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Autore: Semplicemente G    21/11/2010    1 recensioni
La famiglia Potter e la famiglia Weasley, sei anni dopo la sconfitta di Voldemort, si troveranno a combattere una forza oscura a loro ignota... distruttiva. Dovranno proteggere tutti, la famiglia... il Mondo Magico. Ma i nostri eroi ci riusciranno? Per scoprirlo basta solo leggere.....
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 16

Capitolo 16: Warton

12/03/2005

 

Ron guidò rapido verso la casa di sua madre. Aveva pochi minuti per portare Ginny e Hilary lì e poi sarebbe dovuto tornare al lavoro.

Parcheggiò la vettura nel giardino di casa Weasley e fece scendere velocemente le due donne.

- Dove siamo? – domandò Hilary, guardandosi intorno con un’espressione curiosa e un po’ diffidente.

- Questa è la casa dei nostri genitori. È meglio che per ora restiamo un po’qui. Quel Mangiamorte cercava te, Hilary. Io, più di tanto non posso difenderti. E poi, ti sfido a trovare qualcuno che abbia paura di una donna incinta. – scherzò Ginny, mettendo un braccio attorno alle spalle della ragazza e scortandola verso l’entrata.

- Mamma!! – chiamò la donna, poggiando una mano sulla maniglia della porta. Spinse verso il basso, ma la porta non si aprì.

- Mamma!!! Sono io, Ginny!!! – continuò a urlare. – Ron, perchè mamma non risponde? – domandò al fratello maggiore.

- Senti. Ascolta bene. – disse Ron divertito.

Ginny e Hilary rimasero immobili e in silenzio e attraverso la porta, sentirono una vecchia canzone di Celestina Warbeck, la cantante preferita della signora Weasley.

Ginny riuscì anche a capire di che canzone si trattava. Il rumore era molto ovattato, segno di Molly era in lavanderia.

 

Vieni, mescola il mio calderone

E, se con passione ti riuscirà,

il mio forte amor bollente

questa notte ti scalderà.

 

Era la canzone preferita di Molly: “Un calderone pieno di forte amor bollente”. Ginny scoppiò a ridere.

- Mamma non ha minimamente cambiato i gusti musicali. – disse tra le risate.

- E io che pensavo avesse smesso di ascoltare Celestina Warbeck. – continuò Ron.

- Mamma!!! – gridò Ginny, cercando di farsi sentire dalla madre. – Perchè non ci siamo mai fatti una copia delle chiavi di casa, Ron? –

- Non abbiamo mai fatto una copia delle chiavi perchè mamma è sempre stata a casa e, nonostante ascoltasse Celestina Warbeck, ci ha sempre aperto la porta. A mali estremi, estremi rimedi. – disse Ron a denti stretti.  

Si chinò per terra e afferrò un sasso, tirandolo verso una finestra dalla casa. Attese qualche secondo, ma nessuno si affacciò. Allora, Ron ne prese una manciata e cominciò a tirarli sulla finestra.

- Ma che cavolo succede!!! -

-Finalmente!! – gridò Ron. Alla finestra si era affacciato suo fratello George, che gli lanciò contro un portapenne.

Ron lo schivò e continuò ad urlare al fratello.

- George, aprici la porta!! Mamma non sente! È in lavanderia con Celestina Warbeck al massimo!! – gli rispose Ron.

George borbottò qualcosa di incomprensibile e si ritirò nella sua stanza. Poco dopo la porta di casa di aprì, rivelando un George Weasley alquanto irritato.

-  Farsi una copia delle chiavi, RonRon? – lo prese in giro, chiamandolo con il soprannome sdolcinato che gli aveva affibbiato Lavanda Brown. L’uomo rabbrividì.

- Georgie, perchè non ci lasci entrare? – chiese pungente, ricambiando “la cortesia”.

- Non. Chiamarmi. Georgie. – sibilò il fratello.

- E. Tu. Non. Chiamarmi. RonRon. –

- Ma se tu ti chiami RonRon? –

- Georgie... –

- Insomma, basta!! Avete quasi trent’anni! Smettetela di litigare come due bambini di due! Siete così infantili! – gridò Ginny a pieni polmoni. Ma i suoi fratelli si girarono verso di lei e le urlarono ancora più forte:

- Zitta tu! È una faccenda tra uomini! –

Ginny sbuffò e prese per mano Hilary, trascinandola dentro casa.

- Mamma!!! – chiamò lei. – Siediti, Hilary, vado a prendere mia madre. – disse Ginny, facendo cenno ad una sedia attorno al tavolino al centro della cucina della signora Weasley. La ragazza annuì e prese posto dove le aveva detto Ginny, rimanendo in silenzio. L’altra si girò e attraversò la cucina, per entrare in lavanderia, dove la signora Weasley cantava tranquilla. Sembrava non si fosse accorta di niente.

Ginny spalancò la porta della lavanderia e, il rumore attutito si riversò nella cucina, rivelando un rumore spacca - timpani.

- MAMMA!! – gridò Ginny. – Sono Ginny!! -

Molly era di spalle, che infilava la biancheria della nuova lavatrice, regalatale per il compleanno. Quando si accorse di qualcuno alle sue spalle si girò e non appena vide la figlia, spense la radiolina sopra l’elettrodomestico, interrompendo Celestina Warbeck nel suo ritornello e abbracciò Ginny.

Vieni, mescola il mio calderone...”

Fuori si sentivano le urla di George e Ron. Strano. Non si erano ancora pestati...

- Ginny! Tesoro mio! Come stai? E il mio nipotino? Perchè sei qui, tesoro? Mi avevi detto che andavi a passeggiare con la tua amica... Hilary? –

- Mamma, è successo... un imprevisto. Possiamo restare qui finché non tornano Harry e Ron? –

- Certo, tesoro. Potete stare qui quanto volete. Ma presentami questa tua amica, sono impaziente di conoscerla. – sorrise la signora Weasley.

- Vieni. È qui in cucina. – le due donne uscirono dalla minuscola lavanderia e entrarono in cucina. Non appena la signora Weasley scorse seduta nella sua cucina la piccola figura di Hilary, scorse ad abbracciarla. La ragazza, non appena le vide entrare, balzò in piedi e rimase ferma, torturandosi le mani, lievemente imbarazzata.

- Buon giorno, signora Weasley. – balbettò mentre veniva stretta dall’abbraccio stritolante della signora Weasley.

- Ciao, cara!! –

- RonRon, dove hai lasciato quella oca... (e non dico altro perchè ci sono delle signore) di Lavanda Brown? -

- Georgie, perchè non porti il suo caro sederino dentro casa e la smetti di dire c... – sentirono dire le tre donne.

- Ronald!! Ti pare il modo di parlare? – domandò Molly, sfrecciando fuori per riprendere i figli che ancora litigavano.

- Ron, cosa ci fai qui? Vai immediatamente al lavoro! E tu George, vai al negozio!! – continuò Molly, facendo il segno di andarsene al figli.

- Ma mamma! Sono in pigiama!!! –

- E cosa ci fai in pigiama a mezzogiorno!! Muovi le chiappe George!! Solo perchè Angelina è via con le sue amiche per due giorni non vuol dire che tu possa poltrire tutto il dì!! – li sgridò Molly, alzando minacciosa un dito contro i figli.

- Muoviti! –

- Si, mamma. – borbottò George, ritirandosi in casa trascinando i piedi per terra. – M guarda te. Sono in vacanza perchè la moglie è via e invece che le sue urla devo sorbirmi quelle di mia madre. – lo sentirono dire Ginny e Hilary mentre attraversava la cucina. Ron salutò sua madre con un bacio sulla guancia e si smaterializzò al Ministero.

- Scusa, cara. Ma i miei figli sono degli scapestrati. Pensavo di averli cresciuti bene... – mormorò la signora Weasley tornando dentro casa.

Hilary e Ginny erano sedute su un lato del piccolo tavolo, ridacchiando.

- Si figuri, signora. – sorrise Hilary.

- Oh, cara, chiamami Molly. Come mai siete qui? – domandò Molly sedendosi con loro.

- Mmm. Mamma, ecco, non so se dirtelo. Allora, stavamo camminando e ... –

Ginny raccontò a Molly tutto ciò che era successo, e nel frattempo, Ron arrivò al Ministero della Magia, pronto per interrogare il Mangiamorte che erano riusciti a catturare.

- Eccomi. – bisbigliò Ron, entrando nel suo ufficio.

Harry era seduto alla sua scrivania, con i piedi sul tavolo, pensieroso.

- Ciao, Ron. – lo salutò senza espressione.

- Ehi, amico, che faccia. Cos’è successo? – chiese Ron sedendo a sua volta dietro il suo tavolo da lavoro.

- Stavo pensando a Ginny e Hilary. Se non fossimo arrivati in tempo... io... avrei perso mia moglie e mio figlio. Non so cosa avrei fatto. L’avrei ammazzato se le avesse torto un capello. – finì Harry con rabbia, spezzando a metà la matita con cui stava giocando.

- Ho capito. Ma non è successo. Pensa positivo, Harry. C’erano delle probabilità che succedesse, ma non è successo. Hermione mi ha insegnato un detto Babbano che dice: “Non fasciarsi la testa prima di rompersela”. Secondo me ha ragione. - 

Harry rifletté per alcuni minuti, tenendo la testa bassa e rigirandosi tra le mani le due metà della matita. 

- Hai ragione. – concluse.

Prima che potesse aggiungere altro, bussarono alla porta.

- Avanti! – esclamarono contemporaneamente i due. Entrò Roger, l’Auror che era stato incaricato una settimana prima, di proteggere Hilary.

- Buon giorno, signori. Roberson mi ha mandato a chiamarvi. Vuole che svolgiate voi l’interrogatorio al Mangiamorte. Siamo nell’Aula Dieci al Nono Livello. - 

Harry e Ron si guardarono un attimo, vittoriosi.

- Grazie, Roger. Arriviamo subito. – lo congedò Ron, con il sorriso sulle labbra. L’Auror si inchinò leggermente e uscì dalla stanza.

- Bene, bene. Allora, prendiamo tutti i fascicoli e gli schemi che abbiamo fatto con il Capo. Ci daranno un tocco di professionalità. – suggerì Ron, afferrando un pacco di fascicoli sulla sua scrivania. Anche Harry ne prese uno, e insieme uscirono dal loro ufficio, diretti all’Ufficio Misteri.

- Sai che nell’Aula Dieci ci sono stato anche io? Come imputato. – disse Harry, cercando di vedere al di là della pila di fogli che reggeva.

- È stata l’aula del tuo processo? Quello sui Dissennatori? – cercò conferma Ron.

- Si. Non mi dimenticherei mai cos’è successo. Mi ricordo il percorso per arrivarci anche se non lavorassi qui. Credo che non lo dimenticherei mai. –

- Cavolo! – fu l’unica cosa che riuscì a dire Ron.

Presero l’ascensore e, con qualche difficoltà Ron schiacciò il pulsante Nono Livello. L’ascensore partì rapido, fermandosi purtroppo ad ogni piano per far salire altri impiegati del Ministero.

Finalmente dopo svariati minuti la solita voce femminile che li accompagnava sempre nei loro viaggi in ascensore li informò che erano al:

- Nono Livello. Ufficio misteri. –

Harry e Ron scesero dall’ascensore di fretta e cominciarono a correre lungo il corridoio spoglio da finestre o porte. Svoltarono a sinistra, dove c’era una rampa di scale che scendeva ancora più in basso. Scesero nelle profondità del Ministero passando davanti ad innumerevoli porte di legno con scritto un numero. I due si fermarono davanti a quella con si scritto “Aula Dieci”. Abbassarono la maniglia e entrarono nell’Aula. Alla loro sinistra c’erano delle grandi panche, mentre al centro dell’Aula c’era una sedia di legno massiccio. Davanti alla sedia c’era una panca più in alto rispetto alle altre, mentre ai due lati della sedia dove sedeva l’imputato c’erano due tavoli con due sedie, per l’avvocato di difesa e accusa. Entrambi erano vuoti, essendo solo un interrogatorio e non un processo formale. Negli anni, il Ministero si era, in certi ambiti, “evoluto”. Solo pochi anni prima il Ministero era al livello del Medioevo. Le corti spediscono maghi e streghe ad Azkaban anche solo dopo una breve udienza senza l'assistenza di un avvocato e senza alcuna possibilità di appello. Non c'era da sorprendersi se il Ministero della Magia fosse corrotto e che persone innocenti marcivano in prigione. Gli Auror disponevano di attrezzi molto più simili a quelli Babbani e avevano quasi le stesse funzionalità della polizia babbana. Insomma, col passare degli anni, tutto era migliorato. Ora tutti potevano avevano un avvocato, sia privato che d’ufficio e l’imputato aveva dei diritti che gli venivano letti al momento dell’arresto. 

- Potter! Weasley! Siete arrivati. Bene si può cominciare. Già che siete qui, fatemi un favore. Spostate quei tavoli davanti alla sedia e metti tre sedie da una parte e due dall’altra del tavolo. – Roberson li accolse con un ordine, com’era in suo stile.

- Buon giorno anche a lei, Capo. Facciamo subito. – disse Ron, tirando fuori la bacchetta.

Con un “Wingardium Leviosa”, fece ciò che gli era stato ordinato. . Intanto Roberson era uscito a chiamare l’imputato e Harry e Ron poterono benissimo sentire ciò che si dissero:

- Signor Bligh, prego, potete entrare. Si accomodi. – annunciò Roberson.

- Grazie, Roberson. Warton, entri. E non parli. – lo raccomandò l’avvocato.

- Si, avvocato. – mormorò l’uomo con la sua voce viscida e maligna.

Ron e Harry si misero in piedi, vicino al tavolo attendendo che i tre uomini rientrassero nella stanza.

- Buon giorno. – li salutò l’avvocato Bligh. Era un uomo alto, vestito con dei pantaloni e una giacca neri, una camicia bianca e il solito mantello da mago. Portava una paio d’occhiali con la montatura nera e dei capelli corti anch’essi neri. Ron lo squadrò per bene. Non si fidava di quell’uomo, per niente.

- Salve. – ricambiarono i due Auror. Bligh e Warton si accomodarono sulle due sedie, su un lato del tavolo. Roberson, Ron e Harry si sedettero dall’altro.

- Perchè ha portato l’avvocato? – domandò Ron. Roberson si girò verso di lui immediatamente, aggrottando le sopracciglia.

- Perchè non si può? –

Warton era un uomo piuttosto alto, con neri capelli neri, lunghi e uno sguardo da pazzo. Aveva questo sguardo da malato mentale, ma era lucido. Era consapevole di essere ad un interrogatorio e che era stato arrestato.

- Non parli. Non glieli hanno letti i suoi diritti? -

- Certo che glieli abbiamo letti. Le modifiche giudiziarie ci sono state qualche anno fa, siamo attrezzati. – dal tono irritato di Roberson si poteva facilmente capire che non sopportava quell’uomo. Né l’avvocato, né l’imputato.

- Oh, lo so. Volevo solo avere una conferma. – disse maligno l’uomo.

- Oh, glieli rileggo se lei desidera. “Ha il diritto di rimanere in silenzio, ogni accusa poterà essere usata contro di lei in tribunale. Ha diritto ad avere un avvocato. Se non può permetterselo gliene verrà assegnato uno d’ufficio. Ha capito i suoi diritti così come le sono stati enunciati?” – snocciolò Roberson, guardando per aria, visibilmente irritato dal comportamento dei due uomini.

- Rispondi. – ordinò l’avvocato a Warton. L’uomo sbuffò e rispose con un tono strascicato.

- Si. Ho capito. L’avvocato ce l’ho. Non ne voglio uno “d’ufficio”. – li prese in giro.

- Un po’ di serietà per favore. Stiamo svolgendo un interrogatorio. – li riprese Harry. – Capo, posso cominciare? –

- Prego, Potter. – acconsentì Roberson.

- Bene. Lei si chiama? –

- Bill Warton. – rispose l’altro annoiato.

- Mi scusi, ma devo stendere il verbale. Residenza? –

- Non ho una residenza. – lo scimmiottò lui.

- Bene. Famiglia? –

- Morti tutti. –

- Precedenti penali? – chiese Harry. Era l’ultima speranza che questo uomo potesse essere identificato.

- Oh, qui posso cominciare a parlare. Allora, ho fatto un anno ad Azkaban e... dovrebbe avere il mio fascicolo. – rise.

- Tieni, Harry. – Ron glielo porse e Harry lo aprì, leggendo tutti i precedenti penali.

- Bene, un bel curriculum. – commentò.

- Ha visto? –

- Perchè voleva rapire la signorina Hilary Matthew? –

Non c’era tempo per scherzare. Harry passò subito al nocciolo della faccenda.

- Ah, ah. – rise l’altro.

- Non rida e si muova a rispondere, pezzo di deficiente!!! – gridò Roberson scattando in piedi.

- Ehi, ehi. Stia calmino, sa, Roberson. Non si agiti! – rispose l’avvocato Bligh alzandosi a sua volta.

- Silenzio!! – urlò Ron più forte degli altri due. Si due uomini si risedettero, squadrandosi truci a vicenda.

- Perchè volevo rapirla? –

- Perché mi è stato ordinato. – rispose l’imputato.

- Da chi? – intervenne Ron.

- Credo che il nome lo sappiate già. –

- Bancroft. Ci parli di lui. –

- Il Capo Bancroft. – sottolineò. – È geniale. Un grand’uomo. Molto più di tutti voi messi insieme. Perchè lui vuole liberare il Mondo Magico da quella plebaglia di Babbani sudici bastardi. – sghignazzò Warton. – Io sono uno tra i suoi preferiti. –

- Non hai risposto alla domanda. Cosa vuole fare e perchè vuole la signorina Matthew? – gli ricordò Ron.

- Vuole quella piccola puttana per... ma se ve lo dicessi che gusto ci sarebbe!! – scoppiò a ridere.

- Bene abbiamo finito. –

- Niente affatto. Stupeficium!! – gridò Roberson. Prima ancora che l’avvocato riuscisse a tentare di difendersi era già addossato alla parete dietro di lui, svenuto.

- Bel colpo, Roberson. – si congratulò Warton. L’Auror non rispose. Si limitò a rimettere a posto la bacchetta e continuare ad ascoltare.

- E Natasha Cole? –

- Anche quella puttana. Io non c’ero. Cazzo, mi sono perso tutto il divertimento. –

- Cosa le hanno fatto? –

- Oh, ti piacerebbe saperlo, vero Weasleiuccio. Ma non sono così cretino da dirtelo. Già ho parlato abbastanza. Magari, mi sono detto, se parlo, mi sconteranno la pena. In culo Bancroft. – fece una pausa e poi ricominciò a parlare. – Un po’ mi dispiace. Aveva delle belle idee, ma la mia pelle è più importante. – concluse l’uomo.

Roberson, Harry e Ron compresero che non avrebbe detto più niente, ma tanto valeva tentare.

- Chi c’era dalla Cole? E cosa progettano di fare? – domandò Roberson.

- Dalla Cole c’era il suo caro ex maritino. Ma lei non l’ha riconosciuto. Che puttana. Devo essersi divertiti per bene. Quella ha un corpo... cazzo, mai vista una roba del genere. Non sono neanche riuscito a farmi raccontare cosa le hanno fatto, nei particolari. Cazzo. –

- Ma la smette di dire parole volgari, siamo ad un interrogatorio, non ci interessano le sue impressioni sulla Cole. – lo riprese Roberson, arrabbiato.

- Cosa progettano di fare? –

- Con quella bambola? Ormai.. –

- Pervertito... – borbottò Ron, ma lui non lo sentì.

- No. Cosa vuole fare Bancroft? Qual è il suo piano? – domandò Harry. L’uomo si protese verso di loro, fasciando penzolare i capelli unti. La sua espressione era maniaca, pazza. Era da rispedire al San Mungo con la posta prioritaria.

- Roba grossa. Molto grossa. Di più non so e non vi direi. Ormai quello che dovevo dire, l’ho detto. Ora, cazzi vostri. – terminò definitivamente, accasciandosi di nuovo sullo schienale della sedia.

Harry, Roberson e Ron si guardarono. Non che l’interrogatorio fosse servito a qualcosa, ma almeno avevano qualcosa in più su cui indagare. Bussarono alla porta e Roberson fece entrare lo sconosciuto. Era Bobby, l’uomo dell’Auror Scientifica che aveva fatto i rilievi sul luogo del ritrovamento della signorina Cole.

- Ciao, Bobby. Dimmi tutto. –

- Allora, Nico. Avevo trovato un bicchieri con del vino e della saliva sopra e delle impronte digitali. Ricordi? –

- Si. Vai avanti. – lo incitò Roberson, mentre Warton era bello disteso sulla sua sedia, con lo sguardo sul tavolo e sul suo fascicolo.

- Allora, le impronte sono di Sackville, come la saliva, mentre nel vino non ho trovato niente. Avevo elaborato una teoria, nel caso avessi trovato qualcosa di strano nel vino, ma niente. Pensavo che magari potevano aver drogato o narcotizzato la Cole. Devo chiedere ai Guaritori del San Mungo se hanno trovato delle anomalie nel sangue o nello stomaco. Può anche essere stato qualcosa che ha ingerito. – li informò Bobby.

Harry e Ron si guardarono, tutti i due con un sopracciglio alzato.

- Potrebbe essere un’idea. Grazie Bobby. Parker!!! – gridò Roberson.

Immediatamente si smaterializzò davanti a lui un auror, completamente vestito di nero, con la stessa divisa dell’uomo che c’era nel sotterraneo dove Hermione preparava la pozione.

- Si? -

- Porta l’uomo in cella di isolamento. Domani ne riparliamo. Intanto schiarisciti le idee. E mantieni un comportamento più consono al luogo in cui ti trovi. Porta via anche l’avvocato. Inventa una scusa qualunque. – ordinò Roberson. L’Auror chiamato Parker, prese per un braccio l’imputato e il suo avvocato ancora svenuto e si smaterializzò.

Quando finalmente Ron, Roberson e Harry furono da soli, poterono lasciarsi andare nello sconforto più totale.

- Bene. Praticamente non abbiamo niente in mano. Prima che il Veritarsserum siamo pronto ci vogliono ancora due settimane e mezzo. Non possiamo aspettare così tanto... – bisbigliò Roberson.

- L’unica “arma”, se così si può chiamare, è questo Warton. Pensavo facesse molta più resistenza, invece. meglio per noi. Di certo non possiamo essere certi di ciò che ci ha detto. – affermò Harry, mettendosi le mani nei capelli.

- Non sono riuscito ad usare la Leggilimanzia. Non riuscivo a leggergli la mente. – continuò Roberson.

- Non possiamo aspettare il prossimo attacco. Avete sentito cosa ha detto Warton? “Roba grossa. Molto grossa”. –

- L’unica cosa da fare è aspettare che Natasha Cole si svegli. – intervenne Ron.

Sospirarono tutti e tre e Roberson affermò, con un tono di voce distrutto e rassegnato:

- È ufficiale. Stiamo barcollando nel buio. -

 

Buon giorno a tutti!!!

Come state lettori e scrittori di EFP??

Ho pubblicato un bel po' di tempo fa, ma volevo che questo capitolo venisse bene, mi sono impegnata tanto...

Roberson, Harry e Rob hanno interrogato Bill Warton, praticamente con risultati zero. Ora bisogna solo aspettare che -natasha si svegli... ho già cominciato a scrivere il capitolo (una paginetta e mezzo) ma non so quanto potrò scrivere la prossima settimana: lunedì, martedì e mercoledì verifiche e interrogazioni a tutto spiano e devo studiare...

Comunque cercherò di fare il possibile...

Ringrazio Niettolina, per tutte le belle chicchierate e spero che le recensioni salgano un po'... voglio dire... fa proprio così schifo?

Lo benissimo che non avete tempo, anche io faccio fatica a leggere e recensire tutte le storie, ma... vi prego!!

Va bene Ci sentiamo tra due settimane circa...

Bacioni!!!!!

Luna Renesmee Lilian Cullen

 

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Take Five (Originale)

Ragione e Istinto (Twilight - S. Meyer)

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Grazie a tutti e al prossimo capitolo!

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'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.

 

  
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