Capitolo 2
Il risveglio è sempre la parte più traumatica della giornata, la veranda leggermente
alzata che fa
passare dei piccoli raggi di sole che stranamente vanno sempre a fendere i tuoi occhi. Li apri e
cominci a invocare contro tutti gli dei dell'universo per mettere a tacere la tua rabbia distruttiva al
mattino. Ed ecco come mi sento io la mattina quando mi sveglio, ed in più ci si mette
pure la mia sveglia a ricordarmi che oggi è un'altro fottuto giorno, un'altro giorno
senza i miei genitori e Taylor. Sono scesa in cucina con passo pesante per preparare
la colazione, accendo la tv e la prima persona che vedo sei tu. Tu con il tuo sorriso
celestiale e sincero riempi le mie giornate monotone, tu con il tuo fascino mi ammali
e mi fai sognare. Ed era così anche a scuola.
INIZIO FLASH-BACK
“- Amy, guarda quant'è fico Taylor...”- disse Lena la mia migliore amica con sguardo
trasognante, io mi girai nel punto da lei indicato e lo vidi : fisico scolpito nel
bronzo, capelli neri lisci e arruffati, camicia bianca della divisa leggermente slacciata
che mostrava quel ben di dio di pettorali e poi il suo sorriso, così bello quanto
dannato. Non mi ero accorta del suo sguardo che dal suo amico passo ai miei occhi
inchiodandomi con i suoi , neri e profondi. Non riuscivo a distogliere il mio sguardo
dal suo, era così magnetico...quando mi accorsi della figuraccia che stavo facendo
avvampai sotto il suo sguardo divertito e tornai a guardare la mia amica che stava
illustrando le varie doti sportive di Taylor. Lui era il capitano della squadra di basket
e di conseguenza aveva l'intera squadra delle cheerleaders ai piedi, non che gli
dispiacesse, quelle ragazze avevano un fascino incredibile; io non avrei mai potuto
competere con loro. Il mio cuore andava avanti a singhiozzi e le mie orecchie erano
come ovattate, tanto che non sentii neanche il suono della campana che annunciava
la fine della pausa pranzo. Come uno zombie mi alzai senza ascoltare Lena che
continuava a ciarlare, appena alzi lo sguardo trovai quegli occhi fissarmi da una
distanza poco raccomandabile. Le mie funzioni celebrali andarono a farsi benedire e
mi ritrovai inchiodata al pavimento sotto il suo sguardo. Era altissimo e mi sovrastava
come un grattacielo, mi sentivo a disagio e mediocre “- hey ragazzina hai il piede
sulla cinghia del mio zaino”- ghignò divertito. Ecco la tanto attesa figura di merda
arrivò come una secchiata d'acqua gelida; balbettai delle scuse e tolsi il piede dalla
cinghia e con la vergogna nel cuore scappai nell'aula di biologia. Questo su il mio
primo e disastroso incontro con il ragazzo che mi avrebbe rovinato la vita.
FINE FLASH-BACK
mi ritrovai a fissare la tv anche quando era finito il TG. Ero una stupida innamorata
del ragazzo sbagliato, e in più avevo anche il frutto del nostro “amore”, il mio
piccolo fagiolino, che stava dando i primi segni di vita scalciando. Una lacrima
solcò il mio viso, una lacrima che sapeva di dolore e di sofferenza, perchè dovevo
soffrire così? Controllai l'orologio accorgendomi di aver fatto un ritardo pazzesco.
O cavolo fritto!!! fra cinque minuti dovevo essere al lavoro e ero ancora in pigiama
mannaggia a te Taylor lo vedi che mi fai fare tardi? Mi fiondai di corsa in camera,
mi infilai una felpa al volo e un paio di jeans strappati sulle ginocchia, mi legai
i capelli e come un razzo scesi le scale, presi le chiavi di di casa e della macchina e ,
salita in macchina mi diressi verso il mio posto di lavoro. Le strade di L.A erano poco
trafficate il sabato, per fortuna, e quindi raggiunsi il bar in poco tempo. Parcheggiai
nel mio posto riservato e a passo di carica varcai la soglia dell'entrata laterale
del bar scontrandomi con il mio capo “- Amy!! pensavo fossi sparita, qui nel locale
c'è tanta gente, strano...c'è anche un bel ragazzo se vuoi...”- ammiccò lui, Malcom
il mio capo omosessuale. Con lui era divertentissimo lavorare ed era molto elastico
riguardo i miei ritardi. La mia pancia leggermente pronunciata, si vedeva da sotto la
maglietta aderente del bar e questo mi metteva un po' a disagio. Ma decisi di andare a
lavorare così, chissene frega delle domande che mi avrebbero fatto i clienti abituali
vedendo il mio pancino. Con un sorriso falso come un cd tarocco varcai la soglia
della cucina e mi diressi verso il bancone. Non avrei mai immaginato che dietro di
esso ci fosse stato IL ragazzo...