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Autore: HOPE87    16/11/2010    4 recensioni
STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA. MI SCUSO INFINITAMENTE PER IL DISAGIO, MA QUANDO LA VITA PRECIPITA LE SI DEVE DARE NECESSARIAMENTE LA PRECEDENZA. A PRESTO! ;)
“Goku e Crilin hanno il sangue rosso”.
Si era interrotta, irrigidendo la mascella, indecisa se continuare o meno.
“E il tuo com’è?” le aveva chiesto cauto, attendendo pazientemente l’arrivo di una risposta.
Lei allora aveva rivolto gli occhi verso l’orizzonte, per poi cercare sulla riva della spiaggia qualcosa che potesse tornarle utile. Individuato un frammento di vetro, lo aveva recuperato, ponendoselo al centro esatto della mano e stringendo quest’ultima sufficientemente da ferirsela, mostrandola poi successivamente all’anziano uomo.
“È rosso” aveva constatato il maestro Muten, sperando che quello fosse il modo giusto.
L’aveva vista scuotere la testa con rammarico.
“È nero”.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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V

V.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il villaggio da cui proveniva.

La sua collocazione.

Il motivo che le aveva fatto perdere la memoria.

Prima di atterrare sul suolo di Namecc, non ricordava nulla di tutto questo.

Poi diversi flashback le si erano intervallati nella mente. Prima come immagini confuse e sfocate, che avevano fatto luce nel vuoto della sua mente come lampi in un cielo scuro. Infine come vere e proprie scene, che le avevano ricostruito l’intera vicenda con cinismo disarmante.

In ogni cadavere in cui incappava muovendosi sul suolo di Namecc, rivedeva i corpi straziati dei genitori.

Ogni volta che si trovava ad osservare i palmi delle proprie mani, rivedeva il sangue con cui si era svegliata quella volta, nel cuore della notte.

Le urla, i lamenti, i pianti dei namecciani avevano rievocato quelli degli abitanti del villaggio che erano accorsi a casa sua, prendendo ad osservare la scena orripilanti.

Il ghigno di Zarbon quando si era trovata ad affrontarlo, aveva presto preso posto su un altro volto, che le aveva fatto ghiacciare il sangue nelle vene.

Aveva ricordato tutto con una perfezione sconvolgente, senza riuscire a spiegarsene il motivo.

Una volta il Genio - seriamente allarmato dagli incubi che la tenevano poi sveglia per notti intere, in stato catatonico - l’aveva portata da un medico.

L’uomo aveva spiegato che il vivere degli eventi traumatici, talvolta, poteva portare ad una parziale perdita della memoria, consistente in una voluta rimozione degli stessi, che potevano poi ritornare a galla attraverso l’attività onirica.

Era ciò che doveva essere accaduto a lei.

Il maestro Muten non aveva dubbi.

Ricordava che una volta aveva provato a mostrarle gli abiti con cui l’avevano trovata i ragazzi quel lontano giorno piovoso di diciannove anni prima.

Allora non ne aveva compreso il motivo. Non aveva riconosciuto nemmeno essere suoi abiti quegli stracci rovinati, intrisi di sangue rappreso. Se ne era spaventata. Aveva chiesto al Genio se si stesse prendendo gioco di lei e perché, se così non fosse, quella volta era ricoperta di sangue.

Il maestro Muten non aveva saputo risponderle. Aveva abbassato lo sguardo stanco, riponendo gli abiti laddove li aveva per tutto il tempo conservati, forse con la speranza di venire a capo di qualcosa di cui perfino lui non riusciva a capacitarsi.

Poi erano arrivati i sayan. La scoperta delle vere origini di Goku e Piccolo… Namecc, Freezer.

Su quel pianeta che un tempo doveva essere stato un luogo mite e pacifico, privo della più blanda violenza, aleggiava aria di morte.

L’aveva avvertita non appena aveva messo piede fuori dalla navicella che Bulma aveva progettato per raggiungere il pianeta.

L’aveva riconosciuta.

Aveva impiegato un po’ di tempo a comprenderlo ed era stato solo una volta tornata sulla Terra che aveva tirato le somme.

Per giorni era ritornata su quei ricordi che a lungo aveva represso, studiandone i contorni, i dettagli, ripetendone a memoria le sequenze.

Eppure non aveva saputo trovare la chiave, il tassello mancante che l’aveva portata a chiedersi continuamente perché fosse accaduta una cosa simile.

Quella notte di diciannove anni prima, poco dopo aver spento le quattro candeline che troneggiavano sulla torta che la madre aveva preparato per l’evento – aveva ricordato, rigettando poi subito dopo in una delle toilette della Capsule Corporation, in cui si trovava – erano andati tutti a dormire.

Le luci erano spente, fu per questo motivo che inizialmente non aveva saputo individuare la fonte del rumore che l’aveva fatta sobbalzare, facendole aprire di scatto gli occhi. Aveva visto un’ombra intrufolarsi furtivamente nella propria camera, poi un tonfo, un verso che non seppe definire in altra maniera se non “strano”, e un odore pungente arrivarle al naso, disgustandola.

Il terrore l’aveva immobilizzata, prendendo a divorarle la bocca dello stomaco. Si era resa conto di aver nascosto la testa sotto alle coperte solo quando l’aveva tirata nuovamente fuori, incuriosita dal silenzio che sembrava essersi impossessato della camera.

Era stato allora che li aveva visti.

Due occhi.

Opalescenti - nel buio della camera - taglienti… inquietanti.

Aveva ripreso a tremare, non riuscendo a discostare il proprio sguardo da quello che la stava fissando in modo agghiacciante.

Poi un urlo.

Quello che riconobbe essere di suo padre.

Si era chiesta perché si fosse messo ad urlare, invece di correre ad aiutarla.

Forse non si era accorto che in casa sua fossero entrati degli estranei, aveva pensato.

Poi i suoi occhi avevano spezzato l’incanto sinistro con cui quelli sospesi nel buio l’avevano soggiogata, spostandosi sulla porta, attraverso la quale qualcosa di particolarmente grande e pesante era stato lanciato, facendole emettere un urlo spaventato.

Quando aveva nuovamente rivolto gli occhi a quelli che aveva scorto nell’oscurità se li era ritrovati a pochi palmi dal viso.

Un volto a cui aveva potuto finalmente associare una fisionomia.

Era stata per un periodo indefinito a fissare il volto estraneo, trattenendo a tratti il respiro, con occhi sgranati.

Poi aveva sentito un dolore lancinante alla testa, e tutto si era fatto buio.

Al risveglio, si era ritrovata catapultata direttamente all’inferno.

Tutto, attorno a lei, era rosso.

Le pareti, il pavimento, le finestre, il letto… qualche traccia di quel colore tanto fastidioso era riuscito perfino a raggiungere il soffitto, a quanto sembrava.

E quell’odore…

Aveva spostato gli occhi verso il basso, scorgendo – tra quel mare denso di un rosso porpora - due figure riverse a terra, in posizioni del tutto innaturali.

Si era sentita stringere la gola a tal punto da soffocare. Poi aveva urlato.

Aveva urlato tanto forte da attirare l’attenzione dei vicini, che – in breve – erano tutti accorsi in casa sua.

Lei si era condotta le mani al viso, allontanandosele quando le aveva sentite umide. Osservandone i palmi, vi aveva trovato lo stesso maledetto colore in cui i corpi esanimi dei genitori erano malamente adagiati.

Da quel momento, i ricordi erano divenuti più sfocati e confusi che mai.

Ricordava poi di essere stata sollevata malamente dal suo futon, interamente sporco di sangue, e portata al centro del villaggio, costretta a inginocchiarsi di fronte ad un uomo vestito di una strana tunica.

Quando aveva trovato il coraggio di sollevare il viso rigato di lacrime, aveva sgranato gli occhi, riconoscendo nella fisionomia dell’uomo la stessa che le si era portata ad una spanna dal viso quella notte stessa.

Poi la bocca dell’uomo si era schiusa, e le sue labbra avevano formulato quello che poi si era rivelato essere una sorta di verdetto.

- Sangue nero. - .

 

***

 

 

Gohan aprì e chiuse la bocca più volte, per poi finire a mordersi le labbra per tentare di rimandare giù il groppo che gli era salito alla gola.

Piccolo continuò a dargli le spalle, ben consapevole dell’effetto che quelle parole stessero procurando al suo allievo.

Ma doveva capire.

Omettere frammenti della storia equivaleva a trasmettergli una visione parziale dei fatti, che avrebbe potuto fargli trarre delle conclusioni sbagliate.

Non poteva definirsi tanto presuntuoso da credere di conoscere bene la donna, ma di una cosa era assolutamente certo: Shizue non avrebbe mai voluto che Gohan avesse un cattivo ricordo di lei.

Era per questo – non ci voleva molto a capirlo – che aveva evitato di raccontare al figlio del suo migliore amico l’intera realtà dei fatti, prima di arrivare al punto di non ritorno.

Il timore che potesse ricordarla solo come un’assassina.

-          P-poi cos’è successo? -.

Piccolo riaprì gli occhi, riallontanando momentaneamente dalla sua mente l’immagine malinconica della donna.

-          Ha ritrovato il suo villaggio natio e vi si è recata. - .

-          E come ha fatto a trovarlo…? – chiese Gohan, titubante.

-          Questo non lo so, non me l’ha detto, ma credo si sia messo a cercarlo facendo sempre riferimento agli stralci di ricordi che si è portata dietro. - .

Il suo allievo rimase in silenzio, avendo compreso – molto probabilmente – di essere arrivato al punto cruciale della storia.

-          Ad ogni modo, riuscì a ritrovare il santone che quella mattina aveva fatto sì che gli abitanti del villaggio decidessero di lapidarla. - .

-          Santone? – chiese prontamente Gohan, ricollegando, nel frattempo, la questione della lapidazione ad una frase che Shizue, una volta, gli aveva detto, lasciandogli però numerosi dubbi sul come, dove e perché.

Tuo padre mi ha salvato la vita.”.

Crilin gli aveva poi raccontato che era stato così che avevano conosciuto Shizue.

Lui, Bulma, Goku e Olong erano incappati nel villaggio di Shizue durante una delle loro prime avventure, alla ricerca delle sette sfere del drago, proprio mentre la donna – allora bambina – si trovava in difficoltà.

Non era sceso nei particolari. E adesso ne comprendeva il perché.

-          In questo modo si era fatto conoscere da quel branco di stupidi umani. -, gli rispose Piccolo, trovandosi a digrignare i denti e a innervosirsi, con sua somma sorpresa. – Un esorcista. – sputò fuori sprezzante, lasciando che un ghigno derisorio gli si delineasse sul volto. – L’erede di Mutaito*… da cui aveva appreso la tecnica per debellare il maligno! - .

Gohan fu sorpreso dal notare quanta enfasi stesse imprimendo nelle parole il proprio maestro. Ma non seppe individuarne il motivo. Stette per un po’ a rimuginare su quanto aveva appena appreso.

-          Ma perché? – capitolò poi infine, non riuscendo a capacitarsene.

-          Questo mentecatto non esorcizzava il male gratuitamente - , rispose Piccolo, enfatizzando di proposito la quarta parola, voltandosi poi verso il suo allievo, per poterne osservare le prossime reazioni direttamente, senza doverle immaginare. – Pretendeva un compenso. Anche piuttosto sostanzioso. -.

Gli occhi di Gohan si spalancarono, mettendo insieme velocemente tutte le cose di cui era venuto a conoscenza, rimanendone sconvolto di volta in volta.

Dopo Radish… Vegeta, Nappa… Freezer, aveva imparato con estrema naturalezza a considerare il male e il pericolo provenire da pianeti diversi dal suo.

L’idea che potesse esistere tanta perversione anche nel luogo che lui aveva sempre amato e che avesse dovuto subirne le conseguenze una persona a lui tanto cara... gli procurò inevitabilmente lo scorrere delle prime lacrime.

Se ne liberò rapidamente con l’ausilio di un braccio, tornando poi a guardare il suo maestro con determinazione.

-          Come ha reagito Shizue? - .

Piccolo fissò il proprio sguardo in quello del suo allievo, avvertendo nuovamente quello strano peso sullo stomaco che l’aveva colto quando era arrivato a quel punto anche lui.

 

Era rimasto fermo, immobile, in attesa che Shizue continuasse.

All’inizio – non comprendendone bene il motivo - l’aveva infastidito il fatto che la donna gli stesse rivelando tutte quelle cose. Poi il fastidio era divenuto curiosità. Infine, questa era stata soppiantata dall’ansia, e da quella che aveva riconosciuto essere- solo successivamente - rabbia.

Le esili spalle tremavano come non aveva mai visto fare.

Per un attimo si era preoccupato. Sembrava quasi che non riuscisse a respirare.

Aveva avvertito l’impulso di avvicinarsi… per far cosa, non lo sapeva, ma si era sentito disposto a fare qualsiasi cosa purchè quella fastidiosa visione cessasse.

Poi l’aveva vista voltarsi, con un volto irriconoscibile, rigato dalle lacrime.

-          L’ho ucciso… - aveva sussurrato con un filo di voce. Era convinto che pur non disponendo dell’udito fine che caratterizzava la sua razza, sarebbe riuscito ugualmente a capire i suoi farfugliamenti.

Lo aveva capito da quando aveva preso a tremare.

-   Quando gli ho chiesto il perché… - aveva ripreso, mentre le lacrime continuavano a scorrerle sul viso pallido. – Sai cos’ha fatto? Mi ha riso in faccia. - .

Gli occhi ambrati di lei si erano fissati nei suoi.

-   E allora sì, l’ho ucciso. - .

L’aveva vista tramutare l’espressione del viso in una maschera sinistra, avvertendo dentro di sé qualcosa muoversi, inquieto. 

-          Gli ho trapassato il torace con un pugno – aveva continuato, riprendendo un tono di voce più chiaro, mentre gli occhi le si erano spalancati, rivolgendosi su un punto indefinito davanti a sé, dando l’impressione che stesse ricordando. – E ho continuato a inveire su di lui anche da morto. Poi sono arrivati i suoi seguaci…- , si era interrotta, spostando di poco lo sguardo. – Avevano visto l’intera scena da lontano… ne erano decine. -, lo sguardo si spostò ancora una volta. – Ed io ero completamente impreparata… ho incassato numerosi colpi prima d’iniziare a colpire alla cieca ognuno di loro. La rabbia non si era placata… ogni pugno andato a segno nel punto giusto ne eliminava uno… e ho continuato, continuato, continuato, continuato… -, si prese la testa tra le mani. - … Finchè non ne è rimasto nemmeno uno. - . La voce s’era assottigliata nuovamente, così come gli occhi si erano spalancati più di quanto già non lo fossero. – E sai qual è stata la cosa più sconvolgente? Ho goduto… -.

Piccolo aveva osservato, impotente, i suoi occhi riprendere a lacrimare.

-          A ogni collo che si spezzava, a ogni scricchiolio di ossa, ad ogni sguardo combattivo che lasciava il posto a uno vitreo, io… godevo. - . Aveva ripreso a tremare, per poi rivolgere il proprio sguardo allucinato nuovamente verso il suo. – Sono un mostro… un mostro! – aveva urlato, completamente fuori di sé, riconducendosi le mani alla testa per riprendere a torturarsi i lunghi capelli neri. – Come farò a dirlo agli altri? Come farò a dirlo al Genio? - , si era interrotta, dandogli le spalle, conducendosi una mano sulla bocca e riprendendo a piangere, completamente schiacciata dal peso della consapevolezza di ciò che aveva fatto.

-          Come farò a dirlo a Gohan? – chiese ancora, voltandosi per l’ennesima volta verso di lui, afferrandogli la casacca con entrambe le mani in maniera del tutto inaspettata, stringendogliela convulsamente, mentre il suo sguardo si fissava implorante nel suo. – Come farò a dirgli che sono diventata un’assassina?! – aveva di nuovo chiesto istericamente, senza separarsi da lui, continuando a versare lacrime su un volto contratto dal dolore.

Non riuscendo più a sopportare tale visione, pensò di passare all’unica maniera rimastagli valida fino ad allora.

La schiaffeggiò violentemente, sperando che il colpo potesse farla rinsavire. Sentì le mani abbandonare la casacca, mentre il volto prendeva la direzione verso cui l’aveva condotto il colpo, per poi ritornare nella posizione originaria.

-          Ti prego… - riprese Shizue, riavvicinandosi di nuovo.

-          Smettila! – aveva allora esclamato lui, afferrandole le spalle per scrollarla, avvertendo le mani di lei stringere di nuovo convulsamente la stoffa dei suoi abiti.

-          Ti scongiuro… non dirlo a Gohan… non dirglielo… - continuò a ripetere Shizue, lasciando che la follia cedesse il posto alla disperazione.

Non seppe dire cosa successe immediatamente dopo.

Ricordava solo di essersi ritrovato a stringere il corpo di Shizue tra le braccia, con il suo volto affondato nell’incavo del collo, e le sue mani adagiate delicatamente sul torace, mentre il vento alle sue spalle soffiava forte, come a voler portar via la disperazione di cui s’era impregnato quel momento.

 

-          Signor Piccolo? - .

La voce di Gohan lo distolse dai suoi ricordi, facendogli sollevare nuovamente lo sguardo su di lui.

Fece per aprire bocca per concludere il discorso, ma qualcosa alle spalle del ragazzino gli fece aggrottare la fronte e assottigliare lo sguardo, mettendolo in all’erta.

 

 

***

 

 

Carezzò la mano del suo maestro con infinita dolcezza, cercando di trovare un ultimo ricordo che lo riguardasse, prima di abbandonare definitivamente la Kame House.

Era bastato dirigersi in cucina a preparare del thè, per potersi garantire quella situazione. Un paio di gocce di quel potente sonnifero che aveva utilizzato lei svariate volte per addormentarsi era bastato a metterlo ko.

Lui, troppo preso dal racconto che lei aveva iniziato, non se n’era accorto.

E poi, fondamentalmente, era molto anziano.

S’era sentita un po’ in colpa per il modo in cui aveva deciso di neutralizzarlo, ma l’aveva ritenuto quello più idoneo.

Non che lui avesse potuto impedirle di portare a termine il suo piano, ma non sarebbe mai riuscita a farlo davanti a lui.

Non era giusto che assistesse, era già troppo scoprire che un proprio allievo era andato contro tutti i principi inculcatigli.

Rivolse lo sguardo verso la mobilia posta poco lontana. Si alzò e vi si avvicinò, afferrando la cornice che conteneva la foto di gruppo scattata uno dei giorni successivi all’ultimo Torneo Tenkaichi a cui avevano preso parte.

C’erano tutti. E a tutti rivolse un pensiero, sperando che in futuro non potessero mai giudicarla e che il loro amore nei suoi confronti equivalesse almeno al dieci per cento di quello che lei nutriva per loro.

Ne accarezzò il contorno con le dita, prima di posarla e dirigersi all’esterno della casa.

Rivolse gli occhi al cielo.

L’unico suo rimpianto si trovava lì.

-          Perdonami, Goku… - .

Si asciugò con una mano le lacrime che le erano sfuggite dagli occhi, dirigendosi poi verso la riva, laddove si trovava ancora Umigame, che aprì un po’ gli occhi, non appena la vide.

Si chinò nuovamente ad accarezzarle la testa rugosa, per poi sollevarsi e dirigersi a passo cadenzato verso il mare.

-          Hai deciso di aspettare gli altri? – si sentì chiedere inaspettatamente dalla tartaruga marina.

Cercò d’ignorare il groppo che le era salito alla gola e le lacrime che avevano ripreso a bagnarle il volto, sforzandosi di sorridere.

-          Sì, aspetto gli altri. - .

Rabbrividii quando avvertì l’acqua arrivarle alla pancia, ma non si fermò.

Quando pensò essere arrivato il momento giusto, si tuffò.

Con l’intenzione di non riemergere più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice…

 

Come qualcuno aveva sospettato, non riuscirò più ad aggiornare tanto velocemente come ho fatto fino ad adesso ^  ^’ sto trascorrendo gran parte delle giornate fuori casa, uscendo prestissimo e tornando particolarmente tardi e purtroppo ciò non mi consente di dedicarmi a questa storia il necessario tempo che vorrei.

Dunque mi trovo a sfruttare la domenica (in cui mi concedo decisamente una pausa da tutto), quindi eccomi qui J sperando che questo capitolo sia piaciuto, benchè sia – lo ammetto – particolarmente “pesante”, sotto svariati punti di vista.

A voi la sentenza J

 

Note: Mutaito* è il maestro dell’Eremita della Tartaruga e l’Eremita della Gru, che inventò la tecnica per sigillare il Grande mago Piccolo. Ho voluto nominarlo per sottolineare il fatto che il “santone” che rovina la vita a Shizue fosse schifosamente propenso a inventare balle su balle per rendersi credibile.

 

Ringrazio:

 

-          fufa78: Tranquilla, tranquilla… avrai modo di leggere di Piccolo J qui un po’ se ne parla, ma pazienta e vedrai… grazie per la recensione J e no, la storia non è affatto finita! xD perché hai pensato ciò? J avevi forse intuito quest’epilogo? spero di rileggerti presto!;

-          BeNnY: Grazie Benny! J non stai mancando un capitolo, ne sono onorata J J;

-          Lirin Lawliet: Sì, lo ammetto, l’ho presa davvero a cuore… Shizue è un personaggio che non mi era mai venuto fuori prima e, beh, considerando come ho fatto concludere il capitolo… sarebbe stato meglio se non l’avessi mai partorita, poverina! xD Tenshinhan IC? Fiuw! Menomale… aspetto un tuo parere anche su questo J un bacione, alla prossima!;

-          Silvergirl90: … immagino che questo ti sia piaciuto un po’ meno ^  ^’ non saprei, dimmelo tu J

 

 

Ringrazio inoltre le 2 persone che hanno aggiunto la mia storia tra le preferite, le 5 persone che l’hanno aggiunta tra le seguite e tutti coloro che leggono anche senza commentare! *inchino*

 

Alla prossima!

 

 

HOPE87

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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