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Autore: _Sihaya    15/11/2010    8 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo 15 - Somewhere I belong

Lost Memories

(di Sihaya10)

 

* * *

 

I wanna heal, I wanna feel

like I’m close to something real.
I wanna find something I’ve wanted all along,
somewhere I belong

Linkin Park, Somewhere I belong

 

* * *

Capitolo 15 – Somewhere I belong

 

Hermione rincorse Draco fuori dal rifugio.

 

Appena uscì, ciò che vide le tolse il respiro.

 

Si trovavano fra le montagne, in una piccola radura, sul versante sud di un monte scosceso; dietro di loro cresceva un fitto bosco di conifere, di fronte la spianata terminava in un dirupo.

 

Era impossibile allontanarsi da quel luogo, così com’era impossibile raggiungerlo.

 

I monti che li circondavano erano alti, alcuni rocciosi ed innevati, altri ricoperti da rigogliose foreste; la loro posizione disegnava nello spazio un largo ferro di cavallo, e i versanti scendevano ripidi confluendo in un’enorme vallata.

 

Circondata da una tetra atmosfera, la pianura si estendeva a perdita d’occhio.

 

Una lugubre foresta, un lago spettrale.

 

Una cittadina triste, immersa nell’oscurità, spezzata soltanto da fioche, sporadiche luci.

 

Una vecchia ferrovia, una stazione fantasma.

 

Al centro della vallata, il Castello di Hogwarts.

 

Hermione s’accorse d’avere il battito del cuore a mille.

 

Sopra di loro, il cielo era pece.

Solo un debole quarto di Luna s’affacciava fra nubi dense e scure, che sembravano dover scoppiare da un momento all’altro in un violento temporale.

Tra la minaccia plumbea della tempesta e squarci di lampi verdi, il Marchio Nero troneggiava superbo sul Castello.

 

Morsmordre.

 

Deboli fiamme circondavano il perimetro della Scuola e luci bieche brillavano dietro alle finestre dei torrioni.

A nord-ovest, la cima della Torre era nascosta da una fitta nebbia, il tetto della Guferia era crollato. A est…

 

Hermione si portò una mano alla bocca. L’angoscia le stritolò lo stomaco.

 

Laggiù, il Castello era in rovina.

 

La Torre di Grifondoro era sventrata, a malapena si reggeva in piedi. I dormitori non esistevano più, né la Sala Comune, né…

 

Hermione fece qualche passo avanti, avvicinandosi al dirupo.

Draco Malfoy era sull’orlo e guardava in basso, nella valle. Teneva entrambe le mani nelle tasche.

 

Per un attimo, lo rivide studente; la camicia bianca e i pantaloni scuri ricordavano l’uniforme della scuola e lui, forse più alto e dimagrito, guardava la vallata con la determinazione, l’orgoglio e la freddezza dei migliori Slytherin.

 

Ad un tratto, senza voltarsi, Draco domandò: « Sai cosa farò quando l’avrò sconfitto? »

 

Hermione sobbalzò: evidentemente si era accorto della sua presenza, anche se quella domanda sembrava rivolgerla soprattutto a se stesso.

 

« Riscatterò il nome dei Malfoy… e ricostruirò Hogwarts. »

 

A quelle parole un groppo le salì in gola. Le labbra s’incurvarono tremanti.

 

« Tutto tornerà identico a com’era prima. Ripristinerò la Sala Grande, l’Osservatorio, le Serre… »

 

Lei seguì con lo sguardo i luoghi che citava, chiedendosi se anche lui fosse turbato almeno un po’ dalla stessa miriade di emozioni che la stava sconvolgendo.

Innumerevoli ricordi, felici e dolorosi, dolci e amari.

Ricordi perduti, riportati in vita dal delirante progetto di un ragazzo che sembrava, ad un tratto, essere tornato bambino.

 

Premette la mano sulla bocca per trattenere un singhiozzo.

 

« Ricostruirò il campo da Quidditch, » continuò lui con voce vibrante e Hermione spostò lo sguardo verso ciò che rimaneva dello stadio: un’area ovale incolta circondata da una struttura pericolante.

 

Draco era immobile, ma lei capì che stava guardando nella stessa direzione. E che avrebbe posato gli occhi su ogni luogo della scuola, esattamente come stava facendo lei.

 

« Ricostruirò i dormitori, i bagni e la Torre di Grifondoro, » continuò lui.

 

A quelle parole, il nodo che Hermione aveva in gola si strinse in modo soffocante ed i suoi occhi s’inondarono di lacrime.

 

« Riaprirò la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e le restituirò la sua magnificenza… Inoltre, ne diventerò il Preside. »

 

Concluse facendo una profonda pausa, come un grande condottiero che promette al proprio esercito l’utopia di un mondo migliore.

 

Poi, all’improvviso, si voltò verso di lei.

 

« Sai perché siamo qui, Granger? Io e te? »

 

Lei sussultò, ma non riuscì a dire nulla.

 

Calde ed amare lacrime le scendevano lungo le guance. Inarrestabili.

 

Non avrebbe mai voluto che lui la vedesse così.

 

Malfoy tornò a volgerle le spalle senza attendere risposta.

 

« Siamo qui perché Hogwarts non sarebbe nulla senza di noi: Serpeverde, Tassorosso, Corvonero e Grifondoro… siamo l’anima di questo mondo, » disse solenne, concedendosi un profondo respiro.

 

Poi si voltò e si diresse verso l’ingresso del rifugio.

 

« Io non vorrei appartenere a nessun altro luogo, » mormorò passandole accanto.

 

E tu, Hermione Granger?

 

* * *

 

Harry corse al Butterfly senza tregua. Scese nel sottoscala e trovò aperta la porta dello scantinato del bar. Si gettò nella stanza chiamando Ron a gran voce, rischiando di svegliare l’intera palazzina.

La preoccupazione divenne angoscia quando costatò che non c’era nessuno. Quello che aveva temuto ascoltando la telefonata, otteneva una dolorosa conferma.

La sua voce si spezzò, ma continuò a chiamare l’amico finché il tono pian piano s’affievolì lasciando spazio alla rassegnazione.

Si mise una mano tra i capelli ed inspirò profondamente.

 

Che cosa era successo?

 

Dov’era Ron?

 

E il quadro?

 

Esaminò la stanza partendo dal cellulare di Ron che, rompendosi nella caduta, aveva interrotto la comunicazione. I pezzi erano tutti sul pavimento, non mancava nulla. Tutt’intorno, le assi di legno riportavano piccole bruciature sparse in modo irregolare. Contro la parete di fronte c’era un ammasso disordinato di scatoloni; in una zona erano schiacciati e sfondati...

 

Forse Ron era caduto in quel punto…

 

Cercando di non calpestare le bruciature, Harry raggiunse il centro della stanza, poi si voltò verso l’ingresso; accanto alla porta giaceva un telo bianco.

 

Harry provò a ricostruire i fatti e a riepilogare gli indizi.

 

Ron gli aveva telefonato nel cuore della notte sostenendo d’aver trovato il quadro rubato a McKenzie nello scantinato del Butterfly

 

Non poteva essersi inventato tutto, eppure lì non c’era traccia del ritratto.

 

Aveva accusato Ginny d’essere una ladra, poi la chiamata era stata interrotta.

 

Dal caos presente nella stanza era facile dedurre che Ron fosse stato aggredito e, forse, rapito.

 

Da chi?

 

Ginny era davvero una ladra? Aveva un complice o era all’oscuro di tutto?

 

In quell’istante, lei spuntò sulla soglia della porta, aggrappandosi allo stipite, col fiato corto ed una mano sul petto.

 

« Harry… » ansimò.

 

* * *

 

Hermione si asciugò le lacrime.

Poi prese un profondo respiro e si risolse a rientrare nel rifugio, dove trovò Malfoy intento ad esaminare il contenuto dello scaffale.

Lo raggiunse silenziosamente.

Un velo di imbarazzo si venne a creare quando lo affiancò.

Rivedere Hogwarts in quello stato, dopo due lunghi anni, li aveva feriti entrambi; uno nell’orgoglio, l’altra dritto al cuore. Quell’emozione intensa li aveva scossi e indeboliti.

Anche se nessuno di loro era disposto ad ammetterlo, li aveva costretti a guardare verso un comune obiettivo.

 

« Allora, cosa ci serve? » chiese all’improvviso Draco.

 

Hermione aggrottò la fronte.

 

« Cosa ci serve per la pozione? » insistette lui, « i miei genitori hanno lasciato un sacco di roba, non credo avremo problemi a trovare gli ingredienti giusti, » disse rovistando fra i ripiani.

 

Hermione annuì, pensierosa. « Non hanno lasciato nessuna bacchetta magica… » specificò con una certa cautela.

 

Malfoy sogghignò: « Evidentemente non lo ritenevano necessario, visto che ne ho già una. Non credo che - » Si fermò, attratto da una piccola sfera di vetro, seminascosta, che sembrava contenere sbuffi di fumo bianco.

 

Una Ricordella.

 

« Guarda! » esclamò indicando l’oggetto, contenendo a stento il volume della voce.

 

Lei spalancò gli occhi meravigliata: ogni cosa di quel progetto era sempre più sorprendente…

 

« Sai cos’è? » domandò lui per metterla alla prova.

 

Per un attimo s’immaginò di vederla sventagliare la mano sopra la testa per avere la parola: “Lo so! Lo so, professore!”…

 

« Una Ricordella, » rispose prontamente lei. « Ed è anche una Passaporta! »

 

« È confortante scoprire che sei ancora una spocchiosa so-tutto-io. »

 

« Sono sempre stata un’ottima studentessa. »

 

Malfoy la squadrò dall’alto in basso: « La tua unica qualità, a quanto pare. »

 

Hermione gli lanciò un’occhiata fulminante, rossa di rabbia, ma lui non le diede il tempo di parlare.

 

« Credo di sapere dove conduce… » disse indicando la Ricordella.

 

La collera di Hermione sfumò rapidamente per lasciare posto alla curiosità.

Lo guardò negli occhi, senza livore né soggezione.

Lo sguardo di Malfoy, solitamente freddo e ostile, sembrava vibrare di trepidazione. Con la mano destra raccolse la Ricordella e, tenendola sul palmo, la porse a Hermione. Solo per un istante, un impercettibile sorriso gli illuminò il volto poi, con voce tentatrice, sussurrò: « Andiamo? »

 

Hermione, in un crescente batticuore, pose la propria mano sopra alla sfera.

 

Pochi istanti dopo, il vortice di una Passaporta li risucchiò per la seconda volta.

 

* * *

 

Harry guardò Ginny con la disperazione negli occhi. Avrebbe creduto a qualsiasi spiegazione avesse voluto dargli, ma lei non parlò. Si limitò a posare lo sguardo sul quadro rubato. Harry, di riflesso, fece la stessa cosa.

 

Un attimo dopo raggiunse la conclusione d’essere pazzo.

 

Per un fulmineo istante gli era sembrato che il volto nel quadro si fosse mosso. Come se avesse passato lo sguardo ad esaminare la stanza per poi fissarsi su di lui, accennando un lieve sorriso.

 

Ebbe un brivido.

 

Poi di nuovo una fitta alla fronte. Si lamentò sfregandosi col dorso della mano.

 

« Harry che succede? » domandò Ginny allarmata.

 

« Niente. »

 

« Ti fa male la cicatrice? »

 

« No. »

 

Mentiva. A Ginny era chiaro come il Sole.

In pochi passi gli fu accanto, senza pensare che rischiava di compromettere delle tracce.

Lo abbracciò.

 

« Finite Incantem, » mormorò.

 

Era la seconda volta che pronunciava la formula, quella notte.

 

La prima volta mentre Harry dormiva, pensando che le sue difese fossero più deboli. Sapeva che non sarebbe bastata, ma sperava che potesse ridurre l’effetto del potente incantesimo di memoria.

 

Harry doveva fare il resto.

 

A lei spettava il compito di placare le sue paure, di aiutarlo ad accettare i propri ricordi, per lasciarli affiorare in superficie senza che essi lo conducessero alla pazzia.

 

Harry la strinse a sé. « Dimmi che non sei stata tu. » Supplicò, stringendo i denti per il dolore che era aumentato e stava diventando insopportabile.

 

« Mi dispiace… »

 

Harry tremò e chiuse gli occhi, come se quel gesto potesse cancellare ogni cosa; ma dietro le palpebre trovò un nuovo mondo, altrettanto inquietante.

 

Vide una foresta fitta e scura.

 

Animali mitologici, centauri ed unicorni apparivano e scomparivano tra le fronde.

 

Un cervo dal manto argenteo.

 

Vide i sotterranei bui e freddi di un vecchio castello.

 

C’erano dei passi in avvicinamento.

E, nella gola, paura ed eccitazione.

 

Di nuovo, il corpo di Ginny steso a terra privo di vita.

 

L’abbracciò forte e sentì una lama affilata penetrargli la fronte.

Soffocò un grido.

 

Un uomo anziano, la barba lunga e gli occhi saggi, scaraventato nell’aria da un lampo di luce.

 

Avada Kedavra.

 

Il dolore profondo per la perdita di un amico.

 

Sussultò.

 

Vide un bambino dallo sguardo vacuo e il cuore di ghiaccio.

 

Un volto deforme. Beveva sangue nella foresta.

 

Una serpe spaventosa.

 

Sibilava…

 

« V o l d e m o r t »

 

Il volto di una donna, l’espressione dolce, amorevole… materna.

 

Erano immagini sconnesse, irreali… Eppure erano sue.

 

Scivolavano fuori dall’inconscio una dopo l’altra, come se un filo invisibile le legasse assieme.

 

Un uomo dal portamento fiero e sicuro. Il sorriso di un padre.

 

« Harry… »

 

Spalancò gli occhi, aggrappandosi a Ginny e stritolando il suo corpo minuto.

 

Nonostante il dolore, lei non si lamentò, ascoltava il suo respiro fattosi più intenso.

 

Consapevole.

 

« Io… » balbettò, « io sono… »

 

Qualsiasi cosa stesse per dire, Ginny terminò la frase per lui.

 

« Harry Potter, » mormorò.

 

« Tu sei Harry Potter. »

 

* * *

 

Questa volta l’atterraggio fu impresa ardua anche per il Serpeverde.

Senza avere il tempo di rendersene conto finì a sbattere contro il fianco di un grosso armadio di legno. Con sommo disappunto, si appoggiò ad esso massaggiandosi una spalla.

 

Poi vide Hermione con la faccia a terra, e si consolò.

 

La ragazza si lamentò a bassa voce per il dolore. Sapeva perfettamente che alle sue spalle Draco Malfoy si stava godendo impietosamente la scena, così finse di ignorarlo e si rialzò, guardandosi intorno.

 

Si trovavano in un’ampia stanza quadrangolare, senza porte né finestre. Nel centro c’era un lungo tavolo privo di sedie. Ordinati contro le pareti, erano disposti innumerevoli scatoloni di diversi colori e dimensioni, tutti catalogati con apposite etichette.

Hermione ne scelse uno piuttosto grande, color fucsia.

Veritaserum”, diceva l’etichetta; aprendolo, vi trovò decine di sieri della verità.

Poi ne aprì uno giallo ocra: pozione Felix Felicis.

E poi proseguì, passandoli in rassegna rapidamente uno dopo l’altro: Polvere di Corno di Bicorno, Pozioni d’Amore, Mandragole, Sangue di Salamandra, Bevanda della Pace, Magiscotch, …

 

Aveva qualche dubbio sull’efficacia della maggior parte delle pozioni, ma era stupefatta.

 

Si guardò alle spalle: era pieno di scatole anche dietro di lei!

 

Corse verso l’armadio a cui Malfoy era ancora appoggiato.

 

Spalancò le ante: Scope Volanti e Metro Polvere!

 

« Incredibile! È esattamente quello che speravo di trovare! Secondo me siamo nella Stanza delle Necessità! Lo pensi anche tu, Malfoy? » esclamò euforica.

 

Quando si voltò per capire se lui la pensava allo stesso modo, rimase di stucco.

 

Malfoy era incollato al fianco del grande armadio. E tremava.

 

Il suo volto aveva assunto un pallore cadaverico; gocce di sudore gli imperlavano la fronte e il respiro era asmatico, irregolare.

 

« Malfoy? »

 

Silenzio.

 

Si spostò fronteggiandolo. « Che ti succede? » Insistette.

 

Lui mosse impercettibilmente la testa. Il cuore pulsava così forte che temeva gli sfondasse il petto. « Stanno venendo a prendermi, » disse con un filo di voce.

 

« Chi? »

 

« Andiamocene, » ordinò irrequieto, « sa che sono qui. »

 

Hermione lo studiò scettica: « Come fai a dirlo? » 

 

Lui le restituì uno sguardo colmo di disprezzo, per lei che lo sottovalutava e per se stesso piegato dalla paura. Si sollevò la manica sinistra della camicia e il gesto fu talmente feroce che strappò il bottone del polsino.

 

Lei vide per la prima volta il Marchio Nero tatuato sulla sua pelle.

 

Si portò entrambe le mani alla bocca per soffocare un grido.

 

Il serpente arrotolava le proprie spire movendosi sull’avambraccio arrossato dal bruciore.

 

« Lo vedi? Mi sta cercando! » Berciò Malfoy.

 

Un sapore acido le salì alla gola, come cibo mal digerito, ed un’improvvisa pietà le velò gli occhi.

 

Scosse la testa e parlò fra le dita, strette sulle labbra: « Ma non ti troverà. »

 

« Certo che mi troverà! »

 

« Se questa è, come credo, la Stanza delle Necessità siamo al sicuro, nessuno può entrare se ci siamo noi. »

 

« Balle! » ruggì lui, « ho fatto entrare io stesso i Carrow nella Stanza delle Cose Nascoste, usando l’Armadio Svanitore! »

 

« La Stanza delle Cose Nascoste è andata distrutta, ricordi? » (*)

 

Lui non ascoltava. Tutto il suo corpo era percorso da un fremito incontrollato. « Andiamocene! » Ordinò isterico.

 

Lei capì che non era possibile calmarlo a parole.

 

Con sensi offuscati dalla paura, ogni stimolo era appannaggio dell’istinto.

 

Istinto di sopravvivenza…

 

Istinto di protezione…

 

Allora Hermione Granger fece un gesto che non avrebbe mai immaginato di compiere.

 

Tanto improbabile, quanto spontaneo.

 

Un gesto che Draco Malfoy non avrebbe dovuto permettere in alcuna circostanza.

 

Un gesto che, tuttavia, lo placò.

 

Delicata come una piuma mossa dal vento, gli mise una mano all’altezza del cuore e si avvicinò appoggiandogli una guancia sul petto; rimase alcuni secondi in silenzio ad ascoltarne il battito convulso.

Lui trattenne il respiro, con il terrore negli occhi ed una voce nelle orecchie che ordinava di allontanarla.

 

Non ci riuscì.

 

Era paralizzato contro l’armadio, con la schiena e i palmi premuti sul legno.

 

Guardava fisso davanti a sé, senza vedere; con il vuoto completo nello stomaco e nella mente.

 

E il cuore che, lentamente, andava rallentando.

 

« Calmati, » mormorò Hermione, « cerco una bacchetta, poi ce ne andiamo. Ci metto un secondo. »

 

Quando lei s’allontanò per riprendere la ricerca, lui sentì una corrente gelida attraversargli il corpo ed espandersi fino alle estremità, come se gli avessero appena sottratto l’unica sorgente di calore nella stanza.

 

Hermione ritornò poco dopo, trionfante.

 

Raccolse la Passaporta e lo trascinò, letteralmente, dal rifugio alla Londra babbana.

 

* * *

 

Cumulonembi carichi di pioggia, trasportati dal vento che si era alzato rapidamente, oscuravano il cielo sopra a Hogwarts e alle montagne circostanti.

 

« Quando la Luna si va eclissando, c’è qualcuno che sta arrivando, » recitò lentamente la vedetta.

 

Fredde sferzate d’aria umida le scompigliarono i capelli biondi.

 

Tutti dicevano che non c’era bisogno di sorvegliare l’orizzonte durante i temporali, ma lei sentiva che quello era un giorno importante, per cui era tornata lì, sulla cima del pendio, ad aspettare. Incurante della pioggia e delle correnti, sfidando la temperatura invernale con indosso solo un abitino di lana blu.

 

Nessuno l’aveva fermata.

 

Perché lei era strana, e bisognava lasciarla fare.

 

Socchiuse le labbra sottili, in trepida attesa.

 

Non aveva freddo, bastava quell’ombra nera che volteggiava fra le nubi a scaldarle il cuore.

 

Tese le braccia dietro la schiena fermando l’abito gonfiato dal vento.

 

Poco dopo, l’ombra si rivelò essere un bellissimo gufo reale che, volando ad ali spiegate sopra la valle, la raggiunse posandosi sul suo braccio.

Impigliandosi nei suoi riccioli dorati, zampettò fino a salirle sulla testa.

 

Lei allungò le mani e slacciò il biglietto che portava attorno ad un artiglio.

 

Sentendo dei passi alle sue spalle, si voltò.

 

« Ciao Neville. »

 

« Vieni dentro. Prenderai freddo, » disse premuroso il ragazzo; poi notò che sulla sua testa s’era appollaiato un gufo.

 

Lei gli porse il biglietto: « Ha portato questo. »

 

Neville, sorpreso, lesse subito il messaggio.

 

Torniamo presto

 

[We’re coming back soon]

 

« È di Ginny, » disse lei, affiancandolo per rientrare insieme nel rifugio.

 

Lui annuì, ma non riuscì a trattenere una domanda: « Come facevi a sapere che sarebbe arrivato oggi? »

 

« Anche quando piove, il tempo si muove… » rispose lei. Era tutto il giorno che parlava per rime.

 

Neville Paciock sorrise.

 

Ancora una volta, Luna Lovegood aveva avuto ragione.

 

 

* * *

 

Continua…

 

N.d.A

(*) Mi riferisco a quando Tiger ha incendiato la Stanza delle Cose Nascoste con l’Ardemonio. Ho immaginato che venisse distrutta non l’intera Stanza delle Necessità, ma solo la sua forma di Stanza delle Cose Nascoste.

 

X Carol24: grazie per la recensione! Sono felice che trovi la storia interessante, ora dovrebbe essere un pochino più chiara la posizione di Ginny, ma per sapere i dettagli dovrai attendere i prossimi capitoli. Per quanto riguarda Harry, mi piacerebbe sapere se ti riferisci più al suo essere impacciato con Ginny o al modo impreciso con cui sta conducendo l’indagine sul furto del quadro… Da parte mia posso dirti che ho calcato appositamente la mano su questa sua caratteristica per due motivi. Innanzitutto, Harry non ricorda il proprio passato, ma è comunque un mago. Accentuandone l’“imbranataggine” volevo sottolineare la sua inadeguatezza al mondo babbano (… e quindi la sua appartenenza di diritto ad un altro mondo, per rifarmi anche al tema del capitolo). Come quando ci si trova in un luogo che non si addice alla nostra personalità e si prova disagio nell’interagire con persone e cose. In secondo luogo, ho reso Harry molto imbranato nel rapportarsi con Ginny perché volevo che voi lettori coglieste una leggera stonatura fra loro, dovuta al fatto che (ora posso dirlo!) Ginny ricorda qualcosa, mentre Harry no. Ginny, infatti, accelera i tempi perché è ben consapevole del loro legame, cosa di cui Harry è assolutamente all’oscuro… Volevo che si cogliesse il suo imbarazzo per il comportamento di Ginny che, ai suoi occhi, è ovviamente gradito, ma piuttosto audace.

 

X PaytonSawyer: Ciao! Non preoccuparti dei ritardi, sai che apprezzo tantissimo le tue recensioni ma non pretendo certo che tu sia puntuale!!! Ci mancherebbe! E poi, come vedi, anche io sono sovraccarica di impegni per cui pubblico (e recensisco!) con un bel po’ di ritardo. Spero che la storia continui a coinvolgerti ancora! Io ce l’ho messa tutta per creare suspance! XD

 

x Nausicaa: grazie, è un piacere ricevere i tuoi commenti. Creare suspence è uno degli obiettivi principali della fic, quindi sono contenta di sapere che ci sto riuscendo almeno un po’! Come sempre, poni i giusti interrogativi e cogli le incongruenze che ho appositamente creato per incasinare la storia… il che – purtroppo per te - significa che per ora non potrò sciogliere i tuoi dubbi! ^_^ Per il finale stai tranquilla: detesto lasciare le cose a metà!

Quando hai scritto della pazienza di Hermione ho riso un sacco. XDD Rompere le scatole a Hermione è il minimo che Malfoy possa fare, dato che ha già dovuto umiliarsi abbastanza per chiederle aiuto!

 

 

 

   
 
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