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Autore: Shiki Ryougi    16/11/2010    2 recensioni
[Questa storia ha partecipato al "New Generation Contest – 2nd edition" classificandosi seconda.]
A volte si perde di vista l'importanza che hanno le persone care per noi e tendiamo a confondere i loro comportamenti.
Questa cosa capitò anche ad Hugo e qui voglio raccontare come lui si rese conto del grande sbaglio che stava commettendo.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hugo Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Ti voglio bene, Rose.

 

 

 

 

Era caldo. Molto caldo.

In quell’estate quasi al termine il sole si stava facendo sentire. I campi che circondavano la Tana erano illuminati dai raggi color oro.

Hugo Weasley, un ragazzino di appena undici anni, dai folti capelli color carota e il viso magro tempestato da lentiggini, se ne stava nascosto dietro ad un cespuglio. Puntava i suoi occhi vispi, di color nocciola, tra i rami per vedere se la via era libera.

In effetti non c’era nessuno nei paraggi. Lui aveva scelto un punto impensabile per nascondersi. Era solo questione di tempo… presto sarebbe uscito allo scoperto, correndo a più non posso verso la tana e avrebbe liberato tutti, aggiudicandosi nuovamente la vittoria.

Infatti erano già tre volte che vincevano grazie a lui. Nessuno poteva batterlo a nascondino, perché era bravissimo a scegliere i punti più strategici ed era veloce nella corsa. Uno dei più veloci. L’unico che era abbastanza astuto e veloce per poterlo battere era James Potter. E anche Lily Potter poteva vantare di una furbizia fuori dal comune.

Perciò doveva stare molto attento. Colui che proteggeva la tana era James, purtroppo.

Respirò profondamente, per schiarirsi le idee. Poi sbirciò di nuovo tra i rami del cespuglio per vedere se James era nei paraggi. Aveva sentito dei passi…

Si sentì risollevato quando scoprì che era solo sua sorella Rose. Stava girovagando. Ovviamente James l’aveva presa da un pezzo.

Lei era una frana a nascondino. E una frana come sorella…

Si divertiva sempre a riprenderlo, perché lei era perfetta come figlia. Lui no…

Si divertiva a prenderlo in giro davanti a tutti. Come era successo quella mattina.

Rose aveva rivelato ai suoi cugini che lui, fino all’età di dieci anni, la notte andava a dormire con i genitori, nel lettone.

E lei aveva detto tutto questo solo perché Hugo, per scherzo, gli aveva rivoltato i cassetti della sua camera, in seguito ad un lite avvenuta il giorno prima.

Se Rose si fosse vendicata in modo decente lui non l’avrebbe biasimata. Ma lo scherzo che gli aveva fatto era troppo offensivo.

Il fatto che Hugo, fino all’anno prima, andasse a dormire con i suoi non doveva riguardarle. Né a lei né a tutti gli altri.

Ora James aveva un altro pretesto per le sue battutine. Non erano mai offensive, ma se avesse cominciato a prenderlo in giro su quella storia allora Hugo avrebbe dovuto cominciare ad andare in giro con una busta di carta sulla testa. La vergogna era troppo grande per sopportarla a viso scoperto.

All’improvviso Hugo trasalì. Un altro rumore, questa volta molto più vicino e deciso.

Il ragazzino riprese a spiare. Sua sorella era sparita. Non c’era più nessuno.

“ Allora di chi erano quei passi che ho sentito? “ si chiese tra sé e sé, con il cuore che batteva forte.

Strinse i pugni e decise: “ Devo uscire. E’ troppo tempo che sto nascosto. Ora o mai più! “

Si alzò di scatto dal suo nascondiglio e senza guardarsi intorno, ma concentrandosi solo sulla meta, cominciò a correre, facendo appello a tutte le sue forze.

Mentre saettava, al massimo della velocità verso la tana, sentiva che qualcuno lo stava inseguendo.

Come immaginava... James aveva intuito il suo nascondiglio. Erano di lui i passi che aveva sentito. Quindi aveva fatto bene a scappare.

Hugo correva deciso, sotto il sole cocente, sicuro di vincere anche quella volta.

Ma, nel giro di pochi istanti, la sua sicurezza mutò…

Sentiva che le gambe gli stavano cedendo. Il fatto di essere rimasto rannicchiato per troppo tempo aveva avuto un effetto negativo sui polpacci. Si stavano irrigidendo!

Correre in quel modo contribuiva solo a peggiorare la situazione. Sapeva che quando accadevano cose di questo genere doveva fermarsi e massaggiare il punto che gli faceva male. Ma ora non poteva assolutamente permettersi questo lusso. No quando mancava così poco.

La tana per liberare tutti era un grosso albero posizionato tutto solo in mezzo al campo.

Ad attenderlo c’erano Lily, Rose, Albus, Louis e Dominique. Cominciarono ad esultare per lui.

“ Dai, posso farcela! Manca poco! Così dimostrerò ancora una volta che non sono un pappamolla, come invece diceva Rose! “. Incoraggiato da questo pensiero non si arrese al dolore e aumentò la velocità.

Questo però fu un grosso errore. Le gambe cedettero e Hugo cadde a terra, sbucciandosi un ginocchio.

James lo raggiunse e lo toccò sulla spalla. Aveva perso.

Tutti si avvicinarono a lui, che nel frattempo si tastava le gambe, trattenendo una smorfia di dolore.

« Hugo… tutto apposto? » domandò Albus, preoccupato.

Anche gli altri avevano uno sguardo preoccupato, compresa Rose…

“ Tu! Perché sei preoccupata per me? E’ tutta colpa tua… sarai felice di avermi umiliato davanti a tutti. Questo fatto dovrebbe essere solo la conferma di ciò che hai detto stamattina! “ pensò Hugo con rabbia, puntando lo sguardo in direzione della sorella e poi sul ginocchio ferito. Bruciava da morire.

« Hugo… è normale che ti fanno male le gambe. Non puoi pretendere di restare nascosto così tanto tempo e poi di metterti a correre in quel modo… » disse James.

Hugo non rispose. Si alzò in piedi, nonostante il dolore, e disse: « Smettetela di fingere. So che pensate che sono un pappamolle. ». Poi, rivolgendosi a Rose, continuò: « Sarai felice, no? Dopo tutto avevi ragione. Come sempre, del resto… ».

Rose cercò di dire qualcosa, ma Hugo non le diede il tempo. « Lascia stare, ora voglio solo tornare a casa. »

Dopo di che si avviò verso la Tana, sotto lo sguardo sorpreso di tutti.

 

Quella sera Hugo andò a dormire presto.

Si sdraiò sul suo letto, tirando giù le coperte e rivolse il proprio sguardo alla finestra che si affacciava sul giardino.

Osservava il cielo stellato e si godeva l’arietta fresca che entrava ogni tanto, arrecandogli un po’ di sollievo, visto la pesante calura di quelle giornate di agosto.

Era il momento migliore per riflettere e calmarsi.

Era ancora arrabbiato. E molto.

Ovviamente sapeva che stava esagerando e che poteva fidarsi dei suoi cugini. Loro non lo avrebbero mai preso in giro. Persino James si sarebbe reso conto che quell’argomento era molto fastidioso per Hugo e quindi avrebbe fatto finta di niente.

Sapeva di aver sbagliato ad alzare la voce. In fin dei conti non avevano fatto niente di male. Si erano preoccupati per lui, come sempre. Perciò, nella più vicina occasione, Hugo si sarebbe scusato con loro.

Ma Rose… lei no. Lei non meritava il suo perdono, tanto meno le scuse.

Era stata cattiva con lui.

Sapeva benissimo che non avrebbe mai dovuto dire quella cosa. Persino i loro genitori si erano raccomandati con Rose di non dire niente, in quanto non sarebbe stato corretto. E Rose aveva promesso. Promessa che però aveva mandato al diavolo nel giro di cinque minuti.

E quindi perché doveva fingere di preoccuparsi, quando probabilmente si stava gustando quella scena? Uno spettacolo più che bello per lei.

Perché Rose aveva finto?

Questa cosa lo faceva arrabbiare ancora di più.

Tante volte Hugo aveva pensato alla possibilità di nascere come figlio unico. Di essere solo lui, senza nessuna sorella maggiore a rompergli le scatole tutti i giorni.

Bè, quella cosa che prima era stata solo un’idea, divenne un desiderio. Un sogno. Essere figlio unico era un paradiso che mai si sarebbe potuto permettere, purtroppo.

Amareggiato e stizzito, si rannicchiò, affondando la testa nel guanciale. Chiuse gli occhi. Dormire gli avrebbe fatto bene.

Cercando di non pensare più a nulla, si addormentò.

 

La notte fu senza sogni. Proseguì velocemente fino alla mattina seguente. Troppo velocemente.

Hugo si svegliò di scatto. Rimase sdraiato sul letto, con il viso rivolto al soffitto. Il cuore batteva forte nel petto.

Si mise a sedere, cercando di calmarsi. “ Perché sono agitato? ” si chiede, mentre osservava il cielo nuvoloso, dietro i vetri della finestra chiusa.

“ Non ho fatto nessuno sogno… perché mi sono svegliato così? ”. Era un po’ confuso.

Il tempo era passato troppo veloce per i suoi gusti e aveva ancora sonno.

Pensò subito di coricarsi nuovamente per dormire ancora un po’, ma un brivido di freddo lo colse di sorpresa.

Si rese conto che stava tremando. Aveva i piedi e le mani gelate e la pelle d’oca da per tutto.

Scese subito dal letto e quando appoggiò i piedi nudi sul pavimento rabbrividì ancora di più.

“ Ma cos’è tutto questo freddo?! “ era esterrefatto. “ Fino a ieri sera faceva una caldo da morire… ora si gela, come se fosse pieno inverno! “ concluse, guardando ancora fuori dalla finestra.

Quelle nubi che vedeva in cielo, scure e minacciose, ora gli facevano un po’ di paura.

« Che diavolo succede? » mugugnò, avvicinandosi al davanzale.

L’estate sembrava sparita da un pezzo. In quel momento fuori stava per scoppiare a piovere e lui tremava dalla testa ai piedi.

Senza pensarci due volte corse verso il proprio guardaroba e prese dei capi d’abbigliamento più pesanti. L’indosso velocemente, buttando il pigiama estivo sul letto sfatto.

Infine infilò i calzetti e le scarpe. Sentendosi più risollevato si disse: “ Ora è meglio che vada da mamma e papà… chiederò spiegazione a loro. “

Si avvicinò alla porta, pronto ad afferrare la maniglia. Ma non lo fece subito.

Aveva uno strano presentimento. C’era qualcosa che non andava. Non sapeva spiegarsi che cosa… ma quella non era la casa Weasley che conosceva. E sicuramente non era più agosto. Non poteva essere agosto. Era troppo freddo. Per stare bene, Hugo era stato costretto ad indossare un maglione e un pantalone invernale…

“ Chiederò a mamma… “. Scacciando quella sensazione, aprì la porta e uscì in corridoio, chiudendosela alle spalle.

Era buio, le finestre tutte chiuse in previsione della pioggia battente.

Hugo conosceva bene la casa, quindi riuscì ad orientarsi anche in quel modo. Raggiunse presto le scale che lo avrebbero portato in salotto.

Da in cima gli scalini sentì delle voci provenienti dal piano di sotto. Erano i suoi genitori!

Hugo risollevato e sorridente si precipitò giù, pronto a chiedere spiegazioni…

Ma una brutta sorpresa lo attendeva e quando scoprì quale non poté fare a meno di sbiancare…

Sua madre era seduta sul divano, in camicia da notte e la pancia era gonfia, enorme. Era incinta!

Suo padre le stava vicino, tutto agitato e le dava indicazioni.

Sua sorella Rose… girava agitata per la sala. Ma Hugo stentò a riconoscerla. Era una bimba di appena due anni!

Da fuori giunse una voce familiare. Era quella dello zio Harry! Infatti spuntò dal portone di casa, semi aperto. Disse: « Presto, Ron! Dobbiamo portarla al San Mungo! »

Ron fece segno di aver capito ma si vedeva lontano un miglio che era molto preoccupato e agitato.

Cercando di trattenersi aiutò sua moglie ad alzarsi.

Per Hugo fu troppo.

Spaventato e confuso, scappò dal salotto, ritornando al piano di sopra. Diretto in camera sua.

 

Non riusciva a credere a ciò che aveva visto. Rannicchiato in un angolo del corridoio, pensava. Era spaventato. Non capiva cosa stava succedendo.

Voleva scomparire e ritrovarsi di nuovo nella sua cameretta, accolto dal tepore delle mattinate estive. Con Rose che veniva a svegliato per infastidirlo. Con sua madre che gli preparava la colazione e suo padre che si rifiutava di alzarsi dal letto.

Sorrise ripensando a quelle giornate. Pianse ricordandosi di aver spesso odiato tutte quelle cose meravigliose.

“ Sono un’idiota! Ecco la mia punizione per essermi comportato male! Per aver pensato a cose cattive… “.

« SONO UN CRETINO! » urlò, sicuro che nessuno lo avrebbe sentito.

Era invisibile. Nessuno prima lo aveva notato, nonostante lui fosse piombato a tutta velocità nel salotto. Rose gli era passata accanto diverse volte, ma niente. Lei non si era nemmeno girata.

« Questo è un incubo! Voglio tornare a casa! » disse, con voce più moderata.

“ Scusa Rose… scusa… “ pensava, mentre era convinto che quelle scuse lei non le avrebbe mai sentite. E in quel momento era anche troppo piccola per capire.

Hugo si asciugò il viso con le maniche del maglione, poi si alzò in piedi. Il silenzio che prima dominava la casa adesso era rotto dal battere della pioggia sulle pareti e le finestre. Ogni tanto qualche tuono dava il tocco finale a quella lugubre atmosfera.

Sospirò, cercando di farsi forza.

“ Forse, se torno a dormire, mi sveglierò nel mio tempo, a casa… “ pensò, animato da quella speranza.

Deciso e ansioso corse verso la propria camera. Trovò la porta chiusa, come l’aveva lasciata.

Respirando profondamente più volte l’aprì, piano. Essa cigolò, in modo spettrale…

Un’altra sorpresa attendeva Hugo.

La sua camera non era arredata come prima. Al posto del letto vi era una culla e dove prima ci stava l’armadio ora c’erano altri mobili.

Hugo questa volta non si spaventò. Voleva vedere, voleva capire.

In quella stanza c’erano solo Rose e… un bambino piccolo, sdraiato nella culla.

L’undicenne si avvicinò a loro. Era estasiato. Quella scena era tanto simile a un ricordo. Un ricordo dolce. Un ricordo perso da tanto tempo.

Hugo si sedette su uno sgabello di legno, posto vicino alla finestra. Fu felice di notare che non pioveva più. Fuori si vedeva solo un cielo stellato e non faceva più tanto freddo.

Rose, sempre sotto sembianze di una bimba di due anni, stava seduta su una piccola poltrona posta di lato alla culla. Guardava meticolosamente il neonato dormire.

Sembrava un cane da guardia, pronto a mordere chiunque avesse minacciato quella piccola creatura, assopita.

Hugo intuì subito chi fosse quel bimbo. Era lui, nato probabilmente da qualche mese.

Sorrise. Sua sorella gli voleva bene. Si vedeva a vista d’occhio. Voleva proteggerlo. Era lì per difenderlo!

« Grazie Rose… » sussurrò. « Grazie di cuore. »

Stava per aggiungere altro ma qualcuno aprì la porta della cameretta. Era suo padre.

Rivolto alla sorella, disse sussurrando: « Dai, è ora che dormi. Vieni… »

« No! » disse lei.

Ron sospirò e disse: « Va bene, aspetta qui ancora un po’. Ma dopo vieni. Se fai la brava stanotte dormi con me! »

Rose sorrise, eccitata. Ma non disse nulla. Voleva stare attenta a non svegliare il fratellino.

Loro padre se ne andò, socchiudendo la porta.

« Avevo dimenticato quanto tu fossi fantastica… scusami. » concluse Hugo, accarezzando la testolina rossa della bimba.

Lei non si accorse di nulla e rimase impassibile, ma Hugo si sentiva risollevato. Come quando ci si toglie un grosso peso dallo stomaco.

« Non lo dimenticherò, mai più. » concluse, poco prima di coricarsi sul pavimento. Chiuse gli occhi. Si sentiva al sicuro, perché sua sorella lo stava proteggendo.

Si addormentò. Questa volta sognando le lunghe giornate d’estate che si era divertito a passare insieme ai suoi cugini, correndo per i campi che circondavano la casa dei nonni.

 

Hugo aprì gli occhi. Lentamente si stiracchiò. Dopo un po’ si accorse di essere sdraiato sul pavimento, vicino al suo letto.

Indossava il pigiama estivo, con cui era andato a dormire. Si alzò, correndo a guardare fuori dalla finestra.

“ Che bello! C’è il sole! Fa caldo! “ pensò. “ Sono tornato! “.

S’infilò le ciabatte e si avvicinò alla porta, chiusa.

« Sono tornato… ora devo rimediare! » si disse, sorridendo.

Uscì dalla cameretta. Il corridoio era illuminato ma silenzioso. Probabilmente era ancora presto e dormivano tutti.

Il ragazzino s’incamminò verso la camera di Rose. Aprì piano la porta. Lei dormiva nel suo letto, con la testa affondata nel cuscino.

Hugo sospirò ed entrò nella cameretta. Si avvicinò a lei e sussurrò: « Rose… Rose… »

La ragazza si svegliò, stiracchiandosi.

« Che c’è? Che ore sono? » domandò, assonnata e scocciata.

« Scusami… » disse Hugo. « E’ ancora presto… ma io volevo chiederti se potevo dormire vicino a te... »

Rose si sorprese. « Cosa? Fino a ieri non mi odiavi? »

Il ragazzino abbassò lo sguardo, amareggiato. « Scusami… non volevo. Ho esagerato. Sono qui anche per chiederti scusa. Mi perdoni? »

Rose sorrise. Era meravigliata dal comportamento del fratello, ma non fece domande. « Certo che ti perdono, pasticcione! Su dai, vieni. Ti faccio spazio. »

Dopo di che si spostò più a destra per far sdraiare Hugo. Non appena tutti e due si furono coricati, Rose disse: « Anche tu mi perdoni? »

Hugo la guardò con aria interrogativa.

« Per aver detto quella cosa… non avrei dovuto. » precisò la ragazza.

Hugo annuì e guardandola negli occhi, rispose: « Ovviamente… tutto perdonato. Ti voglio bene, Rose. »

« Anche io. Ti voglio bene, fratellino. » sussurrò lei.

 

 

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AUTRICE:

Ciao a tutti! Questa storia non so esattamente come sia uscita. Stavo pensando a qualcosa da scrivere che riguardasse Hugo per un contest sulla nuova generazione e dopo un po’ mi è spuntata questa strana idea xD. Ditemi voi che ne pensate.

New Generation Contest – 2nd edition:

RISULTATO:

Seconda classificata.

• Grammatica e forma: 14/15;
• Caratterizzazione dei personaggi: 14/15;
• Originalità della trama: 15/15;
• Attinenza al tema: 15/15;
• Gradimento personale: 5/5;
Totale: 63/65.

A parte alcuni errori nella parte iniziale della storia, che ti hanno penalizzata nel primo parametro, la grammatica è molto buona e la forma quasi perfetta.
I personaggi, specialmente i due protagonisti, sono ben caratterizzati, anche se alcuni potevano essere approfonditi un po' di più, tanto per passare da semplici 'nomi' a 'comparse' nella storia.
La storia in sé, i personaggi utilizzati.. è tutto molto originale, e non ho potuto fare a meno di assegnarti il punteggio pieno in quel parametro, come anche in quello sull'attinenza. Il personaggio che ti ho assegnato è il protagonista indiscusso della storia.
La tua fic mi è piaciuta molto, all'inizio, a metà e alla fine; l'idea della trama è davvero molto fantasiosa. Complimenti :)


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