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Autore: RukiLex    29/11/2010    3 recensioni
Ichigo Kurosaki è il capitano della H.M.S. Vincent, della Marina Reale Britannica.
Rukia Kuchiki è il comandante della Soul Warrior, una nave pirata. Ma chi sono veramente i pirati e quali segreti nascondono?
Un altro incontro casuale, un'altra storia del destino. IchiRuki.
[Traduzione di Elwerien]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo capitolo! Scusate l’attesa infinita, ma ho iniziato quest’anno l’università e sto avendo difficoltà a trovare momenti liberi. Non aspettatevi aggiornamenti veloci, ecco^^ cerco comunque di fare del mio meglio.
Grazie per le recensioni sia da parte mia (mi rivolgo a chi si è congratulato per la traduzione) sia da parte di RukiLex. Vorrei rispondere in particolare a Eragon1001 che mi ha chiesto se ho intenzione di tradurre alcuni capitoli seguendo la versione di fanfiction.net (rating safe) o di DeviantArt (NC17). Ammetto che ancora devo pensarci, ma per il momento sarei più propensa per la versione di fanfiction.net, così anche i minorenni possono leggere senza problemi di convalide account varie (e illegali xD). Al massimo potrei fare degli spin-off a parte, come one-shot =)
Angolino pubblicità: se state leggendo “The Pirate Queen” vuol dire che vi piacciono le AU IchiRuki, quindi vi segnalo che ho aperto un concorso di fanfiction AU sul Death&Strawberry fan forum (“A whole new world”, link: http://deathstrawberry.forumfree.it/?t=51601570). L’iscrizione è aperta anche agli utenti esterni al forum, quindi passate pure senza problemi!

Elwerien



The Pirate Queen
Capitolo Due: Venti favorevoli





“Non potevi proprio resistere, eh?” rise Ichigo, singhiozzando lievemente. Si diresse di nuovo verso il tavolo, afferrando la bottiglia di whiskey mezza vuota e prendendone un sorso.

“No”, replicò Hisagi, sorridendo.

“È fuori dalla tua portata, Shuuhei”, lo ammonì Ichigo, appoggiandosi al tavolo.

“E… quindi?” chiese Hisagi.

Ichigo scosse la testa. “Ti mangerà vivo”, disse, prendendo un altro sorso.

“Di cosa ti preoccupi? Ci sarai tu a salvarmi la pelle”.

“Ma almeno sai chi sono i Kuchiki?” chiese, passando la bottiglia a Hisagi.

“Compagnia di navigazione. Pieni di soldi” tagliò corto Hisagi, buttando giù il liquore.

“Questo non si avvicina neanche a descriverli””, rise Ichigo, sedendosi su una sedia e appoggiando i piedi sul tavolo. “Posseggono mezza Londra, e parte di Boston, New York e Charleston, fra le altre cose”.

“Sembra grandioso”, replicò Hisagi, ora sorridendo "Mangeremo molto meglio alla loro tavola che alla nostra."

"Sei un approfittatore, Hisagi," disse Ichigo, impassibile.

“Quindi, hai intenzione di raccontarmi quello che Yamamoto aveva da dire, o devo provare ad immaginare?”

“Ha pensato che fossimo diventati pazzi”, replicò Ichigo, il sorriso ora svanito. “Mi ha strappato il rapporto davanti agli occhi e mi ha detto di non parlare più della faccenda”.

“Pensi che mi sia immaginato tutto?” chiese Hisagi. “Voglio dire, tu non l’hai vista scomparire…”

“Ho visto l’intera nave illuminarsi come un lampione, e ti credo. È scomparsa”, disse Ichigo, guardando fuori dalla finestra in direzione del molo. “E poi, se il vascello è affondato, perché non c’erano rottami sull’acqua?”

“Non lo so” rispose Hisagi, prendendo un altro sorso di whiskey mentre la stanza cominciava a girare.

“Non è affondata”.

“Quindi facciamo finta e basta che non sia successo niente? Ignoriamo l’intera faccenda?” l’espressione di Hisagi era arcigna.

“No”, replicò Ichigo, gli occhi ridotti a fessure. “Facciamo il nostro lavoro, ovvero salpiamo quando ce lo ordinano”.

Hisagi grugnì.

“E, se per un caso fortuito dovessimo finire nelle vicinanze del luogo in cui quella nave è svanita, vorrà dire che indagheremo”, concluse Ichigo, con un sorriso impercettibile. “Yamamoto non dovrà saperne nulla, almeno finché non saremo in grado di provare che non eravamo ubriachi* quando la nave si è illuminata ed è scomparsa.”

Fra tutti e due, riuscirono a far fuori il resto della bottiglia di whiskey e ad arrivare alle loro stanze prime di crollare.


“Ospiti?” il viso di Byakuya Kuchiki era, come sempre, privo di espressioni.

“Marina Reale”.

“Hmmmph.”

“È un problema, Niisama?”
“A quale proposito invitarli?”

“Per saperne di più sulla nave che ha quasi affondato la Soul Warrior”, disse lei, cercando di capire se la frase avesse ottenuto l’effetto previsto. L’altro alzò un sopracciglio.

“È già un traguardo”, pensò, nascondendo un sorriso.

“Hai la mia attenzione, Rukia-chan”, disse Byakuya, e lei pensò di aver sentito una nota di ammirazione nella sua voce.

“Sei curioso, Niisama, ammettilo”. Sapeva di star portando al limite la sua pazienza, ma continuò.

“Forse,” replicò lui, l’espressione indecifrabile.

“Nessun’altra nave si è mai avvicinata tanto a noi prima”, replicò. “Questo capitano –tale Ichigo Kurosaki- è diverso.”

“In cosa?” chiese Byakuya. “È un uomo, come chiunque altro.”

“Non ne sono così sicura”, rispose lei, e poté sentire la sua curiosità crescere, nonostante la facciata fredda.

“Istinto”, disse Byakuya, con noncuranza. “Niente di più”.

“Senza dubbio possiede un eccellente istinto per la battaglia”, replicò. “Ma c’è qualcos’altro”.

Byakuya alzò un sopracciglio, ma non disse niente.

“Saranno qui fra poco”, disse Rukia.

“…Tollererò l’intrusione”. Gli angoli della bocca di lei si curvarono in un mezzo sorriso, mezzo ghigno.

“Grazie, Niisama”, disse, girandosi e salendo su per la grande scala che conduceva alle sue stanze. Si sarebbe divertita. Lo sapeva.


Ichigo e Shuuhei guardarono l’imponente costruzione e fecero del loro meglio per non rimanere a bocca aperta. Gli effetti del whiskey avevano iniziato a svanire, e entrambi gli uomini si stavano chiedendo in cosa erano andati a cacciarsi. Shuuhei, che era cresciuto per le strade di Londra con poco più che stracci per vestiti e ancora meno per cibo, si sentiva completamente fuori dal suo elemento. Aveva chiesto in prestito ad Ichigo uno dei suoi completi per l’occasione, e gli stava bene, se non per il colletto, che continuava a strattonare a disagio.

Ichigo, la cui famiglia non era mai stata povera, ma che non amava mischiarsi alla società di Londra, aveva le sue ragioni per temere l’incombere della serata. Non aveva mai incontrato Byakuya Kuchiki, ma l’aveva sentito descrivere come ‘smorto’, ‘snob’ e ‘pieno di sé’ in numerose occasioni, ed era convinto che l’avrebbe detestato. Eppure, doveva ammettere di essere lievemente incuriosito da quell’uomo, e, ancora di più, dalla donna che Byakuya chiamava ‘sorella’.

Rukia non era, Ichigo lo sapeva, sorella di sangue di Byakuya. Piuttosto, era stata adottata dalla famiglia Kuchiki da giovanissima ed era stata accettata nell’alta società di Londra solo in virtù della vasta portata dell’influenza di Byakuya. Nonostante non l’avesse mai incontrata prima che lei stessa si fosse presentata alla locanda, Ichigo sapeva che Rukia era una potente guida della Kuchiki Enterprises – influente quasi quanto Byakuya. Di tale potere non si era quasi mai sentito nella società inglese, in un tempo in cui ci si aspettava che le donne stessero a casa a badare ai figli e al marito, e non avevano alcun potere se non per decidere cosa servire ai pasti. E, sebbene protestasse il contrario a beneficio di Hisagi, Ichigo trovava questo potere davvero affascinante.


Attraversarono un cancello di ferro, un piccolo giardino, e salirono su per una ripida serie di gradini di marmo prima di raggiungere le imponenti porte di legno principali. I battenti erano massicce creazioni di ottone con piccole navi incise sugli anelli. Che fosse per una questione di nervi, o solo per il troppo whiskey, Hisagi aveva assunto un colorito decisamente verde quando le porte si spalancarono e luce si riversò dall’edificio sui loro volti. Un’anziana cameriera li condusse nell’atrio principale, che era rivestito di elegante marmo bianco e rosa e che si estendeva fino al retro della struttura. Il tutto finiva in un’enorme scalinata che si spezzava in due scale più piccole e portava ad un piano mezzano ed ai livelli più alti. Nonostante la magnificenza dell’atrio, il salotto verso cui la cameriera li scortò era piccolo e semplicemente arredato, con comodi divani e poltrone imbottite. Un piccolo fuoco era acceso nel camino, e un assortimento di dolciumi, sigarette e sigari era disposto sui tavoli. Hisagi occhieggiò i sigari con desiderio, ma vide lo sguardo di sdegno sul volto di Ichigo, e si trattenne dal prenderne uno e accenderlo. Il Capitano Kurosaki non permetteva a nessuno degli uomini sotto il suo comando di fumare in sua presenza, che fossero o no fuori servizio. Nessuna eccezione.

“Ma siamo in permesso a terra” protestò Hisagi, facendo del suo meglio per irritare Ichigo, che non abboccò.

Ci fu un leggero cigolio quando le porte del salotto si aprirono, e i due si alzarono e si girarono per vedere Rukia ferma sulla porta. Era abbagliante, in un lungo abito di velluto verde smeraldo dai minuziosi ricami d’argento sulle maniche e sugli orli, la sua carnagione pallida e i capelli scuri messi in risalto da un paio di orecchini di smeraldi e da una collana abbinata. Fece loro un cenno e sorrise.

“Signori”, disse, “vi siete resi molto presentabili”. Si inchinarono verso di lei, e lei andò loro incontro. “Sono contenta che siate venuti”.

Non c’era timidezza nel suo atteggiamento; era chiaramente a suo agio con degli uomini attorno, non ne era intimidita. Hisagi, superando il suo iniziale disagio, tornò a giocare sul suo fascino, prendendole la mano e baciandola come aveva fatto prima. Rukia allora guardò Ichigo, un sorriso giocoso sulle labbra, come a voler dire, ‘e tu invece?’. Ichigo, comunque, le prese la mano e gliela strinse, come avrebbe potuto fare con un uomo, con una stretta energica. A questo gesto, Rukia sorrise senza riserve, continuando a stringere la mano dell’altro un po’ più del necessario, guardandolo negli occhi, sfidandolo.

“Il piacere è tutto nostro”, disse Ichigo, decidendo che una piccola competizione amichevole con Hisagi poteva animare un po’ la serata. Hisagi strattonò il suo colletto, avendo realizzato che lo scontro iniziale nella battaglia per ottenere l’attenzione di Rukia era stato perso in favore del suo ufficiale superiore.

“Prego, Capitano Kurosaki, Luogotenente Hisagi, sedetevi”, disse Rukia, ignorando i loro sguardi stupidi all’uso che lei aveva fatto dei loro titoli.

Si mosse verso una piccola vetrinetta e tirò fuori tre bicchieri di cristallo, versando in ognuno un po’ di liquido color ambra. “Cognac?” chiese, porgendo a ciascuno di loro un calice e prendendone uno per sé, quindi sedendosi di fronte a loro a portandosi il calice alle labbra, inalando l’intenso aroma e chiudendo lentamente gli occhi.

“Pensavate davvero che fossi così male informata da non sapere a chi avessi esteso il mio invito a cena?” chiese, con un sorriso caloroso.

Ichigo tossì e lanciò un’occhiata a Hisagi, che soffocò una risata. “Non potrei mai credere che voi siate male informata”, disse Ichigo, smettendo di sorseggiare il cognac. “Ammetto di essere, comunque, impressionato”.

“Davvero?” chiese Rukia, le labbra scherzosamente contratte. “Suppongo che dovrei essere lusingata, Capitano”.

“Senza dubbio”, replicò Ichigo, guardandola con interesse crescente. Qualsiasi pensiero rimanente dei benefici di una compiacente, malleabile donna aveva ora abbandonato la sua mente – era davvero intrigante, con il suo sguardo deciso e maniere non di meno femminili. Non aveva mai conosciuto un’altra donna di tali evidenti contraddizioni.

“So molto di più sul conto di entrambi, naturalmente”, disse. “Per esempio, so che siete stati lasciati a terra per un mese in seguito ad un incontro con una nave di pirati al largo delle coste di Antigua avvenuto qualche mese fa”.

Ichigo si impose di non mostrare la sua sorpresa. Come aveva fatto a saperlo? Non aveva parlato a Yamamoto che qualche ora prima.

Lei sorrise, rispondendo alla domanda non detta. “I nostri affari si basano sulla navigazione, Capitano Kurosaki. E conoscere tutto ciò che c’è da sapere sulle navi, sia miliari che di altro genere, mi riguarda personalmente. Alla vostra nave era stato assegnato il compito di pattugliare le coste degli Stati Uniti e dei Caraibi –proprio le rotte di navigazione che la mia compagnia utilizza regolarmente per inviare merci dall’Europa all’Asia.” Hisagi guardò Ichigo, chiaramente intimorito. Ichigo sorrise, determinato a non rivelare quanto anche lui fosse impressionato.

Bussarono delicatamente, e la cameriera entrò nella stanza. “La cena è pronta, Miss,” disse.

Rukia si alzò. “Signori, mio fratello ci attende”. La seguirono su per i gradini di marmo verso la vasta, formale sala da pranzo al piano mezzano dell’edificio.

Dire che la sala d pranzo era riccamente decorata sarebbe stato sottovalutarla – la stanza era grande abbastanza da ospitare un centinaio di ospiti seduti, e alle pareti erano appesi enormi specchi intagliati e decorati a foglie d’oro.

La vasta tavola era apparecchiata, all’estremità più lontana e per cinque persone, con le migliori porcellane europee di un azzurro favoloso e dai dettagli d’oro dipinti a mano. Le posate d’argento disposte in maniera impeccabile scintillavano come specchi. Ichigo udì Hisagi inspirare. Per quanto il Club degli Ufficiali fosse ben arredato, questo era di tutt’altro livello.

All’estremità stava Byakuya, splendente in un completo di velluto blu scuro con una camicia color crema. Indossava un notevole ornamento su un lato dei suoi lunghi capelli neri, e Ichigo si chiese vagamente dove il maggior esponente dei Kuchiki avesse trovato un oggetto tanto strano. Seduta alla destra di Byakuya c’era una donna dai lunghi capelli castano ramato. Appena entrarono nella stanza, Byakuya e la donna si mossero per raggiungerli. Byakuya strinse la mano sia ad Ichigo che ad Hisagi, ringraziando entrambi gli uomini per essersi uniti a loro.

“Permettetemi di presentarvi mia cugina, Orihime Inoue,” disse quindi Byakuya, accennando alla donna che sedeva al suo fianco. “È nostra ospite mentre frequenta la scuola a Londra.”

Hisagi prese la mano di Orihime e la baciò. Ne era chiaramente colpito, anche se Ichigo dovette sorridere –erano poche le donne giovani e attraenti che non avevano lo stesso effetto sul suo primo ufficiale.

“Piacere di conoscervi,” disse Orihime, stringendo la mano di Ichigo e quindi voltandosi per baciare Rukia su entrambe le guance, alla moda europea.

I cinque furono fatti accomodare alla tavola e quasi immediatamente furono serviti della minestra più fragrante che Ichigo avesse mai annusato, insieme a grandi calici di uno Chateau Margaux del 1855 –un vino che Ichigo aveva assaggiato solamente una volta prima di allora, e che suo padre, Isshin, si era procurato a caro prezzo per festeggiare la promozione di Ichigo a Capitano. Come volle la sorte, anche se Ichigo dubitava sinceramente che la sorte fosse coinvolta, Hisagi fu fatto sedere vicino ad Orihime, mentre lui prese posto fra Byakuya e Rukia. A prescindere da quale fosse l’intento, Ichigo fu soddisfatto della disposizione.

La conversazione, almeno all’inizio, consistette più che altro in chiacchiere –l’aumento del traffico marittimo nell’Atlantico, il costo delle merci trasportate fino all’Europa dall’Estremo Oriente che era salito alle stelle, e la crescente popolarità dei prodotti provenienti dal nord Africa, fra cui frutti esotici e tessuti. Dopo che la portata principale fu servita, comunque, la discussione si spostò più verso argomenti su cui Ichigo e Hisagi erano intimamente familiari –la difficoltà di navigare certe aree nei Caraibi e, ultimamente, la recente serie di attività piratesche che interferiva nel traffico commerciale e, in generale, in quello marittimo.

“Sono stato informato da mia sorella che la vostra nave, l’H.M.S. Vincent, è assegnata al pattugliamento contro i pirati, Capitano”, disse Byakuya, sorseggiando il vino e rivolgendosi all’uomo dai capelli arancioni seduto alla sua sinistra.

“Ormai è quasi un anno che siamo assegnati ai Caraibi”, replicò Ichigo. “Ora siamo a terra in permesso per un mese in attesa che vengano fatte alcune riparazioni alla Vincent.”

“Avete catturato dei pirati?” indagò Rukia, con interesse.
“Abbiamo affondato sei navi in quelle acque”, disse Hisagi, chiaramente fiero del risultato.

“Impressionante”, replicò Rukia, tra piccoli bocconi.

“Ci piace pensarla così,” disse Ichigo, con un ghigno.

“Mia sorella mi dice che siete stati coinvolti in uno strano incidente al largo delle coste di Antigua qualche mese fa”, disse Byakuya, casualmente.

“Strano?” ponderò Orihime. “In che senso, Kuchiki-sama?”

“Secondo alcune voci, una nave pirata è scomparsa nel bel mezzo di una tempesta mentre veniva inseguita dalla Vincent”, replicò Byakuya.

“Intendete dire che è affondata?” chiese Orihime.

“No”, replicò Byakuya, ora guardando direttamente Ichigo. “È scomparsa nel nulla”.

La bocca di Orihime si strinse in un “oh” a questa affermazione, e i suoi occhi si spalancarono.

Rukia rise, “Scommetto che i pirati andavano semplicemente più veloci di voi, Capitano”, disse, sperando chiaramente di infastidire Ichigo.

“È possibile”, replicò Ichigo, incerto. “Ad ogni modo, non mi è concesso di parlare di questo incidente”. Orihime parve delusa.

“Come sono i pirati, Capitano Kurosaki?” chiese con palese curiosità.

“Dipende dai pirati” rise Ichigo, affascinante. “Ce ne sono di tutti i tipi –criminali tagliagole che si curano ben poco della vita degli uomini, così come quelli che considerano veramente la pirateria come un affare, e non sono nient’altro che assetati di sangue”.

“Com’è eccitante!” esclamò Orihime, quasi rovesciando il suo vino.

“Oh, lo è”, disse Hisagi, sorridendole. Lei ridacchiò e quindi arrossì.

“Ho sentito dire che ci sono pirati che possiedono abilità magiche e che venerano il voodoo insieme alle culture native”, disse Orihime, chiaramente affascinata dal concetto.

“L’ho sentito dire anch’io”, disse Ichigo. “Ma sono solo voci, Inoue-san, senza alcun fatto a supportarle. Al di là del fatto che sono senza dubbio pittoreschi, i pirati sono comunque solo uomini. Vivono, muoiono, proprio come noi.”

“Dunque non attribuite il fatto alle antiche religioni, Capitano Kurosaki”, osservò Rukia.

“Difficilmente”, replicò lui. “Queste storie sono state raccontate per il solo proposito di invadere di paura i cuori dei marinai e per tenere gli Europei lontani dalle isole, così che i pirati e gli altri criminali possano operare indisturbati”.

“Ne presumo che non crediate nelle cose che non potete spiegare, non è vero, Capitano?” chiese Rukia, prendendo un sorso particolarmente lungo dal suo bicchiere di vino.

“Assolutamente no”, rispose Ichigo, nonostante il ricordo della nave pirata che si illuminava nel mezzo dell’oscurità della tempesta lo fece muovere sulla sedia, a disagio.

“È un vero peccato”, ribatté Rukia, rivolgendogli un sorriso. “La vita risulta essere molto più interessante se non si trova così facilmente una risposta a tutte le domande”.

La cena terminò non molto dopo, e Byakuya si congedò in fretta, spiegando che un grosso carico destinato a Boston aveva incontrato delle difficoltà alla dogana, ed era necessaria la sua immediata presenza per sistemare la situazione. Rukia e Orihime accompagnarono i loro due ospiti in un vasto balcone adiacente alla sala da pranzo per godere della calda aria della notte. Come previsto, Hisagi e Orihime passeggiarono in un lato della balconata, mentre Ichigo rimase con Rukia.

“Non credete che la nave vi abbia sorpassati, non è vero, Capitano?” chiese Rukia, dirigendo la sguardo verso il giardino sotto di loro.

“No”, fu la risposta di Ichigo.

“Ma non credete neanche che sia affondata, giusto?”
“No”, replicò, testardo. Lei si girò verso di lui, appoggiandosi al corrimano di ferro e scrutandolo con un’occhiata di curioso interesse.

“Come lo spiegate, quindi?” disse, ironica.

“Non posso farlo”, rispose semplicemente, desiderando non continuare oltre quella discussione.

“Siete davvero pieno di contraddizioni, Capitano Kurosaki”, disse lei, con un sorriso.

“Vi prego, chiamatemi Ichigo”, disse, realizzando per la prima volta quanto fossero belli i suoi occhi viola visti da vicino.

“Solo se voi mi chiamerete Rukia”, rise lei. Erano molto vicini adesso, e Ichigo lanciò un’occhiata a Hisagi e Orihime, che erano faccia a faccia, immersi nella conversazione, dimentichi del resto del mondo.

“Rukia”, disse, ripetendo il suo nome. “Perché ci hai invitati qui stasera?”

“Non smetti mai di sorprendermi, Ichigo”, rispose lei, evitando la domanda. “Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere ricevere il mio invito, nient’altro”

“Sono, per natura, un uomo altamente sospettoso”, rispose lui, con un ghigno. Lo diceva solo in parte per scherzare. Era davvero curioso di sapere le sue motivazioni.

“Bene, dunque” disse Rukia, spostando un ciuffo di capelli in disordine dagli occhi. ”Vi ho invitati qui perché ero curiosa su di te, Ichigo”.

“Me?”

“So della tua famiglia, naturalmente”, spiegò. “Tuo padre è un chirurgo, credo”. Ichigo annuì. “Mi sembra abbastanza strano che un uomo che aveva avuto poco a che fare con la navigazione quasi fino a quando non è diventato adulto, e nella cui famiglia non ci sono marinai, abbia scelto la carriera che hai scelto tu e abbia avuto tale successo in un così breve periodo di tempo”. Ichigo alzò un sopracciglio, un sorrisetto stampato sulla faccia.

“Ero sempre annoiato, vivendo nella nostra uggiosa periferia londinese”, disse, semplicemente. “La navigazione mi ha dato l’opportunità di vedere il mondo, alla mie condizioni. Questo ti sorprende?”.

“No” rispose lei, studiando la sua espressione. “Suppongo di no”.

“E per quanto riguarda te, Rukia?” chiese. “Perché hai scelto di aiutare tuo fratello nei suoi affari, quando avresti potuto vivere una vita agiata e viaggiare per il mondo nel lusso?”

“Per prendere in prestito le tue parole, occuparmi di affari ha dato modo anche a me di vedere il mondo, e alle mie condizioni”, fu la sua replica.

“Sei una donna affascinante, Rukia”, disse, ridendo dolcemente. “Ho come il presentimento che in te ci sia molto di più di quello che suggerisce l’apparenza, o che ammetteresti facilmente”.

“Questo ti disturba, Ichigo?” chiese lei, il viso illuminato da un sorriso malizioso.”

“Per niente”, disse, avvicinandosi a lei. “Infatti, è proprio quello che ti rende tanto interessante”.

“Sono lusingata”, mantenendo la presa.

“Dovresti”, disse lui, avvicinando a sé il suo viso e baciandola sulle labbra. Quindi, lasciandola, disse, “mi fa desiderare di sapere di più su di te”.

“Allora dovrete aspettare per un bel po’ di tempo, Capitano Kurosaki”, disse, sorridendo. “Non ho nessuna intenzione di rivelarvi tutti i miei segreti –almeno, non tutti in una volta”.

La prossima volta che l’avrebbe visto sarebbe stato mesi più tardi, al comando dell’H.M.S. Vincent nel mar dei Caraibi – e si sarebbe rivelato un incontro di gran lunga diverso, per entrambi…



* “To be three sheets to the wind” significa letteralmente “avere tre vele contro vento”, ed è un modo di dire che significa “essere ubriachi”.
  
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