Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Francine    27/06/2003    3 recensioni
Che ci faceva lì?
Ma, dov’era
?
Forse al Santuario? Ma da quando in qua ad Atene c’è necessità di coprirsi tanto?, pensò sgranando gli occhi di colpo, E poi quando mai Mask mi ha portata con sé?
Fece per alzarsi di scatto, quando un lancinante dolore al fianco le mozzò il respiro nei polmoni e la costrinse ad accasciarsi sul pavimento, un braccio posato sul letto.
Si toccò istintivamente la parte, notando la punta delle dita sporca di sangue.

Che cosa?, si chiese allibita, mentre la stanza attorno a lei cominciò a girarle vorticosamente intorno e a scurirsi.
Il narciso, bianco nel nero puro della stanza, si allontanava piano piano, svanendo all’orizzonte.
Rimase qualche secondo a fissare l'oscurità; sbatté le palpebre, per sincerarsi di avere gli occhi aperti.
Era nel buio più profondo e silenzioso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Un, deux, trois' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Meriggio
 
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi,
schiocchi di merli, frusci di serpi.
( Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto, 1916)


 


Il fresco profumo della macchia mediterranea filtrava attraverso le imposte lasciate aperte a cercare un po’ di refrigerio alla calura estiva.
Seduto su di una sedia in vimini, un giovane uomo riposava nella penombra della sua casa, le gambe accavallate, mentre il suo ospite osservava compiaciuto il panorama. Oltre la finestra, dalle persiane di un azzurro intenso, s’apriva un tratto di mar Egeo illuminato dai caldi raggi solari: il riverbero del sole creava una scia di luce bianca che si andava posando sulle increspature dell’acqua. I gabbiani volavano alti nel cielo, a caccia di pesce fresco con cui nutrirsi, sparendo a volte nell’abbraccio con le nuvole.
L’ospite assaporava con lo sguardo quel paradiso incontaminato: non un turista, non un bagnante, non un pescatore. Quella caletta, protetta da un’erta muraglia di rocce di arenaria, era, a buon diritto, considerata una tana, un rifugio cui riparare nei momenti di riflessione.
Si voltò a guardare il suo ospite. Su che cosa senti il bisogno di riflettere, amico mio?
Posò le mani sul davanzale in pietra: sebbene si trovasse all’ombra, era ancora caldo per la luce del ricevuta durante la mattinata.
«Fa veramente fresco, qui», disse rompendo quell’imbarazzante silenzio. Il suo amico gli rispose accennando un movimento con il capo, senza aggiungere una sola sillaba. Una leggera brezza spirò dal mare e andò ad accarezzare la schiena del ragazzo dai capelli castani, donandogli ulteriore refrigerio all’afa di quel giorno. «Ad Atene, l’unico luogo in cui si può godere un po’ di fresco è l’interno dei templi», riprese a parlare gustando quell’aria fresca lambirgli la schiena.
«Il vino che hai portato dovrebbe essersi ormai rinfrescato a sufficienza. Vado a prenderlo», disse l’altro, alzandosi dalla sedia su cui si trovava come se scottasse più del fuoco. Scostò una tenda di perline turchesi, che tintinnò al suo passaggio, e sparì dietro di essa.
Lo sentì armeggiare in cucina alla disperata ricerca di qualcosa: dal rumore che faceva, appariva chiara la confusione in cui viveva. Anche la stanza in cui si trovava ora assomigliava più ad un campo di battaglia, che ad un tinello.
I suoi vestiti, sparsi per il pavimento, erano stati riposti alla bell’e meglio dentro uno armadio, che minacciava di esplodere da un minuto all’altro.
Sul tavolo di ferro battuto bianco erano impilate disordinatamente due file di riviste di vario genere, da cui facevano capolino alcune lettere e varia corrispondenza.
Il letto, posto in fondo alla stanza, sembrava non dovesse esser stato usato da parecchi giorni: se non aveva dormito lì, allora dove mai l’aveva fatto?
Scrollò la testa, ricordandosi che la vita privata del suo amico non era certo un suo problema; tuttavia, non poté trattenersi dal provare apprensione per lo stato d’apatia in cui era caduto.
Sapeva che Milo non conosceva vie di mezzo, ma amava gli eccessi: poteva star sveglio per giorni e poi piombare in un vero e proprio letargo; bere fino ad ubriacarsi e non toccare alcolici per mesi; fumare come un turco un giorno per poi fare filippiche contro le sigarette il giorno successivo.
Amava la sregolatezza, ed era quello un modo per perdere se stesso, ma anche per ritrovarsi. Allontanava il dolore in questo modo, Milo di Scorpio, Gold Saint dell’Ottava Casa.
«Ho trovato due bicchieri spaiati», disse ricomparendo da dietro la tendina di perline. «Non ti formalizzi, vero?»
«Figurati…», rispose scrollando il capo.
Milo lasciò cadere il velo di perline che teneva con la mano destra e tornò in cucina. Armeggiò ancora per qualche minuto per poi tornare nell’altra stanza con una bottiglia scura in mano e due bicchieri, uno in vetro blu, l’altro di terracotta, su un vassoio.
«Scusami, ma non sono abituato a ricevere visite», si giustificò posando il vassoio sul tavolo ed aprendo la bottiglia.
«Non ti preoccupare, siamo tra amici!», rispose l’altro osservando la sua immagine attraverso il vino bianco che Milo versava nei bicchieri.
«Allora, a cosa brindiamo?»
«Decidi tu.»
«Bene, visto che la mia fantasia è prossima allo zero, brindiamo a noi! Alla salute!», rispose con allegria forzata Milo, alzando in aria il suo bicchiere, imitato dall’amico.
Il vino fresco scendeva in gola delicatamente, regalando un delizioso aroma fruttato al palato riarso dal caldo.
«Ci voleva proprio…», commentò Milo asciugandosi le labbra con la lingua.
«Sono contento che ti piaccia»,  rispose l’altro restando presso la nicchia della finestra.
Milo si riaccomodò nella sedia di vimini, allungò le gambe e le accavallò. Dopo pochi minuti di silenzio, alzò tranquillamente il capo e si decise a rivolgersi al suo ospite. «E adesso che abbiamo esaurito i convenevoli, mi dici cosa sei venuto a fare qui, Aiolia?»
Questi chinò il capo e rispose: «Una visita di cortesia, tutto qui.».
«Chi credi di prendere per i fondelli, eh?», gli chiese Milo con una punta di nervosismo nella voce. «Abbi rispetto della mia intelligenza almeno, visto che non ne hai per la mia privacy!»
Aiolia posò il bicchiere sul tavolo e si mise dritto davanti a Milo; quest’ultimo alzò lo sguardo in direzione del suo compagno, fissandolo intensamente nelle iridi color smeraldo.
«Sono preoccupato per te», esordì il Leone con tono neutro.
«Sto benissimo, come vedi…», rispose seccato Milo, considerando quella dichiarazione come un tentativo di interferire nella sua vita privata, vita di cui era gelosissimo.
«Adesso abbi tu rispetto per la mia intelligenza!», replicò Aiolia incrociando le braccia sul petto.
I due amici si fissarono a lungo, mentre i rumori del mare e lo sciabordio delle onde riempivano il loro silenzio.
«È quasi un anno che sei sparito!»
«Sette mesi», puntualizzò Milo, ma Aiolia l’ignorò.
«Non ho intenzione di dirti come gestire la tua vita, per me puoi anche ammazzarti con l’alcool, il fumo e tutte le cose pericolose in cui ti piace cimentarti. Solo, se hai un problema…»
«IO NON HO NESSUN PROBLEMA!!», scattò Milo inviperito, fermandosi a pochi millimetri dal viso di Aiolia.
«Non si direbbe...», rimbeccò quest’ultimo tranquillamente.
«Eppure è così, fidati!», rispose Milo ritraendosi di un passo.
«Sarà… Ma mi dà da pensare il fatto che tu sia sparito dopo la battaglia contro Loki»,  continuò imperterrito il Leone: sapeva che avrebbe rischiato una bella scazzottata con Milo, ma almeno l’amico si sarebbe sfogato, e forse aperto, dopo un sano e virile scambio di opinioni. O almeno così sperava. Non ne poteva più di vederlo così apatico! Era suo diritto sentirsi giù dopo i fatti trascorsi appena un anno prima; ma era anche suo dovere parlarne con gli amici! «Sicuro vada tutto bene?»
«Tu credi che io sia ancora scosso da quel che è successo? Mi reputi troppo sentimentale, Aiolia! Io sono l’Assassino del Grande Tempio; come posso provare questo genere di sentimenti da donnette?», replicò Milo con un sorriso beffardo che fece saltare la mosca al naso di Aiolia.
«Con le tue parole stai affermando l’esatto contrario, Milo», disse il Leone afferrando l’amico per il bavero della camicia e portandoselo a pochi centimetri dal viso. «So bene quanto tu fossi legato a Camus e quanto tu ti sia sentito responsabile per la sua morte! E so bene cosa deve esser stato sentire queste stesse accuse da sua sorella minore!»
«Smettila di dire idiozie!», l’avvisò Milo, espandendo il suo cosmo ed estraendo il fatale artiglio.
«Puoi anche ammazzarmi», replicò Aiolia espandendo il proprio potere, «ma questo non cambierà la sostanza dei fatti! Smettila di addossarti colpe che non sono tue!»
Milo diede una strattonata sottraendosi alla presa di Aiolia: un lembo della sua camicia bianca rimase tra le dita del Saint del Leone.
«Proprio tu», replicò Milo puntando il pericoloso aculeo contro il compagno, «proprio tu mi parli di addossarsi colpe non proprie? Tu, che per tredici anni hai espiato le colpe di tuo fratello?!»
Aiolia rimase basito alle parole dell’amico; involontariamente allentò le stretta ed il lembo di camicia cadde delicatamente ai suoi piedi. «Colpito. Colpito e affondato», rispose portandosi una mano alle tempie e voltandosi verso la finestra.
«Mi dispiace, non volevo essere così acido!», si scusò Milo avvicinandosi all’amico. «Ma hai toccato un nervo scoperto.»
«Me ne vuoi parlare?», chiese Aiolia guardando gli occhi di Milo, occhi dello stesso colore del mare che si estendeva oltre la finestra.
«Perché no?», rispose questi scrollando le spalle. «Andiamo fuori, qui mi sentirei oppresso.»
«Peccato… fa così fresco qui a casa tua!», commentò Aiolia, poco entusiasta all’idea di uscire. Non starai prendendo tempo, vero?
«Vedi, gli scorpioni cercano delle tane fresche ed umide per sopravvivere nel deserto», rispose Milo scherzando.
«E pensare che Seiya crede che sono i dodici templi, le nostre case», commentò Aiolia dando un ulteriore sguardo al mare.
«Che cosa?!», chiese Milo strabuzzando gli occhi. «Stava scherzando, vero?»
«No. Era serissimo.»
 
 I filari degli alberi d’ulivo si stagliavano nel cielo del mezzogiorno greco, creando un gioco cromatico fresco e rilassante: il verde delle foglie spiccava, armonizzandosi, con l’intenso azzurro del cielo e il bianco assoluto delle nuvole.
L’uomo non è ancora arrivato a corrompere questo posto!, pensò con una punta di sollievo Aiolia mentre seguiva il suo amico lungo il sentiero che si snodava tra i filari ed un paesaggio di rocce grigio chiaro.
Milo aveva smesso la camicia che aveva poco prima, optando per una T-shirt bianca con le maniche sfrangiate ad arte: la maglia attillata metteva in risalto il fisico scultoreo del ragazzo ed i suoi lunghi capelli erano mossi dalla leggera brezza marina.
«Non senti caldo con tutti quei capelli?», chiese Aiolia asciugandosi il sudore con il dorso della mano destra. «Io sudo solo a vederti…»
Milo abbozzò un mezzo sorriso. «Ci sono abituato. E poi, quando ho caldo, mi basta legarli.»
Proseguirono per altri cento, duecento metri forse, alla ricerca di un posto dove poter parlare in santa pace. Non che fosse necessario far molta strada per trovare un posto del genere, ma evidentemente Milo aveva un luogo specifico in mente, ed Aiolia lo lasciò fare.
Si fermarono su un dirupo a picco sul mare: lo spettacolo che si godeva da lì era incommensurabile. Il mare in basso, i filari di alberi sulla destra e a sinistra una chiazza di color giallo sole testimoniava la presenza di un campo di limoni.
«Meraviglioso!», commentò Aiolia a quella vista.
Milo si sedette all’ombra di un olivo, su di un tronco caduto imitato poco dopo dal compagno.
«Ne è valsa la pena, vero?», chiese Milo con gli occhi chiusi, come ad assaporare i profumi della natura che arricchivano in quel luogo.
«Già», annuì Aiolia accompagnando il suo discorso con un cenno del capo.
Rimasero in silenzio per qualche minuto.
Aiolia sapeva che Milo stava cercando e soppesando le parole che avrebbe usato con lui; non lo faceva per diplomazia, tutt’altro: lo smisurato orgoglio del Saint dell’Ottava Casa gli impediva di palesare agli altri le proprie debolezze. Era come se Milo avesse resa nota una sua fragilità, e questo, da guerriero orgoglioso qual era, non poteva assolutamente permetterlo.
Aiolia gli concesse tutto il tempo che a Milo parve opportuno prendersi per preparare il suo discorso.
«Che dire?», proruppe lo Scorpione rompendo il silenzio.
«A parole tue, amico mio», gli rispose Aiolia, attaccando le parole le une alle altre per scimmiottare lo spiccato accento delle Cicladi del compagno.
«Il tuo accento cicladico fa schifo, Aiolia, lascia che te lo dica!», commentò disgustato Milo.
Quindi si schiarì la voce e riprese a parlare. «Sai bene che rapporto di profonda amicizia legava me e Camus, e saprai senz’altro come mi sono sentito apprendendo che la sua morte era stata provocata da Hyoga. Hyoga… quello stesso ragazzino che avevo deciso di risparmiare dopo il combattimento nell’Ottava Casa.»
Aiolia ascoltò il racconto dell’amico annuendo e fissando un formicaio ai suoi piedi: Milo guardava fisso dinanzi a sé, segno inequivocabile che non gradiva altro contatto se non quello uditivo.
«Mi sono sentito responsabile e mille volte ho accusato me stesso per la sua morte. È vero che se avessi fermato Hyoga, probabilmente Athena sarebbe morta ai piedi della scalinata che conduce alla Prima Casa e a quest’ora Saga dominerebbe su questo mondo imponendo la sua legge», riprese a dire Milo tutto d’un fiato. Era in sincero imbarazzo, Aiolia lo capiva bene. Il grande Saint d’Oro, l’assassino, il sicario crudele che tutti temevano stava dimostrando di possedere un cuore e dei sentimenti!
«Forse la morte di Camus era da inserirsi in un progetto divino superiore alla nostra comprensione», continuò lo Scorpione, «un disegno che s’inserisce nelle linee imperscrutabili del Fato… Non lo so. Non lo so davvero. So solo che avevo in parte superato il mio senso di colpa quando ho incontrato Françoise. E la giostra è ricominciata daccapo.»
Il ragazzo prese a torcersi le mani dalla rabbia; Aiolia se n’avvide, ma non lo fermò, rispettando i suoi sentimenti.
Milo che si preoccupa per qualcuno! Fa un certo effetto a vedersi!, pensò con una punta di cinismo.
«Quindi… è come sospettavo. L’incontro con Françoise e le accuse che ti ha rivolto hanno causato quest’apatia», concluse Aiolia.
«No, non è solo apatia!», rispose Milo scattando in piedi ed allontanandosi di qualche passo, le mani sprofondate nelle tasche. «È frustrazione!»
Milo tirò fuori dalla tasca la mano destra e scagliò il suo pugno contro il tronco dell’olivo. «Non sono stato in grado di proteggere la persona più importante per Camus!», confessò chinando il capo.
«Non è stata colpa tua», rispose Aiolia alzandosi in piedi e vincendo il desiderio di avvicinarsi all’amico. Milo lo fulminò con lo sguardo, ma l’ignorò. «Françoise ha sbagliato! Ha ordito un piano solo per vendicarsi di te e di Hyoga, senza conoscere appieno quanto dolore vi fosse dietro tutta questa storia.»
«Resta il fatto che non ho saputo difendere la sorella del mio migliore amico! O quanto meno aiutarla», tuonò Milo. «Per quanto… a dirla tutta, nemmeno sapevo che sua maestà avesse una sorella!»
Aiolia si rimise a sedere sul tronco: chiuse gli occhi, come a voler cercare anch’egli le parole adatte per iniziare un discorso.
«Il fatto che Camus abbia tenuto nascosta anche a te l’esistenza di sua sorella con ogni probabilità è  indice di un ordine che aveva ricevuto. Camus era un maestro, giusto? Quindi doveva sottostare a delle regole. Pur se a malincuore, sorella o non sorella. Amico o non amico», iniziò a dire Aiolia.
«Sono tutte belle parole, ma sempre con un pugno di mosche resto.»
Milo si voltò verso di lui: i suoi occhi tristi commossero il Gold Saint della Quinta Casa, che proseguì il suo discorso.
«Françoise ha capito il suo sbaglio, sacrificandosi contro Loki. Ma non è detto che sia morta», riprese alzando il capo verso Milo.
Questi spalancò gli occhi: Aiolia era impazzito per fare discorsi del genere! Lui, di solito così pragmatico perdersi in elucubrazioni senza alcun fondamento! Françoise e Nadja erano sparite assieme al corpo di Loki, sotto i loro stessi occhi! Come diamine poteva pensare che fosse ancora viva?
«So cosa stai pensando, vecchio mio», riprese Aiolia, «ma non sono impazzito, né ho preso un colpo di sole! E’ un’ipotesi fatta da Athena in persona!»
«Che …cosa… stai…?»
Milo non riuscì a formulare una frase di senso compiuto dopo aver udito quella rivelazione: forse Françoise era ancora viva? Possibile? «Anche se fosse, Aiolia, credo che nutra solo odio e risentimento per me!», commentò voltandosi verso il mare.
Paura, eh? «Non hai detto poco fa che avresti voluto far qualcosa per la sorella di Camus?», chiese Aiolia spiando l’amico da sotto le ciglia scure. Gli aveva preparato una trappola in cui lo stesso Milo era andato a cacciarsi. Bastava solo dargli un piccolo, leggero incentivo. O una spinta. E lui era più che disposto a farlo cadere in trappola. Per un amico, questo e altro. Perché sì, Aiolia gli stava affibbiando una gatta da pelare grossa come una casa, che probabilmente gli avrebbe fatto vedere i sorci verdi e sputare sangue, ma Milo aveva bisogno di muoversi, di scuotersi dallo stato abulico in cui era caduto. E con che cuore Aiolia avrebbe potuto definirsi suo amico se non l’avesse aiutato?
«Cosa c’entra questo?», rispose inviperito Milo voltandosi verso l’amico.
«Se realmente vuoi fare qualcosa per lei, preoccupati di trovarla, prima di pensare alle sue reazioni! Potrebbe essere in pericolo!»
«Cosa?», chiese Milo avvicinandosi di gran carriera verso Aiolia. «Sono stanco di questi giochetti. Sputa il rospo.»
«Vengo a portarti ordini da parte di Athena!», disse il Leone alzandosi dal tronco d’albero. L’espresione del suo viso si fece di colpo matura, seria. Maestosa. Era un Santo di Athena, adesso, e Milo si mise involontariamente sull’attenti per ascoltare le parole del suo compagno. «Athena ti ordina di ritrovare il Female Gold Saint di Cancer.»
«E non potevi dirlo subito?!»
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Francine