"Vivi ogni tuo singolo giorno, come se fosse l'ultimo."
Circa una settimana dopo quel nostro incontro,
Shinobu morì.
La malattia cardiaca che lo aveva colpito e che per mesi lo aveva costretto a prendere ogni tipo di medicinale, ed a recarsi almeno due volte al mese in ospedale, decise che era oramai arrivato il tempo di porre fine alle sue sofferenze nella maniera più crudele e triste.
Nel paradiso di quel pomeriggio primaverile Shin sapeva tutto.
Sapeva che oramai gli restavano pochi giorni, poche settimane... eppure non
smetteva di sognare, di guardare avanti...di immaginare un suo futuro senza
di quella dannata malattia che l'ha portato via ai suoi genitori, ai suoi amici;
che me lo ha portato via per sempre.
Ed anche io lo sapevo.
Quando ci mettemmo insieme ci giurammo che ci saremmo raccontati tutto l'uno
dell'altra, o per lo meno tutte quelle cose che, direttamente o indirettamente,
avrebbero potuto riguardare entrambi, e naturalmente questa sua malattia rientrava
di diritto in questo genere di confidenze.
Scelse di dirmelo dopo un pranzo a casa sua, assieme ai suoi genitori.
Mi stava riaccompagnando al treno quando, sotto la grande quercia, io che gli
camminavo davanti mi sentii afferrare una mano.
Mi girai sorridente, ma un pò scocciata perchè non avrei potuto
perdere il treno, ma subito capii che c'era qualcosa che non andava...; lui
mi teneva la mano forte, ma le sue dita tremavano, il suo braccio tremava...
il capo era chino sul petto, ed ogni qual volta cercava di alzarlo per guardarmi
in faccia e parlarmi, subito lo rigettava in basso, come se si rendesse conto
che ciò che stava per dire era una cosa così grande, così
maledettamente grande per due semplici ragazzi come noi, noi che non avevamo
mai fatto nulla di male, che il solo pronunciare quelle frasi avrebbe avuto
una forza dirompente tale da spaccare la terra, da far tremare tutto... da allontanarmi
da lui.
Mille pensieri mi passarono in testa in quel momento prima della rivelazione...;
Pensai che mi avesse tradita, ed allora di certo, nonostante quanto lo amassi,
o forse proprio per questo, non gliel'avrei perdonata facilmente; oppure che
avesse deciso di abbandonare l'università nonostante gli mancasse pochissimo,
o non so quali altre assurde fantasticherie immaginai...;
Immaginai tutto, ma non quello che di lì a poco, mi avrebbe confessato.
Rimasi immobile a guardarlo; tutto il silenzio attorno a noi era così
opprimente, così fastidioso che avrei voluto urlare, urlare più
forte che potevo, come se avrebbe potuto cambiare qualcosa.
Lui continuava a stringere la mia mano con entrambe le sue, cercava conforto
in me, ma di fronte una simile cosa io mi sentivo così piccola e impotente,
così inutile che egoisticamente avrei voluto che fosse lui a consolare
me, per quella notizia shockante.
Rimanemmo così alcuni istanti, che parvero interminabili.
Il mio ragazzo stava per morire.
Riformulavo continuamente queste parole dentro la mia testa, ma mai assumevano
una forma precisa e delineata, erano sempre aereose, inconsistenti...tanto inconsistenti
che quasi pensai fosse solo un sogno, un brutto sogno... o forse non era poi
così grave, forse ci sarebbe stato sicuramente qualcosa da fare, forse
anche questo dannato problema, come tutti gli altri problemi che avevamo promesso
di confidarci o che abbiamo incontrato nel corso della nostra vita assieme,
anche se all'inizio appariva gigantesco ed insormontabile, alla fine unendo
le nostre forze saremmo riusciti a risolverlo, e probabilmente tra qualche mese
avremmo riso della sua scena sotto la grande quercia.
Sì, pensai questo.
Lo pensai e, con l'intento di rassicurarlo stavo anche per dirglielo... quando
vidi cadere da sotto i suoi capelli che gli coprivano gli occhi, una lacrima,
una lacrima che sì andò a infrangere pesantemente sul dorso della
mia mano, che ancora era tra le sue.
Quel tocco pungente, quelle lacrime che mai avevo visto in lui, e che ora scendevano
copiose e mi apparivano così pesanti e dolorose che solo in quel momento
capii, solo allora tutte quelle parole che pochi istanti fa mi parevano leggere
come piume che ondeggiano dolcemente nell'aria fino a posarsi morbide al suolo,
ebbero finalmente una forma delineata, dei contorni duri e freddi, una sagoma
ferrea e mastodontica che probabilmente né io, né lui né
i suoi genitori...nè nessun altra persona sarebbe riuscito a cancellare.
Più volte nel corso della mia vita ho avuto la sensazione che il cuore
mi si stringesse fino a farmi male, ma quella volta mi accorsi che prima d'allora
non avevo mai provato davvero quella sensazione...; non lo sentivo più
battere, sembrava stesse per scoppiare... la testa mi girava vorticosamente
e gli occhi parevano coprirsi di un banco di nebbia che non mi permetteva di
distinguere chiaramente le cose attorno a me... il respiro mi mancava, non riuscivo
ad aprire bocca, a dire nulla perchè tutto ciò che sarei riuscita
a dire sarebbe risonato alle mie orecchie così stupido e inutile...;
così tristemente inutile...
Ma davanti a me c'era lui.
Lui che doveva soffrire sicuramente il doppio di me, lui che forse aveva già
il cuore in pezzi e che ha avuto il coraggio e la forza di confessarsi, di apparire
sempre così naturale durante quella cena nella quale aveva riso e scherzato
come al solito, nella quale lui era stato dolce come al solito...lui che è
sempre stato forte, molto più di me, e che sapeva consolarmi ogni volta
che mi sentivo triste per una delle mie stupidissime idiozie...;
Lui adesso chiedeva il mio aiuto, adesso sentiva che non ce l'avrebbe fatta
da solo a sopportare questo peso enorme, voleva che questa volta fossi io quella
che lo tirava su di morale, che lo aiutava ad uscire dalle situazioni più
spiacevoli.
Mi sottrassi alle sue mani, per portare il mio indice sotto il suo mento invitandolo
ad alzare il volto e a guardarmi in faccia, guardarmi negli occhi...
le guance bagnate brillavano al sole sotto gli occhi rossi e le ciglia umide,
ed io che mi sentivo scoppiare dentro tentavo di mantere la calma, trattenendo
le lacrime che bussavano sempre più prepotentemente alle mie palpebre.
Lui, che non aveva perso nemmeno in quell'occasione il suo spirito protettivo,
cercò di sorridermi, ma le lacrime che aumentarono la loro intensità
tradirono ogni suo tentativo...poi mormorò con quel poco di voce che
riusciva ad avere, qualcosa che non scorderò mai...
"Ti chiedo scusa...scusami se non potrò stare per sempre con te come ti avevo promesso... e scusami se ti chiedo di farti carico assieme a me di questo peso insopportabile... scusami tanto..."
Ora anche io stavo piangendo.
Sentivo i nervi che piano piano si distendevano, e ogni volta che tentavo di
fermarmi subito venivo schiacciata dall'oppressione, dalla paura... e così
piangevo ancora più forte di prima...
Cercai di recuperare un pò l'autocontrollo e, anche se fu difficilissimo,
ci riuscii... lo guardai in quei suoi occhi che mai avevo guardato come in quel
momento...
"Io ti amo Shin. Ti amo da morire... e starò con te per sempre..."
Mi gettai tra le sue braccia scoppiando il lacrime, e lui tentò di consolarmi carezzandomi la testa... anche quella volta fu Shinobu a sentire il bisogno di proteggermi.
Il mio ragazzo stava per morire.
E fu così che, in quella mite serata primaverile, lo dissi a Kensuke.
Proprio sotto la stessa quercia... la quercia sotto la quale Shin aveva piantato
il suo sogno.
Doveva capire, capire perchè l'avessi portato in quel luogo.
Mentre percorrevamo il sentiero tra le spighe, non faceva che parlarmi di come
Shinobu fosse un bravo ragazzo e fosse pieno di voglia di fare, di sognare,
di voglia di vivere...ma che certo la situazione del mio ragazzo non poteva
essere paragonata a quella sua...
Doveva capire.
Glielo dissi con le parole più semplici e nella maniera più calma
che riuscii a trovare.
Gli dissi che Shinobu sapeva tutto e che anche io lo sapevo...
La sua reazione non fu poi tanto diversa dalla mia... impallidì e rimase
a guardarmi incredulo, il vento fresco della sera che agitava le spighe ai nostri
piedi, ghiacciava il sudore sulle nostre fronti facendo un male cane.
Tremante sulle gambe si voltò verso casa di Shin.
Lui era ancora lì sulla terrazza, che metteva a posto i bicchieri e le
caraffe... si accorse che Ken si era voltato a guardarlo e gli sorrise, gli
sorrise salutandolo più e più volte con la mano... poi mimando
il gesto di giocare a basket gli fece il tipico segno "victory" con
le dita...
e se ne rientrò in casa.
Ken fece due passi, due brevi passi, pesanti...pesantissimi... poi si gettò
a terra sulle ginocchia, le mani a coprirsi il volto.
Il treno che dovevamo prendere passò nella direzione oppostà accanto
a noi, rendendoci chiaramente visibili a intermittenza. Fu il metallico rumore
della locomotiva e dei vagoni l'unico suono che riuscii a percepire; in quei
lunghi momenti sembrava che anche tutte le cicale, i grilli, le rane, e tutti
gli uccelli, rimanessero ad osservare un ossequioso silenzio.
Mi dispiaque molto l'averlo fatto piangere.
* * * * *
Ormai sono passati sei mesi dalla scomparsa di Shinobu, ed un pò di
cose sono cambiate.
Gli esami di ammissione all'università sono vicini, ed io ed un paio
di mie amiche ci ritroviamo spesso insieme per studiare in gruppo, in modo di
unire l'ultile al dilettevole, anche se poi la maggior parte delle volte finisce
che si inizia a parlare di tutto dimenticandoci completamente che dovremmo studiare,
così la notte, invece di dormire, tocca accendere la piccola abatjour
della scrivania sotto la finestra, e studiare sul serio fino alle ore piccole.
A volte a noi si aggiungono anche Kensuke ed un suo amico.
Tutti noi del gruppo puntiamo ad entrare in delle buone università, perciò
il livello di preparazione di base è buono per tutti, e non ci costa
difficoltà studiare con loro due, anche se penso che sotto sotto a Ken
e Ichitaka interessino un paio di mie amiche...; beh, me lo farò sicuramente
dire da lui.
Il signor Kozuma, proprietario della libreria non molto distante da qui e amico
di vecchia data di mio padre, mi ha inoltre offerto di lavorare da lui come
commessa, ed io ho accettato subito entusiasta!
Leggere mi è sempre piaciuto, e poter lavorare in una libreria di un
paesino di provincia è una cosa meravigliosa...; centinaia e centinaia
di titoli diversi di tutti i paesi del mondo, a tua disposizione, c'è
solo l'imbarazzo della scelta!
Mi siedo al banco, e comodamente appoggiata alla poltroncina, inizio ad immergermi
nelle avventure di qualche samurai, nelle vicende di un amore impossibile, in
storie di magia o quant'altro si desideri, in attesa che arrivi qualche cliente
da consigliare o servire.
Vedendomi così, il signor Kozuma mi ha concesso di prendere in prestito
un libro ogni due settimane, e ciò mi ha resa davvero felice.
Quando il tempo è mite, mi siedo sotto l'albero che c'è nel mio
giardino, perdendomi tra le righe fitte appoggiate sulle pagine che scorrono
veloci tra le mie dita...; ogni tanto vi si posa sopra un petalo rosa, e allora
guardo verso l'alto, dove l'albero di ciliegio che ha voluto regalarmi Shinobu
mi guarda proteggendomi con la sua ombra.
E' stato il suo ultimo regalo, un regalo che vivrà in eterno, come il
mio amore per lui.
Almeno una volta al mese vado a trovarlo al cimitero.
Tra le mille lapidi la sua risalta ai miei occhi come se splendesse, sempre
adorna dei fiori che regolarmente io, Ken, i suoi amici e i suoi genitori gli
portano.
Molto spesso capita un fatto curioso.
Quasi ogni persona che passa davanti il luogo dove riposa il mio Shin, per far
visita ai propri cari, si ferma ad osservare la foto di quel ragazzo così
sorridente e allegro che forse è stato chiamato in cielo troppo presto.
Poi immediatamente si china, attirata da qualcosa di particolare... qualcosa
dalla forma tonda, che poggia verticalmente su di un supporto di plastica nera.
Questa scena, mi commuove ogni volta, e mi riporta immancabilmente al giorno
che insieme io e Ken, vedemmo Shin per l'ultima volta.
Perchè forse non lo sapete, ma anche ai manager danno il piatto commemorativo per la vittoria ai Campionati Nazionali.
La primavera di Sakura - fine
Con questo terzo capitolo si chiude questa storia, che sinceramente è
una delle mie preferite. (delle mie, ovvio)
Questo epilogo chiude il cerchio, spiega alcuni perchè che rimanevano
in sospeso nei primi due capitoli...; Spiega perchè Sakura sentisse dentro
di sé quel senso di angoscia e malinconia, spiega in che modo intendesse
aiutare Ken... ma molto rimane aperto, perchè in fin dei conti solo di
contorno.
Quello che mi premeva far capire con questa storia, è che spesso si litiga,
spesso si fanno questioni o ci si crea dei problemi che a noi sembrano così
grandi che ci sentiamo persi, e ci deprimiamo.
Ma in realtà le cose importanti della vita sono ben altre, sono altre
le cose a cui attribuire peso.
Purtroppo ce ne rendiamo conto solo quando ci capitano tra capo e collo...;
allora ci guardiamo indietro, e rimpiangiamo quei momenti in cui ci "disperavamo"
per cose talmente sciocche e frivole da apparirci ora senza senso.
E' così che Sakura ha voluto aiutare il suo miglior amico.
Ed è forse quello un regalo che Shinobu ha voluto fare al migliore amico
della ragazza che tanto ha amato.
Fargli capire, prima di provarlo sulla propria pelle, che ogni secondo della
vita è prezioso e degno di essere vissuto.
Tra l'altro è la prima volta che mi commuovo addirittura un pò
nello scrivere, penso di averci messo parecchio di me stesso.
I personaggi tra loro si assomigliano tutti un pò, e credo sia una grossa
pecca. Comunque in ognuno di loro c'è qualcosa di me, e qualcos'altro
ancora non è in nessuno di loro.
Ora che la storia è giunta alla fine, voglio ringraziare chi ha letto
queste righe ed in particolare, senza fare nomi, tutte quelle persone che mi
hanno aiutato con consigli e critiche preziose, grazie di tutto cuore.
Shinta