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Autore: scarlett666    26/11/2010    4 recensioni
...la catena degli Uchiha.
Da oggi comincia una nuova era, la mia strada è cambiata. Una strada che percorreranno i miei figli, e i figli dei loro figli, lastricata di sacrificio, dolore e crudeli rinunce, seguendo un destino fatto d’odio ed insaziabile sete di vendetta. Tutte le generazioni a venire saranno contaminate da questo male inarrestabile che li infetterà fin nel profondo dell’anima, oscurando ogni altro sentimento d’amore o comprensione.
Il loro credo ninja sarà sempre e solo il rancore.
Questa è la mia maledizione, fratello.
1-L'Eremita delle sei vie della trasmigrazione.
2-Madara e Izuna.
3-Madara e Hashirama.
4-La valle della fine.
5-Obito e Kakashi.
6-Obito e Kakashi, II° parte.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Itachi, Obito Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Più contesti
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Madara e Hashirama

Madara e Hashirama

 

 

3- Germoglia nel sangue la Foglia scarlatta

 

 

“Da oggi comincia una nuova era, la mia strada è cambiata.

Una strada che percorreranno i miei figli, e i figli dei loro figli, lastricata di sacrificio, dolore e crudeli rinunce, seguendo un destino fatto d’odio ed insaziabile sete di vendetta.

Tutte le generazioni a venire saranno contaminate da questo male inarrestabile che li infetterà fin nel profondo dell’anima, oscurando ogni altro sentimento d’amore o comprensione.

Il loro credo ninja sarà sempre e solo il rancore.

Questa è la mia maledizione, fratello.”

 

Parevano trascorsi secoli dalla tragica notte nella quale cupe parole foriere d’odio e vendetta erano state pronunciate da colui che, con il disperdersi del sangue, aveva dato origine al valoroso clan degli Uchiha, e quella che un tempo era stata l’arte oculare più pura, perfetta e letale, il rinnegan, si era lentamente tramutata nel rosso sharingan: tre nere gocce d’odio in un oceano di sangue e perdizione.

La polvere degli anni si era lentamente depositata su quella maledizione, sotto la grigia patina del tempo tutti parevano aver dimenticato. Persino i più anziani avevano cessato di farneticare a proposito di una secolare maledizione di sangue che perseguitava la casata e che l’avrebbe portata alla distruzione.

Ciò che non sapevano tuttavia, e che non avrebbero potuto immaginare o ipotizzare nemmeno nelle loro più nefaste previsioni era che quel terribile giuramento mai sciolto vegliava nel buio, scrutandoli in silenzio ed aspettando paziente colui che si sarebbe fatto carico dell’adempimento di tale destino.

 

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A poco più di un anno dalla sua rinascita, Madara poteva vedere la sua ascesa farsi inarrestabile.

Nelle grandi terre ninja la situazione era andata gradualmente stabilizzandosi in un modo quasi grottesco, ed alla guerra aperta, cruenta falciatrice di anime, si era sostituita una sottile forma di guerriglia portata avanti da paesi fra loro confinanti che, con futili scuse, ben orditi sotterfugi e non di rado spregevoli trucchi, si tendevano imboscate o, sempre più spesso, ormai indeboliti dalle lunghe battaglie, assoldavano eserciti di shinobi mercenari per combattere al posto loro sotto lauto pagamento.

Piccoli villaggi privi di ninja valorosi ricorrevano quindi ai servigi di guerrieri professionisti, che in questo modo si arricchivano alle loro spalle, traendo profitto da questo falso equilibrio, per nulla intenzionati a favorire il lungo e faticoso cammino verso una riappacificazione fra i differenti clan sparsi sul territorio dei cinque grandi Stati.

Due in particolare erano le casate che si distinguevano in battaglia per la forza ed il valore dei suoi shinobi: gli Uchiha ed i Senju. Il loro nome era talmente conosciuto e la loro abilità di guerrieri talmente grande che con il passare del tempo erano di fatto diventati i clan di shinobi mercenari più famosi e richiesti di tutte le terre ninja. Se un villaggio assoldava gli Uchiha, l’avversario sicuramente avrebbe richiesto l’aiuto dei Senju; se una fazione era appoggiata dai secondi, i primi si offrivano senza esitazioni in supporto della controparte.

Presto la situazione divenne insostenibile, poiché queste battaglie, che in principio dovevano limitarsi a semplici rappresaglie e fugaci imboscate, stavano assumendo sempre di più le proporzioni di vere e proprie grandi guerre ninja, ed i danni erano sempre più devastanti, fino a diventare incalcolabili in termini di vittime, sia fra i civili che fra le file dei due clan perennemente avversari. Il terrore stava tornando, famiglie mutilate e crudelmente trucidare, interi clan pressoché estinti, travolti dalla feroce ondata di violenza delle battaglie. Ancora una volta gli uomini stavano segnando la loro stessa sorte, condannandosi ad una lenta agonia, accecati dal bieco egoismo e soffocati dall’odio.

Le fila di shinobi comandate dagli Uchiha e dai Senju andavano assottigliandosi sempre più, battaglia dopo battaglia, scontro dopo scontro, sino a rimanere con non più di un pugno di uomini per fazione.

Fu allora che Hashirama, generale in capo del clan dei Senju, decise di porre fine a quell’epidemia di morte che la guerra aveva portato con se, proponendo una sorta di armistizio ed un punto d’incontro fra le parti avverse, in modo da arrestare il dilagare dell’odio e della distruzione fra tutti gli shinobi, uomini che in fondo condividevano la stessa natura e gli stessi desideri di pace e di condurre una vita serena.

Un’idea coraggiosa la sua, un gesto intraprendente, innovativo, quasi utopico.

Un’alleanza fra clan allo scopo di creare una fitta rete di villaggi ninja al servizio dei vari Paesi.

Una struttura organizzata all’interno della quale ogni villaggio era legato indissolubilmente agli altri da strette alleanze e patti di collaborazione.

Un progetto complesso ed articolato.

Una promessa concreta di pace duratura.

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“E’ pura follia! ringhiò in modo truce l’agguerrito comandante degli Uchiha, lo sguardo tagliente rivolto ai propri uomini che, all’idea di una via di fuga dall’orrore della guerra, parevano già caldeggiare per una futura alleanza.

“Stanno solo cercando di renderci inoffensivi, di metterci da parte. Quell’incantatore di folle vuole solamente ammansire il mio popolo con false promesse di pace in nome di un’inesistente fratellanza di tutti gli shinobi.”

Non poteva proprio accettare una tale condizione, dopo tante lotte e sacrifici, dover scendere a patti con altri clan, sicuramente inferiori, ed allearsi addirittura con coloro che per anni avevano rappresentato quasi i loro nemici naturali, come il fiero lupo con l’indifeso agnello, il regale leone e l’atletica gazzella, il letale serpente e lo sgraziato rospo. Non era assolutamente fattibile, non era nemmeno degna di essere presa in considerazione una tale folle opzione. Forse avevano intenzione di sovvertire l’ordine delle cose? Erano realmente intenzionati a sconvolgere l’essenza stessa di quel mondo a lungo agognato e tanto duramente conquistato?

Tuttavia la popolazione era stanca, e persino il fiero ed instancabile clan Uchiha sembrava ormai esausto, giunto al punto di non ritorno, dimentico di ogni brama di potere e gloria. L’unica necessità, l’unico spasmodico desiderio era quello di porre fine all’orrore. Basta con le morti, basta col dolore, basta con le madri disperate che in lacrime gridano e piangono l’inutile sacrificio dei loro valorosi figli, piegate sopra una sterile pietra che non saprà mai dove i loro corpi hanno realmente trovato riposto, giacendo esanimi nel fango, calpestati da altri futuri cadaveri, che nonostante la fatica e l’esasperazione si lanciano verso un nemico altrettanto disperato, che non ricordando più il motivo di tanto odio, combatte soltanto per avere salva la vita.

Madara stentava a riconoscere i suoi stessi familiari, il suo clan pareva aver cambiato forma, tramutatosi in un gregge di vili pecore prive di onore ed orgoglio; che vergogna, un’onta terribile per le nobili origini della casata. Ciò nonostante il volere del popolo era più che evidente, la sua decisione come legge; non restava altro che chinare il capo, riporre almeno in parte l’orgoglio, e rassegnarsi a collaborare, almeno fino a quando non fossero stati nuovamente abbastanza forti da prendere il comando.

“…e poi a questo villaggio servirà pure una guida.”

Tutti i più grandi clan aderirono all’ambizioso progetto di Hashirama Senju, e con un inatteso entusiasmo da parte di popolazioni che sino a pochi mesi prima si erano scontrati in futili faide. Non vi erano più avversari, nemici, ma semplicemente un’unione di shinobi, stretti sotto la stessa bandiera di pace e speranza, impegnati nel raggiungimento di un obiettivo comune.

Finalmente avevano compreso la forza della perseveranza, della volontà di cambiare, di lottare per potersi finalmente comprendere l’un l’altro, che solo perseguendo la via dell’amore si potrà raggiungere una pace duratura, l’unica e vera pace degna di quel nome. Una comunione d’obiettivi tra le diverse popolazioni, un desiderio di capirsi e venirsi incontro nonostante le apparenti diversità, perché solamente dall’unione e dalla collaborazione nasce la vera forza.

Un futuro ricco di speranze pareva affacciarsi all’orizzonte, ancora timido, ma tenace e fulgente come il sole che all’alba sorge dall’oceano, sfuggendo all’abbraccio freddo e mortale delle acque.

Cinque furono i villaggi fondati: Sunagakure, Iwagakure, Kirigakure, Kumogakure ed il più grande Konohagakure, ognuno dei quali situati in uno dei cinque più grandi Stati ninja, rispettivamente il Paese del Vento, della Terra, del Fulmine, dell’Acqua ed infine del Fuoco. Ogni villaggio nascosto sarebbe stato l’insediamento ufficiale dei ninja di ogni paese, una sorta di quartier generale di shinobi ben addestrati, fedeli e sempre pronti a proteggere gli abitanti  anche a costo della morte. Ogni villaggio avrebbe avuto un capo, sarebbe stato sotto la guida del ninja più valoroso fra tutti, riconosciuto ed eletto all’unanimità dagli abitanti e dal consiglio degli anziani. Il Kazekage a Suna, lo Tzuchikage ad Iwa, a capo di Kiri il Mizukage, a Kumo il Raikage ed infine l’Hokage alla guida di Konoha.

Entrambi i clan dei Senju e degli Uchiha si erano stabiliti nel paese del Fuoco, all’interno di Konohagakure, il più potente ed esteso villaggio ninja di tutte le Cinque nazioni. Nonostante la diffidenza e le chiare ambizioni di Madara, l’attuazione del progetto sembrava proseguire con l’impegno ed il favore di tutti.

Presto i villaggi furono ultimati, ed il momento dell’elezione dell’Hokage giunse atteso da tutti, ma soprattutto da colui che, solo apparentemente aveva chinato il capo, in attesa dell’occasione propizia per risorgere dalle ceneri del proprio orgoglio e, finalmente, ascendere al potere, guidando non più solo le sorti del suo clan, ma quelle dell’intero villaggio.

A Madara infatti, pareva inconcepibile che gli abitanti potessero eleggere qualcuno che non fosse lui. Innegabilmente nessuno era dotato di una tale attitudine al comando, spirito di sacrificio, dedizione totale alla causa e capacità di prendere decisioni risolute anche in stato di emergenza. Era nato per questo, si era spinto oltre il limite del proibito per questo, aveva sacrificato quanto di più caro al mondo per questo…per placare la sua sete di potere.

Non avrebbe permesso a nessun altro di prendere ciò che gli spettava di diritto. Non avrebbe ceduto il posto ad Hashirama…ad un Senju.

Al solo pensiero gli occhi del capoclan s’infiammano, tingendosi bagliori rossi, stille di fuoco eterno che guizzano sul viso trasfigurato dall’ira. Una smorfia di puro disgusto per quell’opzione e disprezzo per quel nome. “Tzk, che umiliazione!”

Il pensiero si volse inevitabilmente ad Izuna, il povero fratello morto in guerra, all’ardore e l’entusiasmo dei suoi splendidi occhi, al gesto estremo compiuto in onore della loro comune causa.

Era forse per questo che il suo adorato otouto si era sacrificato?

Aveva così inutilmente donato la sua vista e la sua vita?

Per vedere la forza e la magnificenza del suo clan piegarsi sotto la guida di una casata inferiore, di una massa di strani ninja-carpentieri?

Che concentrassero la loro imbarazzante “arte del legno” in attività più utili.

Sì, avrebbero potuto benissimo occuparsi della costruzione del villaggio: strade, abitazioni, edifici curati e di ottima fattura.

Per carità, nulla da obbiettare, quando si trattava di falegnameria i Senju erano sempre i migliori; ma che lasciassero l’arduo compito di governare e guidare le schiere ninja a chi ne fosse realmente in grado…ed in questo gli Uchiha non erano secondi a nessuno.

 

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Sicuramente Madara non aveva fatto bene i suoi calcoli, qualcosa nel suo piano non era stato contemplato, il tradimento del suo stesso clan probabilmente non rientrava fra le variabili considerate.

Eppure l’imprevedibile accadde…e la consapevolezza del verificarsi dell’impensabile lo colpì come un pugno proprio al centro dello stomaco, lasciandolo per diversi secondi completamente incapace di respirare, di voler accettare che persino i discendenti della nobile stirpe Uchiha, il suo stesso sangue, avevano attivamente contribuito all’elezione di Hashirama, all’ascesa di un Senju alla più importante carica non solo di Konoha, ma di tutto l’universo degli shinobi: quella di Hokage.

Tutto era perduto.

Ogni vana speranza gettata al vento, data in pasto ai corvi, che sinistri e gracchianti aleggiavano, volando in cerchio sopra il cielo di Konoha.

Cupo presagio d’imminenti sventure.

E’ troppo, troppo anche per lui.

Colui che ha affrontato le più terribili guerre, sopportato le più atroci sofferenze, che ha rinunciato alla propria infanzia, che ha sacrificato persino il proprio fratello, che ha annullato completamente la propria esistenza votandosi senza riserve alla gloria del proprio clan, con l’unico obiettivo di rendere gli Uchiha la stirpe più temuta e potente mai esistita dalla nascita degli shinobi…

…quest’uomo, innanzi al tradimento della sua stessa famiglia, vedendosi rivolgere le spalle proprio da coloro che un tempo lo avevano eletto loro guida, ponendolo al comando di un intero esercito, si arrende.

Si arrende…e sconfitto se ne va.

Lascia il villaggio al suo destino.

Un destino di morte e distruzione.

E il destino, si sa, è inesorabile ed infallibile.

Madara ne è ben consapevole, e farà in modo che questo destino non muti. Si vestirà di destino egli stesso, sarà la sua mano, il suo braccio dalla lunga falce argentata.

Il destino talvolta può anche cambiare nome…e mutarsi in vendetta.

 

 

 

 

 

Tadaa…eccomi qua!! No…dai…vi prego…ahi…le  sassate no…(Scarlett fugge e va a nascondersi dietro una trincea, probabile residuo di guerra dell’ultima battaglia di qualche Uchiha).

Ok, oggi vi parlo da qui! -.-°  Lo so, avete pienamente ragione ad essere indignati ma…(riprende la sassaiola fra urla ed insulti)…ma no, lasciatemi spiegare!! Insomma, quello che volevo dire è che, se sono più o meno tre settimane che non aggiorno, c’è un motivo più che valido…ve lo giuro! Già, proprio ieri (martedì) ho fatto la prima prova dell’esame di stato per psicologia e quindi è circa un mese che sudo a capo chino sui manuali…chissà com’è andata! Allora…sono perdonata?

Dunque, questo capitolo è mozzato, ne sono dolorosamente consapevole, ma se avessi deciso di racchiudere in un solo capitolo tutta la saga di Madara e Hashiarama, compresa la mitica battaglia nella valle della fine, ne sarebbe uscito un papiro assolutamente illeggibile…troppo!

Ad un occhio attento dovrebbero risultare evidenti le prima citazioni ed i concetti chiave che cominciano a ripetersi…beh, sappiate che da adesso in poi sarà sempre peggio!! Muhauhauha…

Ma non dubitate, per almeno un mesetto gli aggiornamenti dovrebbero tornare regolari, una volta a settimana fra giovedì e venerdì.

   
 
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