Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Nightmare    27/11/2005    9 recensioni
“Piango perché non riesco a fare altro. Salato che si aggiunge ad amaro, perle di luce sbiadite su un volto consunto e consumato da odio e rancore. Piango. Perché non servirebbe a nulla porre freno alle lacrime, arginandole, trattenendole… non servirebbe farsi ancora più male.” Il mondo è nel caos. Le vittime del regime oscuro non si contano più. La luce della speranza si è spenta, la resa è avvenuta. Potranno il ricordo e un sentimento potente e passato ricucire nella realtà quello che ormai esiste solo nella memoria? Ron e Hermione saranno sottoposti ad una dura prova, in un mondo nel quale non esiste più giustizia, ma solo ovvietà. Potranno uscirvi solo con rabbia, con orgoglio. Con l’orgoglio che alberga dentro la loro anima forse riusciranno a trovare la verità.
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Riveduta e corretta

Riveduta e corretta

 

Dedicata alle persone che mi sono state vicine nei momenti difficili.

 

Non vorrei dilungarmi troppo.

Le cose da dire, in fondo, non sono poi molte quindi cercherò di parlare dell’essenziale, senza troppi giri di parole. Questa storia, contrariamente al mio modo di fare, non è una storia breve, non è una one-shot, ma è una storia ha più capitoli. Non so ancora se sarà una short-fic, o una long-fic, anche se propendo decisamente per la prima ipotesi, e francamente non so dove mi porterà a finire.

Semplicemente l’ho scritta, così… in un attimo di tempo. Più come sfogo che come idea ponderata e infine creata. Non so se può avere più o meno un senso.

Io ci ho provato, credo, a costruire una rappresentazione credibile senza strafare, ma in fondo non sono poi così convinto.

Il genere ovviamente è triste, drammatico, e sicuramente sfocerà anche nel romantico, ma non in questo capitolo. Giusto per il fatto che questo non è un capitolo, ma bensì un prologo, una base.

Spero possa incuriosirvi e nel caso appassionarvi.

Le cose da dire sono terminate. L’unica cosa che posso fare è augurarvi una buona lettura, sperando di tenervi piacevolmente compagnia per questo breve periodo.

E adesso… Orgoglio, orgoglio e verità.

 

*** *** ***

 

I personaggi di questa one-shot appartengono tutti a J. K. Rowling. Io li ho utilizzati solo per divertirmi e dilettare tutti quelli che leggeranno questo breve racconto. I fatti narrati di seguito non sono mai accaduti nella saga di Harry Potter. Questa storia è stata scritta senza nessuna intenzione di lucro, si ritiene, quindi, che nessun diritto di copyright sia stato violato.

 

*** *** ***

 

Giustizia e verità non sempre coincidono

 

Sentimental days
In a misty, clouded haze
Of a memory that now feels untrue
I used to feel disguised
Now I leave the mask behind
Painting pictures that aren't so blue
The pages I've turned
Are the lessons I learned

Somebody bring up the lights
I want you to see
(Don't you feel sorry for me)
My life turned around
But I'm still living my dreams
(Yes it's true that I've been)
And through it all
I hit about a million walls
Welcome to my truth
I still love, love
Welcome to my truth
I still love

 

Giorni sentimentali
in una misteriosa foschia nuvolosa
di memorie che ora sembrano false
sono abituata a sentirmi disgustata
ora abbandono la maschera dietro
quadri dipinti che non sono così tristi
le pagine che ho girato sono le lezioni che ho imparato

qualcuno ha acceso le luci, voglio vedere
(non sentirti dispiaciuto per me)
la mia vita prendere una svolta positiva
ma sto ancora vivendo nei miei sogni
(si è vero lo sto facendo)
sono passata attraverso tutto
colpito circa un milione di muri
benvenuto nella mia verità

Io amo ancora
benvenuto nella mia verità

Io amo ancora

 

(Welcome to my truth – Anastacia)

 

Orgoglio e verità

 

Prologo

 

Giustizia e verità non sempre coincidono.

Ci sono casi – o ovviamente modi di vedere – che comprovano spesso questo fatto.

A volte non serve fare giustizia se poi, in fondo – dentro a noi stessi – non conosciamo quello che è successo realmente. La verità è una cosa strana, ambigua… che presenta svariati aspetti e che a volte confonde, irretendo.

Molti, nel tempo, hanno prodigato il loro sapere come veritiero, lasciando erroneamente al caso il compito di supportarli nelle loro mancanze, ma spesso la loro condizione rappresentava solo una schermata apatica, inerme, bramosa di potere e di comando…

Molti si sono visti condannare da volti sconosciuti e da voci ignote, non sapendo per quale smodata ragione del destino tutto quanto stesse accadendo così in fretta. Inutili le proteste e le grida. Inutile sapere di essere innocente per poi essere condannato. In qualche modo, questo, fa ancora più male…

Molti sconteranno pene non loro, in un posto che non li appartiene e che comunque sembra ricaricarsi man mano che i corpi vivi entrano, e che i morti – perché in fondo, esiste anche la morte – vengono sdegnosamente buttati oltre.

L’uomo che adesso si trova incatenato nella cella adiacente alla mia, dibatte i piedi in maniera furiosa. Il suo volto è intriso da gelida furia e i capelli rossi che gli cadono flosci sul viso, sembrano fiamme ardenti e assopite, pronte a colpire il primo venuto. Sa di essere innocente, come tutti qui… ma non può opporsi alla regola gelida della vita che scorre contro volontà.

Non può urlare perché verrà picchiato.

Non può fuggire perché verrebbe ucciso.

Non può comunicare perché, in definitiva, sarebbe chiedere troppo.

Ognuno cerca di occupare il tempo – quel languido e viscido tempo che scivola via – come meglio crede e come è più giusto che sia. Alcuni si quietano, in sonni agitati, cercando di evadere dal mondo, quando sanno per certo di essere prigionieri del mondo stesso.

Altri pensano e si perdono nei ricordi di tempi belli e ormai svaniti. Lacrime che cadono senza consistenza, invisibile traccia di un cuore che a poco a poco si sta spegnendo.

E poi ci sono altri ancora, come quel tizio che da poco è entrato nel mio campo visivo, che non si danno pace. Fremono, si agitano, digrignano i denti come cani incattiviti dalla fame e dal gelo. Presto – e lui lo sa – si spegneranno anche loro….

Come tutti qui, del resto.

Con il tempo le energie finiranno. Le violente torture e le scariche, per nulla misericordiose, di percosse li fiaccheranno fino allo sfinimento completo. Fino a farli cadere nella depressione più cupa, da dove non si risale più, senza la luce.  

Ne ho visti molti passare davanti alla mia cella. E forse molti ancora le mie stanche membra riusciranno a vedere. Gente comune, innocente… banalmente normale.

Anime macchiate dalla sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento meno opportuno, complici di un ticchettio lento di morte che si propaga come cianuro e che schiaccia ogni coscienza. Sempre.

In fondo, per gli uomini che li controllano, non esiste giustizia. Esiste solo la loro eterna e sacrosanta vocazione, a seguire il martirio e l’oscurità, annebbiati da effluvi di benessere mai concretizzati ma che comunque fanno sempre discretamente interesse.

Per i Mangiamorte non importa se sei vivo o morto. La loro verità non coincide con la giustizia. Mai. In nessun caso…

E rinchiuderti lì, come carne da macello, non può che rendere l’agonia dell’attesa ancora maggiore della morte stessa.

Per loro non conta se sei vivo o morto.

Ma per quel tipo strano, con i capelli rossi e l’aria possente, credo proprio di sì.

 

*** *** ***

 

Nebbia. Tanta nebbia…

Che si propaga come gas straziante, circolando per vie e luoghi che forse non ha mai visto, ma che comunque in quel momento gli appartengono completamente.

Offusca. Dilania la memoria.

Pensi di essere in un posto e ti ritrovi in un altro. Non sai dove sei.

Non sai chi sei…

Percorri vie scure, ancor più scure del tuo cuore tormentato, e ti affliggi con domande non tue, non sapendoti dare risposta senza cadere in imbarazzo.

Le strade sono deserte come potrebbero esserlo di giorno, senza fretta apparente, senza scopi per vivere. L’offuscamento dei sensi continuo, invita i pochi abitanti di quella sperduta cittadina a restare nei propri anfratti, scongiurando pericoli che non esistono ma che l’immaginazione non manca di creare.

Una figura esile e leggera si aggira nella notte.

Entra quasi in contrasto con il grigiore del tempo, un corpo estraneo ai vizi delle cose, di un candore stupendo… unico. Si aggira, con calma pressoché flemmatica, negli sporchi avanzi di una strada solitaria e sudicia, come un ombra lucente di un chiarore discontinuo.

Il vento è freddo.

Picchia sulla pelle come un lama, squarciando, ferendo, rompendo… tratti di un anima ormai spezzata, incolume al dolore per averne subito troppo. Insensibile al freddo perché è lei stessa parte del gelo.

Un portone. Una palazzina scura, contaminata dalla sporcizia come tutto il resto.

Mille finestre tristi e grigie dove gli uomini si acquietano. 

Mille finestre sul mondo, che non accoglie, ma respinge soltanto.

La figura in ombra – più con se stessa che con l’ambiente – spalanca con un gesto deciso l’ingresso, passando da un’oscurità all’altra, con interessante noncuranza.

Nebbia. Fuori.

Buio. Dentro.

I suoi passi risuonano sugli scalini consunti di quel luogo marchiato dal disprezzo, come pugni allo stomaco. Una danza di morte.

Davanti… ancora un’altra porta. Ancora un altro ostacolo.

La vita è piena di porte che si aprono e di porte che si chiudono. Spesso non facciamo in tempo ad entrare, la lucida facciata di legno sul viso, e aneliamo con tutti noi stessi di riuscire a varcare quella soglia, un giorno. A volte, è un errore…

Sarebbe meglio restare lì, nel dubbio di una cosa che non conosciamo, non rischiando… non temendo. Nell’umida tranquillità che l’essere codardi riesce a donarci.

Alcune volte, invece, ci proviamo.

E quello che è dentro, non si rivela mai come quello che si è desiderato. L’attesa sembra vana. I pensieri futili. E scocciati ce ne andiamo, cercando un’altra occasione. Un’altra porta da aprire… per essere di nuovo delusi. Ancora.

L’uomo è strano. Perverso. Brama, guarda alle cose con sguardo concupiscente e poi, quando finalmente le ha raggiunte, le butta via. Con sdegno. Con disprezzo.

Il desiderio di qualcosa alimenta la voglia stessa. Quando finisce il desiderio, tutto sembra non avere senso.

Lei, quello strano assembramento di muscoli e fibre, ormai un senso sembra non trovarlo più.

La figura scura, un patetico mazzo di chiavi disordinate in mano, entra con forza nella serratura difettosa e preme. La chiave per entrare. Il segreto per uscire.

La porta si spalanca.

Il deserto che è dentro si muove davanti a lei. Cianfrusaglie di oggetti inutili circondano quel lugubre spazio. Per terra, cicche di sigarette appassite, senza forza come il suo possessore e padrone, riempiono l’aria di odori cattivi.

La figura si accascia al suolo. Sfinita.

Nella breve luce lunare, risparmiata dalla nebbia, riusciamo a scorgerla appena.

È una donna. Una donna distrutta.

Gli occhi pesanti e infossati di chi dorme poco, un vestito bianco, stropicciato dal tempo e da mani profane che non conosce. Che odia.

Lei non è più una donna.

È una schiava. Una serva. Costretta contro volontà a servire uomini ripugnanti. Forzata a percorrere carponi, inchini sdegnosi e privi di vita, da volontà non sue, ma che la comandano. La opprimono.

Ogni giorno.

Non c’è la faccio più! sembra urlare quel viso non più così angelico, spento. Non più disposto a lottare.

Per lei ci sono solo state bugie. Bugie e bugiardi. In successione inversa, ma comunque casuale.

Lei non conosce pace. Non conosce verità.

E forse neanche per lei, quest’ultima corrisponde con la giustizia.

 

*** *** ***

 

A volte credi semplicemente che la vita andrà avanti.

Che nonostante le avversità, nonostante i mille e più pericoli disseminati sul tuo cammino, tutto quanto – prima o poi – in qualche maniera si debba aggiustare. Confidi in una speranza che di solito non ti appartiene, conflitto astruso e ingarbugliato che ti inquieta ma che ti serve come punto di appoggio, quando tutti i pilastri della tua vita sembrano crollare.

Preghi. Quando in un esistenza intera non lo hai mai fatto.

E non ti importa se la cosa sia più o meno sacrilega. Non ti importa se tutti i santi del mondo – parlando per assurdo – inveiscano contro di te, tacciandoti come eretico, infedele… blasfemo. Non ti importa.

Ti aggrappi a quell’unico filo di speranza che lega ai ricordi. Ai pensieri positivi.

Ti domandi di cosa ne è stato di quel passato e ti chiede se quello che ti sta accadendo, possa precludere per sempre i tuoi sogni, le tue aspirazioni per il futuro.

Io ho sempre desiderato avere una mia famiglia, per esempio.

Un gruppo unito, che si vuole bene, che si aiuta, che si sostiene. Ho sempre pensato alla famiglia come un posto dove poter tornare sempre, come un luogo di rifugio quando fuori c’è tempesta. Un posto dove potersi dire sempre a casa.

Ho sempre sperato, sin dalla prima vera adolescenza – e sembrerà strano – di poter diventare nonno un giorno, con mille nipotini scalmanati che si agitano tra le mie grosse manone mentre gli canto la ninna nanna, con figli di figli agitati, che non trovano pace ma che ti regalano un sorriso.

I pensieri degli altri erano altri. E a volte, perché in fondo è andata così, mi univo anche io a quel gruppo di pecore belanti, pronto a sbavare come tutti sul nuovo modello di scopa nuovo, o sulla più bella ragazza del corso. Ma queste erano cose futili. Insignificanti.

Gratificanti, fino a un certo punto. Ma considerevolmente prossime all’oscuramento completo, una volta passata l’infatuazione collettiva.

Ci sono arrivato piano piano, a poco a poco… ho capito che non aveva senso rifugiarsi dietro comportamenti preconfezionati, regole comuni, e modi di vita standardizzati. Ho scelto un’altra strada, più difficile forse, ma comunque un’altra strada. Mi sono allontanato dal gregge, metaforicamente ma neanche troppo, e ho lasciato le cose al caso, al mio istinto.

Ho deciso di essere libero. Completamente.

Esserlo, ma per davvero – con tutti noi stessi – può voler dire molte cose.

È libero chi si alza al mattino e non ha preoccupazioni per la testa. Guarda il futuro senza costrizione alcuna, e quando la sera si mette sotto le coperte, può sorridere… sorridere come una persona in volo, ignota in un oceano di tutto e niente, dove non conta cosa fai ma chi sei. Sempre.

Io ho creduto di essere così. Ci ho creduto davvero.

Ho pensato che così facendo, vagando come un ramingo da una porta all’altra, avrei potuto essere felice. La mia strana equazione di vita dove la libertà e la felicità erano in stretto rapporto, si è rivelata sbagliata. Stordendomi.

Semplicemente ho solo creduto di essere libero. Come un airone dorato che vaga solcando i cieli e accarezza le acque, confortandomi nell’immagine di pozzi meravigliosi e fantastici, che con forza e facilità avrei potuto esplorare, solo per il gusto di farlo.

È invece non è stato così. No.

Mi ha fatto male. Mi ha distrutto.

La consapevolezza di quello che facciamo riguarda solo noi stessi, e se vediamo le nostre sicurezze crollare, se vediamo che le nostre convinzioni si sgretolano, tutto ci cade addosso…

Ci schiaccia. Ci lacera. Ci annienta.

Il peso della verità che cala su di noi è qualcosa che a stento riusciamo a sopportare, se la parte in torto, se chi ha sbagliato per prima, siamo noi stessi e la nostra coscienza.

Io ci ho creduto. Ho sbagliato. Ho sofferto.

E altri lo hanno fatto prima di me, forse prima ancora che io nascessi.

Una massa indistinta di ciechi che vagano nell’oscurità convinti che lei stessa sia la luce. Convinti di essere padroni, cercando rivalse e spadroneggiando su qualcuno che non esiste, ma che comunque ci sembra reale.

Non lo è. Non lo è mai stato.

E quando arrivi alla fine, e capisci a cosa sei andato incontro, è ormai troppo tardi.

Sei prigioniero.

I mali del mondo si annidano dentro di te come un cancro incurabile.

Cattivo, bieco, subdolo… Un nemico che ti avvolge lentamente, con promesse che non manterrà mai, ma che servono da anestetico prima di impadronirsi di te con il colpo di grazia.

Io l’ho capito. Ora.

E da libero che credevo sono diventato prigioniero come sono, senza infamia e senza lode, senza possibile alternativa.

Sono qui. Qui, con i miei sogni infranti e le mie speranze distrutte, con i dolori alle ossa per i colpi ricevuti sulla schiena…

Sono qui. E piango.

Piango perché non riesco a fare altro. Salato che si aggiunge ad amaro, perle di luce sbiadite su un volto consunto e consumato da odio e rancore. Piango. Perché non servirebbe a nulla porre freno alle lacrime, arginandole, trattenendole… non servirebbe farsi ancora più male.

Soffro. In un luogo buio e sporco che non conosco, ma che i Mangiamorte hanno preferito che io vedessi.

Sono nelle loro mani. Possono fare di me quello che vogliono. Possono fare di noi quello che vogliono.

Perché non sono solo io. Siamo in tanti.

Centinaia di celle come la mia esistono, e si consolidano nei nostri tracciati indistinti di pensiero.

Possono fare di noi cosa preferiscono. Siamo in tanti, ma soli con noi stessi.

Al dì la del freddo metallo delle sbarre, si aggira una realtà che abbiamo imparato a dimenticare, quando lei stessa si è scordata di noi.

Siamo soli. Siamo prigionieri. Siamo in balia della loro folle ideologia delle cose…

C’è giustizia in tutto questo?

 

*** *** ***

Una luce fioca.

Sento il calore del sole accarezzarmi il viso. Socchiudo lentamente le palpebre e mi metto in ginocchio.

Sono stesa sul lurido pavimento della mia stanza – anche se parlare di stanza è effettivamente eccessivo – e cerco di fare mente locale su quello che può essere più o meno successo.

Sono mesi che va avanti così, e non mi sorprenderei se la cosa dovesse continuare a perdurare.

Mi metto a sedere. Ho un brivido. Mi rannicchio come posso portando le mani alle ginocchia, cercando un calore che dentro me stessa non esiste praticamente più.

Sono stanca. Le ossa mi fanno male, sento ancora scricchiolare la costola rotta, simpatico regalino lasciatomi da un cliente insoddisfatto, e le giunture sembrano sul punto di esplodere in mille pezzi.

Semplicemente non ce la faccio più.

Da quando la seconda era è iniziata, da quando le forze del male hanno preso il sopravvento, non è più possibile vivere. Vivere a livello fisico, forse. Tra gli abusi e gli stenti, con dolori che ti perforano il corpo, con maniaci possessivi che ti violano in ogni momento, è ancora possibile vivere. Ma questo, purtroppo, non è vivere. Neanche sopravvivere. Solo… rimandare. Rimandare una morte che non riusciamo ad accettare, una resa che non riusciamo a concepire.

Siamo rimasti in pochi. Pochi cuori che hanno ancora il coraggio di crederci, di sperare. Poche anime che non si rassegnano all’idea che tutto debba finire così. Pochi uomini che non si sono mai piegati e non si piegheranno mai.

Mai… ma in fondo, per cosa?

I Mangiamorte hanno preso in breve tempo l’intero controllo del regno magico. I ministri delle varie nazioni del mondo hanno nominato – con ironia, all’unanimità – il Signore Oscuro capo reggente del mondo finora conosciuto. Le cittadine che ancora resistono si possono contare sul palmo di una mano, e i morti hanno raggiunto un livello oltremodo inqualificabile.

Mancano i più naturali diritti di base per la convivenza civile, le cerchie nere – come vengono ormai definite le branchie più sanguinose dell’Oscuro – spadroneggiano in lungo e in largo commettendo delitti senza senso, per puro divertimento, distruggendo famiglie esistenti da generazioni, deturpando le basi del genere umano.

Strofino convulsamente le mani sulle gambe. Il freddo mi si è ormai annidato nell’anima. Un freddo per la temperatura che scende, un freddo per il cuore che ormai è spezzato.

Sono sola. Sola.

Il ragazzo che è sopravvissuto una volta ha fallito. Non è sopravvissuto una seconda. Ci ha provato, ha tentato… ma non ce l’ha fatta. Mancava davvero poco, ma niente. Forse sarebbero stati giorni migliori…

Sono sola. Sola.

Hogwarts è crollata. Dopo la morte di Silente, effettivamente, non è stata più la stessa. Gli attacchi sono stati continui, ripetuti. Impossibile reggere a lungo. Impossibile sperare di salvarla.

Sola.

Lui. Lui non c’è più.

O meglio, non è più con me.

Fu catturato in un giorno senza particolari avvenimenti alle prime avvisaglie di tenebre.

Da quel giorno non l’ho più rivisto. Mai più.

Ma so che è vivo. Dentro di me, dentro il mio cuore, lo sento. Sento il calore che si sprigiona inaspettato dentro di me quando penso a lui. Posso vedere le sue mani callose sul mio viso ansioso di lacrime, i suoi occhi azzurri, talvolta grigi, scrutarmi attentamente in cerca di risposte, posso sentirlo sulla pelle, sotto i segni vistosi di matite ingiallite, sotto i lividi rossi di uomini senza coscienza.

Sì, lui è vivo.

Ed è per questo che continuo a sperare. Con rabbia. Con orgoglio.

Glielo devo. E forse lo devo anche a me stessa.

 

*** *** ***

Il muro del pianto.

Ho raccolto le poche cose in mio possesso per affrontare il nuovo giorno. Il mio vestito, bianco lucente, è macchiato da abominio indiscriminato, da sostanze che non mi appartengono, che non mi riguardano. Sono una schiava, un serva. Il regime imposto in questi luoghi è insostenibile, ma è anche vero che solo i pochi che riescono a reggerlo sono ancora vivi. Vivi… vivi perché quando gli altri abusano di noi i nostri occhi si fanno vacui e non riusciamo a vedere, vivi perché i dolori li abbiamo dentro e riusciamo a contenerli, vivi perché abbiamo deciso di esserlo, fino alla fine.

Non mi importa. Non mi importa se il mio corpo viene violato. Devo vivere. Voglio vivere. Voglio ritrovarlo.

Mi metto in ginocchio sulla terra umida del campo. Serro le mani come mi è consuetudine fare e alzo gli occhi.

E lo vedo. Alto, possente… il ricordo.

Il muro del pianto dove quelli rimasti pregano quelli che se ne sono andati, dove i ricordi si condensano e le sensazioni si intrecciano, dove la vita è scritta dall’uomo e si eleva per l’uomo stesso.

Mille nomi. Mille date.

Aggiunti a poco a poco, quando prima non c’era nient’altro che freddo cemento, hanno ormai occupato l’intera facciata e i colori sbiaditi dal tempo e dalle piogge sembrano rilucere ad ogni nuovo sguardo.

Ad ogni nome, una vita. Ad ogni data, una morte.

Gente conosciuta, o forse soltanto intravista, uomini che non ho mai avuto il piacere o l’onore di incontrare… tutti qui, segnati in modo indelebile più nella mente che nella realtà. Ed improvvisamente mi sembra di conoscerli tutti.

Vedo un nome in fondo alla parete spiccare con affetto. Non l’ho mai sentito, né mai veduto. Eppure mi immagino il viso, gli occhi, il corpo. Mi immagino di vederlo correre verso il cielo e alzare la mano. Un saluto. E poi sparire.

Li vedo tutti insieme. E tutti insieme li vedrò sempre.

Mi alzo. Il vestito non è più bianco come prima. Solo infangato.

Infangato come quel nome splendente d’azzurro che mi si è posto davanti.  Azzurro come i suoi occhi. È la mia calligrafia.

Con un gesto rispettoso volgo la testa verso il basso.

La malinconia mi prende. Ma è solo un attimo.

Io cancellerò quel nome un giorno. Lo cancellerò.

Perché semplicemente i vivi non possono esistere sul muro del pianto.

E lui è vivo.

Non è solo orgoglio.

 

 

Fine prologo

 

 

Allora, questo prologo è concluso.

Non so quanto tempo ci vorrà per il nuovo capitolo, ma prometto di impegnarmi per concludere al più presto questa storia. Ovviamente con il prossimo capitolo entreremo nel vivo della situazione, e certe cose risulteranno più chiare.

Sperando di non avervi annoiato

 

Nightmare

 

Ovviamente qualche commentino è ben accetto! ^^

 

 

*** *** ***

 

Angolo degli annunci:

 

E’ stato aperto da un qualche mese un nuovo forum di Harry Potter molto carino. Abbiamo un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per salire nella Top 100! Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.

 

Harry Potter Forum

 

Sento il bisogno di proporvi anche un altro forum! Non che io condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!

Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice… Emma Watson!

 

Anti-Emma Forum

 

Per coloro che volessero contattarmi, per parlare del forum o di qualsiasi altra cosa, accludo il mio indirizzo e-mail e il mio indirizzo MSN:

 

godhands89@yahoo.it

nightmare899@hotmail.it

 

 

 

<< Un grazie infinito al cielo, per avermi donato le stelle… >>

 

Nightmare

 

Continua!!!

 

 

Commentino!

 |

 |
 |
 |
 |
 |

V

 

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Nightmare