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Autore: nainai    29/11/2010    5 recensioni
“You Belong to Me I Believe”
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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DESOLATION ROW


Desolation Row
 
Oh Cinderella, she seems so easy
“Well, it takes one to know one,” she smiles
And she puts her hands in her back pockets
Oh Bette Davis style
And now but here comes Romeo, moaning
“You Belong to Me I Believe”
And then someone says,”You’re in the wrong place, my friend
You better leave”
And then the only sound that’s left
After the ambulances go
Is Cinderella sweeping up
On Desolation Row

“Desolation Row”
My Chemical Romance
“Watchmen soundtrack”


Chiunque si fosse trovato a passare da quei corridoi l’avrebbe reputata una scena assurdamente comica. Ed in effetti, quelli che si trovavano davvero nei corridoi in quel momento – ma anche quelli che erano nelle aule attorno e sentendo il casino erano usciti di corsa a godersi lo spettacolo – stavano ridendo. Sotto i baffi o apertamente, tanto i due protagonisti della sceneggiata ed i tre comprimari che li seguivano a distanza sembravano troppo presi da se stessi per badarci davvero.
-Sei una gran testa di cazzo!- urlava il più basso dei cinque al tizio bruno, alto e grosso, che li precedeva a passi pesanti, distanziato di un paio di metri scarsi.- Porca puttana Eva, Gerard!- lo apostrofò senza ottenere nulla.- Ti fermi e ne discutiamo civilmente?! È tutta la cazzo di notte che ci ignori!
La donna – l’unica del gruppo e che con gli altri non c’entrava assolutamente nulla tanto era diversa nel tuo tailleur formale e con la sua aria di distinta professionista quarantenne – sospirò voltandosi al ragazzo tatuato che le camminava di fianco scrutando con un misto di odio e rassegnazione il nano ed il bruno più avanti.
-Brian, ti prego.- sibilò la donna.- Fa qualcosa! Tutto questo è mortalmente imbarazzante!
-Credi che se avessi avuto un minimo di autorità su quei due, Stacy, saremmo qui oggi?- ringhiò in risposta lui.
La donna sospirò nuovamente, continuando a seguire i due in questione mentre loro si allontanavano sempre di più; immaginava che sarebbe stato totalmente inutile tentare di far notare loro che erano in Tribunale e bastavano già il loro abbigliamento ed i loro modi tutt’altro che eleganti a richiamare l’attenzione di chiunque fosse presente per cui si rassegnò a seguirli nello stesso silenzio sconfitto dell’uomo che le procedeva di fianco ed in quello imbarazzato del gigante biondo che camminava immediatamente dietro.
Il bruno uscì, superando le porte a vetri in fondo al corridoio come se la sola idea di restare lì dentro dovesse ucciderlo, e l’altro gli andò dietro con la stessa foga. La luce del sole di un fine marzo infuocato, l’odore dell’asfalto bruciato, il rumore del traffico di New York ed una pioggia di flash li investirono appena misero la testa all’aperto. Non badarono a niente di tutto questo. Domande e voci s’incrociavano sulle loro teste, ma il bruno guadò la ressa di giornalisti armati di macchine fotografiche e registratori facendo forza sulla propria mole e l’altro gli andò dietro abbastanza rapidamente da riuscire ad afferrarlo per la manica del giubbotto prima che s’infilasse in una delle due auto scure che li aspettavano accanto al marciapiede.
-Cosa cazzo vuoi, Frank?!- reagì il bruno votandosi con tanta ferocia da creare una bolla di vuoto attorno a loro, mentre i giornalisti, per quanto affamati delle loro pelli, si facevano istintivamente indietro di qualche passo.
Il tappetto, però, no. Lui non si mosse affatto e continuò a sfidare l’altro faccia a faccia, tenendolo per la manica del giubbotto così forte da costringerlo a liberarsi con uno strattone.
-Parlare…!- provò a dire.
L’altro neppure lo ascoltò.
-Ma si può sapere cosa ti aspettavi, eh?!- continuò, invece, con la stessa rabbia.- Se se qui per sentirti dire “grazie”, beh, allora vaffanculo! Nessuno ha chiesto a te o a Bob di mettervi in mezzo! Anzi! a dirtela tutta non mi dispiacerebbe affatto se vi faceste un pacco e mezzo di cazzi vostri e mi lasciaste un po’ in pace! Ne ho le palle piene di sentirmi il vostro fiato sul collo!
-Arrogante, figlio di puttana!- fu la reazione del più basso, inferocito.
Il bruno gli mise le mani addosso praticamente d’istinto, senza pensarci. I flash scattarono di nuovo ma nessuno dei due ci badò, il più grosso spintonò indietro il più piccolo, ma anche se era quasi il doppio l’altro resisteva a muso duro ed i due si fronteggiavano in una selva fatta di commenti e domande scomode che non ascoltavano affatto.
-Cosa cazzo credi! Che tutto ti sia dovuto? eh, Gerard?!- stava accusando il piccoletto.- Se io e Bob siamo intervenuti è perché siamo tuoi amici! Credi che fossimo felici quando lei è morta? Pensi che ci siamo sentiti bene nel leggere quel fottuto striscione?!
-NON PARLARNE!- fu il ruggito che il bruno gli scagliò addosso.
Ed il mondo intero si zittì come nella scena di un film.
Il più piccolo si fece indietro. In una resa silenziosa di cui il bruno approfittò immediatamente, s’infilò attraverso la portiera aperta dell’auto ed ordinò all’autista di muoversi ancor prima di chiudere fuori tutti gli altri.
Il tizio tatuato afferrò il piccoletto mentre la macchina si allontanava e la folla ricominciava a rumoreggiare in una catena discordante di domande confuse; lo prese per una spalla, di malagrazia, spingendolo a forza dentro la seconda auto su cui salì assieme al gigante biondo ed alla donna.
Nella quiete ovattata e dai vetri oscurati della limousine, Frank si lasciò andare all’indietro contro il sedile di pelle e chiuse gli occhi, come se avesse esaurito tutto in colpo le energie.
Adesso sì che sentiva addosso il peso delle botte, date e ricevute la sera prima, ed anche quello della notte in cella a camminare avanti ed indietro come un animale in gabbia – e quei cazzo di occhi ostinatamente fissi su qualsiasi cosa non fossero loro! – gli pesavano perfino le parole di quel Giudice idiota, che di loro tre non sapeva un cazzo ma si era preso comunque il disturbo di fargli la paternale, perché la gente come loro i valori veri della vita vera non sapeva manco cosa fossero “e bell’esempio che davano, poi, ai ragazzi di oggi!”.
Intanto allo Stato di New York non gliene fregava un cazzo se loro avevano o meno dei valori, i soldi della cauzione dalla Universal li aveva presi lo stesso e tanti saluti!
Che poi se ne parlava al processo, certo, ma comunque sapevano tutti e tre che un bel po’ di ore di servizi sociali non gliele avrebbe tolte nessuno. E tour sospeso dopo appena due date, visto che nessuno di loro poteva lasciare lo Stato.
Muovendosi impacciato per i muscoli indolenziti, il chitarrista si sistemò sul sedile dell’auto. Accanto a lui Brian si stava lamentando: contro i fan, contro il Giudice, contro Bob e Frank stesso...ma sopra ogni cosa si stava lamentando di Gerard. Istintivamente tese l’orecchio ascoltando quello che diceva.
-È completamente partito!- esclamò il manager spazientito. Stacy provò a rabbonirlo, anche lei l’avrebbe presa male al posto di Gerard, ma Brian ormai era partito in quarta e gli altri due ragazzi sapevano bene che era inutile tentare di fermarlo. E comunque erano oggettivamente nella merda, con tutti i soldi che la Universal aveva già speso per quel tour e tutti quelli che avrebbe dovuto spendere per spostare tutto a data da destinarsi. Non l’avrebbero passata liscia.- Completamente fuori di testa! Vorrei capire che cazzo gli è passato in quel cervello bacato! scendere a picchiare un fan!
-Un cazzone che gli stava insultando la moglie morta.- precisò piatto Frank senza muoversi e senza aprire gli occhi.
-Quello che sia, Frank! – strillò l’altro esasperato.- E voi due!- aggiunse indicando sia il chitarrista che il batterista seduto dal lato opposto dell’auto, accanto alla donna.- Come diavolo è saltato per testa a voi di andargli dietro!
Bob borbottò qualcosa, Frank non lo ascoltò. Un’urgenza nuova e pressante si era fatta strada nella testa del più giovane, scattò in avanti tanto rapidamente che Brian finì appiccicato alla portiera mentre lui si precipitava sull’altro sedile, piombando tra Stacy e Bob e picchiando contro il vetro che separava l’abitacolo del guidatore.
-Ha bisogno di qualcosa, Sig. Iero?- s’informò l’autista vagamente sorpreso abbassando il finestrino per potergli parlare.
-Sì. Portami da Gerard.- ordinò secco.
-Cosa?!- gridò Brian, mentre anche Bob gli chiedeva se fosse serio.- Quello ti ammazza se ti rivede davanti a lui prima del prossimo secolo, Frank!
-Ah, ma sta zitto, Brian! - lo apostrofò malamente il chitarrista, voltandosi a scoccargli un’occhiataccia- Tu non capisci un cazzo!- asserì cattedratico, ribadendo poi la propria richiesta all’uomo che ancora attendeva di capire dove puntare l’auto.- Casa di Gerard Way, adesso!
-Frank…- provò ancora Bob, ma l’autista aveva già richiuso il vetro ed invertito il senso di marcia.
Stacy si spostò vicino a Brian, mormorando qualcosa di incomprensibile sul fatto che “era troppo vecchia per certe cose”, lui si scusò e poi guardò i due musicisti uno accanto all’altro sul sedile. Frank si era sistemato di fianco a Bob, piantando lo sguardo fuori dal finestrino come se lo scorrere lento del traffico newyorkese fosse lo spettacolo più interessante del mondo, sembrava così risoluto che Brian si chiese se per caso non fosse vero che non aveva capito un cazzo. Decise di lasciarlo fare a modo suo.
-Devo andare da lui.- ci tenne comunque a ribadire il chitarrista.
Bob sospirò ed annuì, guardando poi il proprio manager con un’espressione che lo implorava di chiuderla lì.
***
Ci sarebbero stati almeno due ottimi motivi per non farlo.
Gerard se li era ripetuti entrambi prima di scendere dal palco, superare le bodyguard, scavalcare le transenne ed affondare in una folla urlante di ragazzini idioti solo per raggiungere lui e riempirlo dei pugni che si sentiva già sulle nocche delle mani.
Uno di quei motivi era il fatto che sarebbe successo un casino.
Il casino poi era successo davvero: Frank lo aveva seguito – perché cazzo non si decideva ad uscire dalla sua vita una volta per tutte?! – Bob, inspiegabilmente, era andato dietro al più piccolo ed, in definitiva, lo aveva seguito anche lui. Si era scatenata una rissa, si erano fatti male in parecchi, e loro tre - e lui - erano finiti a passare la notte al fresco.
I giornali scandalistici ci avrebbero ricamato su per mesi: i “My Chemical Romance” come dei veri teppisti di Belleville! Con lo spettacolino che lui e Frank avevano offerto davanti al Tribunale ci sarebbe stato di che parlare per i secoli a venire. Erano fottuti. La Universal se li sarebbe sbranati, tutti e cinque – pure quei due poveracci di suo fratello e Ray che, come al solito, con le loro beghe del cazzo non c’entravano nulla - alla fine lui e Frank c’erano riusciti davvero a distruggere la band.
Di tutta quella storia gli dispiaceva che fossero stati attenti a mettere lui in una cella diversa dalla loro. Gli sarebbe piaciuto riprendere il discorso da dove lo avevano interrotto quando la polizia li aveva separati.
L’altro buon motivo era che non ne valeva la pena.
Faceva un male fottuto dirselo, ma era davvero così. Non ne valeva la pena proprio per un cazzo.
Gerard si strofinò gli occhi, tra le mani la tazza di caffè stava diventando fredda in fretta, lui era stanco – erano più di ventiquattro ore che stava sveglio – eppure non aveva voglia di dormire, né di farsi una doccia, togliersi quegli abiti puzzolenti di dosso e trovarsi qualcosa da fare, che fosse pure chiamare suo fratello e rassicurarlo che era vivo. Brian ci avrebbe pensato, Brian pensava sempre a tutto e sapeva bene che Mikey e Ray non avrebbero perdonato di essere stati costretti a rimanere senza notizie dopo che lui aveva preteso restassero fuori da quella storia: bastavano tre componenti su cinque nella merda fino al collo, non c’era bisogno che i due “puliti” dimostrassero la propria simpatia per i delinquenti.
E pensare che quel concerto lo aveva aspettato spasmodicamente. Cazzo! due sere prima, a Newark, era stato quasi meno di un “assaggio”, non gli era bastato! era servito solo ad aumentare la sua fame! Lui voleva tornare a cantare, voleva tornare su un palco ad urlare, a gridare, a strillare tutto quel dolore che sentiva dentro e che non poteva esprimere in nessun modo!
Da lì sotto nessuno gli chiedeva perché urlasse, da lì sotto non venivano domande perché era come se lui e quella marea di teste che si agitavano avessero le stesse identiche domande da fare e le stesse risposte da darsi!
Era quello ciò di cui aveva bisogno.
Lo avevano capito anche Mikey, Ray e Bob quando avevano detto a Brian che erano a posto, che potevano – dovevano – ricominciare. E ‘fanculo se lì per lì Gerard urlava e sbatteva le porte in faccia alla gente e Frank lo mandava al diavolo nei corridoi degli Studi! Loro tre sapevano che ce l’avrebbero fatta, anche perché dovevano farcela. Lui non poteva continuare a tenersi tutto dentro e se quello era l’unico modo che avevano per aiutarlo, lo avrebbero usato.
Beh, quella sera Gerard si sentiva da dio su quel palco. New York! ai loro piedi. New York che li aveva aspettati e voluti ed ora li osannava. Come diamine avrebbe potuto sentirsi se non da dio? Le note di “Desolation Row” erano appena partite in un crescendo lento che lui amava: quella canzone era stata l’inizio, per lui. Il cambiamento era partito da lì e quello stile arrabbiato e cattivo, che era stata una scelta presa quasi per gioco quando avevano arrangiato “Desolation”, era diventata un’esigenza nuova che aveva finito per influenzare tutto il disco. Loro ci avevano messo dentro tanto, tutti quanti: lui la sua rabbia per il tradimento di Lindsay e poi per la sua morte; Frank l’odio che covava contro di lui perché era l’unico mezzo che aveva per difendersi; Mikey, Ray e Bob la rabbia che provavano nel vedere il loro sogno, realizzato, spaccarsi sotto i colpi che lui e Frank assestavano con metodo e precisione, litigandosi una leadership che formalmente Gerard deteneva, ma nei fatti era sicuramente del più giovane dei due. Con quello spirito i ragazzi suonavano “Desolation” e con lo stesso spirito lui la cantava, recitava i versi sul palco ad uso e consumo di un pubblico di cui in realtà si accorgeva solo di sbieco. Ognuno di loro, singolarmente, al partire del proprio “ruolo” aveva dimenticato quello degli altri, suonavano e cantavano per se stessi ed i My Chemical Romance smettevano di essere una band di cinque elementi e diventavano cinque unità distinte, chiuse in un assolo disperato.
Ma non importava. Perlomeno a Gerard non interessava davvero chiedersi il perché fosse lassù – una volta era una risposta che sarebbe stato in grado di dare ad occhi chiusi, svegliato nel cuore della notte – tutto quello che gli serviva erano le note nelle vene ed il dolore alla gola se sforzava la voce sentendo quel groppo fastidioso che sapeva troppo di rabbia trattenuta.
Poi, però, aveva abbassato gli occhi e nella marea indistinta delle teste che si muovevano a tempo con la sua aveva visto quel sorriso. Il sorriso prima dello striscione. Il sorriso perché era malato e sbagliato e lui ancora non ne capiva la ragione, aveva dovuto per forza accorgersi dello striscione per capirla.
“Ora che la puttana è morta, i My Chemical Romance possono risorgere dalle sue ceneri!”
Gerard si era detto che c’erano almeno due ottimi motivi per ignorare quella provocazione.
Se li era ripetuti entrambi: la Universal avrebbe sbranato ciò che restava di loro dopo il casino che ne sarebbe venuto su. E poi, comunque, non ne valeva affatto la pena.
Nonostante questo, Gerard era sceso dal palco, aveva superato le bodyguard che provavano a fermarlo ed aveva scavalcato le transenne.
In quel momento tutto ciò che voleva era scaricarli in faccia all’idiota, quei dannatissimi pugni che si sentiva sulle nocche!
All’indomani del ritrovamento del cadavere di Lindsay – si era ammazzata nel bagno di casa loro. Overdose. Era morta nella vasca, l’acqua era fredda quanto il cadavere quando Gerard l’aveva trovata – Brian gli aveva suggerito una soluzione semplice e rapida per fugare qualsiasi dubbio: un test di paternità sul feto che Linz aveva ammazzato insieme a se stessa. Gerard gli aveva risposto che non ne vedeva l’utilità, di chiunque fosse quel figlio, ora come ora lui era l’unico ad essersela presa a quel posto e tanto bastava.
Era sufficientemente sincero, quantomeno nel non voler dare una risposta ai propri dubbi.
Quando Lindsay gli aveva annunciato di essere rimasta incinta, Gerard aveva già scoperto della relazione tra lei e Jimmy da un po’, ed era un po’ anche che programmava di piantarla, rinviando per i motivi più stupidi. Il suo dirgli del bambino, con quell’aria felice e serena di mammina già fatta e finita, gli aveva fatto saltare i nervi ed insieme gli aveva reso chiaro che no, non poteva davvero lasciarla.
Del resto sapeva che, se la storia tra loro aveva smesso di funzionare già un mese dopo il matrimonio, la colpa era principalmente sua. Aveva sposato Lin-z per i motivi più sbagliati del mondo, non se li era nemmeno raccontati e, di sicuro, non li aveva mai detti a lei. Ma Lynz non era una cretina e non le ci era voluto molto per accorgersi che il loro rapporto era tutto sbagliato, nato sbagliato e tenuto in vita per un’ostinazione infantile di Gerard. Lui non riusciva ad ammettere con se stesso il proprio errore e, quindi, non era disposto nemmeno a mettere una pietra su quella farsa che era diventata il loro matrimonio.
Che poi, “diventata”…Ad essere onesti era stata una farsa già nel suo nascere! se ci ripensava Gerard scoppiava a ridere da solo.
In ogni caso, che il bambino fosse suo o di Jimmy, Gerard aveva preferito tenersi l’uno e l’altra - la madre - e fingere che fosse tutto perfettamente in ordine anche se non lo era affatto.
I problemi veri all’interno della band erano nati allora; anche perché la scoperta del tradimento e l’annuncio della gravidanza di Lindsay avevano coinciso con l’inizio delle registrazioni per l’album nuovo. Gerard si era ritrovato a dover dividere nuovamente gli stessi spazi vitali con Frank dopo che per mesi l’unico passatempo di quest’ultimo era stato buttare merda su di lui e su tutti i My Chemical Romance, nascondendo dietro quell’odio feroce la verità della loro amicizia bruciata. Nessuno di loro due era davvero disposto a concedere niente all’altro, Gerard perché sentiva di non potersi fidare di nessuno dopo aver perso in un colpo le due persone che reputava più importanti nella propria vita, Frank perché se avesse concesso un solo metro sarebbe morto e, se doveva uccidere per sopravvivere, lo avrebbe fatto senza rimpianti. Gli altri tre avevano sopportato in un silenzio preoccupato, parteggiando per Gerard in modo più o meno velato solo perché lo consideravano – a ragione – l’elemento più debole tra loro. Frank non glielo perdonava.
Poi Lynz era morta.
Per la precisione si era ammazzata. Non nel senso di suicidata, no, ma per Gerard – che per quella merda ci era passato e ne era uscito – farsi equivaleva ad un suicidio e se solo lo avesse saputo che lei si bucava, avrebbe cercato in tutti i modi di tirarla fuori da quello schifo. Anche perché così aveva ammazzato pure il bambino ed anche se non fosse stato suo – cazzo, Brian, non m’interessa saperlo! – quella povera creatura non se lo meritava proprio di morire a quel modo.
Beh, comunque Lynz era morta. Alla vigilia dell’uscita dell’album, per giunta. Le ultime tre canzoni da definire, le date del tour già studiate a tavolino, il lancio promozionale, le serate ad MTV, il concerto di presentazione… Brian aveva guardato la faccia di Gerard mentre sedeva nella sala d’aspetto dell’ospedale, poi quelle di Bob, Ray e Mikey tutti attorno a lui, ed aveva capito che poteva dire addio a questo disco. Almeno per il momento.
Il campanello di casa doveva stare suonando già da un po’.
In realtà Gerard lo aveva anche sentito, solo che aveva sperato che, chiunque fosse, si sarebbe arreso nel vedere che lui non andava ad aprire. Alla fine sospirò, lo scampanellio si era fatto più insistente invece di diminuire ed il qualcuno sulla soglia batteva pugni contro la porta nemmeno intendesse buttarla giù. Si alzò, lasciando lì la tazza e camminando lento e stanco lungo il corridoio buio: non apriva le finestre di casa da settimane, ormai, quando venivano a fare le pulizie si raccomandava di richiuderle tutte appena finito. Allungò una mano verso la serratura interna facendola scattare, ruotò il pomello ed aprì.
-Sei una testa di cazzo.- lo accolse Frank, aria truce e sguardo fosco.
Ma Gerard lo conosceva comunque troppo bene per non accorgersi di quanto fosse preoccupato.
 
Nota di fine capitolo della Nai:
 
In questo caso sono doverose un certo numero di “spiegazioni”.
Ho iniziato a scrivere questa storia moltissimo tempo fa, per la precisazione nell’estate del 2009 ed all’indomani dei “fattacci” che tutti i fan dei MyChem conoscono.
Allora provai ad ipotizzare l’evolversi della situazione a seguito del matrimonio di Gerard, dell’annuncio della gravidanza di Lin-z ecc. ecc. Se ci fosse stato un nuovo album - mi dicevo - niente sarebbe potuto essere più come prima.
Adesso un nuovo album c’è. Confesso di non essere riuscita, ancora, da inquadrare esattamente “il cambiamento” del gruppo - anche se è evidente che anche quello ci sia stato - ma sono quasi certa che, nell’attuale assetto di cose, “Desolation Row” si configuri come un AU fortemente OOC.
Per motivi sentimentali intendo comunque portarla avanti, premettendo che, ad oggi, non è ancora conclusa ma è un lavoro che mi piace abbastanza da volerlo terminare.
Spero che potrà incontrare anche il vostro positivo giudizio, nonostante sia una libera interpretazione di “quello che sarebbe potuto essere, ma non è stato”.
 
Grazie in anticipo a coloro che, sulla semplice “fiducia”, mi hanno confermato il proprio affetto ^_^
MEM
 
  
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