titolo: Miracle in My Pocket
(Un Miracolo nella Mia Tasca)
autrice: LibertySun
traduttrice: Kyelenia
pairing: B/J (ovviamente ;))
link alla storia: QUI
Capitolo 2. Notte Eterna
Per
un'eternità incalcolabile, Brian si scaldò al calore del suo Raggio di Sole. La
sensazione di Justin premuto contro il suo corpo era più efficace di qualsiasi
medicina.
Stavano così
in quel momento, stesi, i cuori in gara per quale fosse in grado di emettere
più amore. Era un vincolo.
Anche se non
sul pavimento del Babylon, o tra le nuvole, i due uomini stavano
inequivocabilmente danzando dentro di loro.
Brian portò
il dito esile sulla gola deliziosa del biondo. Lentamente e con delicatezza i
suoi polpastrelli tentarono di memorizzare quel bellissimo viso. La pelle di
Justin sembrava velluto caldo al suo tocco gelido. Tracciò la linea delle
labbra, delle guance, ritraendo prontamente i lineamenti che avrebbe portato
con sé dall'altra parte dell'eternità.
Più leggero
di un sussurro, il suo dito tracciò le ciglia dorate del suo compagno. Sorrise
quando l'uomo ridacchiò e aprì gli occhi più belli che secondo Brian
esistessero. Nei sogni di chiunque.
Aveva visto
così tante volte il suo futuro in quegli occhi azzurri. Ora vedeva così tanto
passato che gli faceva fisicamente male. Mentre veniva catturato nel vortice di
quegli oceani blu, si trovò costretto ad ammettere di avere qualche rimpianto.
'Perché non aveva mai sposato
quell'uomo?'
Tutti i
ragionamenti precedentemente fatti sembravano ridicoli in quel momento. 'Già, se solo avesse potuto rifare tutto
daccapo... No. Non ci sarebbe stata la possibilità di rifare nulla.
Nessun'altra occasione.' Tirò suo
'marito' (in ogni senso che in verità aveva importanza) il più vicino possibile
a sé. Provò il desiderio di fondersi con il suo compagno, fino a divenire
un'unica entità.
Dita
trovarono di nuovo labbra deliziose, le mascherine ormai dimenticate da un
pezzo. 'Non era pensabile che lui
coprisse di nuovo quella bocca che non sarebbe mai stato in grado di baciare a
sufficienza.'
Brian rievocò
il loro primo bacio, così tanti ricordi prima. Quella notte e le numerose
successive si era detto che ogni bacio sarebbe stato l'ultimo. 'Come aveva mai potuto desiderarlo?' Le
sue labbra adesso fremevano per il disperato bisogno di un ultimo bacio finale,
un lento assaporarsi.
Ogni singola cosa di lui era l'unica cosa di cui avrebbe
sentito la mancanza.
Per la
maggior parte della sua patetica vita il suo cuore era rimasto aggrovigliato in
un disordine intricato di lacci. Finché Justin Taylor li aveva sciolti pian
piano, consentendogli di amare.
Mentre era
aggrappato all'amore della sua vita, Justin si sforzava di ignorare la vita che
stava disperatamente provando a lasciar andare quell'amore.
Lasciò che
gli occhi accarezzassero Brian. Anche se gli occhi nocciola dell'uomo più
grande lo tenevano incatenato con il loro calore, il biondo non poté negare il
velo freddo di lontananza che minacciava di coprirli. Quella dannata malattia
aveva scacciato la sua deliziosa faccia di bronzo e infiacchito la sua
arroganza. Eppure, a Justin l'uomo non era mai apparso più attraente. Non era
mai stato più bello.
L'odore
insopportabile di medicinali permeava l'aria, ma non era in grado di coprire
del tutto il profumo unico di Brian Kinney. Justin chiuse gli occhi e respirò
profondamente. Era un profumo che gli arrivava ogni volta dritto al cuore.
"Mi ami
cooooooooosì tanto." canticchiò scherzosamente al suo sogno fatto persona.
"Davvero?"
Brian sollevò un sopracciglio. Justin andò in estasi.
"E'
vero" confermò Justin, avvicinandosi al viso del moro.
Brian
sussultò leggermente di fronte all'intensità nello sguardo di Justin. Sapeva
che il biondo aveva pressoché la stessa espressione quando era sul punto di
finire un capolavoro. Brian si era sempre sentito bruciare dal piacere nel
guardare Justin e l'arte. Che la stesse creando o ammirando, in lui c'era
un'esuberanza che faceva innamorare Brian.
Aveva sempre
pensato che era dato dal fatto che in quei momenti c'era un barlume del Justin
diciattettenne. Così entusiasta, così
innocente, così senza speranze affascinato da Brian. Il moro sorrise
dell'ironia che il biondo in persona continuava ad essere l'opera d'arte più
sensazionale che avesse mai visto.
Cercando di
incontrare quegli occhi blu, Brian trovò dentro di essi la fonte della
passione. Sapeva con certezza selvaggia che il desiderio del suo compagno era
di poter prendere il suo posto.
Una fitta di
rabbia lo attraversò. 'Non c'era alcuna
fottutissima possibilità che lui lo avrebbe mai permesso. Il solo pensiero
di Justin che non viveva più la sua meravigliosa vita lasciava al moro un
sentimento di annegamento che gli risultava impossibile da sopportare.
Un ricordo
attraversò la superficie della sua mente lasciata vagare a briglie sciolte. 'Raggio di Sole, come potrei mai vivere
senza di te? Tu non l'hai fatto'. La
verità assoluta.
Brian Kinney
non era mai stato un uomo di preghiera. Poteva ricordarsi soltanto di una volta
in troppi anni in cui l'aveva fatto. Il ballo. Non aveva neanche sprecato la
preghiera per se stesso. Era stata solamente e interamente per lui.
Ancora una
volta si trovò affidato alla pietà di chiunque (SE c'era qualcuno) stesse
ascoltando. Ancora una volta si ritrovò a pregare per Justin, per Mickey, per
Gus.
Poteva esser
stato molte cose per molte persone, ma egoista non era mai stata una di quelle.
'Cosa non darei per prendere il suo
posto.' Imploravano gli occhi di Justin. 'Prendi la mia vita affinché lui possa
vivere.'
Un ricordo
attraversò la superficie della sua mente lasciata vagare a briglie sciolte. ' Raggio di Sole, come potrei mai vivere
senza di rte? Tu non l'hai fatto'. Niente
di così vero. Brian era decisamente
stato l'aria di cui Justin aveva
bisogno per vivere. Era più che convinto che il respiro finale di Brian avrebbe
finito col rivelarsi anche il suo.
"Baciami."
Disse Brian in un estremo tentativo di allontanare il biondo dai pensieri in
cui era perso.
Justin scosse
la testa, esitò, dopo parlò dolcemente, "Cazzo quanto lo vorrei. Non voglio farti del male. Sai, col tuo respiro?"
sembrava disperato.
"Ah,
adesso Raggio di Sole" sorrise Brian "non c'è differenza. Tu mi togli
sempre il respiro." Sbatté le
palpebre in una maniera dozzinalmente teatrale. Anche se era dolorosamente consapevole di quanta verità fosse contenuta in
quell'affermazione.
"Adesso.
Smetti di pensare, stai zitto e baciami." ordinò. Justin sorrise e
obbedì.
Le loro
labbra si unirono perfettamente come molte altre volte in passato. Una connessione
che era sempre stata da un lato troppo intensa e dall'altro mai soddisfacente.
La fragranza
squisita di Justin stordì la mente di Brian. Una nuvola di euforia si librava
sopra di loro, gocce di delizia piovevano giù. Circondò con una mano il collo snello
di Justin e approfondì il bacio. Incredibilmente felice di sentirsi
intossicato.
Poteva
assicurare che il suo compagno si stava trattenendo. 'Il piccolo idiota iperprotettivo.' Brian stesso non avvertiva più
il dolore nei polmoni. Era stato
superato da un dolore appena nato al centro del suo petto. Una necessità di assaporare il 'vero amore' dolorosa, eppure che gli
faceva venire l'acquolina in bocca. Qualcosa che sapeva avrebbe trovato
soltanto lì. Lì nel bacio con Justin.
Dita lunghe intrecciate
con i fili d'oro. Fili di seta, che Brian aveva sempre pensato avessero
ricucito la sua vita.
Il gemito di
Justin solleticò e fece vibrare la gola di Brian. Quasi tossì, ma non permise
al suo corpo di farlo. Invece deglutì, trascinando la lingua del biondo in una
deliziosa suzione, strappando un altro gemito di piacere a quella gola. Quello
spezzò il cuore del moro per il desiderio di poter fare di più.
La passione
che avvertiva quasi eguagliava la tristezza. Non avrebbero mai più fatto
l'amore.
Quando inclinò
la testa alla ricerca della migliore posizione per divorare l'altro uomo, i
suoi occhi si aprirono per un istante. Rivolgendo un rapido sguardo ai
macchinari attaccati a lui, quasi li derise. Al momento erano superflui. Justin Taylor era la sua sola
e unica fonte di vita. Il suo ossigeno. Il suo battito. La sua anima.
Justin si
preoccupava che Brian stesse esagerando. Tuttavia, non riuscì a trovare la
forza per allontanarsi. Il peso della realtà gli stava crollando addosso, lo
stava facendo discendere lungo tutto il percorso alla volta del luogo che
avrebbe potuto essere l'inferno vero e proprio.
Veniva spinto
con forza a trovare un nome più adatto ad un mondo senza Brian.
Non smise di
godersi l'abilità di quell'uomo di fargli sentire ancora le farfalle svolazzare
nello stomaco. Non le avrebbe mai lasciate andare. Nel sentire il sapore di
ferro nel bacio di Brian, una nausea quasi invisibile si unì ai malinconici
battiti d'ali nel suo stomaco.
Maledì il
sangue che contaminava il sapore più delizioso al mondo. Si augurava di poterlo
lavare via con quel bacio. Stava disperatamente provando a fare proprio quello.
Posizionò la
propria bocca per incontrare la lingua di Brian, che era disperatamente alla
ricerca di qualcosa; si chiese cosa potesse ancora cercare che non avesse già
trovato. Non smise di accogliere quella ricerca. Qualunque cosa fosse
l'avrebbero trovata, insieme.
Avvertendo un
indebolimento del respiro del suo compagno, Justin chiese la collaborazione dei
propri respiri. Mentre il suo cuore si riversò dalle sue labbra, direttamente
dentro Brian affinché l'altro non si dimenticasse di portarlo con sé, i suoi
polmoni con impegno zelante provarono a respirare per sempre direttamente
dentro di lui.
Il moro
ansimò e Justin si allontanò a malincuore. I suoi occhi incontrarono quelli di
Brian. Vi lesse una delusione che gli fece scuotere la testa. Si piegò in
avanti, portando le sue labbra a distanza di un sussurro dal nocciola
meraviglioso.
Sorrise con
affetto. Comprendendo il desiderio del biondo, Brian abbassò le palpebre.
Justin posò un bacio delicato su ciascuno, straziante. La promessa al suo
compagno che quel bacio era stato abbastanza. Che quel bacio era stato ogni cosa.
Justin si
rannicchiò contro il corpo che conosceva meglio del proprio e chiuse gli occhi.
Sentì la mano di Brian carezzare delicatamente il suo viso, non riuscì ad
arrestare le lacrime calde che pungevano dietro gli occhi per sfuggirgli.
"Ti
amo." bisbigliarono i due uomini all'unisono. Dopo non ci furono più
parole.
Avvolti l'uno
nel calore dell'altro, ascoltavano i loro cuori battere, la loro tristezza, la
loro disperazione, la loro felicità, i loro desideri di un domani diverso, i
loro ricordi... che galleggiavano
nell'aria come le stelle sulle quali avevano espresso desidere.
Secondi
silenziosi divennero muti minuti, un'ora passò in quiete armoniosa.
Brian aveva
finalmente permesso al sonno di sopraffarlo, adesso che il suo sogno era rannicchiato
di fianco a lui.
Un suono
inaspettato perforò l'atmosfera con precisione tagliente. Justin scattò a
sedere e guardò Brian prima di analizzare il monitor alla ricerca della fonte
del fischio improvviso.
Ebbe a
malapena il tempo di concentrarsi prima di essere allontanato dal letto da due
infermiere. La pressione del sangue di Brian continuava a crollare in sincronia
col battito in precipizio del biondo.
Rimase in
piedi, e si allontanò leggermente dal letto; nonostante continuasse
volontariamente a tenere la mano intrecciata con quella del suo compagno. Il
panico lo avvolse in un bozzolo di incredulità.
Non poneva in
modo cosciente la moltitudine di domande che uscivano dalle sue labbra, e allo
stesso modo non aveva idea delle risposte che gli venivano date. Ogni cosa era
sbiadita. Non vedeva e sentiva niente ad eccezione di lui. Brian Kinney, i cui occhi adesso erano spalancati per la
meraviglia e la preoccupazione.
Un uomo
appena arrivato (Justin non se n'era accorto) stava preparando un qualche tipo
di tubo.
'No. Non avrebbe guardato. Sarebbe
rimasto concentrato sul suo amante.'
"Brian",
bisbigliò a malapena attraverso le lacrime che scorrevano e la paura che non
dava cenno di diminuire.
Per Brian
respirare diveniva sempre più difficile. Non riusciva a dire tutto quello che
avrebbe voluto in quel momento. Cazzo, non era neanche sicuro di cosa
esattamente fosse. Deglutì con forza, sobbalzando per il dolore intenso, e
sbatté le palpebre.
"Non
farlo," disse con tono strozzato e sorrise il più luminosamente possibile.
Il color nocciola incontrò il blu. "A dopo" fu tutto quello che
disse, tutto quello che poté dire. Si
stupì per com'era sembrata cupa ed estranea la sua voce. Tenne gli occhi fissi
in quelli di Justin e provò disperatamente a far sentire all'uomo tutto il
resto che non era stato detto.
"A
dopo." ripeté Justin dopo di lui e provò con altrettanta onestà a
trasmettergli la sua dichiarazione eterna attraverso gli occhi più blu che
Brian avesse mai visto.
Lasciando la
sua mano per permettere al medico di inserire un tubo nella gola di Brian, si
rifiutò di rompere il contatto tra i loro sguardi.
'A dopo' un'eco senza fine che si ripeteva
nella mente di entrambi gli uomini.
Era stato
abbastanza. Era stata ogni cosa.
Venti minuti
dopo erano loro due insieme ancora una volta. Anche se Brian non era più
cosciente e non respirava più autonomamente.
Il biondo
sapeva con totale certezza, che l'altro uomo avvertiva ancora la sua presenza.
Avvertiva ancora il suo tocco.
Dopo aver
posato un bacio sulla guancia del compagno sospirò, poi uscì a chiamare
Michael.
- - - - -
Il calore delle sue lacrime era in contrasto con
la temperatura gelida. Sbatté le palpebre per allontanare il fastidio e seguì
con gli occhi Gus che stava camminando per tutto il cimitero. Il bambino si
fermava ogni pochi secondi e guardava il terreno. Micheal non ne era certo ma
sembrava proprio che Gus fosse alla ricerca di qualcosa in particolare.
Premette lievemente una mano sulla spalla di sua
mamma e la lasciò da sola di fronte la tomba di Vic, poi si avvicinò al piccolo
detective. Prima di essere in grado di parlare, il respiro gli rimase bloccato
in gola. 'Cristo. Perché il bambino
doveva somigliare così tanto a suo padre? Era quasi doloroso guardarlo.'
Una lieve brezza soffiò, sussurrando ricordi che
non avrebbe mai dimenticato.
"Ehi amico, stai cercando qualcosa?"
chiese.
Gus scosse la testa e Michael notò che un
luccichio istantaneo aveva catturato l'attenzione del bambino. "Uh huh zio
Mickey! Sto cercando un miracolo." disse come dato di fatto. "Ho
detto a zio Vic (indicò la lapide senza neanche voltarsi) di darmene uno. Sai,
per papà." L'intensità della speranza presente nelle sue parole spezzò il
cuore di Michael.
"Gus," cominciò prime di essere
interrotto dalla voce del ragazzino. "Amico! Pensi che forse è
questo?" chiese abbassandosi a prendere una piuma bianca che giaceva
solitaria sulla neve.
"Zio Mickey, penso che forse è caduta
dall'ala di un Angelo! Pensi che potrebbe essere vero?" chiese mentre
esaminava con attenzione la piuma.
A Michael sembrava che fosse una normale piuma
d'uccello. Forse di una delle colombe più belle di Pittsburgh. "Potrebbe
essere, ragazzo." disse per non distruggere il sogno del bambino. 'Dannazione, era lui il primo a desiderare
che fosse vero."
Sentì il telefono squillare nella tasca, ancora
in modalità "vibrazione" da quando era stato in ospedale. La paura
prese possesso di ogni terminazione nervosa dentro di lui. Con mani tremanti e
un peso sul cuore guardò l'ID chiamante, Justin. La paura si intensificò ed
ebbe timore di aver perduto la capacità di parlare. Reprimendo il desiderio di poter
sfuggire, rispose al telefono.
- - - - -
Deb sorrise a suo nipote (in ogni senso che in verità aveva
importanza) mentre questi correva verso di lei. Le sembrò giusto sorridere,
ultimamente ce n'erano stati così pochi motivi.
Era così
preoccupata per il piccolo uomo adesso dinanzi a lei, per l'uomo che parlava al
telefono di fronte a lei e per l'uomo (aveva capito chi fosse dalla crescente
tristezza di Michael) che era dall'altra parte del telefono.
Per loro tre,
Brian Kinney era stato un dono di Dio, un angelo, il loro paradiso nella vita. 'Presto avrebbe dovuto trovarsi anche nel
Paradiso del Paradiso." pensò quando sentì l'angoscia avvolgere tutto
ciò che aveva intorno come la coltre di neve sotto i suoi piedi.
Sentì la mano
di Gus cercare la sua e la strinse. Colse lo sguardo intenso del bambino e lo
ricambiò con altrettanta intensità.
Il suo
sorriso e il suo calore si spensero velocemente quando incrociò lo sguardo di
suo figlio che si stava avvicinando a loro. Occhi pieni di paura senza
speranza, le lacrime che cadevano apparentemente senza arrestarsi, e lo sguardo
spento e vuoto.
- - - - -
Quando suo zio e la nonna Deb lo condussero di
fretta alla macchina, Gus avvertì una sensazione negativa dentro di sé. Sapeva
che gli adulti non gli dicevano mai come le cose stavano in realtà, come se lui
fosse stato un bambino, come JR. Ma dato che tutti erano già così tristi, e non
vedeva l'ora di vedere di nuovo suo padre, non disse niente e camminò a passo
veloce.
Aveva chiesto a zio Vic di mandargli un
miracolo, e l'aveva cercato con impegno fino a quel momento. Aveva trovato un
penny (dal lato della testa), e la piuma che poteva oppure no esser caduta
dall'ala di un Angelo. Non era certo che l'uno o l'altra fossero davvero un
miracolo, ma per sicurezza li aveva conservati in tasca.
Sollevando lo sguardo, osservò le nuvole alla
deriva con più interesse che mai. Non si era mai fatto tante domande su di esse
prima di quel giorno. Il giorno in cui aveva appreso che suo padre avrebbe
potuto trasferirsi lì. 'Per vivere sulle
nuvole e danzare tra le stelle’ aveva immaginato. Sembrava abbastanza
divertente, ma di sicuro desiderava poter andare col suo papà. Quando l'esile
velo di bianco passò sulla sua testa, allungò istintivamente il collo, sperando
di catturare una lieve traccia di quei cancelli bianco perlacei.
Quando allontanò la sua testa dalle nuvole e
tornò alla realtà, un altro potenziale miracolo catturò la sua attenzione.
Un bellissimo fiore, apparentemente impossibile,
si ergeva e fioriva nella lieve brezza. 'Un
fiore primaverile in mezzo alla neve?'
Ancora una volta, non era sicuro che quello
fosse il miracolo, però lo colse e lo mise con attenzione nella tasca, giusto
in caso.
Con una tasca piena di miracoli, salì in
macchina. Non vedeva l'ora di darli a suo papà.
- - - - -
Gus si era sentito triste nel trovare suo padre
già addormentato quando erano tornati in ospedale; ma papà Justin gli aveva
detto che poteva stare seduto sul letto con lui. Gus era super fermo e super
calmo così da non svegliare il padre. Si ricordava che quando era stato malato
era sempre assonnato, quindi pensò che suo padre avesse bisogno di riposarsi.
C'erano nuovi tubi e anche una nuova macchina
nella stanza. Gli avevano fatto paura all'inizio, ma dopo che gli era stato
spiegato che aiutavano suo padre a respirare meglio aveva dato loro la propria
approvazione.
Aveva appena finito di raccontare a papà Justin
della sua conversazione con zio Vic e gli stava facendo vedere tutti i possibili
miracoli che aveva messo da parte.
Justin guardò i due uomini che preferiva al
mondo, e lottò (con più forza di quanta credeva di possedere) per non crollare
definitivamente.
Dopo aver finito di parlare con Michael era
andato direttamente al negozio di regali al piano di sotto. Dopo che l'amico
gli aveva spiegato perché Gus aveva
chiesto di andare a trovare Vic, il cuore di Justin non era stato in grado di
decidere se scoppiare per l'amore o frantumarsi per la tristezza. Aveva
acquistato una piccola scatola da regalo argentata e in coordinato un fiocco
argentato.
Aveva incartato un miracolo.
"Gus", bisbigliò. Il bambino aveva
parlato in tono pacato così da non svegliare Brian, poco importava il fatto che
sapesse che non era più possibile. Con l'intenzione di mantenere le apparenze
anche Justin si limitava a bisbigliare. In tutta onestà, non era più sicuro che
sarebbe stato anche soltanto in grado di parlare a voce più alta.
"Guarda qua, ho trovato qualcosa."
quasi odiò fornire al bambino una falsa speranza, ma cazzo, in quel momento
valeva la penna di accogliere qualsiasi speranza.
Gus spalancò gli occhi e si fece più vicino.
L'argento luccicava quando prese la scatola in mano. Sollevò il coperchio e
guardò all'interno. Il suo corpo chiamava e il suo cuore si alzò in volo.
"Il miracolo." sussurrò.
Anche se molte persone avrebbero detto che la
scatola era vuota, Gus ne sapeva di più.
Sapeva che anche se non poteva vederlo, era esattamente ciò che stava cercando.
Velocemente prese gli altri oggetti dalla sua tasca e li mise dentro la
scatola. Pensò che non era possibile avere troppa magia.
'E' qualcosa che è necessario che tu trovi, o che ti venga dato da un
Angelo. Anche se è abbastanza difficile, perché non è sempre possibile
vederli.' Le parole di nonna Debbie riecheggiarono nella
sua mente.
'Papà Justin era un Angelo?'
Non ebbe abbastanza tempo per pensare perché uno
dei macchinari di papà aveva cominciato a fischiare come un pazzo.
Improvvisamente si sentì davvero preoccupato perché sembrava che papà Justin
fosse sul punto di piangere. Saltò su dal letto, finendo soltanto col trovare
le mani di nonna Deb che cercavano disperatamente di farlo uscire dalla stanza.
Lontano dal suo papà.
"Aspetta." protestò ma venne ignorato
mentre inutilmente tentava di liberarsi dalla stretta. 'Non gli aveva ancora dato il suo miracolo.'
- - - - -
Justin si stava riscaldando dal freddo che
avvertiva con il calore del sorriso di Gus. Stava anche ascoltato il ritmo con
cui il cuore di Brian danzava il suo ultimo thumpa thumpa quando la cadenza del
monitor si era progressivamente indebolita, dissolvendosi in un'unica nota di
disperazione. La sua canzone era giunta alla fine, e le lacrime punsero gli
occhi di Justin per uscire appena capì che non ci sarebbe stato alcun bis.
Il bip sembrò amplificarsi mentre riecheggiava
attraverso il suo cuore distrutto. Lo assaliva da ogni direzione. Non c'era una
via di fuga al suono della fine eterna. Il suono di un'anima che si frammentava
in infinite schegge di desolazione.