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Autore: Saeko_chan    18/11/2010    2 recensioni
E' la mia prima storia originale fantasy, siate clementi xD
Ataltide e Mu, due continenti scomparsi milioni di anni fa, ma se invece fossero stati risucchiati in un universo parallelo e si stessero per dare guerra?
E se Atlantide cercasse il prescelto che li potrebbe salvare da una fine ormai certa?
Questa è la storia di Marco, un ragazzo italiano, e di Arthem, il figlio dell'imperatore d'Atlantide.
Spero che vi abbia incuriositi^^
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1° capitolo


 

Marco camminava da circa mezz'ora ma non riusciva a ritrovare la via di casa.

Non era certamente la prima volta che succedeva una cosa simile, aveva bevuto e per colpa di ciò si era ritrovato a sbagliare strada per l'ennesima volta.

Prese il suo cellulare dalla tasca destra dei pantaloni e guardò l'orario.

Le due meno un quarto.

Era fritto, poco ma sicuro.

Si guardò intorno cercando di riconoscere il luogo, ma niente, non funzionò a nulla questa sua idea.

Sospirò e guardò i muri che lo circondavano.

Era una strada a senso unico, infatti dovette tornare indietro appena vide chiaramente un muro dinanzi a sé.

Tornò indietro ma non servì a niente, inciampò in un sasso e l'ultima cosa che vide fu una macchina rossa fermarsi a pochi metri da dove lui era caduto.

Svenne.

Ricordi offuscati nella sua mente di ragazzo cominciarono a venire a galla.

Una casa tonda e della gente per strada che camminava allegra.

Una lingua a lui sconosciuta veniva parlata da tutti e pure lui riusciva ad usarla senza difficoltà.

La parlava senza sapere che cosa stesse dicendo, ma nel suo profondo lo sapeva eccome...

Poi, d'improvviso un ragazzo gli si avvicinò.

Era bellissimo, portava i capelli lisci con qualche ciuffo ribelle sulla fronte, erano mediamente lunghi e biondi.

Gli occhi avevano un colore azzurro, un azzurro intenso come il cielo.

Quel ragazzo gli mise una mano sulla spalla e gli sorrise.

Poi, il buio.

Si risvegliò sentendo delle strane voci, quasi irriconoscibili e sentendo un odore che poche volte aveva potuto annusare.

Era dentro un ospedale, ne era certo.

Aprì gli occhi con calma e si guardò attorno.

Sì, era proprio in una stanza d'ospedale, tutta bianca e con dei medici attorno.

Vide anche una figura che riconobbe subito come suo padre adottivo.

I suoi occhi erano gelidi, freddi, impenetrabili.

Il ragazzo non sosteneva il suo sguardo per poco più di qualche secondo, non sopportava quell'uomo, era crudele, troppo cattivo, malvagio.

I medici lo guardarono tranquilli e poi gli parlarono con calma e pacatezza.

-Non ha niente, ha solo bevuto troppo, la prossima volta stia più attento, se non fosse venuta una signora a soccorrerla a quest'ora lei sarebbe in coma.- Lui sopportava molti più alcolici di ciò che aveva bevuto prima di svenire, come mai adesso gli dicevano il contrario!?

Marco rimase in silenzio, non era da lui arrabbiarsi o alterarsi, da quando viveva con il padre adottivo, quindi da sempre, sapeva per certo che se si fosse alterato in sua presenza avrebbe rischiato veramente grosso.

Sospirò e si limitò ad annuire ogni qual volta che il medico apriva bocca.

Aveva pure smesso di ascoltarlo.

-Mi sta ascoltando!?- Marco lo guardò e rimase impietrito.

Non si era reso conto di quando avesse smesso di ascoltare le parole del medico, ma non si ricordava quasi nulla di ciò che egli gli aveva detto.

Poi, però, il suo tutore lo guardò male e gli parlò con voce fredda e profonda.

-Alzati, torniamo a casa.- Marco stava per svenire dalla paura che quella voce gli metteva addosso.

Sapeva che cosa significava tornare a casa dopo ciò che era successo, non era certo la prima volta che accadeva, ma la sua paura era sempre la stessa, immutabile.

I suoi occhi trattennero a stento le lacrime che volevano uscire copiose e Marco si obbligò a mordersi il labbro inferiore per non piangere.

Guardò i medici e poi il tutore, ma non fece capire a nessuno il suo stato d'animo, non sarebbe servito a nulla.

Si alzò dal letto e si guardò i vestiti.

Erano gli stessi di quando era per strada, un paio di pantaloni neri e attillati che mettevano in risalto le sue gambe ben allenate, così come il resto del corpo.

La maglia che indossava era anch'essa nera e attillata, la quale metteva in risalto i suoi muscoli e il suo torace.

Era un ragazzo davvero molto bello, con due occhi neri profondi come dei pozzi e i capelli del medesimo colore tenuti corti, sino al collo e lisci.

Le scarpe erano anch'esse nere e ancora allacciate.

Marco guardò il suo tutore avvicinarsi alla porta d'ingresso della stanza e lo seguì in silenzio.

Sapeva che i guai erano appena cominciati e che ben presto sarebbe stato punito severamente per avergli fatto perdere del tempo prezioso.

Già, quell'uomo era molto, troppo irascibile per i gusti di Marco ma non poteva farci molto avendo solo quindici anni ed essendo orfano da sempre.

Non ricordava assolutamente nulla dei suoi genitori e non aveva neppure niente che lo legasse ad essi, l'unica cosa che gli rimaneva del suo passato era un tatuaggio sul braccio destro.

Esso rappresentava cinque cerchi uno dentro l'altro i quali parevano essere dei pezzi circolari di terra.

Marco non avrebbe saputo dire a cosa si riferissero, ma era l'unica cosa che gli rimaneva del suo passato...

A ciò pensava Marco mentre lui e il suo tutore erano in macchina e si dirigevano verso la loro piccola abitazione poco fuori dal centro della città.

La loro macchina rossa come il fuoco si fermò proprio dinanzi ad una casetta a schiera con un piccolo giardino davanti.

Marco e il suo tutore scesero dal veicolo e si diressero verso il cancello d'ingresso.

L'uomo, il cui nome era Giacomo, estrasse un mazzo di chiavi e ben presto aprì il cancello entrando con calma.

Marco lo seguì fin dentro casa, dove l'uomo chiuse la porta a chiave e guardò il ragazzo con occhi freddi e glaciali.

-Mi hai fatto perdere del tempo prezioso! Stupido moccioso!- Cominciava sempre tutto in quel modo, questo, Marco lo sapeva fin troppo bene.

Il ragazzo si limitò ad abbassare la testa che però, si ritrovò quasi subito alzata da una mano del tutore.

Uno schiaffo.

Questo era il meno.

Marco non pianse, ormai c'era abituato, anche se ciò gli faceva davvero male.

Un altro schiaffo, sull'altra guancia.

Il suo tutore prese una frusta e si avvicinò a Marco il quale rimase fermo immobile.

Scappare non sarebbe servito a nulla.

Il cuore del ragazzo era a mille e ad ogni frustata perdeva un battito.

-Ahhhhhhhh!- Un urlo provenne dal giovane il quale cadde a terra col fiatone mentre Giacomo andava via dalla stanza dove rimase solo Marco.

Lo aveva ferito all'altezza dello sterno e sulle braccia, stavolta le gambe gliele aveva risparmiate.

Il tatuaggio brillò di una luce intensa, di un giallo così forte e vivido che Marco ebbe quasi paura di ciò.

Per un attimo dimenticò il dolore che stava provando e si concentrò sul tatuaggio alzandosi la manica della maglia ed osservandolo.

Era tornato alla normalità.

Scosse la testa e sospirò.

Doveva essere stata la sua immaginazione, niente più.


 

Angolo autrice:


 

So che fa schifo, come primo capitolo, ma vi prego di essere clementi, è la mia prima storia fantasy originale xD

La trama l'ho ben presente, nella mia testa, e spero che possa piacere anche a voi^^

Commentate, vorrei sapere che cosa ne pensate^^

   
 
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