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Autore: Kagome9    24/11/2005    2 recensioni
Questa è una storia a sfondo reale. Si accettano commenti ^_^ anche offensivi XD
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Choko no Kaori

(Profumo di cioccolato)

 

Il tramonto. Il cielo era dipinto a chiazze da un rossastro purpureo. Lontano si udiva l’infrangersi delle onde sugli scogli e il caldo sole, riflesso dal profondo specchio marino, si preparava ad essere inghiottito dalle tenebre notturne.

Qualcuno, però, non se ne preoccupava. Erano un bambino e una bambina che giocavano a ricorrersi nel bagnasciuga.  

-         Fuka! Aspetta, ehi!-

-         Ah ah ah! Satoshi, non mi prenderai ma…ah!- La bambina inciampò goffamente su una pietra e cadde pesantemente sulla sabbia. Subito si rialzò, voltando le spalle all’amichetto. –Fuka…? Tutto bene?- Chiese Satoshi, preoccupato. Fuka annuì con un cenno del capo e le sue spalle furono scosse da frequenti tremiti. Il piccolo mise la sua manina sulle spalle di Fuka, che si voltò. Il suo viso era inondato da caldi lacrimoni. – Che c’è?- domandò il piccolo Satoshi, con ansia. Fuka si prese il volto tra le mani. – Me ne devo andare… Me ne andrò dall’Hokkaido…Partirò per Tokyo e…noi…n-non c-ci vedremo…mai più!- farfugliò la bambina fra i singhiozzi. Un attimo di silenzio seguì le sue tristi parole. Quando Fuka sollevò lo sguardo lucido, vide che Satoshi le sorrideva con dolcezza. Subito, la piccola si trovò fra le accoglienti braccia dell’amico.

-         Fuka. Promettimi che ci vorremo sempre bene, anche se saremo lontani!-

-         Sì!- promise Fuka con fermezza. “Satoshi…” pensò, abbracciandolo stretto. Si sentiva così bene tra le braccia del suo Satoshi…Non sarebbe mai riuscita a dimenticarlo. La piccola Fuka n’era più che certa.

 

 

Tokyo, nove anni dopo.

Qualcuno bussò alla porta del bagno dove Fuka, si preparava accuratamente per il suo primo giorno di scuola. –Fuka, hai finito? Ci sei da due ore!- esclamò irritata la madre, da dietro la porta. –Si, si- rispose la ragazza, distrattamente. –FI NI TO!- gridò, guardando ammirata il suo riflesso nello specchio. Era davvero molto carina, con la divisa scolastica e le treccine. Fuka aveva quindici anni e frequentava la scuola pubblica, dove si trovava più che bene. Aveva una cerchia di amici più grande di tutte le ragazze di Tokyo e, ultimamente, pensò, mentre si aggiustava la frangia con un sorriso, aveva messo gli occhi sul gelataio diciottenne della gelateria giù all’incrocio. Forse sarebbe riuscita a strappargli un appuntamento, visto il suo recente successo con i ragazzi.

–Fuka, ma ti muovi?!- sbuffò la madre, con impazienza.

Fuka, contrariata, aprì la porta con violenza e mostrò la lingua alla madre che, dopo averle gridato un’imprecazione, la cacciò dritto di filato a scuola.

“Ah ah, così impara!” pensò la ragazza trionfante, mentre usciva di casa. –EHI, Fuka!- la chiamò una ragazza, raggiungendola. –Myako!- la salutò Fuka, con allegria. Le due si conoscevano da quando Fuka si era trasferita, ed erano subito diventate molto amiche. Chiacchierando allegramente, si trovarono di fronte alla gelateria. Il bel gelataio stava prendendo il fresco, seduto negli scalini. –Ciao!- lo salutò Fuka, sorridendo. Il ragazzo la guardò come se volesse mangiarla con gli occhi. Sorrise. –Ciao- rispose. –E’ proprio un bel fusto!- costatò Myako, osservando il gelataio. Fuka sorrise, compiaciuta. –Sì!- affermò.

Quando arrivarono a scuola, videro un’enorme folla accalcata all’ingresso. –Ma che succede?- disse Myako, alzandosi con le punte dei piedi e allungando il collo per vedere meglio. – Ehi, ma c’è una rissa!- esclamò, spaventata, dopo essere riuscita a vedere il motivo di tanta confusione. –Andiamo! Ci penso io!- Fuka, così dicendo, prese l’amica per un braccio e la trascinò al centro della folla, dove un ragazzo della loro età menava un loro conoscente più grande. –Ehi, tu! Perché lo picchi? Lascialo subito!- urlò Fuka con rabbia al ragazzo. Il ragazzo lasciò andare lo studente (che intanto fuggì a gambe levate in infermeria) e si voltò verso Fuka. –Mi ha ostruito il passaggio.- Si giustificò, mettendosi le mani in tasca con fare indifferente. Fuka si adirò. –E ti sembra una buona ragione per…- Non finì la frase che il ragazzo la zittì raggelandola con lo sguardo. –Fatti gli affari tuoi, se non vuoi passare guai.- Disse minacciandola. Dopodiché, come se nulla fosse, girò sui tacchi ed entrò nell’edificio.

Il cuore di Fuka prese a battere velocemente, e lo stomaco si contrasse in modo spiacevole. “io…io lo conosco!” pensò, confusa.

-Fuka, tutto ok?- le disse Myako, ansiosa. –Sai, ho appena saputo che viene dall’Hokkaido. E’ un ragazzo problematico.- continuò, con maggiore ansia.

-Dall’Hokkaido.- ripeté Fuka, assorta nei suoi pensieri. –Se non sbaglio, è dove abitavi tu nove anni fa.- continuò Myako, vedendo l’amica turbata.

-Sì- rispose distrattamente Fuka. Possibile che…? Non, era assurdo non poteva assolutamente essere!

 

 

-Che rabbia!- urlò Fuka, un’ora dopo. –Su…dai calmati, Fuka. Non è mica la fine del mondo…- cercò di calmarla l’amica Aya. –Ma come ha fatto a finire nella mia classe?! Sono ROVINATA!- Continuò Fuka con veemenza. – Perché ti dà così fastidio?- La interrogò Myako. Fuka ci pensò un attimo. – Sinceramente parlando non ve lo saprei dire. Però…- disse, osservando il ragazzo, dall’altra parte della classe, seduto accanto alla finestra. – Ho come l’impressione di conoscerlo da sempre.- costatò.

-         Puoi chiedere a Yuri se lo conosce. D’altronde, anche Yuri viene dall’Hokkaido.- Le suggerì Aya. –Forse. Ma sì, penso che glielo chiederò.- decise Fuka, alzandosi in segno di saluto, poiché il professore era entrato in aula. –Ragazzi, da quest’anno avremo un nuovo studente.- Disse il professore agli alunni. - Venga per cortesia alla cattedra e si presenti.- Così dicendo, fece segno al ragazzo con cui Fuka si era scontrata di avvicinarsi alla cattedra. Il ragazzo nuovo si alzò e raggiunse la cattedra con viso totalmente inespressivo. “Peccato, se fosse più allegro e simpatico, sarebbe bellissimo.” Pensò Fuka. – Sono Sasshi Hirokawa.- Si presentò lui, con tono piatto. Quel nome fece scattare qualcosa nella mente di Fuka. –Eh?!- strillò e ritrovandosi all’improvviso in piedi, si chiese quando si fosse alzata. Silenzio. Il professore e tutta la classe, compreso Sasshi, la guardarono ammutoliti.  – Sasshi per caso è l’abbreviazione di ‘Satoshi’?- chiese, con la voce che tremava un poco. – No.- Rispose Sasshi seccamente. – Signorina Oki, la prego, si ricomponga.- disse il professore mettendosi gli occhiali dritti sul naso e prendendo in mano il registro. Fuka ubbidì e si sedette. – In effetti, sul registro c’è scritto ‘Sasshi’ e non ‘Satoshi’. La devo avvertire: se farà nuovamente una simile scenata sarò costretto a spedirla dal preside.- Disse il professore con tranquillità. Fuka annuì. Sasshi si sedette, e il professore iniziò la sua lezione di lingua giapponese. Ma Fuka non ascoltava. Fissava Satoshi. C’era qualcosa in lui che la colpiva. Non poteva essere lui, eppure…Il suono della campana scosse Fuka dai suoi pensieri. –Fuka torniamo a casa insieme?- le chiese Myako, con allegria. –Mi dispiace, ma oggi devo prendere la corriera! Per cui, ci vediamo domani.- Rispose Fuka, che era di malumore. Prese in fretta la borsa e uscì da scuola. A passo svelto si avviò verso la fermata. Arrivata lì, attese per mezz’ora. Poi, vedendo che la corriera non arrivava, decise di tornare a casa a piedi. Be’, almeno sarebbe riuscita a riflettere con calma.

Perché adesso, all’improvviso, le accadeva tutto questo? Aveva una vita perfetta…aveva tutto ciò che desiderava: era una studentessa modello, era carina, aveva tante buone amiche…e ora, arriva questo strano ragazzo dall’Hokkaido che la sconvolge tutta. L’Hokkaido… L’isola giapponese dove aveva vissuto l’infanzia e dove aveva conosciuto il suo primo amore, il piccolo Satoshi. All’improvviso, le apparve il volto di quel bambino che non vedeva da nove anni. Una fitta le trapassò il cuore, come se l’avessero pugnalata al petto. Eppure, questa sofferenza doleva più di cento, anzi, mille coltellate. Le mancava. Le mancava quel bambino e il loro amore. Quell’amore fatto di carezze e dolci sorrisi… le lacrime sgorgarono a fiotti dagli occhi, inondandole il viso di tristezza. Rallentò il passo, e si accorse di essere di fronte alla gelateria. –Fuka…- La chiamò una profonda voce maschile. Lei si voltò e vide il gelataio che tanto le piaceva. Vedendola piangere, lui l’attirò a sé fra le sue accoglienti braccia e la strinse forte. Troppo forte. –Ehi…p-per favore, lasciami. Si sta facendo tardi. – Fuka cercò di opporsi alla sua stretta. Ma il gelataio la ignorò, finchè qualcuno gli lanciò una cartella in pieno viso. L’uomo cadde a terra, svenuto. Fuka si voltò per ringraziare colui che l’aveva salvata e si sorprese quando vide che era Sasshi. –Scusa il disturbo, ma mi bloccavate il passaggio.- Disse lui, con leggerezza. Fuka rise. Sapeva che mentiva. –Grazie.- disse, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi. Lui non rispose e si avviò per la sua strada, lasciando Fuka immobile come una cretina. “Però che tipo freddo.” Pensò lei, raccogliendo la sua cartella. Poi si mise a correre, per la paura che il gelataio si risvegliasse.

     “Forse”, pensò mentre camminava nelle strade buie e affollate, “Quel ragazzo non è poi così cattivo.”

Ma si sbagliava.

 

 

Il continuo squillare del telefono, svegliò Fuka, quella memorabile domenica mattina di Maggio. Il cielo, ricoperto da fitte nubi nere, minacciava un grosso temporale. –Mmh…- mugugnò la ragazza, girandosi dalla parte opposta al comodino dove il telefono trillava senza sosta. Si premette il cuscino sulle orecchie per attutire il rumore, ma fu tutto inutile: il danno era già fatto. Sbadigliando si alzò e afferrò la cornetta.

-Pronto.- disse, con la voce impastata dal sonno.

- Fuka! Meno male, è da tre ore che faccio squillare il telefono! E’ successa una cosa terribile!- La voce ora affannosa e turbata di Myako le arrivò dall’altro capo del telefono.

-Cosa?- Chiese Fuka, un po’ seccata.

-         Ma quanto sei tarda di comprendonio!- Sbuffò Myako. Fuka fu tentata di ribattere: “Grazie, eh, dopo che mi hai buttato giù dal letto nell’unico giorno in cui posso dormire tranquillamente…” ma non lo fece. Non voleva litigare. O meglio, non ne aveva voglia. –Allora?- disse, invece.

-         C’è una rissa.- Rispose Myako. Fuka poteva già immaginare chi ci fosse dietro questa faccenda. Be’, non che ci volesse molto a capirlo. – Oh no! Che ha combinato Sasshi?!- Esclamò, colta da una disperazione improvvisa. – Sta ammazzando Yuri di botte. Pare che lui l’abbia provocato.-

-         Chi?-

-         Yuri Tendo, quel tuo amico dell’Hokkaido, ha insultato Sasshi e lui se l’è presa. E’ ovvio che si conoscono, da come ‘discutono’. Dai, vieni a Shibuya, sei l’unica che può fermare quei due.- Disse Myako, riattaccando il telefono e lasciando Fuka scioccata. In tempo record, si lavò, si vestì e si diresse a Shibuya, noto centro di Tokyo. Cercò disperatamente per un quarto d’ora, finchè trovò la folla dove evidentemente si svolgeva la piccola discussione. – Fuka!- Urlò Aya, correndo verso di lei. Sul suo volto vi si poteva leggere chiara la disperazione che la coglieva in quel momento, essendo la ragazza di Yuri. – Fermali, ti prego!- Le disse con ansia. Fuka si diresse a spintoni nel centro della folla e vedendo i due ragazzi dandosele di santa ragione, rimase a bocca aperta. –Satoshi! Sei diventato più violento.- Ansimò Yuri. –Yuri!- Strillò Aya. Fece per corrergli incontro, ma Fuka la bloccò, tenendola per un braccio. –Satoshi?- Chiese Fuka a Yuri, con voce flebile. Yuri si asciugò un rivolo di sangue che gli colava dal labbro inferiore. Guardò Fuka (Almeno quel poco che l’occhio pestato gli concedeva…) e articolò le parole che lei aveva così duramente represso in questi ultimi giorni.

- Fuka, lui è Satoshi, il nostro amico d’infanzia. Il bambino al quale hai voluto bene.- Un silenzio lugubre seguì quelle parole. – Lui non può…non può essere Satoshi. – disse Fuka, quando riacquistò l’utilizzo della propria voce. –Come no, è lui. Osservalo meglio.- disse Yuri, a fatica. Fuka si voltò verso Sasshi e lo osservò minuziosamente. 

I  capelli biondo rame, come quelli del suo Satoshi…

I lineamenti del suo viso…

Gli occhi profondi color nocciola, come quelli di Satoshi, nei quali la Fuka di nove anni prima spesso si perdeva…

Lo stomaco di Fuka si contrasse con dolore. Non c’era dubbio, era lui. Fuka rimase frastornata. Com’era possibile che il bambino di cui era innamorata facesse cose così orribili? No. Non era lui, non poteva. Fuka scosse il capo.

Satoshi rimase immobile. – Allora…tu…sei davvero la Fuka dell’Hokkaido?- Chiese, in tono pacato. Fuka si mise a piangere, e annuì. Poi, automaticamente, corse via.

 

L’aria fredda le perforava il viso come mille aghi. Ma lei, noncurante, correva. Fuggiva. Voleva scappare il più lontano possibile da quella terribile realtà. Lontano. Da tutto e da tutti.

Com’era possibile che il piccolo Satoshi fosse diventato un ragazzo così problematico? E perché piombava così all’improvviso nella sua vita, nel suo mondo? All’improvviso le venne in mente la promessa che lei e Satoshi avevano fatto da piccoli. Una promessa…Sarà possibile voler bene al ‘nuovo’ Satoshi?

- Fuka.- Una calda voce affannata la chiamò, e lei si sentì afferrare per un braccio. Si voltò, in lacrime, trovandosi davanti a Satoshi. – Mi dispiace.- Fu tutto quello che lui le disse stringendole forte la mano, fredda come il ghiaccio. Fuka singhiozzò, cercando di asciugarsi le lacrime con i lembi del maglione. L’unico risultato fu che bagnò anche quelli. 

Non sapeva nemmeno perché piangeva. Forse, per lo shock dovuto alla delusione di trovare il suo primo amore, quel dolce ricordo, mutato così profondamente… Lui la guardò con compassione, non sapendo bene che fare in quel momento. – P-perché sei qui?- chiese Fuka, nell’intervallo fra un singhiozzo e l’altro. Lo sguardo di Satoshi divenne d’un tratto serio ed impassibile. – I miei genitori sono morti.- Disse, con voce tagliente.

Fuka non realizzò subito ciò che Satoshi aveva appena pronunciato. Dopo qualche secondo, capì improvvisamente. Afferrò le spalle del ragazzo e lo scrollò con foga. – COSA?! Stai SCHERZANDO?!- Urlò con tutto il fiato che possedeva.

-         Li hanno uccisi.- Disse Satoshi, indifferente come se si trattasse dei genitori di qualcun altro e non dei suoi. Un’idea terribile s’insinuò nella mente della ragazza che, spaventata, indietreggiò. – Non sono stato io. E’ stato un amico dei miei genitori che mi ha spedito in un riformatorio qui a Tokyo, incolpandomi dell’omicidio.- Spiegò Satoshi.

-         Satoshi, tu…ti ricordavi di me?- Chiese Fuka in un soffio. Satoshi, che guardava lontano, dove un qualunque occhio umano non giungerebbe, si voltò verso di lei e annuì. – Mi cercavi?- Chiese ancora lei. – Si. L’omicidio è stato commesso l’anno scorso, e ti ho cercato per un anno, senza mai fermarmi, lottando contro tutti…-

 

 

 

 

 Hokkaido, un anno prima.

 

Kazanosuke Tendo, padre di Yuri, esce dalla casa degli Hirokawa. Il suo sguardo è intriso di follia, pensa al figlio e alla moglie, trasferitisi a Tokyo dopo il loro divorzio. Colpa sua, pensò. Era lei, la sua ex moglie…se le cercava, le botte. Schioccò la lingua e procedette a passo rapido. I suoi pantaloni erano sporchi di sangue. Puzzavano. Avevano l’odore acre e pungente della morte. Satoshi sta tornando da scuola. E’ contento, si è divertito e il compito in classe di matematica è andato piuttosto bene. Non vede l’ora di tornare per raccontarlo ai suoi genitori. Se solo con lui ci fosse anche Fuka…Sarebbe tutto più bello. Fuka… non era mai riuscito a dimenticarla, e dubitava che un giorno ci sarebbe riuscito. Il padre di Yuri gli passò accanto. Satoshi si accorse che tornava da casa sua. Si accorse anche delle macchie e del puzzo. Decide di non farci caso. Entra in casa. –Mamma! Papà! Sono tornato!- urla, gettando la borsa nel divano. La casa è avvolta dal silenzio. Satoshi si preoccupa, ricordando Kazanosuke sporco di sangue. Avanza di qualche passo verso le scale e il suo sguardo è catturato da un martello sporco di rosso scarlatto appoggiato nell’ultimo scalino. Il cuore gli batte ad una velocità incredibile. Sale le scale ed entra nella camera dei suoi genitori. Ciò che vede gli rimarrà impresso per tutta la vita, cambiandolo profondamente. I suoi genitori sono stesi sul pavimento, privi di vita, e tutta la parete, il letto, il pavimento e i mobili sono tinti del colore del sonno eterno… Il ragazzo urla, spaventato. La porta si apre di scatto, una poliziotta entra e lo afferra per un braccio. Satoshi vuole scappare, non vuole vedere, non vuole vivere. Vuole urlare, morire, fuggire. Viene portato nel riformatorio di Tokyo, nell’attesa del processo, accusato di un reato che non ha commesso.

 

Oggi, un anno dopo, Tokyo.

 

Il volto di Satoshi è freddo e impassibile, mentre racconta l’orribile storia. Nemmeno una lacrima gli scende dal bel viso bianco. – Da quel momento, diventai violento e rissoso.- Disse, in tono lugubre.

Fuka piangeva. Le lacrime le scendevano senza che lei se ne accorgesse. Era rimasta interdetta. Forse ora poteva capire il suo stato d’animo. Chiunque, assistendo ad una cosa del genere, sarebbe diventato introverso. –Mi…dispiace.- disse, cercando di non sembrare ridicola. –Anche a me.- rispose lui, noncurante. – Vedrai, ora che ci siamo ritrovati, sarà tutto più facile! Ti starò vicina…- Disse Fuka, sorridendo. Alzò la mano e si asciugò le lacrime con decisione. Si avvicinò a Satoshi e lo baciò teneramente sulla guancia, dopodiché corse via. Satoshi la vide allontanarsi, tra il mare di folla. Si sfiorò la guancia, assente. Si chiese se davvero sarebbe tornato tutto come prima. Si guardò intorno, e vide qualcosa. Qualcosa che gli raggelava il cuore. Era la felicità. Tutte quelle persone che ridevano, circondate da affetto. Un affetto che lui non possedeva. Ed era questo a renderlo diverso…sapere che non avrebbe mai raggiunto la felicità. Eppure…il viso sorridente di Fuka gli appariva nella mente. Forse con lei sarebbe stato diverso…Forse.

 

 

Le nuvole. Enormi massi di panna montata…Almeno, così apparivano a Fuka. La dolce brezza le sfiorava il viso, regalandole serenità. Era l’ora di ricreazione, e Fuka e Myako, insieme al resto della scuola, rideva e scherzava in giardino. – Fuka, ciò che mi hai detto è terribile. Come pensi di aiutarlo?- Disse Myako all’amica. Fuka fece spallucce. – Credo…restandogli vicino.- Rispose, soprappensiero. –Non è che lui… Ti piace ancora?- Chiese Myako, maliziosamente. –Ma sei scema?! E’ una cosa passata. Voglio aiutarlo perché mi fa pena.- Rispose Fuka arrossendo violentemente. 

-Okay.- disse Myako, con tranquillità. Aprì un libro e si mise a leggere. Fuka si sdraiò sull’erba e chiuse gli occhi. All’improvviso, la dolce brezza si tramutò in un violento vento. –Ma cosa…?- esclamò Fuka, balzando in piedi. La scuola e i suoi compagni erano scomparsi. Davanti a lei  Myako sorrideva sinistramente.

Il cielo era ricoperto da fitte nubi nere e pareva che i lampi volessero squarciare le tenebre. Si trovavano in un’ampia distesa erbosa. – Myako, che ti prende?- chiese Fuka all’amica. Myako rise. Un lampo la illuminò e Fuka poté vedere il suo viso dipinto di follia. Myako alzò lentamente il braccio tremolante e la indicò. Fuka la guardava con terrore, tremando di freddo. – Tu e Satoshi vi separerete, proprio come in passato… Il sangue, la rabbia, la tristezza e poi…la passione vi avvolgeranno, non potrai amare nessun altro, oltre lui… Non amerai nessuno come hai amato lui… Il tuo cuore sarà suo schiavo per sempre… Ma…non potete stare insieme. Lui…è condannato all’oscurità…- Dichiarò Myako, sorridendo. La sua voce era impregnata di ridacchiante pazzia. La risata isterica della ragazza si fece più intensa, più intensa…

 

 

-         Buongiorno sono le 8:03 minuti. Tempo nuvoloso. Segno del mese…- Fuka non seppe mai quale fu il segno del mese, perché gettò la sveglia dall’altro capo della stanza. Sbadigliò, stiracchiandosi. Un brivido le salì lungo la schiena.  Non stava troppo bene e non si ricordava nemmeno il sogno che aveva fatto. Che strano…Eppure, se ci pensava, stava male e le veniva un nodo allo stomaco. Decise di non pensarci. Sbadigliando, si alzò con decisione dal letto e preparò gli indumenti per farsi la doccia. – Fuka.- La chiamò sua madre. – Oggi è il giorno.- Le disse. La ragazza guardò la madre, che era appena entrata in camera sua.  - Preferirei che tu ti assentassi da scuola. Andremo in quel posto come ogni anno, va bene?-

-         Sì.-

-         Bene, allora lavati.-

La porta si chiuse. Fuka guardò il suo riflesso allo specchio. Aveva una faccia orribile, sconvolta. Le lacrime le bruciavano gli occhi, lottando per uscire. Ecco perché si sentiva uno schifo…se n’era dimenticata. Sospirò, prese una maglietta, un pantalone, la biancheria e svogliatamente si diresse in bagno.

 

 

Hokkaido. Nove anni prima, notte inoltrata.

 

Qualcuno bussò alla porta della stanza di Fuka. La bimba si svegliò. – Sì?- disse, strofinandosi gli occhi. La mamma entrò. Si sedette goffamente nel bordo del letto. I pallidi raggi di luna che filtravano dalla finestra illuminavano i dolci lineamenti della donna. Dei lineamenti ora un po’ sconvolti. I suoi occhi…La piccola Fuka intuì che la madre aveva appena pianto. La donna abbracciò la bambina. – Tesoro…papà è salito in cielo. La settimana prossima…la settimana prossima dovremo partire.- Le lacrime della mamma le bagnavano il collo. La piccola Fuka non capì, ma le mancò il respiro a quelle parole pronunciate dalla madre con tanta angoscia. La bimba strinse di più la mamma. – Mammina…- disse soltanto. Da quel giorno, la sua vita cambiò per sempre, e non sarebbe più tornata quella di prima.

 

 

Tokyo. Presente.

 

Le lacrime di Fuka caddero sulla tomba del padre, morto nove anni prima in un incidente stradale.

Fu questa la causa del loro trasferimento. In seguito alla morte del padre, la famiglia di Fuka venne sommersa dai debiti. Ad impossessarsi delle loro proprietà fu un ricco commerciante, al quale il padre di Fuka aveva domandato qualche prestito. Così, in breve tempo, madre e figlia si ritrovarono senza un tetto. Per qualche mese furono ospitate presso alcuni parenti dell’Hokkaido, finchè la madre di Fuka trovò un lavoro e un modesto appartamento a Tokyo. Dopo sei mesi di angosce si trasferirono nella capitale, pronte ad incominciare una nuova vita.

-         Fuka, andiamo.-

La voce triste e malinconica della madre la fece tornare bruscamente alla realtà. Gettò un ultimo sguardo affranto alla tomba del padre. “ Addio, papà.” Pensò, fra le lacrime.

 

 

 

-         Fuka, c’è Yuri. Dice di volerti vedere. Vai, ti aspetta in giardino- La voce della madre, proveniente dal soggiorno, chiamò la ragazza. Era sera. Fuka stava studiando, domani aveva il compito di Storia. Un compito importante, fra poco avrebbe dovuto sostenere un difficile esame. Maledicendo l’amico per averla disturbata, si alzò e si recò nel giardino dell’edificio, dove Yuri la stava aspettando. – Che c’è?- gli chiese, in tono un po’ brusco. Yuri si avvicinò. – Devo dirti una cosa.- Disse, deciso. – Che cosa? Dai, in fretta, devo studiare.- Sbuffò Fuka. Yuri la afferrò per le spalle e la baciò sulle labbra. Fuka si oppose. – Lasciami!- Urlò, dandogli uno spintone. – Cosa ti è saltato in mente?!- Strillò, sconvolta. – Tu hai già Aya!-

-         Ci siamo lasciati perché ho capito che nutrivo qualcosa per te.-

-         Non provarci mai più!- la voce di Fuka tremava di rabbia. Come aveva potuto rubarle il suo primo bacio? Era furiosa. – Perché…?- Chiese Yuri. Fuka si sfiorò le labbra. Aveva desiderato che al posto di Yuri ci fosse qualcun altro… All'improvviso, le tornò alla mente il sogno della profezia.

Le parole di Myako erano chiare, e in quell’istante, le rimbombavano nella testa in un martellare continuo.

Sapeva che nulla sarebbe più stato come prima. Lei amava ancora il piccolo Satoshi che era ‘morto’, lasciando il posto alla persona che lui adesso è. E lei non conosceva questa nuova persona.

-         Fuka?- la chiamò Yuri, afferrandola per un braccio. – Yuri… perdonami, ma… io…- Disse Fuka, cercando di distogliere lo sguardo dagli occhi penetranti del ragazzo.

Sapeva che poteva amare solo una persona. In nove lunghi anni non era riuscito a scordarlo… E come poteva? L’aveva amato più di chiunque altro…e continuava a volergli bene…gliene avrebbe voluto per sempre.

La voce di Myako s’insinuò fastidiosa  tra i suoi pensieri.

   “ Non amerai nessuno come hai amato lui…”

     Una fitta le trapassò il cuore e le lacrime s’impossessarono dei suoi occhi.

    - Mi dispiace.- Gli disse in un soffio. Yuri le lasciò andare il braccio ed evitò       di guardarla, sicuro che se l’avesse fatto avrebbe pianto.   

“ Il tuo cuore sarà suo schiavo per sempre…”

- Yuri, ti prego perdonami, ma io…Io… Devo andare.- Disse Fuka, e scappò via. 

Corse, cercando di dimenticare… Frammenti di ricordi le annebbiarono la vista… Pianse, pianse come non aveva mai fatto, consapevole di aver spezzato il cuore di Yuri…

Urtò qualcuno e cadde pesantemente a terra. – Ehi!- Esclamò una voce famigliare. Aprì gli occhi e una strana sensazione si appropriò del suo corpo, quando vide Satoshi davanti a sé. Satoshi la scrutò con attenzione e quando il faro di una macchina illuminò il viso rigato dalle lacrime di Fuka, lui le chiese cosa non andava.

Per tutta risposta, Fuka si alzò di scatto e lo abbracciò.

-         Mi manca il vecchio Satoshi…- Singhiozzò. Lui non disse nulla, si limitò ad ascoltarla con serietà. – F…Fallo tornare!- Urlò Fuka in frasi disconnesse. Alzò il capo, guardandolo con disperazione. – Fallo tornare da me, così che io possa amarlo!- Le parole di Fuka toccarono il cuore di Satoshi. – Fuka…quel Satoshi appartiene al passato. Lui non tornerà più. – Disse il ragazzo, con voce tagliente, allontanando la ragazza da sé. Fuka smise di piangere. – Lo so! E allora…promettimi di amare anche quello che sei ora! Io voglio conoscere tutto di te, tutto! Perché sei l’unico che ho veramente amato e che amerò per sempre!- Urlò lei battendo i pugni sul petto di Satoshi, a capo chino. Il cuore del ragazzo batteva all’impazzata. – Fuka…mi rendo conto che sei cambiata. Sei diventata bella, forte e determinata, intelligente, matura… tutto ciò che in me si è dissolto da qualche tempo. Quando tu te ne sei andata ho capito cosa fosse la solitudine. Perché…anche io ti ho sempre amato.- Disse Satoshi col cuore in gola. – Tu non sei cattivo. Io curerò le ferite del tuo cuore. Io starò con te, qualunque cosa accada.- Promise Fuka, guardandolo con dolcezza. Satoshi la baciò con dolcezza.

 

 

                                                             Seconda parte

 

 

Una donna elegante, sulla trentina, bussò alla porta di un ufficio. – Avanti.- Disse una roca voce maschile. La donna aprì la porta ed entrò. – Mi scusi. Sono l’avvocato della famiglia Tendo. Sono qui per parlarvi del ‘Caso Hirokawa’, ovvero di Satoshi, il ragazzo accusato di omicidio.- disse la donna, sul ciglio della porta. Sulle mani teneva una pratica e parlava con studiato distacco. L’uomo spense il sigaro nel portacenere e incrociò le mani. – Prego, si sieda.- Disse alla donna, indicandole la sedia di fronte alla scrivania. La donna avanzò con passo leggero e si sedette nella poltrona. – Che cosa desidera comunicarmi?- le chiese l’uomo. – Noi del ‘Caso Hirokawa’ riteniamo opportuno processare il ragazzo. Ormai è passato un anno e abbiamo tutte le prove necessarie per il processo.- Spiegò la donna, posando la pratica sopra la scrivania. L’uomo osservò la donna con attenzione.

-         Siete sicuri che abbia davvero commesso l’omicidio dei suoi genitori?- Le domandò.

La donna rise. – No, no affatto! Non è mai stato accusato di ciò. Lui ha ucciso il padre di Yuri Tendo, il vero assassino dei suoi genitori. Quell’uomo era pazzo…e crediamo che Satoshi, per vendicarsi l’abbia ucciso. E’ per questo che sono qui.- Disse, con un melenso sorriso.

 

-         Mamma, sono a casa!- Annunciò Fuka, spalancando la porta di casa. Era felicissima, e non vedeva l’ora di raccontare tutto alla madre.

Ma ciò che vide la sconvolse. Sparsi per tutta la casa c’erano degli scatoloni imballati. – Mamma? Che fai?- Domandò Fuka alla madre, con perplessità. La madre radunava  velocemente tutti gli oggetti dentro una scatola di cartone. La casa era ormai semi vuota. – Ce ne andiamo. Andiamo a Osaka.- La informò, senza smettere di raccogliere gli oggetti e di infilarli con forza dentro il pacco ormai pieno.

- Eh? Perché? Proprio ora che ho ritrovato Satoshi!- Esclamò Fuka con rabbia. La madre si paralizzò e girò lentamente gli occhi verso la figlia. – E’ proprio per questo che ce ne andiamo. Lui è un criminale, e stando con lui rischi di diventarlo pure tu!- lo sguardo della madre era glaciale.

Fuka rimase paralizzata. – Ma… Satoshi non ha ucciso i suoi genitori!- Ribatté.

La madre rise freddamente. Era fuori di sé.

-         Oh, no non loro! Ma il padre di Yuri Tendo sì, però!-

Ora Fuka comprendeva perché qualche giorno prima Satoshi aveva picchiato Yuri. In lui vedeva quell’uomo orribile che aveva ucciso ciò che di più caro aveva al mondo… Quell’uomo pazzo, che lo privò dell’amore e del calore della famiglia… Però, c’era qualcosa che non quadrava.

-         Cosa dici?- Fuka non capiva a pieno la situazione.

-         Non te ne ha parlato? Dopo essere stato portato nel riformatorio di Tokyo, divenne ribelle e introverso. Poi… un giorno, Kazanosuke andò a ‘fargli visita’. Gli intimò di tacere riguardo all’omicidio degli Hirokawa, e se avesse parlato lo avrebbe fatto pentire amaramente. Insomma, lo minacciò. Satoshi, accecato dalla rabbia, prese un coltello e lo pugnalò al petto.- Raccontò la donna, guardandola con un volto inespressivo e oscurato. Nel suo racconto vi era una punta di asprezza, che lo rendeva ancora più tetro.

-         Cosa?- Sussurrò Fuka. Si mise le mani fra i capelli. Il suo corpo era scosso da tremiti frequenti e incessabili. – Non ti credo! Bugiarda!- Urlò, con tutto il fiato che aveva in corpo. Dopo aver guardato la madre con rabbia crescente, uscì da casa chiudendo la porta con violenza.

 

 

-         Che cosa volete fargli?- Chiese con assoluta calma il dirigente del riformatorio alla donna di fronte a lui. – E’ abbastanza grande da subire la condanna che gli spetta.- Rispose la donna con freddezza. L’uomo non rispose, ma si accese un sigaro. Dopo aver aspirato abbastanza fumo, l’uomo disse:

-         Il ragazzo sembra pentito.-

-         Che cosa va farneticando?! Quel ragazzo ha commesso un omicidio! E’ reato, sa?- La donna si alzò di scatto dalla poltrona, fremente di rabbia. L’uomo non rispose e continuò a fumare.

-         Mi pagano fior di quattrini per sbattere quel moccioso in gattabuia, e può star certo che ci riuscirò.- Urlò l’avvocato con veemenza, e uscì indignata dallo studio sbattendo la porta con così tanta furia che l’uomo temette che si potesse frantumare da un momento all’altro.  

In fondo, Satoshi era un bravo ragazzo. Sembrava pentito… Oppure no?

Mentre l’uomo si crogiolava in questi pensieri, spense il sigaro e si alzò dalla poltrona. Con passo calmo si diresse verso la finestra e aprì la tendina. Sbirciò fra le luci della città per un po’, fin quando i suoi occhi furono catturati dalla figura di una graziosa quindicenne che esitava all’entrata del riformatorio. Che ci faceva qui? Per una bambina non era pericoloso stare fuori fino a tarda notte? Pensando a ciò, l’uomo sospirò, chiuse le tendine e lasciò l’ufficio per recarsi a casa sua.

 

 

  “ Satoshi.” Pensò Fuka, mentre attendeva fuori dal riformatorio.  Si asciugava le lacrime con un fazzoletto e aspettava che Satoshi uscisse dall’edificio come ogni sera. Ultimamente, piangeva spesso. Era una cosa che non le capitava da anni, ormai. E’ proprio vero che l’arrivo di Satoshi l’aveva sconvolta.

Eccolo: stava uscendo. Era molto bello. Lo sguardo color nocciola perso chissà dove nei suoi pensieri…I lineamenti dolci ma severi… I capelli biondi e ribelli, ora mossi dalla brezza notturna…

Nel guardarlo, il cuore di Fuka accelerò il ritmo cardiaco e lo stomaco si contrasse con dolore. Che strana sensazione…Ora mista ad una rabbia e ad un dolore incontrollabile. Il ragazzo si accorse che Fuka era lì che lo aspettava. – Fuka, che ci fai tu qui?- Le chiese, sorpreso. Fuka non rispose, ma alzò la mano destra. Il suo sguardo si fece gelido all’improvviso, e nell’istante in cui Satoshi si avvicinò, lei gli mollò un sonoro ceffone che lo fece barcollare. – Verme. Mi hai mentito su tutto.- Gli sussurrò con ferocia. Il suo volto era inespressivo, ma al contempo gelido. Non possedeva una benché minima espressione di rabbia, dipinta sul volto. Satoshi ne ebbe paura. – Che…?- farfugliò, tenendosi la guancia dolente. – Non è vero che ti avevano mandato in un riformatorio perché ti avevano accusato della morte dei tuoi genitori! Ti hanno spedito qua perché non avevi un posto dove andare, e quando il padre di Yuri è venuto a minacciarti tu lo hai ucciso! Perché mi hai mentito? Perché?!- Sussurrò gelidamente Fuka. Era furiosa. Il volto di Satoshi si ottenebrò. – Perché non volevo che tu sapessi quello che ho fatto…Quella cosa terribile che mi opprime, giorno e notte…Quella cosa che non potrò mai cancellare e che mi perseguiterà per tutta la vita.-

 

 

 

-         Fuggiamo.- saltò su Fuka, all’improvviso, senza pensarci due volte. – Eh?- esclamò sorpreso Satoshi. – Fuggiamo. Scappiamo via, via da tutti! Andiamo nell’Hokkaido!- Disse lei, afferrandolo per un braccio. Quel suo comportamento infantile aveva risvegliato in Satoshi il ricordo della piccolo Fuka di nove anni prima.

-         Fuka…E’ impossibile.- Sussurrò lui, dolcemente, trattenendola. – No! Andiamo, presto!- La ragazza si divincolò. Era sotto shock. Satoshi la afferrò e la baciò. Fuka si calmò. – Calmati, ti prego. Non sopporto di vederti così.- Le disse con dolcezza, carezzandole il viso. Lei annuì, ma Satoshi la afferrò per mano e si mise a correre, senza meta. – Dove…stiamo andando?- Gli chiese Fuka, correndo.

-         All’aeroporto.-

-         E…come pensi di salire nell’aereo per l’Hokkaido?-

-         L’aeroporto è a due passi da qui. L’ultimo aereo della giornata è sempre quello per l’Hokkaido. Ci intrufoleremo di nascosto.- Affermò con estrema decisione.

“Ancora qualcosa fuori legge…” pensò Fuka divertita. Arrivarono all’aeroporto in pochi minuti. Era vuoto. – Ultimo aereo della giornata. Sapporo: Hokkaido.- Annunciò una voce metallica. Satoshi diede un calcio ad una cassa di merce diretta per Sapporo, il capoluogo dell’Hokkaido. Quella si aprì e Satoshi buttò via i pacchi postali che vi erano al suo interno. Diede una mano a Fuka per entrare nella capiente cassa, entrò anche lui e chiusero il coperchio. Fu tutto molto facile… (d’altronde, è solo una semplice storia!) Quel che conta, fu che entro qualche ora, arrivarono nel loro paese. L’Hokkaido.  

 

 

Era l’alba, ormai. Il Sole stava nascendo pronto a sorridere, illuminando il mondo con il suo splendore. Il mare era calmo…Tutto intorno a loro era silenzioso e bellissimo. Fuka e Satoshi arrivarono nella vecchia casa al mare dove nove anni prima abitava la ragazza.

Quella casa impregnata di ricordi… Fuka scoppiò in lacrime. Dopo aver tanto sognato il suo piccolo e bellissimo mondo, ora finalmente c’era. Di nuovo, e con la persona che tanto amava… Due bambini correvano, ridendo. Erano un bambino e una bambina. Quell’immagine ricordò a Fuka i bei tempi passati e che non sarebbero più tornati. . .Quanta nostalgia.

-         Ehi, che hai?- Le chiese Satoshi, aprendo la porta con un calcio. Quella cedette, senza opporre resistenza. Pareva che a lui non facesse né caldo né freddo, essere tornati in quel paese con Fuka. Certo che era davvero un’insensibile!

-         Nulla, mi sono lasciata trasportare dai ricordi.- Disse Fuka, asciugandosi le lacrime con le maniche del maglione. Si chiese se sua madre fosse in pensiero. Ma d’altronde, cosa gliene fregava? Sorrise, e afferrò la mano di Satoshi. Entrarono nella casa. Era proprio come Fuka la ricordava… Dentro c’era buio. Deboli raggi di Sole filtravano dalle fessure delle persiane. C’erano ancora tutti i mobili, polverosi, ma in buono stato. Ora, in quel momento, in quel luogo, si era alzato il vento. Il vento divino che asciuga le lacrime, che spazza via la tristezza… 

Se credi che nulla al mondo possa donarti serenità, aspetta. Non scoraggiarti. Egli saprà portarti colui che ami. Il dolce ricordo di quel sorriso che ti fa ancora oggi sciogliere…. Credici, credi in te stessa! Non arrenderti mai, lotta sempre. Vedrai che arriverà il vento della gioia e che spazzerà le tue angosce, porterà l’amore che non vedi da tanto tempo, porterà l’amore che tu desideri! Vivi con serenità…Vivi ogni attimo della tua vita, che mai più tornerà…vivi lottando per amare e sarai amata!  

     

 

Le onde del mare si infrangevano sugli scogli, in quella magica alba fatta d’amore. Satoshi guardò Fuka con dolcezza, portandola al piano superiore. Entrarono nella stanza di Fuka. La ragazza si commosse, osservando la stanza che tanto aveva desiderato di rivedere con nostalgia. Con un gesto automatico, si avviò alla finestra e aprì le tendine. Venne inondata dalla calda luce del Sole, mentre qualcosa di morbido affondò nel suo collo. Satoshi la stava baciando. Il suo cuore prese a battere velocemente. E lì, nella Casa dei Ricordi, nel paese dove si erano conosciuti e amati, accadde. Quel gesto ricco di amore…

L’amore e il destino: due cose incomprensibili che fanno innamorare e a volte separano due persone con crudeltà… però, sai, può accadere l’impossibile e due persone destinate ad amarsi, si ameranno per sempre nel bene o nel male…

E’ il caso di Fuka e Satoshi, che in quel momento, sapevano di essere nati per stare insieme. Il filo rosso del destino che li aveva fatti innamorare e separare, ora li univa… Là dove i sogni diventano realtà, Fuka e Satoshi divennero una cosa sola. Ora ne erano certi: sapevano che ciò che li legava era qualcosa di indescrivibile, ciò che travolge il cuore di un tornado di emozioni… L’amore.

 

 

Il cinguettio degli uccelli, il chiacchiericcio dei ragazzi che ridono e scherzano…Il caldo sole dell’Hokkaido… Fuka si sveglia di soprassalto. In fretta si veste, ed è preoccupata: Satoshi non è lì. Non è lì ad aspettarla con un sorriso. Lo cerca dappertutto, ma nulla: sembra essere svanito. Preoccupata va in cucina, sperando che lui l’aspettasse lì. Ma così non fu. Sopra il tavolo vi era una brioche e accanto ad essa, un foglio. Il cuore della ragazza mancò di un battito, mentre afferrava la lettera. Iniziò a leggerla. Tremava, sfogliando con gli occhi quelle righe cariche di emozioni.   

“Fuka.

Chi avrebbe mai detto che un ragazzo così orribile come me, avrebbe amato così profondamente la bellissima ragazza che sei ora… Non ne sono degno. Degno di avere nulla…Ora mi pento di ciò che ho fatto. Penso a Yuri, che se non fosse per me, potrebbe abbracciare suo padre. Penso a mio padre e a mia madre, che sarebbero ancora in vita…Se solo penso a come sarebbero felici se ti avessero conosciuta… Ho deciso di costituirmi. Fuka…cerca di comprendere questo mio gesto, te ne prego. Io sconterò ciò che merito. Com’è giusto che sia. Ma ricorda: Io ti amerò per sempre. Qualunque cosa accada, noi ci incontreremo di nuovo. Non potrò mai volere bene ad una persona come ne ho voluto a te. Mi hai cambiato la vita… Ti ringrazio. Resteremo uniti. Credi a queste mie parole. E’ una promessa.

                                                                                                           Satoshi”

 

Il Sole era alto nel cielo. Il mare…bello, intenso…Le lacrime di Fuka, che a fiotti bagnavano la lettera di Satoshi. Lei lo sapeva: Qualunque cosa fosse successa, loro si sarebbero amati per l’eternità, uniti o divisi…

 

                                                                                               Choko no Kaori

                                                                                         ( Profumo di cioccolato)

                                                       

                                                                                                      FINE

 

  
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