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Autore: LibertySun    14/11/2010    8 recensioni
Due anni dopo aver sconfitto il cancro, Brian riceve un'altra devastante diagnosi. Tutti si stanno preparando per il peggio. Tutti tranne Gus. Armato di speranza e amore, Sonny Boy va alla ricerca di un miracolo.
Hurt/Comfort/Spiritual. (gli avvertimenti originari).
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Brian Kinney, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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titolo: Miracle in My Pocket (Un Miracolo nella Mia Tasca)
autrice: LibertySun
traduttrice: Kyelenia
pairing: B/J (ovviamente ;))
link alla storia: QUI


Capitolo 2. Notte Eterna

Per un'eternità incalcolabile, Brian si scaldò al calore del suo Raggio di Sole. La sensazione di Justin premuto contro il suo corpo era più efficace di qualsiasi medicina.

Stavano così in quel momento, stesi, i cuori in gara per quale fosse in grado di emettere più amore. Era un vincolo.

Anche se non sul pavimento del Babylon, o tra le nuvole, i due uomini stavano inequivocabilmente danzando dentro di loro.

Brian portò il dito esile sulla gola deliziosa del biondo. Lentamente e con delicatezza i suoi polpastrelli tentarono di memorizzare quel bellissimo viso. La pelle di Justin sembrava velluto caldo al suo tocco gelido. Tracciò la linea delle labbra, delle guance, ritraendo prontamente i lineamenti che avrebbe portato con sé dall'altra parte dell'eternità.

Più leggero di un sussurro, il suo dito tracciò le ciglia dorate del suo compagno. Sorrise quando l'uomo ridacchiò e aprì gli occhi più belli che secondo Brian esistessero. Nei sogni di chiunque.

Aveva visto così tante volte il suo futuro in quegli occhi azzurri. Ora vedeva così tanto passato che gli faceva fisicamente male. Mentre veniva catturato nel vortice di quegli oceani blu, si trovò costretto ad ammettere di avere qualche rimpianto.

'Perché non aveva mai sposato quell'uomo?'

Tutti i ragionamenti precedentemente fatti sembravano ridicoli in quel momento. 'Già, se solo avesse potuto rifare tutto daccapo... No. Non ci sarebbe stata la possibilità di rifare nulla. Nessun'altra occasione.'  Tirò suo 'marito' (in ogni senso che in verità aveva importanza) il più vicino possibile a sé. Provò il desiderio di fondersi con il suo compagno, fino a divenire un'unica entità.

Dita trovarono di nuovo labbra deliziose, le mascherine ormai dimenticate da un pezzo. 'Non era pensabile che lui coprisse di nuovo quella bocca che non sarebbe mai stato in grado di baciare a sufficienza.'

Brian rievocò il loro primo bacio, così tanti ricordi prima. Quella notte e le numerose successive si era detto che ogni bacio sarebbe stato l'ultimo. 'Come aveva mai potuto desiderarlo?' Le sue labbra adesso fremevano per il disperato bisogno di un ultimo bacio finale, un lento assaporarsi.

Ogni singola cosa di lui era l'unica cosa di cui avrebbe sentito la mancanza.

Per la maggior parte della sua patetica vita il suo cuore era rimasto aggrovigliato in un disordine intricato di lacci. Finché Justin Taylor li aveva sciolti pian piano, consentendogli di amare.

Mentre era aggrappato all'amore della sua vita, Justin si sforzava di ignorare la vita che stava disperatamente provando a lasciar andare quell'amore.

Lasciò che gli occhi accarezzassero Brian. Anche se gli occhi nocciola dell'uomo più grande lo tenevano incatenato con il loro calore, il biondo non poté negare il velo freddo di lontananza che minacciava di coprirli. Quella dannata malattia aveva scacciato la sua deliziosa faccia di bronzo e infiacchito la sua arroganza. Eppure, a Justin l'uomo non era mai apparso più attraente. Non era mai stato più bello.

L'odore insopportabile di medicinali permeava l'aria, ma non era in grado di coprire del tutto il profumo unico di Brian Kinney. Justin chiuse gli occhi e respirò profondamente. Era un profumo che gli arrivava ogni volta dritto al cuore.

"Mi ami cooooooooosì tanto." canticchiò scherzosamente al suo sogno fatto persona.

"Davvero?" Brian sollevò un sopracciglio. Justin andò in estasi.

"E' vero" confermò Justin, avvicinandosi al viso del moro.

Brian sussultò leggermente di fronte all'intensità nello sguardo di Justin. Sapeva che il biondo aveva pressoché la stessa espressione quando era sul punto di finire un capolavoro. Brian si era sempre sentito bruciare dal piacere nel guardare Justin e l'arte. Che la stesse creando o ammirando, in lui c'era un'esuberanza che faceva innamorare Brian.

Aveva sempre pensato che era dato dal fatto che in quei momenti c'era un barlume del Justin diciattettenne.  Così entusiasta, così innocente, così senza speranze affascinato da Brian. Il moro sorrise dell'ironia che il biondo in persona continuava ad essere l'opera d'arte più sensazionale che avesse mai visto.

Cercando di incontrare quegli occhi blu, Brian trovò dentro di essi la fonte della passione. Sapeva con certezza selvaggia che il desiderio del suo compagno era di poter prendere il suo posto.

Una fitta di rabbia lo attraversò. 'Non c'era alcuna fottutissima possibilità che lui lo avrebbe mai permesso. Il solo pensiero di Justin che non viveva più la sua meravigliosa vita lasciava al moro un sentimento di annegamento che gli risultava impossibile da sopportare.

Un ricordo attraversò la superficie della sua mente lasciata vagare a briglie sciolte. 'Raggio di Sole, come potrei mai vivere senza di te? Tu non l'hai fatto'.  La verità assoluta.

Brian Kinney non era mai stato un uomo di preghiera. Poteva ricordarsi soltanto di una volta in troppi anni in cui l'aveva fatto. Il ballo. Non aveva neanche sprecato la preghiera per se stesso. Era stata solamente e interamente per lui.

Ancora una volta si trovò affidato alla pietà di chiunque (SE c'era qualcuno) stesse ascoltando. Ancora una volta si ritrovò a pregare per Justin, per Mickey, per Gus.

Poteva esser stato molte cose per molte persone, ma egoista non era mai stata una di quelle.

'Cosa non darei per prendere il suo posto.'  Imploravano gli occhi di Justin. 'Prendi la mia vita affinché lui possa vivere.'

Un ricordo attraversò la superficie della sua mente lasciata vagare a briglie sciolte. ' Raggio di Sole, come potrei mai vivere senza di rte? Tu non l'hai fatto'.  Niente di così vero. Brian era decisamente stato l'aria di cui Justin aveva bisogno per vivere. Era più che convinto che il respiro finale di Brian avrebbe finito col rivelarsi anche il suo.

"Baciami." Disse Brian in un estremo tentativo di allontanare il biondo dai pensieri in cui era perso.

Justin scosse la testa, esitò, dopo parlò dolcemente,  "Cazzo quanto lo vorrei. Non voglio farti del male. Sai, col tuo respiro?" sembrava disperato.

"Ah, adesso Raggio di Sole" sorrise Brian "non c'è differenza. Tu mi togli sempre il respiro." Sbatté le palpebre in una maniera dozzinalmente teatrale. Anche se era dolorosamente consapevole di quanta verità fosse contenuta in quell'affermazione.

"Adesso. Smetti di pensare, stai zitto e baciami." ordinò. Justin sorrise e obbedì.

Le loro labbra si unirono perfettamente come molte altre volte in passato. Una connessione che era sempre stata da un lato troppo intensa e dall'altro mai soddisfacente.

La fragranza squisita di Justin stordì la mente di Brian. Una nuvola di euforia si librava sopra di loro, gocce di delizia piovevano giù. Circondò con una mano il collo snello di Justin e approfondì il bacio. Incredibilmente felice di sentirsi intossicato.

Poteva assicurare che il suo compagno si stava trattenendo. 'Il piccolo idiota iperprotettivo.' Brian stesso non avvertiva più il dolore nei polmoni.  Era stato superato da un dolore appena nato al centro del suo petto.  Una necessità di assaporare il 'vero amore' dolorosa, eppure che gli faceva venire l'acquolina in bocca. Qualcosa che sapeva avrebbe trovato soltanto lì. Lì nel bacio con Justin.

Dita lunghe intrecciate con i fili d'oro. Fili di seta, che Brian aveva sempre pensato avessero ricucito la sua vita.

Il gemito di Justin solleticò e fece vibrare la gola di Brian. Quasi tossì, ma non permise al suo corpo di farlo. Invece deglutì, trascinando la lingua del biondo in una deliziosa suzione, strappando un altro gemito di piacere a quella gola. Quello spezzò il cuore del moro per il desiderio di poter fare di più.

La passione che avvertiva quasi eguagliava la tristezza. Non avrebbero mai più fatto l'amore.

Quando inclinò la testa alla ricerca della migliore posizione per divorare l'altro uomo, i suoi occhi si aprirono per un istante. Rivolgendo un rapido sguardo ai macchinari attaccati a lui, quasi li derise. Al momento erano superflui. Justin Taylor era la sua sola e unica fonte di vita. Il suo ossigeno. Il suo battito. La sua anima.

Justin si preoccupava che Brian stesse esagerando. Tuttavia, non riuscì a trovare la forza per allontanarsi. Il peso della realtà gli stava crollando addosso, lo stava facendo discendere lungo tutto il percorso alla volta del luogo che avrebbe potuto essere l'inferno vero e proprio.

Veniva spinto con forza a trovare un nome più adatto ad un mondo senza Brian.

Non smise di godersi l'abilità di quell'uomo di fargli sentire ancora le farfalle svolazzare nello stomaco. Non le avrebbe mai lasciate andare. Nel sentire il sapore di ferro nel bacio di Brian, una nausea quasi invisibile si unì ai malinconici battiti d'ali nel suo stomaco.

Maledì il sangue che contaminava il sapore più delizioso al mondo. Si augurava di poterlo lavare via con quel bacio. Stava disperatamente provando a fare proprio quello.

Posizionò la propria bocca per incontrare la lingua di Brian, che era disperatamente alla ricerca di qualcosa; si chiese cosa potesse ancora cercare che non avesse già trovato. Non smise di accogliere quella ricerca. Qualunque cosa fosse l'avrebbero trovata, insieme.

Avvertendo un indebolimento del respiro del suo compagno, Justin chiese la collaborazione dei propri respiri. Mentre il suo cuore si riversò dalle sue labbra, direttamente dentro Brian affinché l'altro non si dimenticasse di portarlo con sé, i suoi polmoni con impegno zelante provarono a respirare per sempre direttamente dentro di lui.

Il moro ansimò e Justin si allontanò a malincuore. I suoi occhi incontrarono quelli di Brian. Vi lesse una delusione che gli fece scuotere la testa. Si piegò in avanti, portando le sue labbra a distanza di un sussurro dal nocciola meraviglioso.

Sorrise con affetto. Comprendendo il desiderio del biondo, Brian abbassò le palpebre. Justin posò un bacio delicato su ciascuno, straziante. La promessa al suo compagno che quel bacio era stato abbastanza. Che quel bacio era stato ogni cosa.

Justin si rannicchiò contro il corpo che conosceva meglio del proprio e chiuse gli occhi. Sentì la mano di Brian carezzare delicatamente il suo viso, non riuscì ad arrestare le lacrime calde che pungevano dietro gli occhi per sfuggirgli.

"Ti amo." bisbigliarono i due uomini all'unisono. Dopo non ci furono più parole.

Avvolti l'uno nel calore dell'altro, ascoltavano i loro cuori battere, la loro tristezza, la loro disperazione, la loro felicità, i loro desideri di un domani diverso, i loro ricordi... che galleggiavano nell'aria come le stelle sulle quali avevano espresso desidere.

Secondi silenziosi divennero muti minuti, un'ora passò in quiete armoniosa.

Brian aveva finalmente permesso al sonno di sopraffarlo, adesso che il suo sogno era rannicchiato di fianco a lui.

Un suono inaspettato perforò l'atmosfera con precisione tagliente. Justin scattò a sedere e guardò Brian prima di analizzare il monitor alla ricerca della fonte del fischio improvviso.

Ebbe a malapena il tempo di concentrarsi prima di essere allontanato dal letto da due infermiere. La pressione del sangue di Brian continuava a crollare in sincronia col battito in precipizio del biondo.

Rimase in piedi, e si allontanò leggermente dal letto; nonostante continuasse volontariamente a tenere la mano intrecciata con quella del suo compagno. Il panico lo avvolse in un bozzolo di incredulità.

Non poneva in modo cosciente la moltitudine di domande che uscivano dalle sue labbra, e allo stesso modo non aveva idea delle risposte che gli venivano date. Ogni cosa era sbiadita. Non vedeva e sentiva niente ad eccezione di lui. Brian Kinney, i cui occhi adesso erano spalancati per la meraviglia e la preoccupazione.

Un uomo appena arrivato (Justin non se n'era accorto) stava preparando un qualche tipo di tubo.
'No. Non avrebbe guardato. Sarebbe rimasto concentrato sul suo amante.'

"Brian", bisbigliò a malapena attraverso le lacrime che scorrevano e la paura che non dava cenno di diminuire.

Per Brian respirare diveniva sempre più difficile. Non riusciva a dire tutto quello che avrebbe voluto in quel momento. Cazzo, non era neanche sicuro di cosa esattamente fosse. Deglutì con forza, sobbalzando per il dolore intenso, e sbatté le palpebre.

"Non farlo," disse con tono strozzato e sorrise il più luminosamente possibile. Il color nocciola incontrò il blu. "A dopo" fu tutto quello che disse, tutto quello che poté dire. Si stupì per com'era sembrata cupa ed estranea la sua voce. Tenne gli occhi fissi in quelli di Justin e provò disperatamente a far sentire all'uomo tutto il resto che non era stato detto.

"A dopo." ripeté Justin dopo di lui e provò con altrettanta onestà a trasmettergli la sua dichiarazione eterna attraverso gli occhi più blu che Brian avesse mai visto.

Lasciando la sua mano per permettere al medico di inserire un tubo nella gola di Brian, si rifiutò di rompere il contatto tra i loro sguardi.

'A dopo' un'eco senza fine che si ripeteva nella mente di entrambi gli uomini.

Era stato abbastanza. Era stata ogni cosa.

Venti minuti dopo erano loro due insieme ancora una volta. Anche se Brian non era più cosciente e non respirava più autonomamente.

Il biondo sapeva con totale certezza, che l'altro uomo avvertiva ancora la sua presenza. Avvertiva ancora il suo tocco.

Dopo aver posato un bacio sulla guancia del compagno sospirò, poi uscì a chiamare Michael.

- - - - -

Il calore delle sue lacrime era in contrasto con la temperatura gelida. Sbatté le palpebre per allontanare il fastidio e seguì con gli occhi Gus che stava camminando per tutto il cimitero. Il bambino si fermava ogni pochi secondi e guardava il terreno. Micheal non ne era certo ma sembrava proprio che Gus fosse alla ricerca di qualcosa in particolare.

Premette lievemente una mano sulla spalla di sua mamma e la lasciò da sola di fronte la tomba di Vic, poi si avvicinò al piccolo detective. Prima di essere in grado di parlare, il respiro gli rimase bloccato in gola. 'Cristo. Perché il bambino doveva somigliare così tanto a suo padre? Era quasi doloroso guardarlo.'

Una lieve brezza soffiò, sussurrando ricordi che non avrebbe mai dimenticato.

"Ehi amico, stai cercando qualcosa?" chiese.

Gus scosse la testa e Michael notò che un luccichio istantaneo aveva catturato l'attenzione del bambino. "Uh huh zio Mickey! Sto cercando un miracolo." disse come dato di fatto. "Ho detto a zio Vic (indicò la lapide senza neanche voltarsi) di darmene uno. Sai, per papà." L'intensità della speranza presente nelle sue parole spezzò il cuore di Michael.

"Gus," cominciò prime di essere interrotto dalla voce del ragazzino. "Amico! Pensi che forse è questo?" chiese abbassandosi a prendere una piuma bianca che giaceva solitaria sulla neve.

"Zio Mickey, penso che forse è caduta dall'ala di un Angelo! Pensi che potrebbe essere vero?" chiese mentre esaminava con attenzione la piuma.

A Michael sembrava che fosse una normale piuma d'uccello. Forse di una delle colombe più belle di Pittsburgh. "Potrebbe essere, ragazzo." disse per non distruggere il sogno del bambino. 'Dannazione, era lui il primo a desiderare che fosse vero."

Sentì il telefono squillare nella tasca, ancora in modalità "vibrazione" da quando era stato in ospedale. La paura prese possesso di ogni terminazione nervosa dentro di lui. Con mani tremanti e un peso sul cuore guardò l'ID chiamante, Justin. La paura si intensificò ed ebbe timore di aver perduto la capacità di parlare. Reprimendo il desiderio di poter sfuggire, rispose al telefono.

- - - - -

Deb sorrise a suo nipote (in ogni senso che in verità aveva importanza) mentre questi correva verso di lei. Le sembrò giusto sorridere, ultimamente ce n'erano stati così pochi motivi.

Era così preoccupata per il piccolo uomo adesso dinanzi a lei, per l'uomo che parlava al telefono di fronte a lei e per l'uomo (aveva capito chi fosse dalla crescente tristezza di Michael) che era dall'altra parte del telefono.

Per loro tre, Brian Kinney era stato un dono di Dio, un angelo, il loro paradiso nella vita. 'Presto avrebbe dovuto trovarsi anche nel Paradiso del Paradiso." pensò quando sentì l'angoscia avvolgere tutto ciò che aveva intorno come la coltre di neve sotto i suoi piedi.

Sentì la mano di Gus cercare la sua e la strinse. Colse lo sguardo intenso del bambino e lo ricambiò con  altrettanta intensità.

Il suo sorriso e il suo calore si spensero velocemente quando incrociò lo sguardo di suo figlio che si stava avvicinando a loro. Occhi pieni di paura senza speranza, le lacrime che cadevano apparentemente senza arrestarsi, e lo sguardo spento e vuoto.

- - - - -

Quando suo zio e la nonna Deb lo condussero di fretta alla macchina, Gus avvertì una sensazione negativa dentro di sé. Sapeva che gli adulti non gli dicevano mai come le cose stavano in realtà, come se lui fosse stato un bambino, come JR. Ma dato che tutti erano già così tristi, e non vedeva l'ora di vedere di nuovo suo padre, non disse niente e camminò a passo veloce.

Aveva chiesto a zio Vic di mandargli un miracolo, e l'aveva cercato con impegno fino a quel momento. Aveva trovato un penny (dal lato della testa), e la piuma che poteva oppure no esser caduta dall'ala di un Angelo. Non era certo che l'uno o l'altra fossero davvero un miracolo, ma per sicurezza li aveva conservati in tasca.

Sollevando lo sguardo, osservò le nuvole alla deriva con più interesse che mai. Non si era mai fatto tante domande su di esse prima di quel giorno. Il giorno in cui aveva appreso che suo padre avrebbe potuto trasferirsi lì. 'Per vivere sulle nuvole e danzare tra le stelle’ aveva immaginato. Sembrava abbastanza divertente, ma di sicuro desiderava poter andare col suo papà. Quando l'esile velo di bianco passò sulla sua testa, allungò istintivamente il collo, sperando di catturare una lieve traccia di quei cancelli bianco perlacei.

Quando allontanò la sua testa dalle nuvole e tornò alla realtà, un altro potenziale miracolo catturò la sua attenzione.

Un bellissimo fiore, apparentemente impossibile, si ergeva e fioriva nella lieve brezza. 'Un fiore primaverile in mezzo alla neve?'

Ancora una volta, non era sicuro che quello fosse il miracolo, però lo colse e lo mise con attenzione nella tasca, giusto in caso.

Con una tasca piena di miracoli, salì in macchina. Non vedeva l'ora di darli a suo papà.

- - - - -

Gus si era sentito triste nel trovare suo padre già addormentato quando erano tornati in ospedale; ma papà Justin gli aveva detto che poteva stare seduto sul letto con lui. Gus era super fermo e super calmo così da non svegliare il padre. Si ricordava che quando era stato malato era sempre assonnato, quindi pensò che suo padre avesse bisogno di riposarsi.

C'erano nuovi tubi e anche una nuova macchina nella stanza. Gli avevano fatto paura all'inizio, ma dopo che gli era stato spiegato che aiutavano suo padre a respirare meglio aveva dato loro la propria approvazione.

Aveva appena finito di raccontare a papà Justin della sua conversazione con zio Vic e gli stava facendo vedere tutti i possibili miracoli che aveva messo da parte.

Justin guardò i due uomini che preferiva al mondo, e lottò (con più forza di quanta credeva di possedere) per non crollare definitivamente.

Dopo aver finito di parlare con Michael era andato direttamente al negozio di regali al piano di sotto. Dopo che l'amico gli aveva spiegato perché Gus aveva chiesto di andare a trovare Vic, il cuore di Justin non era stato in grado di decidere se scoppiare per l'amore o frantumarsi per la tristezza. Aveva acquistato una piccola scatola da regalo argentata e in coordinato un fiocco argentato.

Aveva incartato un miracolo.

"Gus", bisbigliò. Il bambino aveva parlato in tono pacato così da non svegliare Brian, poco importava il fatto che sapesse che non era più possibile. Con l'intenzione di mantenere le apparenze anche Justin si limitava a bisbigliare. In tutta onestà, non era più sicuro che sarebbe stato anche soltanto in grado di parlare a voce più alta.

"Guarda qua, ho trovato qualcosa." quasi odiò fornire al bambino una falsa speranza, ma cazzo, in quel momento valeva la penna di accogliere qualsiasi speranza.

Gus spalancò gli occhi e si fece più vicino. L'argento luccicava quando prese la scatola in mano. Sollevò il coperchio e guardò all'interno. Il suo corpo chiamava e il suo cuore si alzò in volo. "Il miracolo." sussurrò.

Anche se molte persone avrebbero detto che la scatola era vuota, Gus ne sapeva di più.

Sapeva che anche se non poteva vederlo, era esattamente ciò che stava cercando. Velocemente prese gli altri oggetti dalla sua tasca e li mise dentro la scatola. Pensò che non era possibile avere troppa magia.

'E' qualcosa che è necessario che tu trovi, o che ti venga dato da un Angelo. Anche se è abbastanza difficile, perché non è sempre possibile vederli.' Le parole di nonna Debbie riecheggiarono nella sua mente.

'Papà Justin era un Angelo?'

Non ebbe abbastanza tempo per pensare perché uno dei macchinari di papà aveva cominciato a fischiare come un pazzo. Improvvisamente si sentì davvero preoccupato perché sembrava che papà Justin fosse sul punto di piangere. Saltò su dal letto, finendo soltanto col trovare le mani di nonna Deb che cercavano disperatamente di farlo uscire dalla stanza. Lontano dal suo papà.

"Aspetta." protestò ma venne ignorato mentre inutilmente tentava di liberarsi dalla stretta. 'Non gli aveva ancora dato il suo miracolo.'

- - - - -

Justin si stava riscaldando dal freddo che avvertiva con il calore del sorriso di Gus. Stava anche ascoltato il ritmo con cui il cuore di Brian danzava il suo ultimo thumpa thumpa quando la cadenza del monitor si era progressivamente indebolita, dissolvendosi in un'unica nota di disperazione. La sua canzone era giunta alla fine, e le lacrime punsero gli occhi di Justin per uscire appena capì che non ci sarebbe stato alcun bis.

Il bip sembrò amplificarsi mentre riecheggiava attraverso il suo cuore distrutto. Lo assaliva da ogni direzione. Non c'era una via di fuga al suono della fine eterna. Il suono di un'anima che si frammentava in infinite schegge di desolazione.

 

 

  
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