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Autore: Red_Hot_Holly_Berries    25/11/2010    4 recensioni
Sua madre, una sirena, lo chiamò François, "l'uomo libero", e il padre, una creatura fatata, lo chiamò "Bonnefoi", "buona speranza", quando lo abbandonarono tra gli umani.
Eppure, il primo a dargli un assaggio di libertà e di speranza sarà il capitano pirata Arthur Kirkland, offrendogli ciò che aveva sempre desiderato.
Attento però, François, perchè il canto delle sirene porta alla distruzione...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Una Notte Cupa E Tempestosa

Vedo che tutto sommato volete sentire questa storia. Ora che ho il mio rum, *Ne beve un sorso dalla bottiglia* credo di poter cominciare.
Vediamo… Ho tanto parlato di quali avvenimenti segnino l’inizio di questa storia, ma non è facile decidere da dove cominciare davvero il mio racconto. Dovrei prima parlarvi di François? O di Arthur? *Beve un altro sorso con aria meditabonda*.
D’accordo, partiamo dal principio, allora! Dato che si tratta di una storia di pirati, facciamo le cose per bene, e seguendo la tradizione vi dirò che tutto cominciò in una notte buia e tempestosa.
Anche se, ad essere sinceri, la tempesta si era scatenata poco prima dell’alba ed era durata solo fino a metà del pomeriggio, l’unico indizio che gli abitanti di questo piccolo villaggio di pescatori sulla costa della Normandia ebbero dell’avvento della notte furono i pochi raggi del sole che riuscirono a cogliere ad ovest tra le cupe nubi cariche di pioggia. Quindi sì, era una notte comunque buia e abbastanza tempestosa.
François Bonnefoi aveva passato la prima parte della giornata aiutando alla locanda, guardando con desiderio il mare in tempesta dalla finestra, ed il pomeriggio sulla spiaggia incuneata tra le alte falesie, percorrendola in lungo e in largo alla ricerca di relitti utili gettati dai marosi sulla terraferma.
Per quanto gli piacesse osservare il mare ululante e rabbioso durante una burrasca, non sopportava le lunghe tempeste che spesso battevano quella costa dell’Atlantico, ma in quel momento il suo cuore era leggero: il suo infallibile istinto gli diceva che il giorno dopo sarebbe stata una bella giornata, ed ovviamente il suo istinto non falliva mai quando si parlava di mare.
Vedo degli sguardi confusi... Avete ragione, forse non è tanto ovvio, dato che mi sono limitata a dirvi che François era per metà sirena, senza precisare cosa ciò voglia dire. Sapete tutti cosa sono le sirene- No! Zitti! Questa storia la sto raccontando io! Se sapete tutto voi allora tanto vale che me ne vada…
No? Lo immaginavo. Perciò adesso, zitti!
Stavo dicendo: le sirene. Le sirene sono considerate creature quasi mitiche. Perché, secondo voi? No, non perché sono il frutto delle allucinazione di marinai ubriachi… Ecco, anche per questo, ma il vero motivo è perché si vedono abbastanza di rado se non si sa dove cercarle, e di solito se ne stanno per i fatti loro in alto mare o comunque nelle profondità. Non hanno bisogno di uscire dall’acqua per respirare come i delfini, perciò è più un’eccezione che altro vederle in superficie… Ma sto divagando.
Le sirene si potrebbero definite degli esseri ibridi, ovvero degli incroci, delle mescolanze, dato che sono per metà umane e per metà pesci. Se siano il risultato di antichi incroci di specie o siano sempre state una razza a sé stante, lo lasciamo discutere agli studiosi: tutto ciò che a noi importa è che dalla vita in giù sono pesci, con tanto di pinne e squame, e dalle vita in su sono uguali agli uomini, o alle donne... Uomini e donne molto belli, aggiungerei.
Proprio poiché sua madre era una creatura marina, François provava un naturale amore per il mare, ed era dotato di un incredibile sesto senso che gli permetteva di indovinare come sarebbero cambiati i venti, le correnti e le maree meglio di un vecchio lupo di mare, e queste sue caratteristiche avevano deciso fin dall’inizio il suo futuro in quel villaggio.
Al fine di descrivervi meglio la sua vita, lasciatemi tornare un attimo indietro nel tempo per dirvi come François fu trovato da un pescatore in una di quelle piccole piscine naturali tipiche delle coste rocciose che il mare provvede a riempire con l’alta marea, attirato dal pianto di un bambino.
Il pescatore si era aspettato che si trattasse del figlioletto disperso di una qualche donna del paese, o del tentativo di una madre disperata di disfarsi di un bambino indesiderato, e invece aveva scoperto un infante di a mala pena un anno che chiaramente non aveva molto sangue umano nelle vene.
Lo aveva immediatamente portato al villaggio, suscitando l’interessa e lo stupore dell’intera comunità, e subito era sorto il problema: che farne?
All’unanimità, citando quelle vecchie storie che avevano segnato generazioni di pescatori, tutti convennero che una sirena doveva aver concepito quel bambino con un marinaio di cui si era innamorata, ma essendo lui morto in un naufragio, non aveva potuto affidare il figlio al padre e pertanto lo aveva lasciato al loro villaggio perché lo crescessero.
Concordarono anche tutti sul fatto che fosse senza dubbio un segno di buona sorte che una sirena avesse scelto proprio loro, ma “stranamente” non furono affatto tutti d’accordo su chi avrebbe dovuto adottare quel piccolo “François Bonnefoi”, come inciso su una medaglietta di corallo al collo del bimbo.
Alla fine fu l’altra cosa appesa al suo collo a decidere il suo affidamento: in cambio del sacchetto di rarissime perle nere, ovviamente allegate dalla madre proprio per questa evenienza, sarebbe stato lo stesso pescatore che l’aveva trovato a prendersi cura di lui.
Così François era cresciuto aiutando il padre adottivo nel suo lavoro assieme al resto della famiglia, in cui era stato accolto abbastanza volentieri ma senza essere mai veramente considerato parte di essa, sfruttando le sue doti naturali: le branchie, le pinne e pani e piedi palmati lo rendevano perfetto per sistemare le reti, andare a caccia di granchi e polpi nelle scogliere, piazzare le trappole per aragoste e molto altro.
Ma a François questi lavori non pesavano per nulla, visto che qualcosa dentro di lui esigeva che stesse in perpetuo contatto con il mare, tanto che se non si immergeva per anche solo per un paio di giorni diventava agitato ed irritato con tutto e con tutti.
Da qui il suo sollievo quella fatidica sera, mentre sentiva confermata da dei vecchi lupi di mare che chiacchieravano in un angolo della locanda la sensazione che il giorno dopo il mare si sarebbe calmato: per quanto fosse un abile nuotatore ed era sicuro che in mare aperto non avrebbe avuto nessun problema nonostante la burrasca, sapeva anche benissimo che le onde della risacca lo avrebbero sfracellato contro gli scogli se solo si fosse azzardato ad avvicinarsi.
La sera buia e tempestosa in cui la mia storia inizia, François stava lavorando alla locanda del paese, dove era stato assunto un paio di anni prima dal proprietario per pura pietà. Nonostante infatti avesse ormai una ventina d’anni, età a cui la maggior parte dei ragazzi era già sposata e con la casa piena di mocciosi, François era invece ancora solo, dato che nessuna ragazza voleva un ragazzo con le pinne.
L’oste aveva per caso assistito alla fine dell’ennesima storia del giovane, e gli aveva proposto di lavorare alla taverna, dove la manodopera scarseggiava sempre e dove forse avrebbe avuto la possibilità di conoscere più gente, e anche più ragazze.
François aveva subito accettato, e le conseguenza erano state fondamentalmente due: l’improvviso raddoppio dell’affluenza femminile alla taverna, così come anche il numero delle scappatine del mezzo-tritone, il quale, se indossava maglie a collo alto o sciarpe che nascondessero le branchie, un cappello che nascondesse almeno in parte le alghe tra i suoi capelli e vestiti aderenti che schiacciassero le pinne contro il corpo perché non si vedessero, era davvero un gran bel pezzo di figliolo.
Ma quella sera non c’erano ragazze alla locanda e François si stava annoiando, dato che c’era ben poco da fare: gli unici clienti erano un paio di gruppetti di pescatori, intenti ad annegare nella birra l’irritazione di non essere potuti uscire a pesca quel giorno, tanto che François si aspettava che da un momento all’altro l’oste lo mandasse a casa.
Un improvviso vocio fuori dalla porta attirò però l’attenzione di tutti: come per magia un attimo dopo nel locale cominciò ad affluire un’ondata di gente, ed altrettanto repentinamente François si ritrovò troppo pieno di lavoro anche solo per ricordarsi il suo nome.
In realtà non aveva bisogno di scervellarsi a lungo sull’identità degli inattesi clienti: vestiti perlopiù stinti, pelli abbronzate come cuoio vecchio, mani nodose e screpolate, voci tonanti e volgari. Se quelli non erano marinai, lui era una lucertola.
Appena ebbe un attimo di “pausa” (che consisté nello scendere in cantina a recuperare un nuovo barilotto di birra, dato che i nuovi arrivati avevano prosciugato le loro risorse dietro il bancone in meno di un attimo), François comprese che in realtà sapeva anche da dove erano saltati fuori: la nave che aveva attraccato nel golfo del loro villaggio per ripararsi dalla tempesta era stata la notizia del giorno.
Ricordò pure come il fatto che avesse calato le ancore così lontano dal villaggio avesse fatto sollevare qualche sopracciglio: era vero che il fondale del loro porticciolo era troppo basso per permetterle di attraccare vicino, ma neanche nessuno aveva calato le scialuppe per tentare raggiungere la terraferma.
Fino ad adesso, però, altrimenti con ci sarebbe nessuna storia.
Considerandolo un diritto irrevocabile di qualunque lavoratore in un’osteria, François si prese anche il tempo di spillarsi un boccale dal barile che doveva trasportare di sopra: meno peso da portare su per le scale, no? E già che ci siamo, non è che mi passereste un’altra bottiglia di rum? Grazie cari. *Stappa e ne beve un sorso*.
Dicevo, François si spillò un boccale di birra e lo sorseggiò seduto sul suddetto barile, lasciando vagare la mente fino a che i suoi pensieri non gli fornirono un indovinello che attirò la sua attenzione come una moneta luccicante: quelli non erano marinai normali.
Sebbene la nave battesse una bandiera francese, tra di loro li aveva sentiti parlare solo in inglese, o meglio, solo in un distorto inglese marinaresco, ma si erano dimostrati consci di essere in Francia, in quanto all’inizio un uomo per tavolo aveva raccolto le ordinazioni del gruppo e le aveva comunicate a François in un francese un po’ stentato, almeno finché non si erano resi conto che il cameriere capiva anche l’inglese: da quel momento in poi, non avevano smesso di lanciare singolarmente richiami al giovane perché portasse loro questo e quello, facendolo andare avanti e indietro come un formica.
E a proposito di lavoro, si rese conto che l’oste lo stava chiamando dalla cime delle scale, perciò con un sospiro si mise in schiena il barilotto e lo portò faticosamente fino a dietro il bancone, per essere subito dopo spedito a chiedere a degli altri signori appena arrivati cosa volessero.
Legandosi i capelli con un laccio di cuoio per tirarli indietro, François pilotò nella folla verso direzione indicata, scoprendo che a un tavolo nel bel mezzo del gruppo di marinai si erano seduti tre uomini e una donna molto diversi dalla ciurma sparpagliata intorno a loro: due erano molto alti anche da seduti, dai corti capelli biondo platino e gli occhi azzurri, uno dai tratti del viso affilati e severi, avvolto da un’aria di superiorità e potenza; l’altro, dalle spalle larghe e ben piantato, con l’atteggiamento di chi ha sempre la situazione sotto mano, anche con la violenza.
Ma coloro che attirarono di più l’attenzione di François mentre si avvicinava furono gli altri due, in quel momento immersi in una discussione con tre tavoli diversi di marinai farcita di tante risate roche quanto di allegre imprecazioni.
L’ultimo uomo se ne stava semisdraiato sulla sedia con i piedi incrociati sul tavolo in una postura rilassata e allo stesso tempo arrogante, intento a sorseggiare un boccale di birra già in qualche modo arrivate nelle sue mani, e nel contempo ad attirare l’attenzione della donna, tirandola per la manica.
Per un attimo François aveva creduto che la ragazza fosse una prostituta, tipica compagnia dei marinai quando sbarcano, ma si ricredette subito quando occhieggiò il suo abbigliamento: se i due biondi vestivano già abbastanza bene, l’altro giovane e la donna indossavano stoffe di davvero ottima qualità, troppo per una semplice prostituta. In particolare la seconda, François non poté fare a meno di notare, portava vestiti dai colori accesi ma di taglio maschile, che pur sottolineando le sue curve avevano un’aria molto pratica: se faceva parte dell’equipaggio della nave, o anche solo stava viaggiando con esso, François concluse che camicia e pantaloni erano chiaramente più indicati di un vestito.
-Cosa posso portarvi?- Domandò il nostro cameriere ai quattro, ottenendo immediatamente l’attenzione e le ordinazione dei due alti biondi, ma il terzo si limitò a prendere atto della sua esistenza, mentre duplicava i suoi sforzi per far girare la compagna verso di lui, riuscendoci solo rubandole il cappello, una sorta di basco di cuoio nero, e tenendolo alto sopra la testa dove lei non arrivava.
François soffocò un risolino quando la donna tirò un pugno scherzoso al fianco del malandrino, facendolo sobbalzare e abbassare la guardia, così che lei potesse recuperare il maltolto, e schiarendosi la gola, ripeté la domanda: -Cosa posso portarvi, signori… E signora?-
Il suo tono allusivo, se non altro, attirò su di lui l’attenzione della donna, che immediatamente François reputò una bellezza selvaggia, dai corti e ricci capelli neri che incorniciavano un viso dalle pelle abbronzata fatto per sorridere, con due occhi di un anomalo color ambra, tendente all’arancione.
La ragazza ignorò completamente la sua domanda, sottoponendolo allo stesso esame che lui aveva fatto a lei, per poi commentare: -Ma che begli occhi che hai, ragazzo. Che ne dici Capitano?- Chiese maliziosa rivolta al compagno, che rimise i piedi per terra e si tirò indietro il cappello a tricorno, allungandosi verso François ed esponendo così alle luce delle lampade due verdi occhi scintillanti come smeraldi sormontati da sopracciglia cepusgliose.
Il nostro francese rimase interdetto da quello scrutinio, ma ancora di più dall’appellativo con cui era stato apostrofato il giovane davanti a lui: che fosse davvero il capitano della nave forestiera?
Non poteva di sicuro essere oltre i venticinque anni, anzi: non era troppo giovane per il ruolo? Eppure tutto il suo abbigliamento sembrava confermare la tesi: difficilmente un semplice marinaio avrebbe indossato simili stivali di cuoio alti fino al ginocchio, pantaloni di pelle marrone scuro, una camicia bianco avorio con un fazzoletto di seta porpora legato al collo fermato da una grossa spilla ingemmata, ma soprattutto non una giacca di pesante stoffa rosso vermiglio con alamari dorati, tipico segno distintivo della carica di capitano.
-Come sempre hai un ottimo gusto, Marcia. Che fortunata coincidenza trovare una mezza sirena qui, nel bel mezzo del più sperduto nulla!- Disse con un sorriso sghembo il giovane togliendosi il cappello a tricorno dal cuoio usurato e mostrando una bionda capigliatura ribelle, a cui però François, solitamente attento a questi dettagli, non fece caso, perché troppo stupito da quanto l’altro aveva appena detto: con un solo sguardo quell’uomo aveva capito che cosa fosse, mentre fino ad allora la gente aveva dovuto vedere le branchie o le pinne per indovinare la sua ascendenza.
François si sentiva come quello non avesse guardato solo i suoi occhi blu rigati da creste di schiuma, ma fosse riuscito a vedere attraverso di essi la sua anima, nuda davanti a quegli occhi verdi senza fondo; quando normalmente, basandosi solo sui suoi occhi o sulle alghe, al massimo veniva definito uno scherzo di natura.
-Hai ragione, mia cara, questo è davvero un bell’esemplare di mezzosangue. Ma da dove arriverà l’altra metà, secondo te?- Domandò il giovane Capitano alla ragazza senza però guardarla, poiché il suo sguardo era ancora fisso su di lui mentre prendeva una mano di François nella sua con insospettabile delicatezza, tanto che il francese percepì a malapena i calli sui palmi dell’altro.
-Hummm… Da un umano? Non sarebbe una storia nuova…- Suggerì la donna con aria pensosa, facendo annuire anche gli altri due biondi rimasti in silenzio, ma l’uomo dagli occhi verdi scosse la testa.
–Io non credo. È decisamente troppo bello per essere mezzo umano.- Disse con convinzione, e si portò alle labbra la mano di François che, nel suo stupore, si aspettò che ne baciasse il dorso, e invece l’altro la rivoltò e ne leccò il palmo, lentamente, più simile ad un amante intento a baciare i segreti del corpo del suo amore che alla lappata di un gatto, a cui istintivamente François lo aveva paragonato.
Sentendo la sua lingua calda, morbida e bagnata, assaporare la sua pelle dal polso fino alla base del medio, François rabbrividì, nemmeno lui sapendo se di disgusto o di piacere, ma comunque in qualche modo incapace di tirarsi indietro.
-Conosco questo sapore… L’ho sentito solo una volta, ma…- Il giovane spalancò improvvisamente gli occhi, lasciando cadere la mano del francese per lo stupore. -Fae! È un mezzo fae!-
-Cooosa!?- Esclamò la donna girandosi di scatto a guardare in faccia il suo capitano, cercando di capire se stesse scherzando, ma questi confermò:
-Figlio di una sirena e di un Fae! Decisamente, questa è una cosa che non mi aspettavo.-
La donna ridacchiò, gli occhi dorati accesi da una luce maliziosa. -Se è così, non trovi che sia troppo interessante per lasciarlo qui?-
In qualunque altro caso, potete star certi che François non avrebbe permesso loro di parlare di lui come se non ci fosse, come se stessero stimando un cavallo che volessero comprare, ma dovete capire che l’ultimo commento aveva gettato il nostro povero mezzo tritone nella più totale confusione.
Voi sapete, perché ve l’ho detto io, che suo padre era una fata, o un Fae, o comunque vogliate chiamare una creatura proveniente dal mondo di Faerie, ma dovete ricordare che François non lo sapeva.
In quel villaggio di pescatori nessuno aveva mai visto un Fae, nessuno credeva veramente alla loro esistenza al di fuori delle favola per i bambini, ed era per questo che nessuno aveva mai ipotizzato che l’altra metà del sangue di François potesse essere meno che umano, perciò per lui fu uno shock che qualcuno sostenesse il contrario, quando lui stesso sapeva di essere una mezza sirena solo perché se lo era sempre sentito dire… Non è che lui avesse mai visto una sirena per poterle chiedere la sua opinione, dopotutto.
Ma la risposta del Capitano lo riscosse dalla sua apatia.
-Oh, no, lasciarlo qui a marcire in questo buco sarebbe davvero un peccato. È da un bel po’ che non incontro nessuno che ne valga la pena, dopotutto.- L’uomo dagli occhi verdi tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia e a prendere in mano il suo boccale dimenticato, sorridendo all’indirizzo di François.
-Ragazzo, non appena finisco la mia birra vieni con me, perciò ti conviene andare a raccattare le tue cose, e in fretta.-
Volendo, direi che potremmo riassumere la reazione di François con un semplice “COOOSA!?”.
Ma si riprese in fretta e, dimenticandosi di essere davanti ad un uomo che probabilmente non aveva ottenuto la carica di Capitano così giovane per caso, François scoppiò a ridere per l’incredulità della cosa.
-Perché mai dovrei venire con te, scusa? Solo perché l’hai detto tu?-
Il sorriso del biondo inglese si fece pericoloso, quasi predatorio.
-Perché- Disse, giocherellando con il suo cravattino -Temo che tu abbia capito male, ragazzo. Siamo mercanti di un tipo un po’ speciale: commerciamo solo quello che ci interessa, il che vuol dire che ci prendiamo solo quello che vogliamo, se capisci cosa intendo…- Le sue lunghe dita avevano in parte slacciato il fazzoletto legato intorno al colletto della camicia, e François si sentì tutto il sangue rifluire dal viso quando vide il famigerato disegno del teschio e delle ossa incrociate prima nascosto dalle pieghe.
-Pirati!- Sibilò pallido il francese, non riuscendo a trovare nei suoi polmoni aria sufficiente per gridare l’avvertimento ai compaesani. Dato che il loro villaggio non aveva mai subito attacchi di pirati, o almeno non da prima del suo arrivo, François poteva basare le sue conoscenze su quella razza solo sulle storie che aveva sentito, ma non aveva mancato di notare che erano tutte molto brutte.
-Pfft, datti una calmata, ragazzo.- Lo sfotté la donna, alzando gli occhi al cielo come un aristocratico davanti ad un paesano.
-Sii più cortese, Marcia, non vedi che è terrorizzato?- Commentò il capitano in finto tono di rimprovero, allontanando i timori di François con un pigro gesto della mano, dicendo con tono annoiato e molto pratico: -Non temere, non abbiamo… Affari qui. Che ci guadagneremmo dal saccheggiare questo buco puzzolente? Abbiamo fatto scalo qui solo per ripararci dalla tempesta.-
François ebbe abbastanza istinto di autoconservazione da non commentare quell’affermazione.
-E questo cosa c’entra con me?- Chiese invece, in parte dandosi da solo dell’idiota per il semplice fatto do star intrattenendo una simile conversazione con un pirata, in parte quasi curioso di quella proposta.
-Oh, consideralo un viaggio. Scommetto che sei sempre vissuto qiui… Non ti piacerebbe vedere terre nuove, inesplorate? Arrivare dove nessun uomo ha mai poggiato piede?-
François si sforzò di guardare stranito quel giovane, con aria di superiorità, ma le sue parole si facevano strada sempre di più dentro di lui.
-Se ti piace tanto la vita del pirata, perché vuoi condividerla con me?-
Il sorriso del pirata si allargò, mostrando una serie di piccoli denti aguzzi, percependo il suo cedimento.
-A modo mio, sono un… Collezionista. Mi piacciono le cose strane e rare, e ti assicuro che ci sono pochi che possono vantare un pedigree come il tuo, ragazzo. Questo e il fatto che avere una mano in più a bordo fa sempre comodo.-
François tentennò, la sua mente razionale che gli urlava che non poteva essere così semplice, che quella non poteva essere la via per ciò che stava cercando… Ma quegli occhi verdi erano così belli…
-E poi, mi vuoi davvero dire che un mezzosangue come te ha qualcosa per cui valga restare, in questo misero villaggio pieno di sciocchi superstiziosi? Che hai da perdere?-
La donna osservò con approvazione le mosse del compagno, scuotendo la testa con un sorriso nel notare il divertimento infantile del suo capitano nell’esercitare le sue doti di persuasione.
E fu allora che il pirata ebbe l’illuminazione, e i suoi occhi ne risplendettero, compiaciuti.
-Mentre venivo qui ho sentito il rumore di un attira sirene. E sono pronto a scommettere che sei stato tu a farlo.- Disse, e…
Ah, giusto, scusate: voi non potete sapere cos’è. Un attira sirene è un insieme di campanelle, conchiglie a spirale riempite di sassolini e pezzetti di metallo, che se appesi tra gli scogli, si dice che, appunto, attirino le sirene con il rumore che producono quando il vento le fa suonare.
Ed in effetti François ne aveva costruito uno anni prima, quando gliene avevano parlato, ed aveva continuato ad attaccargli agli pezzi nella speranza che attirasse davvero una sirena.
-Se verrai con me- Scandì lentamente il capitano, conscio di star usando la sua ultima carta –Potrai incontrare le sirene. Non vorresti incontrare qualcuno del tuo sangue, ragazzo?-
François alzò lentamente lo sguardo da terra, facendolo scorrere sui due biondi e la donna, allungati verso di lui per sentire la sua risposta, per poi fissarlo sul pirata, sorridendo.
-Il mio nome è François Bonnefoi, signore. Mi dia giusto due minuti per raccogliere le mie cose.-
Il pirata scoppiò a ridere, rovesciando la testa all’indietro ed attirando l’attenzione di tutti i mariani intorno a lui. -Questo si che è un uomo!-
Si alzò quindi in piedi, tendendo la mano a François. -Io sono il Capitano Arthur Kirkland, terrore ed incubo dei Sette Mari.-
Il francese gliela strinse, con un sorriso di selvaggia eccitazione identico a quello dell’altro.
-Sarà un piacere essere parte della vostra ciurma… Capitano Kirkalnd.-
E così per stasera la mia storia conclude.
Cosa farà François? Quale sarà il suo ruolo sulla nave pirata? Ma anche: Arthur lo sta forse ingannando?
Tornate un’altra sera, bambini, e lo scoprirete.
No, niente storie, sù!
È tardi! Non sentite il campanile? Non ho contato tutti i rintocchi, ma devono essere almeno le undici. Forse addirittura mezzanotte.
Domani io dovrò tornare alla mia vita normale, e voi dovrete tornare a scuola o al lavoro.
Ma se tornerete in questa stessa taverna ogni notte, probabilmente prima o poi mi troverete seduta qui, intenta e bere il mio rum e desiderosa di raccontare storie tanto quanto voi di ascoltarle.
Perciò adesso andate, ragazzi. Andate, e non dimenticate mai le mie storie.
Così continueranno a vivere.






E....stop.
Caspita, davvero non mi aspettavo di scrivere un capitolo così lungo. Sul serio... E di sicuro non così in fretta!
Narratrice: è la seconda volta che aggiorni così in fretta. Sei malata, per caso?
Autrice: *fa un salto all'indietro* Ma... te che diavolo ci fai qui? Hai sbagliato storia! Il Teatro Dei Sogni lo aggiorno settimana prossima! ^^'
Narratrice: Lo so. Ti ho visto sudare e imprecare su quel terza capitolo.
Autrice:… Mi hai visto soffrire e non hai fatto il minimo sforzo per darmi una mano? o.O
Narratrice: Non ne avevo voglia. U__U
Autrice: Brutta…! *profondo respiro* Mi dici piuttosto perché ti sei autoinvitata in una storia che non è la tua, Narratrice impicciona?
Narratrice: Perché ne avevo voglia. U___U
Autrice: … Un giorno di questi ti soffocherò nel sonno. Giuro.
Narratrice: Provaci.
Autrice: *estrae ascia bipenne dall’etere*
Narratrice: … Caaara, che ne diresti di rispondere ai commenti? Non sta bene ignorare i propri lettori, non si fa… ^^’
Autrice: *ascia bipenne sparisce nel nulla* è vero! Me ne stavo scordando!
Narratrice: ^^’
Autrice: dunque… Per GinKoKite: sei stata la prima commentare, perciò avrai per sempre un posto nel mio cuore, sappilo. U.U E sappi anche che mi aspetto di vederti in prima fila anche per i prossimi capitoli, se sei così innamorata della mia storia… e io potrei prestarti, diciamo così, Arthur O François per una notte…. xD
Narratrice: x Bianfre. Ottimo, commenti, commenti! Solo, la prossima volta potresti screvere mezza riga in più, ti dispiace? I commenti fanno davvero la giornata di ogni autore: Dona l’8% del tuo tempo per lasciare un commento: farai felice milioni di autori! Stesso per Julia Urahara: sappi che questa pazza ha messo tutta sé stessa in questo prologo, quindi siamo contente di aver attirato gente!
Autrice: … e tu che c’entri scusa, che neanche sai di che cavolo parla la trama? …. Vabbè, per Miristar, la migliore in assoluto: GRAZIE! Sei l’unica che ha pensato a sostentare codesta povera autrice durante la sua lettura! Sei tanto una brava bambina! ^___^ *patta sulla testa* La prossima volta avrai un biscotto! E quanto alle alghe… devo ancora capire se cono un colpo di genio o un colpo alla testa punto e basta.
Narratrice: La seconda.
Autrice: Taci, tu. *tira fuori nastro da pacchi e le tappa la bocca* dicevo, sono strane, ma fanno tanto esotico, non trovi?
  
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