Anime & Manga > Soul Eater
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Autore: Puglio    20/11/2010    6 recensioni
Sono passati quasi dieci anni dalla battaglia contro il Kishin. Maka e i suoi amici sono cresciuti e molti di loro sono cambiati. C'è chi ha intrapreso una carriera all'interno della Shibusen, chi si è sposato, chi si è allontanato... ma sarà proprio il ritorno di uno di loro a cambiare la vita di Maka, quando già sembrava segnata in modo irreversibile.
Nota: in alcuni i casi i personaggi potranno apparire ooc. Se è così, è perchè li ho voluti far crescere. Dieci anni passano per tutti, anche per loro...
Non credo di inserire siparietti comici in stile con l'anime. Per farlo, credo, bisogna esser bravi e io non credo di esserlo. Il rischio è di fare qualcosa di ridicolo, più che di divertente.
Per finire... ora che la storia è terminata, posso dire di essermi divertito molto nel realizzarla. Perciò, spero sinceramente che possa piacervi, e che nel leggerla possiate trovare lo stesso divertimento che ho provato io nello scriverla.
Buona lettura! E grazie per essere passati di qua.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Black Star, Death the Kid, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Tsubaki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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«Sei sicura che sia qui?»

Crona alzò gli occhi sull'insegna traballante, che tingeva la notte di freddi bagliori elettrici. Il verde e il blu del neon si alternavano ad un arancione carico, lampeggiando a un rimo tanto confuso da far male agli occhi. La scritta «The Smashin' Pumpkin» mancava di qualche lettera, ma non era che un semplice accorgimento pubblicitario. Un tocco decadente che rendeva il locale decisamente più cool.

«Hai qualche dubbio?»

Maka liquidò la questione in un attimo. Tenendo aperta la porta, lasciò che il fumo che si addensava nel locale venisse spazzato via dalla fredda corrente notturna. Sul fondo, oltre i tavoli occupati da qualche ubriacone addormentato, la chioma bianca e spettinata di un giovane ragazzo dall'aria annoiata svettava chiarissima sopra le altre. Con un cenno, Maka lo indicò a Crona.

«Andiamo» disse. «Ci metto un attimo».

«Io... resto qui» ribatté Crona. Maka gli rivolse appena un'occhiata, a cui Crona si sottrasse timidamente.

«Come ti pare» fece, ed entrò.

Il locale era come sempre piuttosto affollato. Di giorno era una semplice caffetteria, che serviva la clientela più svariata. Ma una volta passata la mezzanotte, il locale si trasformava completamente. Cominciavano a venire serviti gli alcolici e alcune bellissime e disinvolte ragazze spuntavano magicamente dal retrobottega, andandosi ad accompagnare discretamente agli avventori che sedevano ai tavoli. Più che un locale, allora, sembrava un puttanaio dal leggero tocco trendy, che quella vaga vena hardboiled che lo animava gli permetteva in qualche modo di mantenere.

«Ho scelto di chiamarlo così perché ricorda la storia di Cenerentola» le aveva raccontato Blair il giorno in cui le comunicò che aveva rilevato il vecchio Chupa cabras, il locale in cui aveva lavorato così a lungo. «Sai, la carrozza che alla mezzanotte si trasforma in una zucca... Mi piacciono così tanto le zucche! Solo che il mio locale è una zucca che si trasforma in qualcosa di più divertente di una carrozza!».

Maka non aveva avuto dubbi, in proposito. Anche se il suo concetto di divertimento, in qualche modo, differiva sensibilmente da quello di Blair.

Era evidente che il locale stava per chiudere. Le ragazze cominciavano a invitare i clienti a lasciare il tavolo, mentre quelli più malmessi erano accompagnati all'uscita da alcuni ragazzoni dall'aria truce e professionale. Blair, avvolta in un vestito lilla che metteva in risalto i fianchi e i morbidi seni, ridacchiava allegra al bancone. Un giovane con in mano un bicchiere di single malt con ghiaccio, ormai completamente sciolto, le sedeva davanti e non smetteva di tenerle gli occhi puntati addosso, in un punto non ben precisato del corpo.

Disgustoso, pensò Maka, con una smorfia. Incredibile come bastassero un paio di tette, per mettere un uomo al tappeto.

Non appena se la vide passare accanto, Blair interruppe la sua conversazione con un gesto svelto ed elegante della mano. Era sorpresa. Maka non aveva mai messo piede nel locale dopo la mezzanotte.

«Maka!» miagolò, suadente. «Ma che sorpresa...»

Maka le rivolse un'occhiata sfuggente. L'uomo al bancone sembrò soppesarla per qualche istante con fare interessato. Con un solo sguardo, Maka lo costrinse a distogliere gli occhi dalla sua scollatura, che si intravedeva sotto il lungo cappotto.

«Lasciami indovinare, sei qui per lui vero?»

Con un cenno del capo, Blair indicò il punto in cui Soul sedeva solitario. Maka annuì.

«Se dovete litigare, però, ti pregherei di farlo fuori» le disse Blair, toccandole lievemente il braccio. «Anche se stiamo per chiudere, non vorrei trovarmi a gestire una situazione imbarazzante».

«Nessun problema» fece Maka. «Non ho intenzione di litigare».

Blair le rivolse uno sguardo dubbioso e triste al tempo stesso. La osservò allontanarsi cupa in direzione di Soul, quindi ritornò a sedersi al suo posto, sfoggiando il più dolce dei suoi sorrisi di repertorio.

Soul non si accorse nemmeno di avere Maka a un passo da lui. Quando alzò gli occhi dal libro in cui si era immerso, per un attimo fu realmente stupito. I suoi occhi balenarono, dilatandosi. Quindi le lanciò un ghigno, scosso da una risata sibilante.

«Maka» fece. «Ma che meraviglia».

«Ti sei messo a fumare?» fece lei, indicando con un cenno le sigarette sul tavolo. Soul posò il libro, afferrando il pacchetto. Ne estrasse una e la portò alle labbra, accendendola. Quindi soffiò il fumo, stringendo gli occhi sul volto teso di lei.

«Stai per farmi la predica?»

Maka scosse le spalle.

«Questa è la zona fumatori» le disse lui, irridendola. «Non ti fa bene stare qui. Vattene».

Per tutta risposta, Maka gli sfilò la sigaretta dalle dita e se la portò alle labbra. Trasse una profonda boccata ed espirò il fumo lentamente, fissandolo dritto negli occhi. Quindi gliela rese. Soul, che per tutto il tempo aveva osservato quella scena in silenzio, la spense, schiacciandola nel portacenere.

«Ho la tua attenzione, adesso?» gli fece Maka, impassibile. Lui sogghignò.

«Ma tu guarda che cattiva ragazza sei diventata...»

«E cosa dovrei dire di te?» fece lei, sedendoglisi di fronte. Lui si raddrizzò, facendo posto sul tavolo. «Fumi, bevi... fai tardi in una sottospecie di bordello... ci manca solo che tu stia leggendo un libro di Burroughs, e poi il quadretto beat è completo».

Soul la ascoltò con una leggera smorfia dipinta sul volto. Quindi spinse verso di lei il libro che aveva sul tavolo. Maka gli allungò un'occhiata. Si trattava de Il secolo di Luigi XIV, di Voltaire. Inarcò un sopracciglio, colta dalla sorpresa.

«Allora, Maka. Ce ne hai messo a venire» disse lui, divertito. «Ormai pensavo che non ti saresti fatta viva».

«Ti sarebbe piaciuto?»

«Forse sì» ammise lui. «Anche se trovarti qui mi fa piacere, lo ammetto».

Lei aggrondò.

«Perché non sei venuto, stasera? Sai che non si può disubbidire al Sommo Shinigami. È un affronto che...»

«Non mi interessa cosa pensa quel vecchio balordo» fece Soul. Maka impallidì davanti all'espressione disgustata di Soul. «So già per cosa mi aveva chiamato. Gli ho detto più volte che non sarei mai più stato la Buki di nessuno, e così intendo fare. Peggio per lui se non ha recepito il messaggio».

«E sai anche che probabilmente c'è un Kishin, che si aggira in città?»

Soul si abbandonò contro lo schienale della poltrona, allargando le braccia e reclinando la testa all'indietro. Per un po', si concentrò a fissare una macchia sbiadita sul soffitto, sopra di lui.

«Parlo con te, sai?»

«E se anche fosse?» mormorò lui. «Non è un problema mio».

«Ma si può sapere che ti è successo?» fece Maka, battendo le mani sul tavolo. Alcune ragazze si voltarono a guardarla, per poi scambiarsi un'occhiata perplessa. Maka non si curò nemmeno di loro, troppo sconvolta dal modo di comportarsi di Soul. «Non ti riconosco più. Sei ancora più stronzo e bastardo di quando eri con me».

«Stronzo e bastardo» rise Soul. «Accidenti, Maka, tu sì che sai convincere le persone a seguirti».

«Io non ho bisogno di convincerti» fece lei, dura «perché tu mi seguirai».

«Davvero? E cosa ti rende tanto sicura?»

«Perché tu me lo devi».

Soul la guardò con uno sguardo indefinibile. Per un attimo Maka pensò di aver scorto nei suoi occhi un barlume di tristezza, ma doveva essersi sbagliata. Ciò che ora leggeva nei suoi occhi era solo odio, e un profondo disprezzo.

«Io non ti devo un cazzo».

Maka impallidì. Si trattenne a stento dal rovesciare il tavolo e avventarsi contro di lui, tanta era la rabbia che quel suo modo di fare le scatenava in corpo.

«Tu non hai idea di quello che ho passato» gli sibilò, allungandosi sul tavolo. «Quando te ne sei andato, chi credi che abbia dovuto subirne le conseguenze? Ho passato mesi a cercarti... sono stata persino degradata. Ho impiegato due anni per riacquistare il mio ruolo all'interno della Shibusen. Due anni passati a sbrigare faccende da matricola. E tutto per il tuo maledetto egoismo...»

Soul scosse la testa. «Ma per piacere...»

«Già, certo» fece lei, ridendo nervosa. «Cosa può mai interessare tutto questo a uno come te...»

«No, sei tu quella a cui non frega un accidente di niente!» sbottò lui. Maka sbiancò, di fronte al livore improvviso di Soul. «Non te n'è mai fregato niente di me, ma sei tanto cieca ed egocentrica che riesci solo a vedere ciò che ti ruota intorno».

«Ma di che diavolo stai parlando?» fece lei.

«Avanti, Maka!» sbottò Soul. «Cosa ho rappresentato, io, per te? Niente. In me tu hai visto sempre e soltanto un oggetto, qualcosa che ti serviva per raggiungere il tuo stramaledetto scopo. Non è forse così?»

«Cosa?» esalò lei. «Credevo che ciò per cui lottavamo fosse il nostro scopo. Cos'è adesso questa stronzata?»

«Il nostro? Ti sei mai chiesta se a me interessasse diventare una Death Scythe? Te lo sei mai chiesta davvero?»

«Certo che no, perché tu lo volevi!»

«Io non lo volevo!» ribatté lui. «Non me ne fregava niente di diventarlo o non diventarlo. Non ti ho chiesto io di farmi diventare l'arma di Shinigami, non sono io quello che non vedeva l'ora di abbandonarti!»

Maka tacque, sconvolta. Fissava il volto decomposto dall'ira di Soul e non poté fare a meno di riflettere su quello che lui le stava rinfacciando.

Era sempre stata sicura che anche lui volesse esattamente ciò che lei da sempre inseguiva. Diventare una Death Scythe, raggiungere la gloria...

Ma sì, per forza. Dicendo così, voleva solo farla sentire in colpa.

«Non ti credo, io...»

«Tu non vuoi credermi perché questo significherebbe ammettere la persona che sei» disse lui. «Un'egoista, che per tutto il tempo non fa che lamentarsi degli altri e che non è nemmeno in grado di vedere al di là del suo naso».

Maka tremò. Improvvisamente, fu come se l'intero locale fosse sprofondato in una grotta umida e senza luce.

«Vuoi sapere perché me ne sono andato?» esalò Soul. «L'ho deciso il giorno stesso della cerimonia, quando mi hanno nominato Death Scythe. Ero lì, davanti a tutti quei volti contenti, tutti allegri e pronti a congratularsi con me per qualcosa che per me, in realtà, non aveva nessun significato. L'ennesima beffa della mia vita! Costretto a fare qualcosa che non volevo nemmeno... È stato allora, che ho capito quello che avrei davvero dovuto fare».

«E così, te ne sei andato il giorno dopo, quando più avevamo bisogno di te» fece lei, livida. «Bell'affare. Ti faccio i miei complimenti».

«Non mi importava più niente» fece Soul. «Ormai, avevo esaurito ogni speranza di farti capire le mie motivazioni. Ci ho provato, Maka. Per tutto il tempo in cui siamo stati insieme dopo la morte di Asura, ho cercato di farti capire che non ne potevo più, di quella vita. Non ce la facevo più a reggere i tuoi ritmi. Quando ci siamo conosciuti, tu volevi fare di me una Death Scythe e io ho pensato ''perché no? Sembra una tipa in gamba, una che finalmente sa accettarmi per quello che sono''. Dopo aver passato una vita intera in una famiglia che non era capace di vedere in me nulla di valido, pensavo di aver trovato una persona diversa. Qualcuno che vedesse in me qualcosa di più che l'ombra di mio fratello, o un oggetto da plasmare a proprio piacimento. Ma non era così. Tu avevi solo bisogno di qualcuno da usare per perseguire il tuo progetto. Punire tuo padre, umiliarlo e far vedere al mondo che non avevi bisogno di lui, ecco cosa contava per te. Per un po' ho provato a mentire a me stesso, a convincermi che era la tua debolezza, ciò che avevi vissuto, a renderti così dannatamente fredda e insensibile. Ma ogni volta che ci trovavamo in battaglia, ogni volta che ottenevamo una vittoria, tu pensavi solo al modo per vincere, e a come fare per tornare a vincere. E più vincevi, più volevi vincere ancora. E io uccidevo, e uccidevo ancora, per ingrassarmi di quelle anime che a te facevano tanto gola... finché non ce l'ho più fatta».

Soul si fermò, abbassando gli occhi come fosse preso da un eccesso di pudore. Sospirò.

«Non era quello, ciò che io volevo. Non era per quello che continuavo a stare al tuo fianco... ma tu sembravi tanto ansiosa di raggiungere quell'obiettivo... tanto ansiosa da non capire che una volta raggiunto, non saremmo mai più stati insieme. Ma la cosa peggiore, in tutto questo, era che nemmeno ti accorgevi che quelli che ammazzavamo erano persone, Maka» disse «gente come me e come te, persone che avevano smarrito la strada, certo, ma che un tempo erano state qualcuno. Ma più io mostravo dei dubbi, in proposito, più tu mi spingevi a nasconderli e a divorare anime su anime perché così voleva la Shibusen, costringendomi a far di tutto per trasmetterti una forza che non avevo e che non avrei mai potuto avere a patto di smarrire me stesso! Tu volevi il successo, la vittoria definitiva, il riscatto su tuo padre. Ma ti sei mai fermata a pensare a quale sarebbe stato il prezzo di tutto questo?»

«Credi davvero che io non ci abbia mai pensato?» sibilò lei. «Mi reputi davvero così insensibile e stupida da non aver mai avuto un dubbio in tutta la mia vita?»

«E perché non me ne hai mai parlato, allora?» ribatté lui. Maka tacque. Non era vero, e lo sapeva. Lei gli aveva parlato, sicuramente. Doveva averlo fatto, solo che in quel momento non se ne ricordava.

Soul sogghignò.

«Questa è la cosa triste» mormorò. «Siamo stati insieme quasi dieci anni, combattendo fianco a fianco. Ho vissuto con te per tutto il tempo, dandoti tutto me stesso. Ma tu sembravi non vedermi nemmeno. Per te ero solo una Buki. Qualcosa da sfruttare, da usare. Volevi che fossi forte non perché tenevi a me, ma perché dovevo essere forte per te, per garantirti la vittoria in battaglia. E io lo sapevo, pur continuando a illudermi che un giorno ti saresti potuta accorgere che in fondo l'unica cosa che ancora mi spingeva a restare, tutto ciò che volevo, eri tu».

«Non ci provare».

Soul alzò gli occhi. Maka ora lo fissava con astio, le lacrime che le sgorgavano dagli occhi.

«Non osare provarci, maledetto bastardo» fece. «Quella sera, prima che tu partissi, io ero venuta da te. Ero venuta per dirti che mi ero decisa, che ero finalmente pronta a stare con te, ad amarti come avevo sempre desiderato, anche se non avevo mai trovato il coraggio di farlo fino a quel momento. Mi sono fidata di te. Ti ho baciato, il primo bacio della mia vita, e ho messo il mio cuore nelle tue mani. E tu, il giorno dopo, sei sparito senza lasciare traccia. Quale maledetto schifoso fa una cosa del genere?»

Soul distolse lo sguardo.

«Non hai nulla da dire?» insistette Maka, con un ghigno che le affiorava tra le lacrime. «Ti ricordi ancora quello che mi dicesti, quella sera? Io sì. Che mi amavi, che saremmo stati sempre insieme, che non mi avresti mai dato modo di dubitare di te. Cos'è rimasto di quelle belle parole, riesci a dirmelo, adesso?»

Lui non la guardava. Spostò gli occhi sull'orologio, stringendo le labbra.

«Sono stanco, me ne vado a casa» mormorò. Maka chiuse gli occhi, stringendo i pugni.

«Sei identico a lui!» gridò. «Siete tutti uguali! Tu conoscevi la mia paura, sapevi quanto ero fragile! Tutto ciò che volevo, era qualcuno di cui fidarmi... e adesso ti presenti qui dopo otto anni, dopo avermi abbandonato come un cane, e osi anche farmi la predica!»

Maka scattò in piedi, piantandosi davanti a Soul per sbarrargli il passaggio, levando una mano per schiaffeggiarlo. Lui le bloccò il polso appena in tempo, ma lei continuò a divincolarsi, in lacrime. All'improvviso, lui le lasciò la mano e lei prese a colpirlo al petto con i pugni, sconvolta. Solo alla fine lui la strinse a sé, tenendola tra le braccia finché lei non si calmò.

«Adesso basta» le sussurrò, bloccandola per le spalle. «Ho capito».

«Ti odio, schifoso... io...»

Lui le posò una mano sulla nuca, chiudendo gli occhi. Maka si aggrappò alla sua giacca, lasciando che lui la abbracciasse finché i singhiozzi non cessarono.

«Adesso vai a dormire» le fece. Quindi, con fare rassegnato «ci vediamo domani» aggiunse.

La lasciò in piedi, il volto devastato dal pianto. Lei si voltò, gridando il suo nome prima che uscisse.

«Se domani non ci sarai» sibilò, «Sappi che stavolta non avrò pietà, Soul. Ti strapperò in due l'anima con le mie mani, lo giuro».

Soul la fissò per un istante, prima di ficcarsi le mani in tasca con un sorriso spento.

«È una promessa?» chiese. Maka si voltò a fronteggiarlo, annuendo con decisione.

«Se dovesse venire il momento» concluse lui, prima di uscire «ricordati di mantenerla».

 

 

*

 

 

Fuori dal locale faceva freddo. La notte era in quel momento che precede immediatamente l'alba, quando il buio è più denso che mai. Crona se ne stava appoggiato al muro di mattoni grezzi, battendo i denti.

Soul si accorse di lui solo dopo un istante. Senza voltarsi a guardarlo, si limitò a infilarsi una sigaretta tra le labbra. Trasse una boccata, alzando gli occhi al cielo. Le stelle, sopra di loro, brillavano a milioni.

«Ci sei anche tu, allora?» disse. Si voltò. Crona lo fissava. La luce dell'insegna al neon si spense e il suo volto pallido scomparve nel buio.

«Molto bene».

Crona non disse nulla, ma fece un passo avanti, avvicinandolo. Soul gettò via la sigaretta, fumata a metà. Quindi si abbottonò la giacca di pelle sgualcita, tirandosi il bavero attorno al collo.

«Le sei rimasto accanto come ti avevo chiesto» fece, con un sorriso dolce. «È stato un bel gesto. Ti ringrazio».

Crona non disse nulla. Un'ombra sgusciò fugace tra gli spazi lasciati vuoti dalle pareti ruvide, brillando scura sotto i raggi lunari. Durò un attimo. Crona rabbrividì, percorso da una sottile scarica elettrica, mentre osservava Soul che si allontanava nella notte, in silenzio. Quando fu sparito, inghiottito dal buio, Ragnarok emerse dalla schiena di Crona, appoggiandosi assorto sulle spalle del ragazzo.

«Soul ha un nuovo amico» fece, dopo un attimo. «Hai visto?»

Crona tremò. Non era sicuro di aver visto davvero qualcosa. Ma dubitava seriamente che, qualunque cosa fosse quell'ombra sinistra che era sgusciata via nel buio, potesse essere qualcosa di simile a un amico.

 

 



  
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