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Autore: Subutai Khan    27/12/2003    0 recensioni
Come un uomo riesce a cambiare la propria vita senza rendersene minimamente conto, e come può fare per cercare di riportare alcune delle più potenti forze del cosmo nei giusti binari.
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Bannockburn, Scozia. Anno Domini 1314.
Intorno a me la battaglia infuria. Le truppe scelte inglesi sembrano un unico, grande, inarrestabile mulinello distruttivo ma i nostri della prima linea reggono abbastanza bene.
Nel mentre, sul lato destro del campo di battaglia, i Templari falciano gli arcieri nemici come se fossero spighe di grano. Mai vista tanta furia e bravura in combattimento. I cavalieri con la croce rossa di Cristo sembrano dei demoni.
Frecce infuocate volano nel cielo delle Highlands, da una parte e dall’altra.
Ma questi, per ora, non sono problemi miei.
Mi trovo al di fuori del centro nevralgico dello scontro, in quella mischia devastante che tanto bramo per poter dimostrare al mondo l’orgoglio del nostro popolo, soppresso ingiustamente da una corona straniera. Eppure non posso.
Sono in disparte.
Non di certo per vigliaccheria, visto che mi si può accusare di tutto ma non di essere un codardo.
È accaduto un fatto quantomeno singolare: sono stato sfidato a singolar tenzone. Nel bel mezzo di una battaglia campale. Ed il mio avversario mi ha chiesto di poterci allontanare dai due eserciti, ci avrebbero solo disturbato.
Ho accettato.
Ed ora ce ne stiamo lontani parecchie centinaia di metri. Fermi. Immobili. A squadrarci.
Sembra più giovane di me, avrà non più di ventisei o ventisette anni mentre io ho abbondantemente superato i trentacinque. Alto ma un po’ tarchiato, con dei corti capelli di un colore sospeso fra il rosso ed il bruno, non riesco a vedergli gli occhi perché siamo troppo distanti. Non che me ne freghi molto, eh. È solo un nemico da abbattere.
Ma proprio non capisco. Perché mai un soldato semplice dell’odiatissimo esercito inglese ha preso me, uno scemo qualunque, e mi ha trascinato fuori dalla bolgia dello scontro per sfidarmi a duello? Potrei capire se l’avesse fatto con il nostro amato re Robert the Bruce, o con qualche nobile in vista.
Ma perché io? Sono un umile contadino senza alcuna esperienza guerresca che si è offerto volontario per questa battaglia ben sapendo che difficilmente ne sarebbe uscito vivo.
Ed ora sono qui, al riparo dalle situazioni più pericolose, a fronteggiare qualcuno che mi ha scelto. Sì sì, mi ha proprio selezionato. Appena i due eserciti si sono scontrati frontalmente lui mi ha afferrato, con la spada ancora nel fodero, e mi ha fatto rotolare fuori dalla mischia appena accesasi. Poi, mentre stavo per tornare nella zona calda, mi ha fermato con le parole che mai mi sarei aspettato di sentire in questo lungo giorno: “Io ti sfido”.
“Sto ancora attendendo una risposta” gli urlo con tutto il fiato che ho in gola per sovrastare il clangore delle armi.
Non risponde, e si limita a guardarmi.
Odio i reticenti.
A ‘sto punto non mi rimane che sbudellarlo e poi chiedergli il perché del suo gesto.
Estraiamo le spade nello stesso istante, e come due furie ci gettiamo uno sull’altro.
Lottiamo convinti per molto tempo. A sufficienza da poter sentire, con la coda dell’orecchio, la battaglia principale che va pian piano spegnendosi.
Siamo entrambi stremati.
Io sono ferito in modo abbastanza grave ad un braccio, ma non così tanto da impedirmi di reggere l’elsa.
Lui invece ha un profondo taglio sulla guancia. Metà della sua faccia è dipinta di rosso, come in una lugubre maschera.
Alla fine, dopo un altro paio di scambi, la disperazione e la fatica mi spingono a trovare un buco nella sua guardia e ad infilare dentro il suo stomaco la mia lama per tutta la sua lunghezza.
Prima di crollare a terra riesce a falciarmi metà dell’indice sinistro.
Tenendomi la parte lesa mi avvicino, dato che fa ampi cenni con il braccio tremolante e mi incita a farmi sotto.
In un certo senso mi sento legato a costui, benché non sappia nulla di lui.
Mentre continua a sputare e tossire sangue dalla bocca raccoglie le ultime forze che gli rimangono e mi dice: “C-Ce l’ha-i f-fatta…il pr-prim-o…”.
"Non capisco".
“C-Cap-pirai pr-es-sto”.
Poi mi muore fra le braccia, mentre lo scuoto e cerco di fargli finire la frase.
Bah, evidentemente era matto.
Faccio per rientrare nella mischia quando mi accorgo che ormai è tutto finito: corpi accatastati uno sopra l’altro, sia inglesi che scozzesi; bandiere spezzate che fanno capolino dal terreno; erba rossa.
Quando tornerò a casa nessuno mi crederà, mi prenderanno tutti per pazzo. E probabilmente mi accuseranno di essermi inventato tutto per evitare la battaglia.
   
 
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