che Draco potesse accorgersene,
si era allungata e gli aveva posato un bacio su una guancia attraverso le
sbarre. Draco non si era accorto nemmeno di essersi
avvicinato così tanto a lei mentre parlavano.
-
Vedrai che prima o poi ti faranno uscire – gli disse sorridendo e poi fece per
correre via, fermandosi solo un attimo sul ciglio della strada per essere
sicura che non passassero macchine.
Draco
era certo che Hermione non si ricordasse del loro primo
incontro.
-
Oblivion – sussurrò mesto a fior di labbra. Vide Hermione, che era già lontana, fermarsi per un attimo
confusa; poi, si girò a guardarlo e in quella frazione di secondo Draco non fu tanto certo che l’incantesimo avesse
funzionato. Per una frazione di secondo, pensò che lei avrebbe ricordato.
Poi
però, lei si voltò e riprese a trotterellare verso sua madre, lontano da lui.
N.D.Summer
Avevo rinunciato ad andare avanti con questa storia, un po’
perché ne ho mille altre in corso (di cui altre due featuring
Hermione e una featuring
anche Draco), un po’ perché mi sembrava finita così,
o forse perché non c’era ancora stata la scintilla per andare avanti…
Poi stamattina mi sono svegliata e BAM! avevo questa storia in
testa… E non solo questa, ma anche quella che scriverò nel capitolo successivo…
Così le ho buttate giù a grandi linee appena sveglia (perché se no poi
svaniscono… a voi non succede?) e adesso le sto rivedendo e correggendo.
Però mi piacciono: mi piace l’idea (anche se non è troppo
originale), mi piace la scena… un po’ meno come l’ho scritta, ma va be’. Anche
se ci stessi sopra altri mille giorni non caverei un ragno dal buco, ormai
l’ispirazione quella vera (stato di intontimento in cui quasi ti sembra di
essere dentro la scena) è passato… Fortuna che ho preso i miei appunti
stamattina, durante l’intontimento. :P
Oddio, lo so che i discorsi ed i pensieri di questi due bimbi
sembrano un po’ troppo adulti per l’età che hanno, ma mi è uscita così… Chiamatela
sindrome di Dawson’s Creek :P
Poi: sono fissata con ‘ste dannate sbarre (chi mi conosce e ha
letto questa storia lo sa (ma è di un altro fandom, quindi penso nessuna di voi :P)), non so perché.
Non ho avuto traumi da piccola riguardanti cancelli, anche se ammetto di averne
avuto uno un po’ più avanti… xD Non era proprio un
trauma, però :P
Insomma, vi ringrazio per tutti i commenti al capitolo
precedente (in particolare grazie a Cora911, Hollina,
Hinata_Chan, Mirya) e se
avete voglia di darmi un parere anche su questa parte… vi ringrazio in
anticipo!