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Autore: Esteliel    27/11/2010    1 recensioni
L'illusione della giustizia può essere un'arma a doppio taglio, che anche dopo molti anni torna a perseguitare i sogni di chi, di proposito, ha deciso di voltarle le spalle. Ed è quando l'illusione viene allo scoperto che si presenta anche un atroce dubbio: la giustizia da che parte stava davvero?
Genere: Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scotland Yard si era quasi svuotata, gli agenti cui erano stati affidati compiti meno urgenti erano stati spediti per le strade, sulle tracce degli evasi. I telefoni continuavano a squillare incessantemente, spesso arrecando più disturbo che aiuto. La popolazione londinese, memore di passati episodi di cui la banda era stata protagonista, si stava dimostrando più zelante del solito. Le linee d’emergenza erano sovraccariche; persone che abitavano nei più disparati distretti della città chiamavano in preda al panico, assicurando di aver appena visto un membro o l’altro della banda alla cassa del supermercato, allo sportello di una posta o nelle scuole dei loro figli. I giornalisti non risparmiavano certo le forze degli impiegati della polizia. Una calca di reporter e cameraman si era già appostata fuori dei portoni della sede, bloccati dalle guardie.
In una simile situazione, non era facile per il capo di Scotland Yard restarsene impotente nel suo ufficio, a scartabellare vecchi rapporti nella speranza di trovare qualcosa di utile alle indagini. Lo stesso Sanders, pur interessato a saperne di più, si mostrava sempre più irrequieto. Il giudice Masters, dal canto suo, non sembrava particolarmente ansioso di mettersi all’opera sulla strada. Nonostante le sue parole, se ne stava seduto sull’altra sedia disponibile, di fronte alla scrivania di Whitmore. Tuttavia, il fatto che non protestasse della vicinanza del direttore del carcere era sintomatico: persino lui non avrebbe riposato bene finché la banda non fosse stata catturata.
«Steven “Speed” Rudge» lesse ad alta voce Whitmore, con il fascicolo del detenuto aperto tra le mani. Fissava il volto insolente di Rudge immortalato nella foto numerata della prigione di Hammersmith. «Come era chiamato nell’ambiente. Pare che fosse incredibilmente veloce nel suo lavoro.»
«Un ladro di macchine» commentò Masters, sprezzante.
Sanders storse la bocca, pensieroso. Si puntellò con i gomiti sullo sui braccioli della sedia e scoccò un’occhiata in direzione di Whitmore.
«Significa che è il meno pericoloso?»
«Non ne sono certo» replicò subito Whitmore, senza staccare gli occhi dal rapporto cartaceo su Rudge.
Sanders spostò lo sguardo da lui al giudice, intuendo il disappunto dalla sua faccia sconcertata.
«É un ladro di macchine, Martin» ripetè Masters, con un tono a metà tra l’infastidito e lo stupito. «Un piccolo, pidocchioso ladro di macchine!»
Whitmore appoggiò il rapporto sul tavolo e sollevò lo sguardo preoccupato su di lui, usando la mano sinistra per abbassarsi sul naso gli occhiali da lettura che aveva inforcato poco prima. Sembrava troppo stanco per sforzarsi ancora di celare la sua frustrazione.
«Devo ricordarti che c’era anche lui ad East Court?»
Prima che Masters avesse modo di replicare, Sanders si chinò in avanti verso la scrivania.
«Di preciso, cosa è successo al centro commerciale?» domandò, tentando un tono neutro che non riuscì a mascherare del tutto la sua curiosità.
Il giudice voltò la testa verso di lui, squadrandolo dall’alto in basso con alterigia. Anche Whitmore spostò lo sguardo sul direttore del carcere, corrugando la fronte. Dopo un breve sospiro, si tolse gli occhiali da lettura e li appoggiò sulla scrivania.
«Una serie di micro ordigni posizionati in vari punti del centro.»
La bocca di Sanders si spalancò in modo poco dignitoso, strappando nuovamente al giudice uno sbuffo infastidito.
«Ma… Come è stato possibile? La sicurezza del centro…» tentò Sanders, deglutendo a vuoto, quasi volesse rimangiarsi le proprie parole.
La stessa prigione di Hammersmith avrebbe dovuto essere sorvegliata in ogni momento. Nonostante questo, quella notte c’era stata una triplice evasione, con la conseguenza di un’accusa ancora non ufficiale di mancato controllo, l’inutile ricerca di un secondino corrotto e una caccia all’uomo che aveva messo in allerta tutta la città.
«Si è trattato di azioni sincronizzate» spiegò Whitmore. «Alla prima sono seguite immediatamente le altre. I magazzini, un parcheggio e due dei piani principali si sono riempiti di fumo in un batter d’occhio.»
«Ci saranno state molte vittime…» mugugnò Sanders.
Sollevò lo sguardo in tempo per notare che gli altri due si scambiavano un’occhiata.
«Un ferito lieve» lo informò Whitmore con tono stranamente duro.
Sanders ebbe una pausa incerta. Inarcò le sopracciglia, piegando la schiena in avanti e facendo scorrere uno sguardo stupito tra i due uomini che erano insieme a lui.
«Mi prende in giro?»
«Abbiamo di meglio da fare che beffarci di lei» sibilò Masters di rimando. «Non ci furono morti, come ha già detto Whitmore.»
«Curioso.» Sanders emise uno sbuffo di incredulità.
«Intenzionale» lo corresse il capo di Scotland Yard. «Gli ordigni erano stati posizionati in modo da non nuocere alle persone. A mezzogiorno i magazzini erano vuoti e quel parcheggio era ancora chiuso.»
Le labbra di Sanders si dischiusero ancora una volta, mentre una serie di rughe si disegnavano sulla sua fronte.
«Quelli ai piani del centro furono sistemati in un ufficio informazioni vuoto per la pausa pranzo e in un locale chiuso per ristrutturazioni» proseguì Whitmore.
Il direttore del carcere non fece subito caso alla tensione che serpeggiava nelle sue parole, troppo occupato a cercare una spiegazione a quello che aveva udito.
«Insomma, mi sta dicendo che hanno volutamente evitato di far del male alla gente?»
«Che importa ora?» si intromise Masters con veemenza. «Le abbiamo raccontato quello che è successo. Proseguiamo con i rapporti o pernotteremo qui dentro.»
«Veramente lei non mi ha raccontato un bel niente» puntualizzò Sanders, spingendo fuori il mento con aria irriverente.
«Oliver, non è il caso.» Whitmore riprese gli occhiali e li sollevò per poterli inforcare. Bloccò quel gesto a mezz’aria, interrotto dalla reazione stizzita del giudice.
«Non ho niente da raccontarle!» sbottò questi, spingendo la sedia all’ indietro con uno stridio fastidioso.
Sanders digrignò i denti. Sollevò un dito e lo puntò contro il naso di Masters, pronto a riversare su di lui una lunga serie di colorite recriminazioni. Whitmore si sistemò gli occhiali sul naso, concentrandosi su un altro rapporto, che aveva appena disteso sulla scrivania.
«Ramsfield era un poliziotto.»
Il suo intervento sedò il nascente litigio, congelandolo in un silenzio carico di tensione. Masters girò la testa dall’altra parte, per non mostrare il volto arrossato che si faceva paonazzo.
«Wow» commentò Sanders, allungando il collo per guadare la foto di Ramsfield sul rapporto.
In effetti, Victor Ramsfield vi era rappresentato con la divisa d’ordinanza della polizia inglese, il cappello calcato in testa a nascondere i folti capelli scuri. Gli occhi verdi gli brillavano d’orgoglio.
«Che gli è successo?»
«Sei anni fa si verificò uno scandalo nella prigione di Brookbanks, poco fuori Londra» mormorò Whitmore, lo sguardo ancora fisso sul rapporto dinanzi a sé.
Sanders non poté notarlo, troppo preso a sbirciare la fotografia allegata, ma gli occhi del capo della polizia non scorrevano sulla pagina. Sembravano piuttosto persi nel vuoto, come se, oltre le righe scritte, rivedessero gli stessi eventi che lui stava raccontando.
«A quel tempo i giornali parlavano molto delle violenze nelle carceri. Ma il putiferio scoppiò quando si scoprì che negli atti di violenza erano coinvolti gli stessi secondini.»
Sanders si esibì in un discreto verso di comprensione, lanciando un’occhiata in tralice a Masters, certo di scorgere nel suo volto un’espressione di rimprovero. Quello che vide, però, servì solo a spiazzarlo più di quanto già non fosse. Il giudice teneva la testa china verso la scrivania, i suoi occhi di ghiaccio seguivano le linee del legno come se fossero qualcosa di estremamente interessante. La linea delle sue labbra era storta e la bocca era tenuta serrata con nervosismo.
«Esisteva la possibilità che anche Thompson, il direttore del carcere, sapesse qualcosa. Così fu immediatamente allontanato, con l’accusa di favoreggiamento e mancata denuncia» continuò Whitmore con voce spenta.
«Non fu sbattuto dentro?» lo interruppe Sanders, stupito.
Masters non si mosse di un millimetro, ma la sua mano destra serrava con forza il bracciolo della sedia. Whitmore sollevò lo sguardo a fissare la porta chiusa del suo ufficio, gli occhiali gli scivolarono un po’ lungo il setto nasale.
«Ci provammo.» Si sfilò gli occhiali per passarsi una mano sugli occhi arrossati. «Fu inviata una pattuglia a Brookbanks, per arrestarlo.»
Sanders tacque, le sue sopracciglia si intrecciarono a formare un’unica linea severa. Rimase seduto sulla sua sedia, ma dal modo in cui aveva rizzato la schiena era evidente che si era messo in allerta. Con la coda dell’occhio badava a tenere sotto controllo le reazioni di Masters, che ora non riusciva a mascherare il suo disagio.
«Cosa c’entra Ramsfield in tutto questo?»
«Ramsfield faceva parte di quella pattuglia» mormorò Whitmore, confermando i timori di Sanders.
I due uomini si guardarono negli occhi, trovando per la prima volta un’intesa immediata.
Confortato dalla comprensione del direttore, Whitmore emise un sospiro a bocca chiusa e proseguì il racconto.
«Non potevamo immaginare che il direttore di Brookbanks potesse arrivare ad aprire il fuoco contro i nostri» commentò, desolato. «Alcuni dei secondini corrotti lo spalleggiarono. Fummo fortunati ad avere la meglio su di loro.»
«Anche lei era lì» bisbigliò Sanders.
Whitmore annuì, chiudendo con gesto quasi gentile il rapporto su Ramsfield. I suoi occhi erano arrossati per la stanchezza, le linee intorno alla sua bocca si approfondirono in una smorfia di rammarico.
«Ramsfield fu uno dei primi ad entrare e ad essere colpito» terminò, concentrandosi sulla copertina del terzo rapporto, ancora chiuso e pigiato sotto le sue mani aperte sulla scrivania. «Perse l’uso della gamba destra.»
Sanders emise un verso a metà tra uno sbuffo e un sospiro e si lasciò ricadere sulla sedia.
«Questo cambia tutto.»
«Non cambia niente» sillabò Masters tra i denti, rientrando finalmente in conversazione.
Gli altri due si voltarono all’unisono a fissarlo, quasi colpiti dal suo tono, che era tornato freddo e autoritario.
«È un criminale, esattamente come tutti quelli che marciscono nella sua prigione.»
Le sue guance erano incavate dalla rabbia e la palpebra sinistra si muoveva con piccoli scatti quasi impercettibili, in un tic nervoso. Sanders aprì e richiuse la bocca, senza saper cosa dire. Quella reazione era eccessiva persino per un rigido conservatore come il giudice Masters.
«Fin dove può spingersi un uomo tradito dalla giustizia?» mormorò Whitmore.
Masters serrò i denti, sospingendo indietro la propria sedia ancora una volta e alzandosi con uno scatto rabbioso. Sanders lo fissò a bocca aperta, aspettandosi quasi di vederlo aggredire il capo di Scotland Yard, che al contrario sembrava tranquillo. Il suo volto rifletteva lo sconforto provato in tempi lontani e, a ben guardarlo, anche un senso di colpa che ancora assillava la sua coscienza. Era la forza di questi sentimenti contrastanti a permettergli di affrontare l’ira di Masters con stoico distacco. Il giudice dovette indovinare cosa si agitava nell’animo di Whitmore, poiché non osò dire una sola parola. Voltò bruscamente le spalle e si diresse verso la porta, annunciando in un sibilo irritato che aveva bisogno di un po’ d’acqua.
Quando la porta si fu richiusa alle sue spalle, Sanders soffocò una risatina in un colpo di tosse e si rivolse al capo della polizia.
«Che gli è preso?»
«Errori del passato» replicò Whitmore, rimettendosi gli occhiali sul naso e aprendo il terzo rapporto. «Torniamo agli Storti, se non ti dispiace.»
«Eh?» articolò Sanders, aprendo in modo esagerato la bocca per pronunciare quell’unico suono.
«La banda degli Storti» ripeté Whitmore. «E’ così che si fanno chiamare. Forse può immaginare il motivo.»
«Storti rispetto al resto del mondo.»
«O più semplicemente rispetto a noi», Whitmore annuì tristemente. «Storti nell’anima, oltre che nel corpo…»
Sanders si schiarì la gola, fingendo di non cogliere la nota dispiaciuta nelle parole dell’altro.
«Gordon Powell» lesse il capo di Scotland Yard, picchiettando le dita sulla superficie della scrivania.
«Lui è un problema?»
Il volto scavato di Powell li fissava dalla cornice della fotografia. Whitmore finì di scorrere rapidamente la pagina, come se già sapesse quello che li aspettava. Sollevò gli occhi a fissare l’altro da sopra la montatura ovale degli occhiali da lettura.
«Lui è un problema.»
  
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