V.
Il villaggio da cui proveniva.
La sua collocazione.
Il motivo che le aveva fatto
perdere la memoria.
Prima di atterrare sul suolo di Namecc, non ricordava nulla di tutto questo.
Poi diversi flashback le
si erano intervallati nella mente. Prima come immagini
confuse e sfocate, che avevano fatto luce nel vuoto della sua mente come lampi
in un cielo scuro. Infine come vere e proprie scene, che le avevano ricostruito l’intera vicenda con cinismo disarmante.
In ogni cadavere in cui incappava muovendosi
sul suolo di Namecc, rivedeva i corpi straziati dei
genitori.
Ogni volta che si trovava ad osservare i
palmi delle proprie mani, rivedeva il sangue con cui si era svegliata quella
volta, nel cuore della notte.
Le urla, i lamenti, i pianti dei namecciani avevano rievocato quelli degli abitanti del
villaggio che erano accorsi a casa sua, prendendo ad
osservare la scena orripilanti.
Il ghigno di Zarbon
quando si era trovata ad affrontarlo, aveva presto preso
posto su un altro volto, che le aveva fatto ghiacciare il sangue nelle vene.
Aveva ricordato tutto con una perfezione
sconvolgente, senza riuscire a spiegarsene il motivo.
Una volta il Genio - seriamente allarmato
dagli incubi che la tenevano poi sveglia per notti intere, in stato catatonico
- l’aveva portata da un medico.
L’uomo aveva spiegato che il vivere degli
eventi traumatici, talvolta, poteva portare ad una parziale perdita della
memoria, consistente in una voluta rimozione degli stessi, che potevano poi
ritornare a galla attraverso l’attività onirica.
Era ciò che doveva essere accaduto a lei.
Il maestro Muten
non aveva dubbi.
Ricordava che una volta aveva provato a
mostrarle gli abiti con cui l’avevano trovata i ragazzi quel lontano giorno
piovoso di diciannove anni prima.
Allora non ne aveva
compreso il motivo. Non aveva riconosciuto nemmeno essere suoi abiti quegli stracci rovinati, intrisi di sangue rappreso.
Se ne era spaventata. Aveva chiesto al Genio se si stesse prendendo gioco di lei e perché, se così non fosse,
quella volta era ricoperta di sangue.
Il maestro Muten
non aveva saputo risponderle. Aveva abbassato lo sguardo stanco, riponendo gli
abiti laddove li aveva per tutto il tempo conservati,
forse con la speranza di venire a capo di qualcosa di cui perfino lui non
riusciva a capacitarsi.
Poi erano arrivati i sayan.
La scoperta delle vere origini di Goku e Piccolo… Namecc, Freezer.
Su quel pianeta che un tempo doveva essere
stato un luogo mite e pacifico, privo della più blanda
violenza, aleggiava aria di morte.
L’aveva avvertita non appena aveva messo
piede fuori dalla navicella che Bulma
aveva progettato per raggiungere il pianeta.
L’aveva riconosciuta.
Aveva impiegato un po’ di tempo a
comprenderlo ed era stato solo una volta tornata sulla Terra che aveva tirato
le somme.
Per giorni era ritornata su quei ricordi
che a lungo aveva represso, studiandone i contorni, i
dettagli, ripetendone a memoria le sequenze.
Eppure non aveva saputo
trovare la chiave, il tassello mancante che l’aveva portata a chiedersi
continuamente perché fosse accaduta una cosa simile.
Quella
notte di diciannove anni prima, poco dopo aver spento le quattro candeline che
troneggiavano sulla torta che la madre aveva preparato per l’evento – aveva ricordato,
rigettando poi subito dopo in una delle toilette della
Capsule Corporation, in cui si trovava – erano andati tutti a dormire.
Le
luci erano spente, fu per questo motivo che inizialmente non aveva saputo
individuare la fonte del rumore che l’aveva fatta sobbalzare, facendole aprire
di scatto gli occhi. Aveva visto un’ombra intrufolarsi furtivamente nella
propria camera, poi un tonfo, un verso che non seppe
definire in altra maniera se non “strano”, e un odore pungente arrivarle al
naso, disgustandola.
Il
terrore l’aveva immobilizzata, prendendo a divorarle la bocca dello stomaco. Si
era resa conto di aver nascosto la testa sotto alle coperte
solo quando l’aveva tirata nuovamente fuori, incuriosita dal silenzio che
sembrava essersi impossessato della camera.
Era
stato allora che li aveva visti.
Due
occhi.
Opalescenti
- nel buio della camera - taglienti… inquietanti.
Aveva
ripreso a tremare, non riuscendo a discostare il proprio sguardo da quello che
la stava fissando in modo agghiacciante.
Poi
un urlo.
Quello
che riconobbe essere di suo padre.
Si
era chiesta perché si fosse messo ad urlare, invece di correre ad aiutarla.
Forse
non si era accorto che in casa sua fossero entrati degli estranei, aveva
pensato.
Poi i
suoi occhi avevano spezzato l’incanto sinistro con cui quelli sospesi nel buio l’avevano soggiogata, spostandosi sulla
porta, attraverso la quale qualcosa di particolarmente grande e pesante era
stato lanciato, facendole emettere un urlo spaventato.
Quando
aveva nuovamente rivolto gli occhi a quelli che aveva scorto nell’oscurità se
li era ritrovati a pochi palmi dal viso.
Un
volto a cui aveva potuto finalmente associare una fisionomia.
Era
stata per un periodo indefinito a fissare il volto estraneo, trattenendo a
tratti il respiro, con occhi sgranati.
Poi
aveva sentito un dolore lancinante alla testa, e tutto si era fatto buio.
Al
risveglio, si era ritrovata catapultata direttamente all’inferno.
Tutto,
attorno a lei, era rosso.
Le
pareti, il pavimento, le finestre, il letto… qualche traccia di quel colore
tanto fastidioso era riuscito perfino a raggiungere il
soffitto, a quanto sembrava.
E quell’odore…
Aveva
spostato gli occhi verso il basso, scorgendo – tra quel mare denso di un rosso porpora - due figure riverse a terra, in posizioni
del tutto innaturali.
Si
era sentita stringere la gola a tal punto da soffocare. Poi aveva urlato.
Aveva
urlato tanto forte da attirare l’attenzione dei vicini, che – in breve – erano
tutti accorsi in casa sua.
Lei
si era condotta le mani al viso, allontanandosele quando
le aveva sentite umide. Osservandone i palmi, vi aveva trovato lo stesso
maledetto colore in cui i corpi esanimi dei genitori erano malamente
adagiati.
Da quel momento, i ricordi erano divenuti
più sfocati e confusi che mai.
Ricordava
poi di essere stata sollevata malamente dal suo futon, interamente sporco di sangue, e portata al centro
del villaggio, costretta a inginocchiarsi di fronte ad un uomo vestito di una
strana tunica.
Quando
aveva trovato il coraggio di sollevare il viso rigato di lacrime, aveva
sgranato gli occhi, riconoscendo nella fisionomia dell’uomo la stessa che le si era portata ad una spanna dal viso quella notte
stessa.
Poi
la bocca dell’uomo si era schiusa, e le sue labbra avevano formulato quello che
poi si era rivelato essere una sorta di verdetto.
-
Sangue nero. - .
***
Gohan aprì e chiuse la
bocca più volte, per poi finire a
mordersi le labbra per tentare di rimandare giù il groppo che gli era salito
alla gola.
Piccolo continuò a dargli le spalle, ben
consapevole dell’effetto che quelle parole stessero
procurando al suo allievo.
Ma doveva capire.
Omettere frammenti della storia equivaleva
a trasmettergli una visione parziale dei fatti, che avrebbe potuto fargli
trarre delle conclusioni sbagliate.
Non poteva definirsi tanto presuntuoso da
credere di conoscere bene la donna, ma di una cosa era assolutamente certo: Shizue non avrebbe mai voluto che Gohan
avesse un cattivo ricordo di lei.
Era per questo – non ci voleva molto a
capirlo – che aveva evitato di raccontare al figlio del suo migliore amico
l’intera realtà dei fatti, prima di arrivare al punto di non ritorno.
Il timore che potesse ricordarla solo come un’assassina.
-
P-poi cos’è successo?
-.
Piccolo riaprì gli occhi, riallontanando momentaneamente dalla sua mente l’immagine
malinconica della donna.
-
Ha
ritrovato il suo villaggio natio e vi si è recata. - .
-
E come ha fatto a trovarlo…? – chiese Gohan, titubante.
-
Questo
non lo so, non me l’ha detto, ma credo si sia messo a
cercarlo facendo sempre riferimento agli stralci di ricordi che si è portata
dietro. - .
Il suo allievo rimase in silenzio, avendo
compreso – molto probabilmente – di essere arrivato al punto cruciale della
storia.
-
Ad
ogni modo, riuscì a ritrovare il santone che quella mattina aveva fatto sì che
gli abitanti del villaggio decidessero di lapidarla. - .
-
Santone?
– chiese prontamente Gohan,
ricollegando, nel frattempo, la questione della lapidazione ad una frase che Shizue, una volta, gli aveva detto, lasciandogli
però numerosi dubbi sul come, dove e perché.
“Tuo
padre mi ha salvato la vita.”.
Crilin gli aveva poi raccontato
che era stato così che avevano conosciuto Shizue.
Lui, Bulma, Goku e Olong erano
incappati nel villaggio di Shizue durante una delle
loro prime avventure, alla ricerca delle sette sfere del drago, proprio mentre
la donna – allora bambina – si trovava in
difficoltà.
Non era sceso nei particolari. E adesso ne comprendeva il perché.
-
In
questo modo si era fatto conoscere da quel branco di stupidi umani. -, gli
rispose Piccolo, trovandosi a digrignare i denti e a
innervosirsi, con sua somma sorpresa. – Un esorcista. – sputò fuori sprezzante,
lasciando che un ghigno derisorio gli si delineasse
sul volto. – L’erede di Mutaito*… da cui aveva
appreso la tecnica per debellare il maligno! - .
Gohan fu sorpreso dal
notare quanta enfasi stesse imprimendo nelle parole il proprio maestro. Ma non seppe individuarne il motivo. Stette per un po’ a
rimuginare su quanto aveva appena appreso.
-
Ma perché? – capitolò poi infine, non
riuscendo a capacitarsene.
-
Questo
mentecatto non esorcizzava il male
gratuitamente - , rispose Piccolo, enfatizzando di
proposito la quarta parola, voltandosi poi verso il suo allievo, per poterne
osservare le prossime reazioni direttamente, senza doverle immaginare. –
Pretendeva un compenso. Anche piuttosto sostanzioso. -.
Gli occhi di Gohan
si spalancarono, mettendo insieme velocemente tutte le
cose di cui era venuto a conoscenza, rimanendone sconvolto di volta in volta.
Dopo Radish…
Vegeta, Nappa… Freezer, aveva
imparato con estrema naturalezza a considerare il male e il pericolo
provenire da pianeti diversi dal suo.
L’idea che potesse
esistere tanta perversione anche nel luogo che lui aveva sempre amato e che
avesse dovuto subirne le conseguenze una persona a lui tanto cara... gli
procurò inevitabilmente lo scorrere delle prime lacrime.
Se ne liberò rapidamente con l’ausilio di
un braccio, tornando poi a guardare il suo maestro con determinazione.
-
Come
ha reagito Shizue? - .
Piccolo fissò il proprio sguardo in quello
del suo allievo, avvertendo nuovamente quello strano peso sullo stomaco che
l’aveva colto quando era arrivato a quel punto anche
lui.
Era
rimasto fermo, immobile, in attesa che Shizue continuasse.
All’inizio
– non comprendendone bene il motivo - l’aveva infastidito il
fatto che la donna gli stesse rivelando tutte quelle cose. Poi il
fastidio era divenuto curiosità. Infine, questa era stata soppiantata
dall’ansia, e da quella che aveva riconosciuto essere- solo successivamente
- rabbia.
Le esili spalle
tremavano come non aveva mai visto fare.
Per
un attimo si era preoccupato. Sembrava quasi che non riuscisse a respirare.
Aveva
avvertito l’impulso di avvicinarsi… per far cosa, non lo sapeva, ma si era
sentito disposto a fare qualsiasi cosa purchè quella fastidiosa visione cessasse.
Poi
l’aveva vista voltarsi, con un volto irriconoscibile, rigato dalle lacrime.
-
L’ho ucciso… - aveva sussurrato con un filo di voce. Era
convinto che pur non disponendo dell’udito fine che
caratterizzava la sua razza, sarebbe riuscito ugualmente a capire i suoi
farfugliamenti.
Lo
aveva capito da quando aveva preso a tremare.
- Quando gli ho chiesto il perché… -
aveva ripreso, mentre le lacrime continuavano a scorrerle sul viso pallido. –
Sai cos’ha fatto? Mi ha riso in faccia. - .
Gli
occhi ambrati di lei si erano fissati nei suoi.
-
E allora sì, l’ho ucciso. - .
L’aveva
vista tramutare l’espressione del viso in una maschera sinistra, avvertendo
dentro di sé qualcosa muoversi, inquieto.
-
Gli ho trapassato
il torace con un pugno – aveva continuato, riprendendo un tono di voce più
chiaro, mentre gli occhi le si erano spalancati,
rivolgendosi su un punto indefinito davanti a sé, dando l’impressione che
stesse ricordando. – E ho continuato a inveire su di
lui anche da morto. Poi sono arrivati i suoi seguaci…- ,
si era interrotta, spostando di poco lo sguardo. – Avevano visto l’intera scena
da lontano… ne erano decine. -, lo sguardo si spostò
ancora una volta. – Ed io ero completamente
impreparata… ho incassato numerosi colpi prima d’iniziare a colpire alla cieca
ognuno di loro. La rabbia non si era placata… ogni pugno andato a segno nel
punto giusto ne eliminava uno… e ho continuato,
continuato, continuato, continuato… -, si prese la testa tra le mani. - … Finchè non ne è rimasto nemmeno
uno. - . La voce s’era assottigliata nuovamente, così come gli occhi si erano
spalancati più di quanto già non lo fossero. – E sai
qual è stata la cosa più sconvolgente? Ho goduto… -.
Piccolo
aveva osservato, impotente, i suoi occhi riprendere a lacrimare.
-
A ogni collo che si spezzava, a ogni scricchiolio di
ossa, ad ogni sguardo combattivo che lasciava il posto a uno vitreo, io… godevo.
- . Aveva ripreso a tremare, per poi rivolgere il proprio sguardo allucinato
nuovamente verso il suo. – Sono un mostro… un mostro!
– aveva urlato, completamente fuori di sé, riconducendosi le mani alla testa
per riprendere a torturarsi i lunghi capelli neri. – Come farò a dirlo agli
altri? Come farò a dirlo al Genio? - , si era
interrotta, dandogli le spalle, conducendosi una mano sulla bocca e riprendendo
a piangere, completamente schiacciata dal peso della consapevolezza di ciò che
aveva fatto.
-
Come farò a dirlo a
Gohan? – chiese ancora, voltandosi per l’ennesima
volta verso di lui, afferrandogli la casacca con entrambe le mani in maniera
del tutto inaspettata, stringendogliela convulsamente, mentre il suo sguardo si
fissava implorante nel suo. – Come farò a dirgli che
sono diventata un’assassina?! – aveva di nuovo chiesto istericamente, senza
separarsi da lui, continuando a versare lacrime su un volto contratto dal
dolore.
Non
riuscendo più a sopportare tale visione, pensò di passare all’unica maniera
rimastagli valida fino ad allora.
La
schiaffeggiò violentemente, sperando che il colpo potesse farla rinsavire.
Sentì le mani abbandonare la casacca, mentre il volto prendeva la direzione
verso cui l’aveva condotto il colpo, per poi ritornare nella posizione
originaria.
-
Ti prego… - riprese
Shizue, riavvicinandosi di nuovo.
-
Smettila! – aveva
allora esclamato lui, afferrandole le spalle per scrollarla, avvertendo le mani di lei stringere di nuovo convulsamente la stoffa dei suoi
abiti.
-
Ti scongiuro… non
dirlo a Gohan… non dirglielo…
- continuò a ripetere Shizue, lasciando che la follia
cedesse il posto alla disperazione.
Non
seppe dire cosa successe immediatamente dopo.
Ricordava
solo di essersi ritrovato a stringere il corpo di Shizue
tra le braccia, con il suo volto affondato nell’incavo del collo, e le sue mani
adagiate delicatamente sul torace, mentre il vento alle sue spalle soffiava
forte, come a voler portar via la disperazione di cui s’era impregnato quel
momento.
-
Signor
Piccolo? - .
La voce di Gohan
lo distolse dai suoi ricordi, facendogli sollevare nuovamente lo sguardo su di
lui.
Fece per aprire bocca per concludere il discorso, ma qualcosa alle spalle del
ragazzino gli fece aggrottare la fronte e assottigliare lo sguardo, mettendolo
in all’erta.
***
Carezzò la mano del suo maestro con
infinita dolcezza, cercando di trovare un ultimo ricordo che lo riguardasse, prima di abbandonare definitivamente
Era bastato dirigersi in cucina a preparare
del thè, per potersi garantire quella situazione. Un
paio di gocce di quel potente sonnifero che aveva utilizzato lei svariate volte
per addormentarsi era bastato a metterlo ko.
Lui, troppo preso dal racconto che lei
aveva iniziato, non se n’era accorto.
E poi,
fondamentalmente, era molto anziano.
S’era sentita un po’ in colpa per il modo
in cui aveva deciso di neutralizzarlo, ma l’aveva ritenuto quello più idoneo.
Non che lui avesse potuto impedirle di
portare a termine il suo piano, ma non sarebbe mai riuscita a farlo davanti a
lui.
Non era giusto che assistesse, era già
troppo scoprire che un proprio allievo era andato contro tutti i principi
inculcatigli.
Rivolse lo sguardo verso la mobilia posta
poco lontana. Si alzò e vi si avvicinò, afferrando la cornice che conteneva la
foto di gruppo scattata uno dei giorni successivi all’ultimo Torneo Tenkaichi a cui avevano preso
parte.
C’erano tutti. E a
tutti rivolse un pensiero, sperando che in futuro non potessero mai giudicarla
e che il loro amore nei suoi confronti equivalesse almeno al dieci per cento di
quello che lei nutriva per loro.
Ne accarezzò il
contorno con le dita, prima di posarla e dirigersi all’esterno della casa.
Rivolse gli occhi al cielo.
L’unico suo rimpianto si trovava lì.
-
Perdonami,
Goku… - .
Si asciugò con una mano le lacrime che le
erano sfuggite dagli occhi, dirigendosi poi verso la riva, laddove si trovava
ancora Umigame, che aprì un
po’ gli occhi, non appena la vide.
Si chinò nuovamente ad accarezzarle la
testa rugosa, per poi sollevarsi e dirigersi a passo cadenzato verso il mare.
-
Hai
deciso di aspettare gli altri? – si sentì chiedere inaspettatamente dalla
tartaruga marina.
Cercò d’ignorare il groppo che le era
salito alla gola e le lacrime che avevano ripreso a bagnarle il volto, sforzandosi
di sorridere.
-
Sì,
aspetto gli altri. - .
Rabbrividii quando avvertì l’acqua
arrivarle alla pancia, ma non si fermò.
Quando pensò essere arrivato
il momento giusto, si tuffò.
Con l’intenzione di non riemergere più.
Angolo dell’autrice…
Come qualcuno aveva sospettato, non
riuscirò più ad aggiornare tanto velocemente come ho
fatto fino ad adesso ^ ^’ sto
trascorrendo gran parte delle giornate fuori casa, uscendo prestissimo e
tornando particolarmente tardi e purtroppo ciò non mi consente di dedicarmi a
questa storia il necessario tempo che vorrei.
Dunque mi trovo a sfruttare la domenica (in
cui mi concedo decisamente una pausa da tutto), quindi
eccomi qui J sperando che questo capitolo sia
piaciuto, benchè sia – lo ammetto – particolarmente
“pesante”, sotto svariati punti di vista.
A voi la sentenza J
Note: Mutaito* è
il maestro dell’Eremita della Tartaruga e l’Eremita della Gru, che inventò la
tecnica per sigillare il Grande mago Piccolo. Ho
voluto nominarlo per sottolineare il fatto che il
“santone” che rovina la vita a Shizue fosse
schifosamente propenso a inventare balle su balle per rendersi credibile.
Ringrazio:
-
fufa78: Tranquilla, tranquilla… avrai modo di leggere di
Piccolo J qui un po’ se ne parla, ma pazienta e
vedrai… grazie per la recensione J e no, la storia
non è affatto finita! xD
perché hai pensato ciò? J avevi
forse intuito quest’epilogo? spero di rileggerti
presto!;
-
BeNnY: Grazie Benny! J non
stai mancando un capitolo, ne sono onorata J J;
-
Lirin Lawliet: Sì, lo ammetto,
l’ho presa davvero a cuore… Shizue è un personaggio
che non mi era mai venuto fuori prima e, beh, considerando come ho fatto concludere il capitolo… sarebbe stato meglio se non l’avessi
mai partorita, poverina! xD Tenshinhan IC? Fiuw! Menomale… aspetto
un tuo parere anche su questo J un bacione, alla prossima!;
-
Silvergirl90: … immagino che
questo ti sia piaciuto un po’ meno ^ ^’ non saprei, dimmelo tu J
Ringrazio inoltre le 2 persone che hanno
aggiunto la mia storia tra le preferite, le 5 persone che l’hanno aggiunta tra
le seguite e tutti coloro che leggono anche senza
commentare! *inchino*
Alla prossima!
HOPE87