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Autore: Black Leather    28/11/2010    4 recensioni
"Infilò gli stivali borchiati e si chiuse la porta alle spalle, divertita dalla matematica certezza con cui ogni volta che usciva da un appartamento sapeva che non ci avrebbe più rimesso piede."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il palco era deserto ormai, solo qualche bicchiere vuoto rotolava per terra.
Quiete sul campo di battaglia, mentre la folla ancora reclamava i ragazzi. Ma ognuno di loro era davanti alla sua piccola piacevole medaglia; bicchiere, donna, striscia, sigaretta che fosse…
Seduto nel backstage, Izzie guardava la sua Gibson come probabilmente non avrebbe mai guardato nessuna donna in vita sua.
Duff e Steven brindavano al successo, già ubriachi, in compagnia di ingenue fanciulle; mentre Axl si rivestiva nei camerini, con la sigaretta che gli penzolava dalle labbra come una lingua bianca, confuso, ma non per via dell’alcool. Leslie, dietro di lui, si rannicchiava sulla poltrona,fissava il pavimento stringendo le ginocchia al petto; poi raccolse da terra quei brandelli di dignità che le erano rimasti.
E Slash si faceva spazio tra la folla, mantenendosi ancora in piedi chissà per quale grazia celeste. La vista annebbiata frugava tra la gente... Tante paia di occhi, ma non quelli che stava cercando.
Alla fine li riconobbe. Lo fissavano.
Si sedette sullo sgabello e la guardò, accendendosi una sigaretta. Non si salutarono, non aveva senso.
-Ti ho pensata-
Eve ciccò nel bicchiere vuoto.
-Mi hai pensata?- Questa volta era sorpresa. Più che altro da una frase del genere in bocca ad una macchina del sesso che andava a Jack Daniel’s.
-Sul palco-
Lo vide alzare lo sguardo, lentamente, timidamente. Sbirciare attraverso i ricci neri che gli cascavano davanti. Era la prima volta che un ragazzo le faceva tenerezza: le avevano fatto pena, schifo, paura. Lui no. Doveva essere l’alcool.
-Insomma, stavo suonando quella canzone… e mi sei venuta in mente, tutto qui-
-Quale canzone?- Ora era sorpresa davvero.
Non erano più gli occhi glaciali di un felino, Ma quelli grandi di una bambina. Piegava leggermente la testa, curiosa. Aveva perso di vista per un momento il ruolo di femme fatale che si era cucita addosso. Dio, che bella che era...
Non le rispose, abbassò lo sguardo nel bicchiere di whisky tamburellando sul vetro con le dita.
Lei però capì che non era l’unica ad aver bisogno di una maschera per camminare ogni giorno contro il mondo. Ma soffiò via quel pensiero come se fosse cenere sul tavolo.
-Slash, sei solo ubriaco e arrapato- sorrise e scosse la testa, abbassando gli occhi. Giocherellava con il gancetto di un bracciale, cercando disperatamente di non perdere il controllo.
Lui scese dallo sgabello e le scostò una ciocca di capelli dal volto, portandola dietro l’orecchio.
Le prese il mento tra due dita, facendo sì che si guardassero negli occhi, mettendo fine a quell’assurdo nascondino di sguardi..
Ora poteva guardarli bene quegli occhi, prima sempre all’ombra del cilindro. Vide timidezza, vide una dolcezza che non immaginava.
La facciata da stronzo cadde... Cadde anche la sua.
E la baciò.
Un bacio diverso dal primo. Un bacio non più gridato dall’eccitazione, ma sussurrato da un sentimento che ancora doveva rivelarsi. Un bacio che sapeva di alcool e sigarette. Un bacio infantile, timido, che bussava prima di entrare.
Eve lo guardò mordendosi il labbro. Poi frugò nella tasca del chiodo e mise qualcosa nella mano di Slash. Le chiavi della macchina.
-Andiamo a casa mia.-
Si sedette al posto del guidatore e aspettò che Eve chiudesse lo sportello della Camaro. Si sorrisero come bambini, e lui accese il motore.
Guidava piano, si girava a guardarla. Possibile che non avesse fretta di scopare? Non ci credeva.
Lei gli indicò la strada, e quando arrivarono a casa sua salirono le scale muti e complici. Non smisero di guardarsi, affamati com’erano l’uno dell’altra…
La porta si chiuse. Caddero i giubbotti, caddero i jeans, e nel frattempo erano già arrivati al letto.
La luce blu filtrava dai vetri, baciando le carni che si infrangevano l’una contro l’altra come onde. Il mare era calmo stasera, mosso solo dagli aliti caldi e dai sospiri. Non avevano fretta, stavolta non era una semplice corsa all’orgasmo.
Non volevano solo scoparsi.
Volevano toccarsi, guardarsi, ascoltarsi, assaggiarsi, respirarsi.
I capelli si intrecciavano, le mani si aggrappavano alla schiena…
Finchè i volti si contrassero in una smorfia di piacere.
  
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