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Autore: LibertySun    27/04/2011    7 recensioni
Due anni dopo aver sconfitto il cancro, Brian riceve un'altra devastante diagnosi. Tutti si stanno preparando per il peggio. Tutti tranne Gus. Armato di speranza e amore, Sonny Boy va alla ricerca di un miracolo.
Hurt/Comfort/Spiritual. (gli avvertimenti originari).
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Brian Kinney, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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titolo: Miracle in My Pocket (Un Miracolo nella Mia Tasca)

titolo: Miracle in My Pocket (Un Miracolo nella Mia Tasca)
autrice: LibertySun
traduttrice: Kyelenia
pairing: B/J (ovviamente ;))
link alla storia: QUI


Capitolo 3. Una realtà da sogno

Un immenso abisso di oscurità lo circondava da tutte le parti. Si sentiva inghiottito ininterrottamente da quella cosa sconosciuta mentre si sforzava di ascoltare.

Un'esclamazione angosciosa fu emessa da una voce facilmente riconoscibile. Quella di Gus. "Aspetta!" gridò.

Finché non aveva sentito la supplica di suo figlio, Brian non si era accorto di non essere in grado di vedere. Un brivido di terrore percorse il suo corpo. Scosse la testa parecchie volte prima di realizzare che non era lui, ma piuttosto era la stanza a non essere visibile.

Stranamente, era in piedi, non più a letto. Non più collegato a nessun dispositivo medico.

'Cosa cazzo sta succedendo?'

"Sono morto?" bisbigliò.

"Qualcosa del genere." disse una voce familiare che Brian non aveva sentito per anni.

E improvvisamente l'oscurità, come era arrivata, sparì. Brian adesso era in piedi nella stanza 214. Con un'illuminazione sorprendente, si accorse che nello stesso momento era anche sdraiato sul letto.

Non riuscì a spiegarselo. Si girò per chiedere all'altra cosa una spiegazione.

"Cosa cazzo sta succedendo, Vic?" chiese con preoccupazione "Perché sei qui? Dov'è questo qui? Cosa sta facendo Gus?" le sue domande vennero sparate in una raffica serrata.

"Sono qui perché il bambino mi ha invitato. Qui è nel mezzo, e lui sta mettendo il suo miracolo nella tua tasca." le risposte di Vic vennero sparate allo stesso modo.

Entrambi guardarono il ragazzo superare tutti quanti, salire sul letto di Brian e infilare una piccola scatola argentata nella tasca del camice di suo padre.

Brian guardò nuovamente Vic, "Nel mezzo?" chiese non appena ebbe registrato l'affermazione.

"Sembra che fossero tutti pronti per lasciarti andare," cominciò, poi scosse la testa con ammirazione, "questo finché tuo figlio non ha chiesto un miracolo. Tutto merito del piccolo uomo d'affari che hai come figlio."sorrise Vic.

La mente di Brian stava vorticando. Non sapeva se stava sognando, soffrendo gli effetti collaterali delle medicine, o se in qualche modo quello (qualunque cosa fosse) stava realmente accadendo.

Vide Justin piangere e avrebbe voluto consolarlo. Avrebbe voluto dirgli che lui era lì. Ma non era in grado di fare una sola dannatissima cosa.

Se possibile sarebbe morto per il cuore in frantumi, mentre guardava Justin e suo figlio salire sul letto al suo fianco ognuno da un lato.

Se stava sognando voleva davvero svegliarsi. Proprio. In quel cazzo. Di momento.

"Cosa succederà adesso?" chiese all'altro uomo.

"Ora vai nel posto a cui sei sempre appartenuto." Vic rispose in modo alquanto criptico.

Brian deglutì. "L'inferno?" bisbigliò a malapena.

Gli occhi di Vic si sollevarono, sembrava... arrabbiato.

"Dannazione Brian! Non dire una cosa del genere. Te l'ho detto da quando avevi quattordici anni che la tua anima è buona. Fidati di me, quando sarà il momento sarai decisamente diretto verso il Nord."

"Quando è il momento? Adesso?"

Vic roteò gli occhi. "Non mi hai ascoltato ragazzo? Gus ha richiesto una visita, Ta-da! Eccomi!" Vic indicò se stesso e agitò i fianchi.

Brian si limitò a sbattere le palpebre. 'Quegli antidolorifici producevano sogni pericolosamente vividi.'

"Quei ragazzi non sono pronti per lasciarti andare, tu non sei pronto per lasciare andare loro. La tua anima non appartiene più interamente a te. Sia Justin che Gus ne posseggono un pezzo. Se morissi adesso, uccideresti anche una parte di loro. Ora, che Angelo sarei se ignorassi il desiderio di un bambino? sorrise e sembrò sparire. Portando quella realtà onirica con sé.

Brian si strinse la radice del naso e ascoltò. Un'oscurità infinita e un silenzio assordante lo avvolsero nuovamente.

- - - - -

Quando i dottori lasciarono libera la stanza, Justin lo notò a malapena. Ormai senza di lui niente era degno della sua attenzione.

La solitudine trapelò attraverso i pori nella sua anima e si riversò fuori attraverso le ferite del suo cuore.

Non era giusto. Quella non era la fine che secondo lui meritava Brian, che secondo lui meritavano entrambi. 'La Storia di Noi Due' scritta per sempre, letta per sempre. Le parole incise sui loro cuori.

Sessanta secondi. Il tempo che era passato da quando l'anima di Brian era stata baciata dalla fine eterna. 'Era finito tutto?'  Justin avrebbe voluto credere diversamente. Era certo che quell'indescrivibile angoscia sarebbe stata presente per tutta la vita.

Quel dolore apparentemente senza fine che stava viaggiando attraverso il vuoto apparentemente senza fondo della sua esistenza vuota.

Cinquanta-nove secondi prima Justin Taylor era stato ancora intero. Un. Fottutissimo. Secondo. Un mero lampo di tempo. Si era ritrovato frantumato. Distrutto. Ridotto in polvere. Evaporato.

Maledì il mondo per essere andato avanti. Come osava continuare a girare senza di lui.

Justin voleva farlo fermare. Fermare ogni cosa per un dannato secondo cosi avrebbe potuto semplicemente respirare.

Non sapeva se si sarebbe mai sentito di nuovo bene. 'Perché avrebbe dovuto continuare a respirare una volta che Brian non poteva più.'

Gli sembrava egoista, in un certo qual modo. Gli sembrava come se lo stesse tradendo.

La sua tristezza crebbe maggiormente quando Gus dichiarò ad alta voce che lui era 'Arrabbiato a morte col suo Miracolo'.

Non sapeva cosa dire. In verità, non c'era niente da dire. Nessuna parola avrebbe mai alleviato il dolore. Né di Gus, né il suo.

Non poteva più distinguere tra i momenti prima e quelli dopo il respiro finale di Brian. Ogni ricordo sempre avvelenato dalla sua perdita, anche quelli che riscaldavano il cuore. La felicità era riuscita a trasformarsi in disperazione.

Anche se aveva provato senza tregua, non era capace di amarlo a tal punto da riportarlo in vita. Immaginò che fosse perché il suo cuore non era più vivo.

Non voleva ascoltare le parole di Debbie (o di chiunque altro) 'E' ancora qui nel tuo cuore'. Stronzate. No. Se n'era andato, e aveva portato il battito del cuore del biondo con sé.

Aveva cominciato a malapena a piangere per il suo compagno; non aveva pensato un secondo di più alla morte del suo cuore.

 - - - - -

Gus sentiva una pletora di emozioni mentre stava steso con le gambe al petto di fianco a suo padre. Sentiva rabbia e tristezza, confusione e sconforto.

'Perché non aveva funzionato?' Lui aveva fallito. 'Stupidi miracoli rotti.'

Il suo papà si stava ancora trasferendo in Paradiso. Aveva appena cominciato il suo lungo sonno. Gus si chiese se suo padre l'avrebbe sognato.

Prese la mano di Brian nella sua e desiderò che potesse muoversi, soltanto un poco. Come quella volta quando lui e papà Justin avevano fatto il solletico a suo papà con una piuma mentre dormiva, soltanto per guardarlo agitarsi. 'Quello sarebbe stato sicuramente divertente.'  Tracciò delicatamente con i polpastrelli un disegno sul braccio di suo padre. Non si muoveva. Il suo sonno era davvero profondo.

Ascoltò Justin singhiozzare lievemente e il rumore lo rese triste. Gus non aveva ancora pianto. No. Ogni volta che papà Justin era triste il suo papà lo faceva sentire meglio. Suo papà era forte, allora lo sarebbe stato anche lui.

Il bambino allungò amorevolmente la mano verso il biondo, e scostò i capelli che gli erano caduti sugli occhi umidi. (Aveva visto suo papà farlo un migliaio di volte).

Quando Justin incrociò gli occhi di Gus, il bimbo sorrise. "Andrà tutto bene, Raggio di sole," sussurrò. (Aveva sentito un migliaio di voltesuo papà dirlo).

Gus si sentì felice ancora una volta. Era stato d'aiuto, papà Justin stava sorridendo.

Sospirò con soddisfazione e mise la testa sul petto di suo papà. Gus poteva quasi sentirlo respirare. Poteva quasi sentire il suo battito.

Áspetta, NON QUASI. Lui POTEVA.'

"Ascolta!" il suo urlo fece trasalire gli occupanti ammutoliti della stanza. "Il cuore di papà, i respiri nel sonno di papà fanno sicuramente un suono bizzarro." dichiarò notando il leggero raspare che li accompagnava.

Justin spalancò gli occhi e subito poggiò l'orecchio sul petto di Brian.

"Brian?" riuscì a dire Justin in sillabe strozzate.

Si guardò attorno, il suo partner non era più attaccato al respiratore o al cardiofrequenzimetro. Non aveva alcuna prova medica che lui e suo figlio non stessero soltanto condividendo una delusione causata dal dolore.

Allora lo sentì. Evidente come un dannato giorno. Chiaro come il dannato crystal.

"I miei ragazzi," sospirò la voce più bella.

Un sollievo incredibile si dispiegò come i petali in primavera.

"Brian!" "Papà!" esclamarono contemporaneamente le due voci.                                                           

Nell'emergere lentamente dal suo velo di solitudine, Brian seguì il suono della vita. Dell'amore.

Quando i suoi occhi si aprirono di nuovo per la prima volta, sorrise. Brian Kinney era tornato a vivere. La sua anima appena purificata si era ricollegata con le sue controparti. Questa volta sarebbe vissuto per loro. Abbracciò quella inconsueta sensazione di pienezza.

L'infermiera carina entrò nella stanza con uno sguardo incredulo. Quando si avvicinò al letto scuoteva continuamente la testa da un lato all'altro.

"Signor Kinney?" chiese delicatamente "Come si sente" chiese ma non aspettò una risposta. "O mio Dio. Non riesco a crederci." continuò senza rivolgersi a nessuno in particolare, "E' un miracolo." concluse, mentre cominciava a controllare i segni vitali di Brian

Brian si era reso acutamente conto degli sguardi saputi e dei sorrisi da togliere il respiro che si erano scambiati suo figlio e il suo compagno alla menzione della parola 'Miracolo'.

Aveva così tanto da dire, ma la gola gli doleva e il suo corpo stava lottando contro la sonnolenza. Lasciò che gli occhi trovassero la finestra.

Mentre osservava la vista ispirante che si godeva dalla stanza 214, sospirò. Non riusciva più a capire se si trattasse di neve o di stelle che cadevano dal Paradiso, sebbene avesse sentito sufficiente magia perché fossero le seconde.

Il Medico gli si avvicinò e per l'ennesima volta sentì la parola 'Miracolo'.

Istintivamente, tirò le due persone che aveva a fianco il più vicino possibile, per quanto riusciva a fare fisicamente. Non erano state vicine abbastanza. Da quel momento in avanti, loro erano l'unica cosa, erano tutto ciò che esisteva di importante.

'Ogni parola che avrebbe mai pronunciato, avrebbe contenuto un alito di loro due, ogni pensiero, un barlume.'

Mentre la sua mano incontrava la piccola scatola argentata, le lacrime trovarono i suoi occhi.

Il miracolo che aveva in tasca era nulla se paragonato ai due che teneva stretti tra le braccia.

FINE

  
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