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Autore: Yuri_e_Momoka    27/11/2010    4 recensioni
Avrebbe preferito ricordare il giorno in cui lui e Arthur erano stati sorpresi dalla pioggia e si erano riparati sotto lo stesso ombrello; il suo compleanno, quando l’inglese aveva cucinato per lui, o il giorno in cui avevano litigato per scegliere la carta da parati da mettere in soggiorno; la volta in cui avevano fatto un picnic in campagna e avevano dimenticato la tovaglia; la domenica mattina in cui Francis era rimasto a guardarlo dormire. Ma non poteva, non era accaduto niente di tutto ciò. Non c’era stato il tempo.
[FrUk/Germania x Francia]
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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dritte graben Titolo: Schützengraben, Capitolo 3 – Dritte graben
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy), Germania (Ludwig)
Genere: Storico, Drammatico, Guerra
Rating: Nc17, Arancione
Avvertimenti: Yaoi, Angst, Death, AU
Parole: 3,207 con Windows Office
Disclaimer: I personaggi della fanfiction provengono da Axis Powers Hetalia che appartiene a Hidekaz Himaruya
Note: 1. In questo capitolo sono presenti scene di sesso.
2. Per essere attinente alla Storia, il capitolo si sarebbe dovuto svolgere esattamente un anno prima, nel 1914; tutto il resto, fatta eccezione per i personaggi di Hetalia, è accaduto veramente.
 
 
 
Dritte Graben:  Geschenk


Vauquais, dicembre 1915


Indipendentemente dal fatto che fosse Capitano o meno, Ludwig era un uomo rispettato sul campo di battaglia, sia dai suoi uomini che dai superiori. Era severo, attento, controllato, pretendeva la disciplina ma ricambiava sempre l’obbedienza dei soldati. Quel giovane, con i capelli scuri e i baffi, era quello che lo venerava di più, ma Ludwig non gradiva un atteggiamento tanto idolatrante: lo trovava dannoso e, soprattutto, sinonimo di debolezza.
Per queste motivazioni rimase stupito quando quel giovane soldato, di cui ancora faticava a ricordare il nome – non gli capitava mai, ma quel personaggio gli era stato antipatico dal primo momento in cui era venuto in contatto con la sua personalità – aveva protestato così veemente dopo aver ricevuto quella notizia.
Ovviamente Ludwig non si sarebbe fatto influenzare da puerili lamentele: i suoi ordini non andavano messi in discussione perché sapeva che era la cosa giusta da fare.
“Capitano, la sua decisione offende i soldati che si stanno battendo per la Germania!” insistette il giovane in modo provocatorio. “È inaccettabile che si fraternizzi con il nemico.”
Ludwig era famoso per riuscire a mantenere sempre una fredda calma anche nei momenti più difficili: fu questo a farlo desistere dal mandare quell’arrogante in isolamento. D’un tratto gli tornò in mente il suo nome.
“Soldato Hitler, la finisca con queste proteste, le mie decisioni non verranno messe in discussione. Se non ha intenzione di partecipare avrà il permesso di restarsene qui, in modo da non rovinare un sano momento di svago ai suoi compagni.”
Ludwig si congedò senza indugiare poiché non gli interessava assistere alla reazione del soldato. La prima volta che l’aveva incontrato, a Ypres, gli era sembrato un giovane  e diligente messaggero: eseguiva gli ordini subito e senza discutere e amava la Germania quasi più di Ludwig, ma con lo scorrere del tempo si rese conto che la sua dedizione così sincera rasentava l’ossessione. Era uno di quelli che aveva fallito in tutto e che era riuscito a trovare il proprio scopo soltanto col servizio militare.
Per quanto Ludwig amasse combattere e per quanto avesse trovato in esso la missione della sua vita, c’era una grande differenza tra la difesa della patria e l’odio verso tutti coloro che non vi facessero parte. Una delle tante cose che Ludwig aveva appreso in battaglia era che il nemico non andava disprezzato, ma temuto e ammirato. Per questo aveva deciso di risparmiare quel francese: aveva sabotato le loro mitragliatrici con un’azione lodevole. Ormai le armi erano andate distrutte e non c’era motivo di accanirsi ciecamente contro di lui.
L’uomo doveva differenziarsi dalle bestie.
 
Si era fatto mezzogiorno ed era ora di andare. Ludwig radunò i soldati in formazione ordinata e insieme iniziarono a marciare verso il villaggio di Vauquais, deserto e quasi del tutto distrutto ormai da più di un anno. Sebbene avesse accettato quasi subito l’idea dei francesi e avesse tentato di trasmettere entusiasmo ai suoi uomini per quell’iniziativa, Ludwig indagava la zona attorno a sé con attenzione: c’era sempre l’esigua possibilità che si trattasse di una trappola.
Dalle abitazioni diroccate provenivano alcune colonne di fumo e Ludwig udì le voci dei francesi trasportate dal vento freddo. I suoi soldati sembrarono rincuorati ma alcuni di loro erano ancora sospettosi, come lui del resto. In ogni caso, se fossero tornati indietro adesso avrebbero soltanto peggiorato i rapporti con il nemico.
Da lontano un francese venne loro incontro, ringraziò il Capitano per essersi presentato e invitò gli altri a riunirsi attorno ai fuochi. Ludwig non l’avrebbe disdegnato ma i suoi sensi erano sempre all’erta, così iniziò a girovagare lentamente tra i soldati accampati che ancora faticavano a concedersi confidenza l’un l’altro. Effettivamente si trattava di una situazione insolita, Ludwig non aveva ricordi di altri episodi come quello, forse durante le guerre più antiche… In ogni caso se un evento di festa poteva migliorare le prestazioni dei suoi soldati allora era favorevole anche a indire una tregua con i francesi. Fu proprio uno di loro che gli venne addosso barcollando – probabilmente già ubriaco.
“Oh! Pardon, monsieur!” si scusò raddrizzandosi e Ludwig notò che non era ubriaco – forse – ma faticava a camminare appoggiato a delle stampelle improvvisate. Inoltre riconobbe quella voce non appena l’udì. Fece finta di nulla ma l’altro lo fermò mettendogli una mano sulla spalla, in un gesto di confidenza prematuro e poco gradito.
“Ehi. Sei tu, vero? Ti riconosco meglio di spalle che da davanti.” Ludwig si voltò e si trovò effettivamente di fronte allo stesso francese a cui aveva salvato la vita pochi giorni prima. Gettò un’occhiata distratta alle stampelle.
“Sei stato tu a lasciarmi questo regalino” scherzò l’altro, un po’ troppo allegro per essere uno che si trovava faccia a faccia con un nemico, “quindi ritiro le scuse per esserti venuto addosso.”
“Come preferisci” replicò Ludwig poco incline a continuare quella conversazione e tentando nuovamente di svignarsela.
“Dove vai così di fretta?” insistette il francese. “Per una volta tanto non abbiamo nulla da fare e io vorrei offrirti un bicchiere di vino.”
Ludwig non fece nulla per dissimulare la sua irritazione. Decise di essere chiaro, poiché il francese sembrava non capire. “Sebbene abbia acconsentito a questo scambio culturale, non nutro una totale fiducia in voi, perciò è mio dovere assicurarmi che dietro a tutto questo non si celi un’imboscata.”
“Oh” commentò l’altro con una punta di ammirazione. “Davvero professionale, ma posso assicurarti che nessuno dei presenti è qui per sua volontà e tutto ciò in cui speriamo è tornarcene a casa il prima possibile. Una tregua ogni tanto è qualcosa a cui non rinunceremmo. Piuttosto, voi potreste approfittarne.”
Ludwig si ritenne offeso da quell’insinuazione. “Non abbiamo portato armi, come stabilito.”
“E allora è tutto a posto! Siediti con me e dimostrami che sei qui solo per trascorrere un pacifico Natale.”
I francesi avevano davvero la lingua lunga.
“Come mai parli tedesco?” domandò per cambiare argomento.
Prima di rispondere l’altro se la prese comoda e si sedette, con molta calma, su un ceppo vicino a un fuoco incustodito.
“Probabilmente per la stessa ragione per cui tu parli francese.”
Era un’affermazione alquanto stupida. Ludwig parlava francese perché era un Capitano, mentre l’individuo che aveva di fronte non sembrava affatto una persona di tale rango.
Non giungendo alcun commento, il francese si affrettò a specificare. “Sono uno degli addetti allo spionaggio nelle gallerie. Tu, invece, non sembri uno che si sporca la camicia andando sotto terra.”
“Già” rispose Ludwig, “io sono uno di quelli che si sporcano solo le mani.”
Con quella risposta lo mise a tacere per un po’, ma la quiete durò poco.
“Comunque mi sembra educato presentarmi, dato che io conosco già il tuo nome.” Invece di tendergli la mano, gli porse un bicchiere vuoto. “Mi chiamo Francis e vorrei che bevessi un po’ di vino.”
Ludwig accettò il bicchiere con reticenza. “Non sono due frasi che vanno esattamente assieme…”
“Oh sì, invece. Io amo il vino.” Francis dimostrò la veridicità delle sue parole stappando la bottiglia senza etichetta che stava appoggiata al ceppo e versandone una quantità generosa a sé e a Ludwig.
Non avevano nemmeno finito il primo bicchiere che il francese si era già perso in discorsi insensati.
“Adoro il vino, ovunque mi trovi mi fa sempre tornare in mente le estati della Provenza. Tanti vigneti, tanto sole e tante contadinelle felici che cantano raccogliendo i grappoli. Ah, la Francia, che terra da sogno. È come trovarsi nei Campi Elisi. Sono sicuro che anche in paradiso sia pieno di contadinelle con le gonne svolazzanti che vengono a imboccarti con gli acini succosi e rispondono alle tue occhiate mostrandoti le loro candide mutandine …”
Ludwig smise di ascoltare dopo gli elogi alla Provenza, un po’ perché non gli interessava minimamente, un po’ perché si rese conto di non essere abituato al vino, poiché, a dispetto del freddo, il viso gli si era riscaldato parecchio e la testa era diventata pesante. Poteva reggere litri su litri di birra, ma il vino era riuscito a prenderlo alla sprovvista.
“… e il miglior panettiere di Parigi è …”
“Perché non puoi stare zitto per un minuto?” Ludwig si era stufato di sentire quel brusio in sottofondo. Francis lo guardò, interdetto: forse sperava di poter parlare a vanvera ancora per una buona mezzora. Rimase colpito da quella protesta, rifletté a lungo prima di rispondere, osservando le abitazioni di pietra che si stagliavano scure sul bianco cielo invernale. Poi sorrise con espressione che si avvicinava molto alla commiserazione.
“La guerra cambia le persone. Credevo fosse solo una scusa usata dai vecchi reduci per lamentarsi, invece mi sbagliavo.”
“Prima non parlavi senza sosta?”
Francis scosse la testa, agitando il bicchiere. “Altroché, l’arte della dialettica è un mio grande pregio. È solo che, prima di incappare in tutto quest’orrore non avevo bisogno di parlare a caso per nascondere quello che sentivo veramente.”
Ludwig non era lì per offrire consulenza psicologica a un francese ubriaco, per cui non volle indagare oltre. Ci pensò il francese a proseguire con la sua confessione.
“Tu che cosa pensi di tutto questo?” domandò Francis, facendo un ampio gesto davanti a sé col bicchiere in mano.
Ludwig non parlò: non era in grado di fornire una risposta del genere in così poco tempo e, anche se avesse potuto, non credeva di voler condividere il suo punto di vista a riguardo.
“Lo sai” continuò Francis, “sei uno di coloro che ha invaso il mio bellissimo Paese, riducendolo in questo stato vergognoso. Vorrei ammazzarvi tutti qui, in un istante.”
Il suo sguardo era piantato in quello di Ludwig. Se pensava di spaventarlo stava commettendo un grandissimo errore, l’unico motivo per cui il tedesco non aveva risposto a quella provocazione era che non lo credeva assolutamente capace di compiere il gesto di cui l’aveva minacciato.
“Sai perché non lo farò?” volle sapere Francis. Ovviamente Ludwig aveva molte idee che si sposavano bene con la parola debolezza, ma preferì conoscere l’opinione del francese.
“Perché so che non risolverei niente. I tedeschi soffrono come i francesi, nessuno di noi vorrebbe essere qui, adesso. Siamo solo strumenti di una guerra di cui nessuno ha capito il significato, ma che tutti combattono credendo di avere ragione. È per questo che non mi hai ucciso, vero?”
Ludwig lo scrutò a sua volta per cercare di capire quanto di sé potesse condividere con il francese.
“Rispettare il nemico” disse infine, prendendo un altro sorso di vino e poggiando poi il bicchiere nella neve. “Nel tuo caso non è soltanto un saggio precetto, ma qualcosa che si può mettere in pratica. Strano a dirsi, ma la pensiamo in modo molto simile.”
Il vociare degli altri soldati era lontano, alle loro spalle, di fronte a loro i resti di Vauquais e la consapevolezza di un futuro difficile e, forse, troppo breve.
“Ludwig” disse Francis dopo un po’ di tempo, chiamandolo per la prima volta per nome – cosa che al tedesco non piacque particolarmente – “vorresti farmi un regalo di Natale?”
“Sinceramente, non mi pare che ci sia molto da festeggiare.”
“Infatti, lo credo anch’io.” Ludwig si chiese perché  mai Francis avesse gli occhi arrossati. “Mi devi soltanto regalare una mezzora lontano dai ricordi.”
Un’idea iniziò a formarsi nella testa leggermente annebbiata del Capitano.
“Vorrei che mi aiutassi a dimenticare per un po’ una persona che ha reso quest’ultimo anno una tortura. È lontano da me e quasi sicuramente non lo rivedrò più, perciò regalami mezzora di libertà da lui.”
Non si trattava certo di una richiesta comune e a Ludwig non piaceva per niente l’idea di essere usato per assecondare i piaceri perversi di un francese. Tuttavia doveva fare i conti anche con le sue esigenze: non era di pietra e dopo anni trascorsi nell’esercito era passato attraverso certe esperienze. Ma lì… con un francese! Quello andava oltre il rispetto per il nemico.
“Non mi aspetto niente da te, puoi farmi ciò che vuoi, non m’interessa.” Quest’ultima affermazione di Francis mise in una luce vagamente diversa l’insolita situazione. Forse sarebbe stata solo un’altra occasione in cui avrebbe dimostrato la sua abilità nel comando.
Stanco di aspettare risposte che non giungevano, Francis si alzò e zoppicando si diresse verso una delle case abbandonate. Ludwig decise che era il momento di smetterla di pensare.
La porta della casupola si chiudeva a malapena e la parte superiore era bruciata; le tende non c’erano più e gli scuri alle finestre erano caduti. Appena entrato, Ludwig prese una sedia ammaccata e la incastrò tra il pavimento e il pomello della porta. Francis era girato di spalle e si stava sbottonando la giacca della sua divisa blu.
“Devi sapere che non è mia abitudine adescare gli uomini in questo modo… ah, ma cosa racconto! Se la gente conoscesse tutte le mie avventure amorose la smetterebbe di adulare Casanova. Oh!” Si voltò di scatto con metà del petto scoperto. “Non ti ho chiesto se preferisci farlo con i vestiti o senza.”
“Non fa differenza.” Ludwig voleva solo finire in fretta e tentare di ricavare soltanto il meglio da quella strana – e un po’ deprimente – situazione.
Francis si avvicinò a lui e tese le mani verso i bottoni della sua giacca, ma a Ludwig non interessava quella parte, non nutriva nessun sentimento per quell’atto e non voleva sentirne alcuno, poiché lo riteneva un comportamento assolutamente non consono a una personalità moralmente solida come la sua. Si trattava di un’eccezione, un piccolo divertimento, un’incoscienza dettata dal vino che nessuno sarebbe mai venuto a sapere, una piccola macchia sul suo curriculum impeccabile che sarebbe stata cancellata via con facilità.
Afferrò un polso del francese, glielo torse sopra la testa e lo spinse con la faccia rivolta verso il muro.
“Oh, facciamo così? Avevo sperato in una posizione del tutto diversa, ma sono uno che si sa adattare.”
“Non dimenticare chi è l’invasore, tra i due.”
Finalmente Francis si decise a zittirsi e a collaborare slacciandosi i pantaloni. Ludwig continuava a tenere stretto il suo polso contro il muro gelato, il francese prese la sua mano libera e si portò le sue dita alla bocca, poi Ludwig poté iniziare a scendere verso il basso, lungo la curva della schiena, e a toccarlo senza troppo riguardo. Il corpo di Francis era sensibile e reagì velocemente agli stimoli. Ludwig fu abile a slacciarsi la cintura con una sola mano e il francese lo fu altrettanto a stuzzicarlo con la propria, pur essendo voltato.
Nonostante la tacita intesa avuto fino a quel momento, la prima volta non furono perfettamente in sincronia: Francis era ancora un po’ rigido e Ludwig fu un po’ troppo precipitoso. Quel maledetto vino l’aveva lasciato intontito, ma col procedere del tempo i loro movimenti si armonizzarono e i gemiti a fatica trattenuti di Francis scandivano i secondi e i minuti.
Ludwig si sfilò la cintura dai pantaloni e la passò attorno al collo del francese che si lasciò sfuggire una risatina roca.
“Ti diverte?” volle sapere Ludwig.
“Penso solo… che io e te siamo davvero in sintonia. È come se mi stessi punendo per questo mio piccolo peccato di lussuria.”
“Pensala come vuoi. A me piace solo avere le persone sotto controllo.”
I loro fiati si condensavano nell’aria gelata e delicati fiocchi di neve si insinuavano tra le assi  smembrate del tetto.
Si inarcarono di nuovo, la cintura premette sulla pelle di Francis imbiancata dalla pallida luce che filtrava dall’alto, bloccando il suo freddo respiro. Il sudore di Ludwig si stava ghiacciando in fretta e sentì di essere vicino al culmine.
Un ultimo movimento un po’ più violento e scomposto degli altri, il laccio strinse troppo e un nome fu lasciato aleggiare a metà nell’aria limpida.
Francis venne e Ludwig lo seguì.
Il francese si lasciò andare a un profondo sospiro liberatorio e a una risatina che non aveva niente di elegante, Ludwig invece si affrettò a rivestirsi, prima che il sudore lo congelasse. Francis si lasciò scivolare a terra contro il muro e Ludwig si sedette accanto a lui – ma non troppo vicino – per riprendere fiato. Sentì l’altro armeggiare con la giacca ancora abbandonata sul pavimento, poi Francis gli mise davanti agli occhi una sigaretta ammaccata. Il tedesco l’afferrò un po’ sorpreso da quel gradito optional e se la fece accendere.
"Tu mettrais l’univers entier dans ta ruelle" disse il francese improvvisamente allegro, liberando una boccata di fumo.
“Posso sapere da quando ti eri preparato a questo?” domandò Ludwig, ignorando la citazione.
“Da quando si è deciso di trascorrere insieme il Natale. Sinceramente, avrei rimorchiato chiunque.” Si prese il tempo di aspirare di nuovo. “Però il fatto che sia stato tu l’ha reso piacevole.”
Ludwig non rispose. Non aveva certo bisogno di rassicurazioni, eppure non voleva far vedere a Francis che quel piccolo apprezzamento non l’aveva lasciato indifferente. Infine, il Capitano si allacciò il cappotto, si raddrizzò il cappello e si rivolse a Francis, che se ne stava ancora semi sdraiato per terra, nudo dalla vita in su.
“A mai più, francese. Ovviamente nulla di tutto quello che è successo dovrà uscire da qui.”
Oui, mein hauptmann” rispose, facendo il saluto militare con la sigaretta tra le dita. “Ma prima permettimi di ricambiare il tuo regalo.” Frugò nuovamente tra le sue cose ed estrasse una scatolina di latta verde scuro. Gliela porse e Ludwig l’aprì subito, sospettoso.
Era un set per la toeletta maschile, con pettine, forbici, rasoio e pennello per radersi. Il tedesco gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“Lo ammetto, non l’ho preso pensando a te. Mi perdonerai?”
“Era per il tuo uomo, giusto?”
Francis abbassò lo sguardo, mettendosi le mani in tasca. “Tenerlo sempre con me, sapendo di non poterglielo dare, è molto più triste che donarlo a qualcun altro. Permetti?” Prese in mano il pettine e lo passò sulla frangia scomposta di Ludwig. “Ti dona, questa pettinatura. Ora sì che sembri un vero duro.”
Ludwig si diede una fugace occhiata allo specchietto ancora riposto nella scatola.
“Grazie.”
“Addio, Allemand. Spero davvero di non ucciderti per sbaglio.”
“Addio, Französisch. Ascolta bene, la prossima volta.”
Ludwig uscì dalla casa, e si congedò da Francis sperando che riuscisse a comprendere il significato di quell’ultima frase.
 
“Capitano! Cosa ci fa qui sotto?”
“Taci, soldato! Ricorda qual è il tuo compito.” Ludwig riprese a scrutare, stizzito, il buio in cui era immerso. Le gallerie serpeggiavano ormai attraverso tutta la terra di nessuno, e stare lì sotto dava la sensazione di ritrovarsi sepolti vivi in una fossa. Ora Ludwig capiva cos’era stata la vita di Francis fino a quel momento e l’utilità che la sua conoscenza avrebbe potuto avere a quello stato della battaglia, quell’interminabile e infruttuosa battaglia…
Nel silenzio generale, Ludwig si accostò alla nuda terra scavata di recente, nel punto in cui i suoi uomini avevano individuato la posizione del tunnel nemico. Sapeva che quello che stava per fare poteva essere considerato tradimento, ma sapeva anche che era la cosa più giusta, per lui e per coloro che si trovavano in quel luogo sperduto e martoriato a uccidersi inutilmente.
Avvicinò l’orecchio alla parete, ascoltò attentamente per qualche minuto, poi prese fiato e si domandò, per l’ultima volta, se fosse sicuro di ciò che stava per fare.
“Piazzeremo una mina qui, alle 19.”
Trattenne il respiro e attese una risposta. In realtà si sentiva ridicolo, ma non lo stava facendo per paura o per debolezza. Voleva solo mettere fine a quella pazzia.
Compris.
 
 
 
Continua
 
 
 
 
Buonasera a tutti! Chiedo scusa per il ritardo col quale ho pubblicato… speravo di riuscire ad aggiornare ogni settimana ma ho avuto da fare più del previsto e alla fine sono stata costretta a posticipare. Comunque spero che siate rimasti soddisfatti. Finalmente un po’ di sano sesso, scrivere a rating arancione è stato abbastanza difficile per me, soprattutto si è rivelato molto complicato riuscire a farvi capire dove si trovavano… certe parti del corpo….. vabbè!
Riprendo un attimo il discorso accennato nelle note e poi rispondo alle recensioni: durante l’assedio di Vauquais, iniziato nel 1914 e terminato nel 1916 (credo…forse ’17) i soldati dei diversi fronti hanno deciso di fare una tregua e festeggiare assieme il Natale. Non so esattamente se si siano ritrovati al villaggio o se abbiano avuto con loro le armi o no ma comunque è un fatto accaduto veramente, e anche la presenza di Hitler, e il suo rifiuto a festeggiare con i francesi, sono veri. Per quanto riguarda le soffiate che i soldati nelle gallerie si sono fatti sulla posizione delle mine… è vero anche quello, anche se è accaduto verso la fine dell’assedio.
 
 
@ Miristar: Eh…che dire, mi spiace che sia stato un po’ palloso, purtroppo io nutro un amore malato per i polpettoni storici quindi dovrete sorbirvene ancora un po’, ma mi impegnerò per renderli più leggibili! Per quanto riguarda Arthur come avrai visto non si sa ancora niente ma non perdere le speranze! Invece, i capitoli saranno sei, due a testa!
 
@ GinkoKite: I tuoi apprezzamenti sull’IC dei miei personaggi mi rincuora tantissimo! Oggi vi ho fatto conoscere il mio Ludwig e spero davvero che sia risultato credibile… ho fatto davvero fatica con lui, ma credo anche che sia quello che più si avvicina, caratterialmente, all’anime: un po’ scostante, maniaco dell’ordine, ma anche paziente, altruista e comprensivo. Logicamente c’è sempre da considerare che, trovandosi in guerra, non possono passare le giornate a rincorrersi per i campi… Spero che il mio francese sia corretto anche stavolta! XD
 
@ Julia Urahara: Che ne dici del Doistu-polpettone? XD Mi è venuto molto più tenero di come l’avevo pensato ma non mi dispiace del tutto… Attendo le tue impressioni!
 
@ Baekho: Io e l’angst siamo pericolosamente in sintonia… E per quanto riguarda Arthur, sì, lo amiamo tutti!!! Ma bisogna aspettare :P Prometto che nel prossimo capitolo vi ripagherò tutta per la vostra paziente attesa.
 
@ Harinezumi: La risposta al tuo commento l’ho praticamente esaurita con i messaggi precedenti ^^’ ma ribadisco che mi dispiace taaaaaanto se risulto noiosa ma purtroppo adoro la storiaaaaah! Comunque vi prometto che i prossimi due capitoli saranno molto più romanzati, l’ultimo invece… beh diciamo che se non vi interessa la storia potreste anche saltarlo… vedete voi! Grazie millissime per i tuoi complimenti e alla prossima!!
 
 
Next chapter --> Fourth Trench: The last salvation
 
Annuncio a tutte le fan in attesa che il prossimo capitolo è di Arthur… eh sì, è ancora vivo e più o meno intero… potete smettere di stare in pena XD
   
 
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