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Autore: _V a l e_    24/11/2010    7 recensioni
"Lacrime incessanti cadevano sul mio viso e non c'era modo di fermarle. Neanche la vicinanza del mio ragazzo alleviava il forte senso di vuoto che mi imprigionava e che mi impediva di respirare. Avevo detto addio al mio migliore amico, all'unica persona che mi era stata accanto quando non ero altro che un cadavere, distrutta per la perdita del mio vampiro. Avevo rinunciato alla persona che mi capiva anche con un solo sguardo, un solo gesto, perchè lui non aveva bisogno di poteri soprannaturali per leggermi dentro. Avevo sputtanato un sentimento puro, VERO, VIVO per inseguire qualcosa di irreale, di ossessivo, una droga. Avevo rinnegato il mio SOLE, la mia aria, la mia linfa vitale per avvicinarmi al mondo dei vampiri, al mondo della mia unica ragione di vita,Edward. Ed era la scelta giusta, sapevo che lo era."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black, Quileute | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
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La festa( parte III)


 
Con lo sguardo seguivo inerme il movimento fulmineo del suo corpo che si allontanava da me, che correva lontano dalla sua fonte di sofferenza, da colei che l'aveva ferito a morte. 
Continuavo a guardare un punto indefinito oltre le tenebre, oltre quella fitta oscurità dentro la quale era sparito, divorato dal buio. Non sapevo neanche io come fossi riuscita a sollevare la mia mano, ma quel gesto era l’unica cosa che potesse permettermi di fermarlo, di costringerlo a non andare via e impedirgli di scappare, afferrargli un lembo di pelle per tenerlo con me. Ma lui con un gesto brusco del corpo era riuscito ad evitare quel contatto, era riuscito a ferirmi più di quanto non lo fossi già. Non voleva che lo toccassi, non voleva neanche avermi accanto. 
Il mio braccio rimase sospeso per aria nella vana speranza di rivederlo tornare e poterlo abbracciare ancora, tenerlo stretto a me e poter sentire nuovamente il suo calore.
Ma aspettai inutilmente, perché sapevo per certo che non sarebbe tornato, almeno non quella sera.
Ma il mio cuore continuava imperterrito a battere impazzito. Non riuscivo ancora a crederci, pensavo fosse un sogno dal quale mi sarei svegliata con un enorme groppo in gola, ma i miei sentimenti misti di gioia e dolore erano talmente forti che era impossibile anche solo pensare che stessi semplicemente sognando.
 
Rivederlo fu un totale colpo al cuore per me.
 
Non c’erano parole per poter spiegare, per poter descrivere il turbine di sensazioni che provai nell’istante in cui i nostri occhi si incrociarono per la prima volta dopo tanto, troppo tempo.
Mi fissava incredulo, confuso, sbalordito, dentro il suo sguardo potevo leggere tutta la sofferenza che gli avevo causato, tutto il dolore che avevo fatto nascere dentro di lui senza alcuna pietà.
Ma per quanto non avessi il ben che minimo diritto di appropriarmi in quel modo dei suoi occhi, non riuscivo a smettere di fissarlo, di osservarlo, e il modo in cui lo facevo era vergognoso, ma non potevo impedirmelo.
Mi tremavano le ginocchia, non riuscivo neanche a reggermi in piedi. 
Non mi aveva mai fatto quell’effetto prima di allora. Eppure era sempre Jacob, era sempre il mio sole, era sempre lui. Avevo passato l’ultimo anno della mia vita a negare i sentimenti che provavo nei suoi confronti, a negarmi la gioia di poter vivere una vita tranquilla e normale al suo fianco. 
Stupida ragazzina in preda a delle illusioni fiabesche senza senso.
Mi sarei presa a schiaffi per non essermi accorta prima di quanto avessi bisogno di lui, di quanto avessi bisogno della sua presenza per poter andare avanti, perché lo amavo da impazzire e più mi guardava in quel modo, più il sentimento cresceva a dismisura. 
 
Rimasi imbambolata ad osservarlo senza dire una parola:
più bello di un tramonto d’estate, più spettacolare di un cielo stellato, più stupefacente di qualsiasi altro essere esistente su questo pianeta… non esistevano aggettivi per descriverlo in maniera appropriata. 
 
Era di una bellezza devastante.
 
I capelli corti e ribelli, la fronte contratta per lo stupore, gli occhi increduli,le labbra carnose leggermente socchiuse, le sue possenti braccia stese lungo il corpo erano tese come corde di violino, il suo petto nudo e bronzeo, i suoi bermuda di jeans strappati, le sue gambe lunghe erano un fascio di nervi e muscoli.
Non mi ero mai resa conto di quanto potesse essere perfetto nella sua imperfezione da essere umano. Sì, umano, perché nonostante si trasformasse in un lupo rossiccio, io lo consideravo umano al cento per cento, un ragazzo che era capace di farmi vivere, di rendermi una persona migliore.
Ed io? Io volevo fuggire da quel paradiso, da quella promessa di felicità che sapevo mi avrebbe regalato ma che stupidamente volevo scacciare via per poter fuggire a gambe levate inseguendo qualcosa di nocivo, una droga che mi avrebbe condotta solo alla morte.
Continuavo a guardarlo estasiata e più lo facevo più mi rendevo conto di quanto fosse perfetto, perfetto per me. 
Ero convinta che la perfezione avesse un solo nome, ma mi sbagliavo di grosso. Evidente sintomo di una ragazza che non voleva vivere nel mondo reale, che non voleva vedere quello che aveva attorno, che non riusciva ad apprezzare ciò che la vita le aveva donato. Perché Jacob era un dono, un dono che non mi meritavo.
E lo sapevo bene, ma nonostante ne fossi convinta non potei bloccare l’istinto di saltargli addosso e di abbracciarlo con tutta la forza che avevo in corpo, perchè ne avevo bisogno, avevo bisogno di sentirlo mio almeno per un istante.
Sentivo il suo calore penetrare il mio corpo infreddolito bloccando i miei tremori, percepivo il suo fiato caldo sulla mia spalla provocandomi brividi di piacere lungo la schiena. 
Le sue mani bollenti sui miei fianchi mi mandarono completamente a fuoco. 
Ero paralizzata, sconvolta, il cuore stava galoppando impazzito, il mio cervello era in delirio, il mio corpo era saturo di lui. 
Non capivo più niente. 
Dentro il mio essere non c’era spazio per nient’altro se non per lui.
E poi sentire finalmente la sua voce rauca e incredibilmente sensuale rischiò di mandarmi al manicomio.

“C-com’è possibile?” 

Capii all’istante cosa mi stesse chiedendo, voleva sapere perché fossi ancora umana, perché non mi fossi trasformata in una di loro
Lo guardavo ancora estasiata mentre una sua mano bollente accarezzava dolcemente la mia guancia destra facendomi impazzire. 
Ero felice fino all’inverosimile, mi sentivo libera di esprimere i miei sentimenti, di dirgli finalmente quello che provavo per lui, ma quando lo feci, nei suoi occhi scomparve tutta la dolcezza di qualche istante prima, trasformandosi in odio, odio puro. Le sue pupille nere come il petrolio si dilatarono improvvisamente e dalle sue labbra uscì fuori un ringhio di pura rabbia. 
Mi spaventai a morte, quello non era lui, non poteva essere lui.
Tremava, urlava, mi diceva… che era troppo tardi.
Sentivo le lacrime premere per uscire e non potei non lasciarle andare… ero impotente mentre lo fissavo senza dire una parola, mentre lo vedevo andare via, di nuovo.
Sentivo ancora la voce di Seth che chiamava a squarcia gola il mio nome ma non ero in grado di muovere neanche un muscolo, ero come ipnotizzata, le mie gambe non ne volevano sapere di muoversi da li e i miei occhi umidi non osavano distogliere lo sguardo da quel punto indefinito in cui lui era stato risucchiato.

“Bella, eccoti finalmente”.
Sentivo i suoi passi dietro di me
“Bella ma che ti prende? Ti prego rispondimi, Bella?”
Mi scuoteva le spalle, mi urlava contro, ma niente, non riuscivo a svegliarmi da quello stato di trans in cui era precipitata. 
Sentivo freddo, il mio corpo tremava, pretendeva il contatto con il suo corpo, desiderava inebriarsi nuovamente del suo profumo di muschio e legno, il mio viso bagnato continuava ad inondarsi di lacrime, di lacrime amare, di lacrime di dolore, di odio verso me stessa, verso quelle parole che mi aveva detto pochi istanti prima
 
“Ormai è tardi”
 
Che cosa voleva dire con quella frase?
Perché se n’era andato senza darmi una spiegazione?
Perché mi aveva urlato contro in quel modo?
Perché un attimo prima mi stringe a se e l’attimo dopo mi respinge via come se fossi qualcosa di ripugnante?
Perché “ormai è tardi“?
Scossi la testa per cercare di prendere il controllo di me stessa e di uscire da quel baratro di dolore in cui ero affigata. Abbassai il braccio lungo il fianco e asciugandomi il viso con il dorso della mano risposi a Seth.
“S-sto bene, non preoccuparti”.
Singhiozzavo ancora ma dovevo ricompormi, non volevo che assistesse ad una scena così pietosa.
“Bella mi hai spaventato a morte lo sai? Avevi lo sguardo spento, non riuscivo a farti prendere conoscenza eri come in trans… si può sapere che diavolo ti è successo?”
Dal tono stridulo della sua voce capii che l’avevo fatto preoccupare veramente. 
“Scusami, non volevo farti stare in pensiero” la mia voce era impassibile.
“Vieni ti accompagno a casa, non sei in grado di guidare in queste condizioni”
Senza dire un parole mi feci trascinare da Seth verso il mio pick up, dopo tutto aveva ragione, non potevo guidare il quello stato.
 
Durante tutto il tragitto rimanemmo in religioso silenzio, lui probabilmente non voleva infierire pronunciando una qualunque frase senza senso solo per tranquillizzarmi. Era un ragazzino ma era anche molto sveglio. Gliene fui grata perché se solo avesse detto qualsiasi cosa, avrei ricominciato a piangere come una stupida.
Mi rannicchiai contro il sedile del passeggero poggiando la testa sul finestrino appannato. Ero stanca, sfinita, tutte quelle emozioni insieme mi avevano distrutta del tutto.
 
Il rumore stridulo della franata del mio pick up, mi fece riscuotere dai miei tormentati pensieri.
Eravamo di fronte casa mia.
“Grazie Seth, di tutto”
“Bella, vuoi dirmi che cosa ti è successo?”.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi,il magone che avevo in gola cominciò a farsi sentire sempre più forte.
Con un una mano mi alzò dolcemente il mento bloccandomi con lo sguardo.
“Voglio solo aiutarti… permettimi di farlo”.
Non sapevo se dirglielo o meno ma tanto l’avrebbe scoperto ugualmente. Presi un bel respiro e gli risposi.
“Jacob _ pronunciare il suo nome fu ancora più doloroso di quello che pensavo_ è tornato”
Vidi stupore e gioia nello sguardo di Seth.
“Dici sul serio?”.
Accennai un sì col capo.
“Ora capisco”. 
Conoscevo quel tono di voce, era compassionevole, e io non volevo essere compatita, avevo un assoluto bisogno di rifugiarmi nella mia stanza e di piangere fino allo sfinimento senza che nessuno mi consolasse o che mi compatisse. 
Mi allontanai dalla stretta di Seth.
“Forse è meglio che vada. Grazie ancora.” 
“Bella, forse dovreste parlare”.
Mi voltai di scatto e lo guardai sorpresa.
“E secondo te non ci ho provato? Ma lui non vuole parlarmi, non vuole vedermi, cosa dovrei fare?"  
“Lo sai com’è Jacob, quando si ci mette è più testardo di un mulo, proprio come te, in questo siete molto simili”  
“Si ma ciò non cambia il fatto che mi odia…”
Si mi odiava, glielo leggevo in faccia e non potevo certo dargli torto. 
“Lui non potrebbe mai odiarti Bella, posso garantirtelo”
Scossi la testa violentemente. No, i suoi occhi parlavano chiaro.
“Seth davvero, non ho voglia di parlarne.”
Scesi dall’auto e sbattei la portiera con forza.
“D’accordo”.
Avevo ferito anche lui, mannaggia a me.
Seth mi imitò e uscì anche lui dalla macchina.
“Scusa Seth ma davvero non ce la faccio.”
Mi avvicinai a lui e gli diedi un piccolo bacio in guancia.
“Grazie per l’invito comunque…mi sono divertita”
Accennai un leggerissimo sorriso, ma ne uscì fuori una pessima smorfia.
“No scusa tu, non mi dovevo intromettere. Ma sappi che se dovessi avere bisogno di qualcuno con cui parlare io ci sarò sempre per te Bella.”
Sussultai visibilmente. 
Mi sembrava di rivivere un déjà vu, avevo già vissuto quella scena, solo che al suo posto c’era un altro ragazzo, c’era quel ragazzo: avevamo appena trascorso una serata disastrosa al cinema, il film era orribile e la compagnia di Mike Newton non mi faceva certo impazzire. Ma quella sera, Jacob mi aveva fatto una promessa, una promessa che avrei portato dentro di me fino alla fine dei miei giorni:
“Magari non servirà a niente, ma volevo dirti che io ci sarò sempre. Non ti deluderò: ti prometto che potrai sempre contare su di me.”
Ed era vero, mi era sempre rimasto accanto nonostante tutto, nonostante le mie follie e le mie indecisioni… ma adesso avevo passato il limite, e lui non mi avrebbe più perdonata. Ne ero consapevole. 
Ritornai alla realtà e vidi Seth che mi stava osservando con aria preoccupata. 
Io stavo per esplodere, non potevo stare li ancora per molto.
“D-devo andare Seth” La mia voce tremava come non mai.
“D’accordo, notte Bella”
Ma non feci in tempo ad allontanarmi da lui che sentii le lacrime scendere copiose lungo il mio viso. 
Senza dire una parola girai i tacchi e mi catapultai dentro casa chiudendomi la porta alle spalle.
                                                       
§§§
 
Non ero riuscita a chiudere occhio per tutta la notte, mi giravo e rigiravo nel letto senza riuscire a prendere sonno. Più cercavo di chiudere gli occhi, più la sua espressione arrabbiata e furiosa mi si parava davanti, non riuscivo a pensare a nient’altro. 
E poi quella frase: “Ormai è tardi” non riuscivo a darmi pace, pensavo e ripensavo a quelle parole e più lo facevo più la paura invadeva il mio corpo, il mio cuore, la mia anima. 
Forse non mi amava più…forse era riuscito a dimenticarmi… forse aveva…aveva trovato un’altra. 
A quel pensiero mi sentii morire, totalmente. Il mio cuore perse un battito e il mio respiro cominciò a farsi irregolare. 
E se fosse stato quello il motivo di quella sua frase? E se adesso “apparteneva” ad un’altra ragazza? 
No, non potevo, non volevo pensarci, no. Scossi violentemente la testa e mi rannicchiai ancora di più contro il mio piumone, respirando a fondo. 
Aveva anche cominciato a piovere da una ventina di minuti e questo non aiutava di certo a far migliorare il mio umore, anzi lo peggiorava di gran lunga. 
Tirai su col naso e accesi la piccola lampada del mio comodino inondando la stanza di un colore d’orato.
Erano le 05.00 del mattino.
Mi portai a sedere sul letto e osservai la finestra di fronte a me perdendomi in quelle goccioline d’acqua che scendevano prepotenti lungo il vetro.
Ero talmente occupata ad osservare la pioggia che non mi accorsi di alcuni rumori provenienti dal salotto.
Doveva essere Charlie. 
Scesi dal letto e lo raggiunsi.
“Papà” Charlie si voltò sorpreso verso di me.
“Bella! Come mai sveglia a quest’ora?” Mio padre era con la valigia in mano pronto per andare via.
“Non avevo molto sonno- mentii- Vuoi che ti accompagni all’aeroporto?” La mia voce era piatta e impassibile.
“No tesoro, non preoccuparti, ci sta già pensando un mio collega”
“D’accordo, allora fa buon viaggio e chiamami quando arrivi” 
“Certo piccola”Ci abbracciammo per alcuni secondi e poi lo lasciai andare. 
 
Poggiai le mani sullo stipite della porta ancora aperta, mentre il freddo invernale invadeva il mio corpo, ma non mi spostai di un millimetro. Rimasi immobile a fissare la pioggia che violenta si infrangeva nel terreno, sulle macchine, sugli alberi, non lasciava scampo a nessuno. 
Il cielo, nonostante fosse già mattino, era nero come la pece, ricoperto da delle nuvole grigiastre… già, grigio, proprio come il colore della mia anima e del mio umore.
Delle leggerissime gocce d’acqua bagnarono il mio viso e a quel punto decisi di chiudere la porta ed entrare in casa. 
 
Non potevo stare ancora li e non fare niente. Dovevo vederlo, dovevo parlargli, stavo per impazzire. Ma non avevo la più pallida idea di dove andarlo a cercare, non sapevo nemmeno se fosse tornato a casa sua o se… o se era andato via, di nuovo.
Camminavo avanti e indietro per il salotto sempre più indecisa e impaziente. Poi mi balenò un idea improvvisa. Afferrai il cellulare e composi il numero di Seth.
“Pronto?” La sua voce era parecchio assonnata. Mi sentii subito in colpa.
“Seth, sono io Bella”Gracchiai.
“Bella? Come mai mi chiami a quest’ora? E’ successo qualcosa?” 
“No sta tranquillo, mi dispiace di averti svegliato.. Ma Seth… io ho bisogno di sapere…”
Per favore Seth non farmelo dire, ti prego. Capiscimi, cerca di capire cosa sto cercando di chiederti.
“E' a casa sua, puoi raggiungerlo se vuoi.”
Un sospiro di sollievo uscì dalle mie labbra.
“Grazie Seth, davvero!” Questo ragazzo mi sbalordiva ogni giorno di più.
“Non devi ringraziarmi! Adesso va da lui e chiarisci la situazione una volta per tutte” 
Lo ringraziai per altre mille volte e poi riattaccai.
Sarei andata da lui, gli avrei parlato, non potevo lasciare le cose in sospeso.. Io dovevo sapere.

 
   
 
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