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Autore: vannagio    25/11/2010    10 recensioni
Ero riuscita a lasciarmi Edward Cullen alle spalle e adesso, vederlo aggirarsi tra i corridoi della scuola, in compagnia di Bella Swan, non mi faceva né caldo né freddo. È inutile che mi guardate con quell’aria scettica: sto dicendo la verità!
No, signori! Non ero più innamorata di Edward Cullen, ma questo non vuol dire che fossi diventata cieca… Com’è che si dice? “Si guarda ma non si tocca!”.
Ancora una volta, le vicende di Edward e Bella narrate dal punto di vista di una loro compagna di scuola, ma non solo…
Buona lettura!
[Seguito della mia precedente fanfiction “Twilight: la storia dal mio punto di vista”]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lauren Mallory, Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Paul Lahote, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Twilight Saga: la saga dal mio punto di vista'
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Epilogo, il patto: personaggi irrisolti


“Ehi, cugina!”

“Ciao” risposi distrattamente, senza sollevare lo sguardo dal foglio che stavo compilando, mentre la sedia accanto alla mia veniva spostata.

Lauren posò con poca grazia il vassoio del pranzo sul tavolo - per miracolo la lattina aperta non si rovesciò sul mio foglio - e si lasciò cadere pesantemente sulla sedia, che quindi strisciò rumorosamente indietro di qualche centimetro. Un sospiro stanco pose fine al piccolo trambusto che l’arrivo della ragazza aveva generato.

Continuai imperterrita a compilare il modulo, riponendo in tale attività la massima attenzione. In sottofondo le voci della sala mensa creavano un brusio indistinto che non mi dava fastidio, ma al contrario mi aiutava a mantenere alto il livello di concentrazione.

Lauren sbuffò, forse indispettita dal fatto che la stessi deliberatamente ignorando. Prese a picchiettare le dita sul tavolo, seguendo un ritmo tutto suo. Afferrò la lattina e sorseggiò la bevanda nel modo più rumoroso possibile: un sorso, due sorsi, tre sorsi, quattro sorsi. Posò la lattina e incrociò le gambe sotto il tavolo, urtando un piede della mia sedia: un evento tutt’altro che accidentale. Infine sbuffò una seconda volta.

“Che fai?” domandò poco dopo.

Rimanere in silenzio per più di dieci secondi costituiva un’impresa pressappoco titanica per mia cugina.

“Compilo la domanda di iscrizione per il college di Seattle” risposi, tenendo gli occhi incollati al foglio.

“Non puoi occupartene in un altro momento?” chiese lei con tono acido.

“Sono in ritardo e a casa ci sono altri moduli che mi aspettano”, misi un punto all’ultima frase, “Finito!” esclamai infine. Rilessi velocemente quanto avevo scritto e ritenendomi sufficientemente soddisfatta del risultato, misi tutto al sicuro nella borsa per evitare disastrosi incidenti. “E tu? A che punto sei?” domandai poi a Lauren. Non volevo che il suo smisurato ego si sentisse troppo trascurato.

La ragazza scrollò le spalle con fare non curante. “Ho risolto tutto da un pezzo ormai…”.

“A quali università hai fatto richiesta?” chiesi sinceramente incuriosita.

In cuor mio speravo che Lauren ed io fossimo accettate nello stesso college.

“Nessuna”.

Il tipico stridore delle ruote che inchiodano sull’asfalto sdrucciolevole invase le mie orecchie. Il rumore era stato prodotto dagli ingranaggi del mio cervello, che avevano cominciato a immaginare come sarebbe stato frequentare una lezione universitaria in compagnia di mia cugina e che nell’udire la laconica risposta della suddetta ragazza si erano inceppati bruscamente.

Mi voltai verso Lauren e sbattendo stupidamente le palpebre per cinque secondi netti, domandai: “Prego?”

“Nessuna università” scandì lei con indifferenza, come se stesse parlando del tempo o di una notizia di gossip ormai stravecchia e tornò a sorseggiare la cola direttamente dalla lattina.

“Stai scherzando”. Un mezzo sorriso disperato accompagnò quella che voleva essere un’affermazione, ma che in realtà suonava come una domanda incredula.

“Mai stata più seria in vita mia” replicò Lauren e qualcosa nel suo sguardo mi disse che era davvero così: non stava mentendo. All'improvviso si girò completamente verso di me. Vidi l’espressione risoluta del suo viso tramutarsi in uno dei suoi rarissimi sorrisi a trentadue denti. Al termine di quella miracolosa metamorfosi chiese: “A che ora ci vediamo questo pomeriggio?”

Un patetico tentativo di cambiare argomento.

“Perché?” chiesi a mia volta, fissandola dritto negli occhi e ignorando l’ultima domanda che mi aveva rivolto.

“Uffa!” sospirò in modo plateale e roteò gli occhi con esasperazione, “Devi per forza farne una tragedia? Diciamoci la verità, Yva! Studiare non è mai stato il mio passatempo preferito…”

“Sì, ma…” provai a replicare inutilmente.

“Ho già deciso, perciò non insistere”, esclamò testarda, “A questo proposito…”, aggiunse immediatamente con tono più gentile, “…se tu volessi darmi una mano per informare mia madre della bella novità…”, di nuovo le sue labbra si distesero in un largo e fasullo sorriso da pubblicità per dentifricio, “…te ne sarei immensamente grata” e sbatté più volte le ciglia, cercando di commuovermi con i suoi acquosi occhioni celesti: un barracuda travestito da cucciolo indifeso.

La fulminai con un’occhiataccia contrariata e la squadrai per un tempo interminabile, ciononostante il suo sorriso non accennò a incrinarsi nemmeno per sbaglio. Incredibile, parlava seriamente!

“Scordatelo!” ringhiai.

La squillante suoneria del cellulare di Lauren - ‘Like a Virgin’ di Madonna - giunse come una manna dal cielo, interrompendo la nostra disputa silenziosa, fatta di sguardi truci e sorrisi cristallizzati.

Lauren tirò fuori il telefonino dalla tasca esterna della borsa, diede una rapida occhiata al display, inarcò un sopraciglio e infine - con un gesto secco e al quanto stizzito - staccò la chiamata senza neanche darsi la pena di rispondere.

“Perché lo tratti così?”, domandai, avendo intuito di chi si trattava, “Che cosa avrà mai fatto quel poveretto per meritarsi un simile trattamento?”

Il volto di Lauren si fece impenetrabile e appena appena imbronciato. “L’ho mollato una settimana fa” replicò, evitando accuratamente di rispondere alla mia domanda, “Perché non la smette di tormentarmi?”

Lauren mi nascondeva qualcosa.
Da quando avevamo ripreso a frequentarci costantemente, avevo notato che qualcosa non andava. Mia madre e la zia Sarah avevano visto giusto, dovevo dargliene atto. Lauren cercava di simulare naturalezza - e il più delle volte vi riusciva alla perfezione, tanto da farmi dimenticare i miei sospetti - ma c’erano alcuni momenti, silenzi prolungati e innaturali, insolite occhiate vacue, in cui percepivo - e a tratti intravedevo - qualcosa… come un turbamento che si celava dietro l’acquosità dei suoi occhi celesti.
Sì, qualcosa turbava Lauren nel profondo. E non aveva alcuna intenzione di parlarmene.

“Ma perché lo hai lasciato? Non ti capisco!” insistetti.

Non ero per niente convinta che Thomas avesse a che fare con i problemi di mia cugina. Da come ne parlava Lauren, la loro ‘relazione’ appariva come una sorta di ripiego. La stessa cosa valeva per Jim.
Nel periodo in cui ci eravamo allontanate, infatti, Lauren aveva avuto due ragazzi - prima Jim e poi Thomas, per l’appunto - e in entrambi i casi era stata lei a troncare. Li aveva lasciati senza un’evidente motivazione valida.

“Non è il mio tipo” rispose lei in tono sbrigativo.

“E quale sarebbe il tuo tipo?” chiesi, cercando di decifrare l’espressione apparentemente rilassata sul suo viso.

“Uhm…” sollevò gli occhi e assunse una posa pensosa. Si mordicchiò l’unghia laccata del pollice e parve rifletterci per qualche istante, “…alto, moro, occhi e carnagione scuri…”

“E Thomas, invece? Com’è?” domandai, decisa a fare un po’ di luce sulla sua vita sentimentale.

Forse Lauren aveva avuto qualche delusione amorosa di cui non voleva parlarmi?

Bevve l’ultimo sorso di cola e con una scrollata di spalle, ripose: “Alto, moro, occhi e carnagione scuri…”

Per la seconda volta nel giro di pochi minuti la fissai inebetita. Non riuscendo a trovare una soluzione a quel grande rompicapo che era mia cugina, scossi la testa e con un sospiro rassegnato conclusi: “Sei fuori come un balcone, Lauren. Te ne rendi conto, vero?”

***

Nonostante tutto, la vita scorreva tranquilla nella piccola cittadina di Forks.

Ovunque facessi cadere lo sguardo, vedevo coppiette innamorate che avevano raggiunto il culmine della felicità: Edward e Bella, Alice e Jasper, Sam ed Emily, Ben e Angela, mia madre e Trevor, e avrei potuto continuare così all’infinito…

In quel tripudio di ‘vissero felici e contenti’ vi era ancora un personaggio rimasto tristemente irrisolto: Yvonne Brown.
Non mi lamentavo perché avevo riavuto le mie due migliori amiche, ma cominciavo a temere che per me non ci sarebbe mai stato un ‘lieto fine’… non come si intende nelle favole, almeno: nessun principe azzurro sul cavallo bianco per me.
No, quello era un lusso concesso soltanto a Bella Swan.

Vi state chiedendo che fine avesse fatto Paul?

Beh… alla fine sembrava essersi rassegnato alla realtà. Non si faceva né vedere né sentire da diverse settimane.
Pensare a lui mi faceva provare fitte indescrivibili al cuore e purtroppo per me pensavo a lui ogni notte. Tenerlo lontano non era affatto facile. Ero sempre convinta di aver preso la decisione più giusta ma l’impulso di correre a La Push non diminuiva mai, anzi aumentava di giorno in giorno.

In compenso - come credo avrete intuito - Leah mi aveva perdonato…



Qualche giorno dopo il nostro confronto al parcogiochi, la Quileute suonò al campanello di casa mia.

Non mi diede neanche il tempo di spalancare completamente la porta d’ingresso o di invitarla a entrare - a voler essere sinceri, ero troppo sconvolta e terrorizzata dalla sua improvvisa apparizione per farlo -, non salutò e non si perse in convenevoli.
Semplicemente parlò.

“Anche mia madre e mio padre mi hanno nascosto la verità… ci ho riflettuto” aggiunse con un accenno di esitazione, ma mantenendo lo sguardo duro e imperscrutabile fisso su di me, “Credo di aver reagito in quel modo nei tuoi confronti, perché era più facile odiare te che i miei genitori. Era più facile prendermela con te che con il resto del mondo”. Serrò la mascella come se le costasse un’enorme fatica ammettere tutto ciò. “Mi spiace.”

E basta.

Girò sui tacchi e prese a incamminarsi verso il bosco.

Prima che potesse scomparire nella vegetazione come tante volte avevo visto fare a Paul, le corsi dietro. La abbracciai forte e senza fiatare la costrinsi a entrare in casa.

Parlammo fino a tarda notte, raccontandoci tutto quello che non avevamo mai avuto il coraggio di dire l’una all’atra: la prima e unica volta in cui ebbi modo di vedere la vera Leah uscire dal suo guscio.



Poiché eravamo tornate amiche e giacché - in quanto licantropa - aveva accesso alla mente di Paul, sicuramente starete pensando che Leah mi spifferasse tutti i pensieri del mio ex-ragazzo...

Beh, avete immaginato male.

Leah ed io avevamo un tacito accordo… un patto silenzioso stipulato il giorno in cui avevamo fatto pace. Lei non mi avrebbe costretto a parlare di Paul, io avrei fatto altrettanto per quanto riguarda Sam.

Non so spiegare il perché di questa comune decisione. Probabilmente avevamo discusso e tergiversato a sufficienza su quei due babbei. Le confessioni fatte durante quella lunga notte erano state fin troppo intime e compromettenti. Ci eravamo dette tutto, che cos’altro avremmo potuto aggiungere in merito? Indugiare su certi argomenti non avrebbe fatto altro che logorarci ulteriormente.
Credo anche che Leah avesse bisogno di un luogo in cui rifugiarsi e nascondersi, in modo da tenere chiuse fuori le dinamiche del branco e tutto ciò che esso comportava. Leah aveva bisogno di un luogo in cui sentirsi una ragazza normale, spensierata, libera da gravose responsabilità e problemi più grandi di lei.

A quanto pareva c’era un altro personaggio irrisolto in circolazione…

***

“Non so, Yvonne. Si tratta di un grosso favore…” tentennò Leah.

Seduta sul bordo del letto nella mia stanza, studiava con attenzione il contenuto di un sacchetto di plastica trasparente, sigillato ermeticamente.

“È per una buona causa” insistetti, sedendomi accanto a lei e cercando invano di non lasciar trapelare impazienza e urgenza, che premevano per venire fuori attraverso la mia voce.

“Perciò dovrei diventare una specie di cane da tartufo per aiutare il tuo ex-ragazzo Manuel?”.

Scattò in piedi senza alcun preavviso, sul viso l’inconfondibile maschera di cera, mi lanciò il pacco e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza come una tigre in gabbia.
Intanto avevo afferrato il sacco prima che cadesse per terra. Con la scusa di contemplare gli indumenti in esso contenuti, distolsi lo sguardo dagli occhi neri della mia amica che al momento apparivano glaciali e penetranti come lame.

Mi dispiaceva chiedere a Leah un simile favore, ma a chi altro potevo rivolgermi?

Avevo fatto una promessa a Manuel: trovare Fred.
Per questo motivo lo avevo pregato di spedirmi qualcosa che appartenesse al ragazzo scomparso. Sia i vampiri sia i licantropi possiedono un fiuto eccezionale. Supponevo che - memorizzato l’odore di Fred - una creatura sovrannaturale nel pieno delle sue capacità avrebbe potuto individuarne le tracce e, con un po’ di fortuna, ripercorrerne gli ultimi passi.

Deglutii a vuoto, mentre un nodo stretto e ingombrante mi serrava lo stomaco. L’espressione ‘ultimi passi’ non era tra le più felici che potessi usare in una tale circostanza.

Sapevo fin troppo bene quanto Leah faticasse ad accettare la sua doppia natura, ma nessun altro poteva aiutarmi. Forse…

Paul?
Neanche a parlarne.

Sam?
Leah mi avrebbe uccisa.

Edward?
No, perché… perché… perché no?

Guardai Leah di sottecchi, che a sua volta non mi toglieva gli occhi di dosso, probabilmente tentando di indovinare i miei pensieri.

“D’accordo…” mi lasciai andare a un sospiro pesante, ormai pronta ad ammettere la sconfitta.

“D’accordo, cosa?” domandò Leah, sussultando come se l’avessi colta in fallo e arrestando di botto il suo passo di marcia.

“Non posso costringerti a fare qualcosa che non vuoi” spiegai, alzandomi dal letto e dirigendomi verso la scrivania, dove giaceva abbandonato il cellulare. Leah seguiva ogni mia mossa con religiosa attenzione.

“Davvero?”, chiese sempre più incredula, “Ti arrendi? Pensavo fosse importante…”

“Lo è…” assicurai. Intanto stavo cercando il numero del vampiro in rubrica. Mettermi in contatto con Edward era l’ultimo dei miei desideri, ma purtroppo non avevo altra scelta. “…ma non posso costringerti, giusto?” le rivolsi un sorriso rassegnato prima di premere il tasto ‘avvio chiamata’ e portare il cellulare all’orecchio. “Chiederò a Edward Cullen. È ancora in debito con me, sono sicura che…”

“Aspetta un attimo!” urlò improvvisamente.

In un batter d’occhio mi fu accanto, mi strappò il telefonino dalle mani e staccò la chiamata prima che dall’altro capo qualcuno avesse il tempo di rispondere. Leah si era mossa così velocemente che - presa in contropiede da quella reazione inaspettata - non avevo avuto la prontezza di spirito di oppure resistenza. Ma infondo… quali speranze avrei mai potuto avere contro una licantropa?

“Stai forse insinuando che una sanguisuga sia migliore di me?” domandò Leah, ormai completamente fuori di sé.

“No, io…” farfugliai imbarazzata, incapace di usare la lingua in modo più soddisfacente.

“Ti aiuterò” mi interruppe lei, risoluta. Tratteneva a stento la rabbia. Puntando un dito contro il mio petto, aggiunse: “Ma guai a te se osi dubitare ancora una volta delle mie capacità!”

Senza staccarmi gli occhi di dosso, posò il telefonino sulla scrivania e per poco l’impatto con il ripiano di legno non lo mandò in mille pezzi.

“È la voce soave di Miss Broncio-Perenne quella che sento?”

Fortunatamente la provvidenza aveva mandato qualcuno ad allentare la tensione.

Il volto angelico di Lauren fece capolino da dietro la porta. Vedendola entrare, Leah si lasciò scappare un gemito di sofferenza. Il lamento non sfuggì a Lauren, che ghignò sarcastica e soddisfatta in direzione della licantropa.

Ero sicura che mia cugina avesse udito soltanto la parte finale della conversazione, perciò Leah, i nostri segreti ed io non avevamo nulla di cui temere.

“Un po’ di allegria, ragazze!”, trillò la neo-arrivata, “Ho portato la pizza…”, e così dicendo consegnò la scotola fumante a Leah, “e un bel film da vedere tutti insieme appassionatamente”, una custodia rettangolare volò attraverso la stanza e atterrò dritta dritta nelle mie mani. Finalmente libera dagli impicci, Lauren accese la televisione e si accomodò tra i cuscini del mio letto, perfettamente a suo agio, come se si trovasse a casa sua, mentre Leah ed io - ancora in piedi - la fissavamo a occhi sgranati.

La grandiosa idea di far incontrare Leah e Lauren sotto lo stesso tetto era stata mia. Per qualche assurdo motivo, che in quell’istante mi sfuggiva perché lo avevo dimenticato, mi ero convinta della necessità che le due ragazze diventassero amiche. Chissà perché, ogni volta che le Leah e Lauren si trovavano a una distanza inferiore ai dieci metri l’una dall’altra, non ero più tanto sicura della mia convinzione.
In realtà il mio era un egoismo travestito da altruismo. Dato che non riuscivo a rinunciare a nessuna delle due, pretendevo di poterle frequentare contemporaneamente.
A quanto pareva ero davvero affetta da una strana forma di autolesionismo…

Tentai di rassicurare me stessa, pensando che con un film da seguire e una pizza da mangiare, le probabilità che le mie due amiche si scannassero a vicenda fossero minime. Perciò abbassai lo sguardo e quando i miei occhi si posarono sulla custodia del dvd, il terrore mi gelò il cuore.

“Ehm… Lauren?” balbettai.

Appoggiata alla scrivania, Leah aveva appena addentato un pezzo di pizza e avvertendo l’accelerazione improvvisa del mio battito cardiaco, mi rivolse un’occhiata perplessa.

“Sì?” rispose mia cugina, senza distogliere lo sguardo dallo schermo del televisore, ignara del disastro che aveva inconsapevolmente scatenato.

“Ehm… tu… ricordi quello che ti ho detto a proposito del film che avresti dovuto affittare, vero?” domandai cauta, tentando di non attirare troppo l’attenzione su di me.

“Sì, sì…” mi assicurò con tono annoiato, “…niente di romantico o strappalacrime…”

Già.

Niente di romantico o strappalacrime.

Questo le avevo chiesto.

E allora perché il titolo del film che lei aveva scelto era ‘Vampire Kisses’*?

“Ehm…”, tentennai ancora, “…Lauren… tu sai di che cosa parla questo film?”

“Suppongo che si tratti di vampiri, no? Non andavi matta per quella robaccia? Pensavo di farti un favore!”

Un pensiero carino, il suo…

“Vampiri?” ripeté Leah con un tono di voce che non prometteva niente di buono.

…peccato che il film in questione trattasse di una storia d’amore tra un vampiro e un’umana e di licantropi malvagi che cercavano di dividere i due protagonisti: romantico da cariarsi i denti, strappalacrime fino alla nausea e ovviamente un bellissimo e scontatissimo ‘lieto fine’.

Questa è la volta buona che Leah mi ammazza, pensai terrorizzata.

Senza neanche rendermene conto, mi voltai.

Leah aveva intuito tutto.

Forse, come me, aveva già visto quel film.

E a giudicare dall’espressione del suo volto, non era affatto contenta della scelta di Lauren.

***

Era appena passata la mezzanotte.

Leah e Lauren erano andate via da circa una mezz’oretta.

Per fortuna ero riuscita a salvare la serata, pescando tra la mia collezione di dvd un film abbastanza violento e sufficientemente ‘non soprannaturale’ da non ferire i sentimenti di Leah Clearwater.

Dopo una rapida doccia che era riuscita a distendere i miei poveri nervi e con un asciugamano in testa che avvolgeva i capelli umidi come un turbante faidate, mi sedetti alla scrivania. Era passato qualche giorno dall’ultima volta che mi ero connessa al mio forum sui vampiri ‘Fangtasia: accesso libero a umani e non’. Così decisi di dare una rapida occhiata tra le sezioni per verificare che fosse tutto a posto e poi filare sotto le coperte.

Cliccai sul link del forum, posto nell’elenco dei miei preferiti e...


‘Questa pagina web è stata rimossa’


Panico.

Provai una seconda volta.

E una terza.

E una quarta.

E una quinta.

Il risultato era sempre lo stesso.


‘Questa pagina web è stata rimossa’


Che diavolo era successo?
Possibile che il mio forum fosse stato rimosso davvero? E da chi? Conoscevo le regole ed ero certa di non averne infranta nessuna.

Non volevo arrendermi, così aprii il programma di posta elettronica con l’intento di contattare il gestore e chiedere spiegazioni. Un’e-mail nella casella di ‘posta in arrivo’ catturò il mio sguardo e bloccò in tronco qualsiasi azione da parte mia.
Era stata inviata il giorno prima alle 15:52. L’oggetto dell’e-mail diceva: Rimozione del forum ‘Fangtasia: accesso libero a umani e non’.

Senza pensarci due volte, aprii l’e-mail e cominciai a leggere. Stupore e perplessità aumentavano a ogni riga.


Egregia Signorina Brown,

la A.M.C. & Co. Le scrive a causa di uno spiacevole inconveniente.
Pare che Lei, da qualche anno a questa parte, sia entrata in possesso di informazioni strettamente confidenziali riguardanti la suddetta compagnia. Nessuno mette in dubbio la Sua buona fede e discrezione, tuttavia l’idea che alcuni dettagli possano essere diffusi accidentalmente attraverso il Suo forum costituisce motivo di profonda preoccupazione per i soci dell’azienda. Al fine di evitare dissapori e tensioni, i membri del consiglio di amministrazione sono convenuti all’unanimità che sopprimere lo spazio web da Lei occupato fosse l’unica soluzione percorribile. Ci scusiamo per il disturbo arrecatole ma ne va della sicurezza e sopravvivenza della nostra società.
La avvisiamo fin da ora che qualora decidesse di riaprire tale forum saremo costretti a ricorrere a misure estreme. Confidiamo nel Suo buon senso.
Infine La informiamo che entro la fine del periodo estivo potrebbe ricevere una visita da parte di alcuni nostri delegati, i quali avranno il compito di verificare l’entità del danno prodotto dalla fuga di notizie.
Tantissimi auguri per il Suo esame di diploma.

Cordialmente,
G. Benvenuti
Responsabile Ufficio Relazioni A.M.C. & Co.


Uno scherzo.
Non poteva che trattarsi di uno stupido scherzo.
Quale società poteva sentirsi minacciata da un forum di una diciottenne non ancora diplomata, al punto tale da rimuoverlo e minacciare la suddetta ragazza?
A quali segreti si riferiva la lettera?
Possibile che si trattasse solo di un equivoco?
L’idea che qualcuno si presentasse a casa mia per ‘verificare l’entità del danno prodotto dalla fuga di notizie’ non mi piaceva neanche un po’.
Come faceva tale G. Benvenuti a conoscere il mio nome, il mio indirizzo e-mail e a sapere del mio esame di diploma?

Un brivido freddo mi attraversò la schiena.

All’improvviso non avevo più tanta voglia di dormire.




To be continued…




_______________________________

Note di fine capitolo:
*Vampire Kisses: è il titolo di una serie di libri per ragazzi che racconta la storia d’amore tra un vampiro e un’umana (tanto per cambiare) ma non ci sono licantropi (o almeno non ce ne sono fin dove sono arrivata a leggere, cioè a metà del secondo volume). Naturalmente non esiste nessun film con questo titolo. Se il libro vi interessa - ma vi assicuro che non è niente di speciale - l’autrice si chiama Ellen Schreiber.

_______________________________

Nota autore:

Salve a tutti!

Quasi quasi mi vergogno per l’immane ritardo. Purtroppo ho attraversato un periodo in cui la voglia di scrivere era ridotta allo zero per cento. Non si trattava di mancanza di ispirazione, perché sapevo già da molto tempo come impostare questo epilogo. Semplicemente il computer mi dava la nausea. Probabilmente è anche lo studio a esaurire tutte le mie energie, perciò spero che non siate infuriati con me.

Mi rendo conto che concludere una ff in questo modo - soprattutto dopo mesi che non mi faccio viva - è una vera carognata, però ho intenzione di farmi perdonare.
“E come?” vi starete chiedendo.
Ho deciso di scrivere un piccolo ‘extra’ e sarete voi a decidere su quale personaggio verterà.
Potete scegliere tra:
- Fred
- Lauren Mallory
- Leah Clearwater
- Manuel Smith
- Paul
Ovviamente vince la maggioranza.

Ho risposto alle vostre recensioni attraverso la nuovissima funzione ‘rispondi alle recensioni’ introdotta da Erika. Da adesso in poi risponderò sempre così ai vostri graditissimi commenti.
Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo epilogo. Si tratta di una conclusione un po’ anomala, ma in fin dei conti nemmeno New Moon originale ha una vera fine. Diciamo che questo epilogo introduce alcuni elementi che verranno sviluppati nella prossima ff.

E adesso non rimane altro da fare che rivolgere un grandissimo GRAZIE a tutti quanti: ai lettori silenziosi (lo so che ci siete) e a quelli che hanno seguito, preferito o ricordato questa ff.
Ovviamente GRAZIE a tutti quelli che, anche con poche parole, hanno commentato i vari aggiornamenti, spendendo un po’ del loro tempo per rendere felice una piccola fanwriter complessata.

GRAZIE GRAZIE GRAZIE a tutti.

Infine GRAZIE a Stephenie Meyer. Anche se su molte cose non sono d’accordo con lei, non posso certo dimenticare che tutti i personaggi del ‘Twilight Fandom’ - di cui noi fanwriters ci appropriamo temporaneamente - sono stati creati da lei.
Insomma, se lei non avesse scritto di Edward e Bella, tantissimi personaggi a me cari - tra cui Leah Clearwater, Paul, Lauren Mallory e perfino Yvonne Brown - non esisterebbero.
Perciò…
Ti ringrazio Stephenie, sperando che il tuo prossimo spin-off non rovini i miei personaggi preferiti.

Infine, spero che non vi dispiaccia se faccio un po’ di pubblicità.
Qualche mese fa ho scritto una one-shot su Sam Uley dal titolo ‘Io, me e il lupo’. Mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate.
Vorrei segnalarvi anche ‘Harvest Moon’ di chiaky89, una long-fic che ha come protagonista Leah Clearwater. Andate a dare un’occhiata, ne vale veramente la pena!

A presto, vannagio

   
 
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