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Autore: Lady_Eowyn    01/12/2010    3 recensioni
Questa è la storia di un tempo, neanche troppo lontano. Una storia che in pochi conoscono, una storia che, con l’andare del tempo è diventata mito e poi leggenda. Una storia che molti hanno dimenticato.
*
La prima guerra magica è ancora lontana, ma le pedine hanno iniziato a posizionarsi sulla scacchiera. Il fato ha iniziato a tessere la sua tela e, la marea del destino è pronta a travolgere le vite di tutti. Nel frattempo, la vita ad Hogwarts continua a svolgersi come sempre, nella più completa normalità.
O almeno, così sembra.
**
" - sento che qualcosa sta arrivando anche per me – disse – non ho nessun piano dinastico al varco, ma qualcosa è cambiato, in me, dopo quel…malore. Non so cosa sia, non so che cosa mi aspetti. Ma sento uno strano richiamo, come una melodia incantata. E’ come se suonasse per me. Come se stesse venendo a prendermi. E mi spaventa. A morte. - "
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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IV
THE TRICK IS TO KEEP BREATHING
 
 
 
 
 











 
I'm tired of being what you want me to be,
Feeling so faithless lost under the surface
I Don't know what you are expecting of me
Put under the pressure of walking in your shoes


                                               Linkin Park, Numb


 
Carissimo Felpato,
 
Spero che tu stia passando delle buone vacanze a Casa Potter.
La prossima volta però che decidi che la tua attuale famiglia non va più bene, ti prego: PENSA prima di decidere che casa tua non è più di tuo gradimento. Perché, come certo saprai, ogni azione ha una sua conseguenza e per quanto io capisca – evita di fare quella faccia, pulcioso di un cane – che vivere a Casa Black non è certo tutto rose e fiori, andarsene e farsi diseredare non è certamente la soluzione migliore. Ribadisco: prima di prendere qualsiasi decisione – stupida, soprattutto – PENSA. Non è così difficile come sembra, sai. Ad un cervello normale dovrebbe anche venir spontaneo, pensare.
Anche se definire il tuo cervello, e quello del tuo compare li accanto, NORMALE, forse è un po’ troppo. Tuttavia due o tre neuroni dovrebbero esservi rimasti, no? Quindi, per favore USATELI.
Ripeto: scappare di casa, non va bene Sirius. Come speri di pagarti Hogwarts? Eh? Vuoi fare la fine di Gazza per amor di ripicca contro tua madre?
Per l’amor di Morgana, dimmi per lo meno che avevi pensato alle conseguenze prima di prendere la porta ed andartene.
Pulcioso di un cane.

 
Il vaso andò in mille pezzi. 
Sicuramente sua madre si sarebbe arrabbiata, ne era certo.
- Stupida! – sbraitò – come se lei sapesse tutto di ME! – continuò – Come se si potesse rendere conto davvero!  
James Potter scosse mestamente la testa.
Da che la lettera di Isabel era arrivata, il degno compare di merende si era trasformato in un troll di montagna di pessimo umore. Aveva mandato in frantumi la miglior collezione di vasi di porcellana dell’intera Gran Bretagna e, di questo poteva essere certo, non sarebbe stato il neo-orfano e diseredato Sirius Black, a pagarne le conseguenze.
Come sempre, del resto.
Quando lo aveva visto presentarsi davanti alla sua porta di casa con il baule e tutto il resto, aveva capito subito che cosa fosse accaduto. E, in tutta sincerità, se non fosse stato per sua madre molto probabilmente l’avrebbe rispedito lui stesso a Londra a furia di schiantesimi. Ma poi si era lasciato convincere – come sempre – ed ora si ritrovava seduto sul suo letto, ad osservare la furia omicida dal suo migliore amico, pregando che Moony e Peter arrivassero abbastanza alla svelta. O, si disse, non ci sarebbe più stata nessuna “casa Potter” da trovare.
- Datti una calmata, Pad –  gli disse – o ti verrà un infarto – celiò, sperando di ottenere qualcosa.
- calmarmi?calmarmi?! – urlò per tutta risposta lui – hai idea di che cosa mi abbia appena scritto quella? –
- c’ero anche io quando l’hai aperta, pad –
- Beh, e dovrei calmarmi secondo te? –
James Potter si morse la lingua. Se gli avesse detto quello che pensava e, cioè che Isabel non aveva tutti i torti, molto probabilmente se la sarebbe presa anche con lui, ed allora, le possibilità che Sirius Black tornasse a ragionare sarebbero state pari a zero. Meglio aspettare che si calmasse, pregando che Moony arrivasse il prima possibile.
Sirius Black non capiva.
O forse, era Isabel a non voler capire e, in quel momento non sapeva quale delle due cose gli dessero più fastidio. Per questo se ne stava rinchiuso nella sua camera a casa Potter, vagando per la stanza come un drago in gabbia. Cercando di placare la rabbia e di non seguire il suo istinto che gli suggeriva di andare ad Hogwarts e strozzare la sua –ehm- migliore amica.
La cosa straordinaria era che neanche il povero Moony, richiamato all’ordine dal povero ramoso, era riuscito a calmare il suo sclero post-fuga-da-casa. Non ce la faceva. Era più forte di lui. Certo non si era aspettato che lei capisse completamente, ma neanche che gli desse del completo imbecille per essere scappato da quella che lei sapeva perfettamente essere una prigione peggiore di Azkaban.
O almeno, lo era per lui. 
- ma che cos’è che ti da fastidio, pad? – gli stava chiedendo in quel preciso momento moony – che quella sia la verità, o che sia stata lei a dirtela? –
Colpito.
- o entrambe le cose? –
E affondato.
Quando ci si metteva d’impegno Moony diventava più spietato di un Malfoy. E più cinico, anche.
- lei-non-sa-un-cazzo-di-me – sibilò stringendo convulsamente i pugni per impedirsi di commettere qualche sciocchezza.
Remus invece sorrise, sornione.
- io invece credo che ti conosca molto meglio di quanto tu non conosca te stesso – gli disse avvicinandosi alla porta – ed è questo, che ti rode –
Uscì appena in tempo per scansare il pesante volume di incantesimi che, così, andò a sbattere con un tonfo contro la porta.
James, che aspettava paziente nel soggiorno, scoppiò a ridere vedendo l’espressione divertita dipinta sul volto del compagno di merende.
- ha ripreso a comportarsi come pix? – chiese mentre addentava un biscotto alla cannella
Moony annuì, per nulla preoccupato.
- si – rispose sedendosi ed osservando James annuire
- bene – esclamò ramoso – vuol dire che gli sbollirà presto –
 
 
 
*****
 
 
This is my December
These are my snow covered dreams
This is me pretending
This is all I need

 
             Linkin Park, My December
 
 
 
Era passata da poco l’alba, quando Isabel si destò. La stanza nella quale si trovava era immersa nel silenzio e, tutto intorno a lei pareva irreale. Ricordava vagamente ciò che era accaduto soltanto poche ore prima e, nella confusione che segue ogni risveglio non realizzò subito dove si trovasse. Non riconosceva i pesanti drappeggi del grande letto a baldacchino, né il panorama che si poteva ammirare dalle finestre, le era familiare.
Si alzò, e avvolgendosi nella sua vestaglia si diresse verso una di quelle finestre, osservando curiosa tutto ciò che la circondava e che le era sconosciuto. Sopra lo scrittoio in legno che stava di fronte alla finestra più grande, se ne stavano perfettamente ordinati gli appunti del proprietario di quella stanza. Ne lesse alcuni e, dovette ammettere con se stessa, i suoi voti erano decisamente meritati.
Si strinse nella vestaglia, la torre del Gryffindor era più calda dei sotterranei e per quanto il freddo le piacesse, quella temperatura era decisamente troppo anche per lei. Ricordava che quando Lucius l’aveva portata nei suoi alloggi da caposcuola, l’aveva avvertita che la temperatura non era esattamente la stessa della torre, ma in quel momento non ci aveva badato, troppo presa dal calore del corpo di lui. Si erano stesi sul letto e lui l’aveva cullata per tutta la notte, vegliando il suo sonno. Sorrise, ricordando con quanta dolcezza l’aveva stretta a se e, quanto lui sembrasse innocente nel mentre dormiva.
-E’ di tuo gradimento, ciò che stai guardando? -   
Isabel sussultò, non credeva di averlo svegliato.
-molto- rispose – anche se non mi sarei mai immaginata che dai sotterranei si potesse ammirare una vista del genere –
Lui sorrise, avvicinandosi lentamente a lei allargando le braccia, facendole cenno di avvicinarsi. Ed Isabel, come attratta da una calamita, ubbidì, rifugiandosi tra le sue braccia.
-grazie- sussurrò, respirando il suo profumo – per stanotte –
- non c’è di che – rispose lui, accarezzandole dolcemente i capelli. Non poteva parlare di più, non poteva rischiare di scoprirsi ancora. Se avesse parlato, se avesse dato voce a tutte le emozioni che in quel momento vagavano libere dentro lui, probabilmente sarebbe esploso. Non poteva dirle che non aveva chiuso occhio, osservandola dormire, trattenendo il respiro quando lei lo aveva abbracciato, quando lo aveva stretto a se, cercando riparo da incubi molesti.
- ma come, signor Malfoy? Si accontenta di questo? – lo canzonò lei, sciogliendosi da quell’abbraccio e tornando a sedersi sul suo letto – non credevo che i Malfoy fossero così…generosi –
Lucius sorrise, passandosi una mano tra i capelli. Quel comportamento – nascondersi dietro l’indifferenza – era tipico, dei Malfoy. Si chiese se quella ragazza si rendesse conto di quanto loro due fossero simili.
-Mi par superfluo farle notare, signorina Halliwell, che ci sono molte cose che non sa, di me- rispose – E poi – continuò, guardandola sornione – credo che verrò a riscuotere il mio premio, al momento più…opportuno –
La risata cristallina di Isabel risuonò per tutta la stanza, facendolo tremare. Averla vicino, era una sfida decisamente pericolosa, per il suo autocontrollo.
-in debito con un Malfoy! In che guaio mi sono cacciata! –
In un guaio decisamente molto più grande di te, ragazzina. Si disse mentalmente. Inutile negarlo, inutile soprattutto negarlo a se stessa. Si era offerta su di un piatto d’argento al ragazzo più  meschino della scuola, gli aveva fornito l’unica arma in grado di ferirla e lo aveva fatto di sua spontanea volontà. Certo quella sera si era dimostrato gentile, ma…quante facce poteva avere un Malfoy? Si poteva davvero fidare?
No.
Lucius sapeva quali emozioni si celassero dietro quello sguardo sereno. Sapeva quali erano le mille domande che Isabel si stava ponendo in quel momento e sapeva anche quale sarebbe stata la risposta che si sarebbe data. Non poteva biasimarla, non poteva biasimare i suoi dubbi. Ma non poteva neanche nascondere che tutto ciò lo ferisse. Aveva provato a lottare contro quel sentimento. Aveva provato a seppellirlo dietro i suoi pregiudizi, ma era stato inutile, non poteva far altro che gettare le armi e far in modo che lei capisse che si poteva fidare.
-davvero un bel guaio, vero? – celiò – costretta a fidarsi di un Malfoy…-
Istintivamente Isabel trattenne il respiro; quelle parole, dette con tanta leggerezza ebbero il potere di farla tremare nel profondo. E se Malfoy l’avesse tradita?Se…Ma prima ancora che lei riuscisse a terminare il pensiero, lui parlò ancora.
-puoi fidarti di me – sussurrò, forse più a se stesso che a lei. – davvero –
Ed Isabel tremò ancora. Strinse convulsamente la soffice coperta sotto le sue dita, per impedire a se stessa di gettarsi tra le sue braccia e poi sorrise, dolcemente.
-grazie- Sussurrò
Malfoy le accarezzò gentilmente una guancia, guardandola intensamente. L’emozione in quel momento era una corda di violino incredibilmente tesa e, si sarebbe potuta spezzare in un istante se suonata da una mano maldestra. Così lui tacque, perché lo sapeva, avrebbe finito col dire qualcosa di terribilmente stupido.
Dopo un tempo che a lei sembrò interminabile, lui staccò la mano e sorridendo – quel sorriso sghembo che tanto affascinava tutte le ragazze della scuola – la prese per mano.
-dai, ti riaccompagno alla torre, prima che quella vecchia megera ti dia per dispersa-
-la professoressa McGrannit non è affatto una megera!- gli rispose, non troppo convinta
La risata di Malfoy riecheggiò per tutta la sala comune di Slytherin ed i corridoi del castello, mentre correvano a perdifiato per passaggi di cui lei, ignorava perfino l’esistenza.
 
 
 
 
****
 
 
 
I don't know why
There's a limit to defy
With the vision of the future at my feet
I'm here

                             Lacuna Coil, Cold Heritage
 
 
-si, padre –
Regulus Black si chiuse la pesante porta di legno alle spalle e, sospirando,  si diresse nella sua stanza. Negli occhi, una tristezza troppo grande per una ragazzo di quindici anni.
Da sempre aveva sentito su di se il peso di dover compiacere i propri genitori anche per le delusioni che recava loro suo fratello. Da sempre, sapeva di dover riuscire la dove Sirius aveva fallito. Ma fino a quando quel testardo di suo fratello fosse stato su quell’albero genealogico, lui avrebbe avuto una speranza. Una speranza di poter vivere una vita che fosse sua e non un pallido riflesso di ciò che i loro genitori avevano pianificato per Sirius. Questa tenue speranza, era andata in frantumi due sere prima, quando suo fratello aveva avuto la bella idea di scappare di casa.
Due sere prima, in definitiva, era iniziato il suo inferno. Per questo aveva chiesto a Bella di tornare ad Hogwarts prima del previsto. Se fosse riuscito a riportare a casa quello stupido, forse, avrebbe ancora potuto sperare.
Aprì la porta della sua camera, deciso a fare i bagagli e tornare anche lui ad Hogwarts. Non sarebbe servito a niente, ma almeno non avrebbe avuto l’incessante cicaleccio di sua madre e sua zia nelle orecchie.
-sei deciso a partire quindi? – La voce di sua cugina interruppe il flusso incessante dei suoi pensieri. Non si era neanche accorto che fosse arrivata.
-ho scelta, forse?-
-c’è sempre una scelta, Reg. Lascia andare tuo fratello, sai anche tu che questo non è il suo posto-
-MALEDIZIONE Andromeda!- sbottò, chiudendo di scatto il baule – sai anche tu che cosa accadrà se non lo riporto a casa!sai anche tu, quali saranno le conseguenze per tutti noi!-
Andromenda Black guardò suo cugino passarsi convulsamente una mano tra i capelli e muoversi nella stanza come  una tigre in gabbia.
-non ci daranno pace, se lui non torna –
Sapeva che Regulus aveva ragione. L’onore dei Black, imponeva che i figli che disonoravano il buon nome della famiglia venissero disconosciuti, di conseguenza gli altri, avrebbero dovuto prenderne il posto. L’onore era tutto per le famiglie come la loro, antiche e nobili. Restare aggrappati a tradizioni vecchie come il modo e ad ideali ancora più assurdi era l’unico modo per contrastare l’incessante scorrere del tempo.
-e che cosa vorresti fare, sentiamo?- chiese Andromeda – scovarlo e riportarlo a casa?...e poi?...non puoi costringerlo Reg. Questo non è mai stato il suo posto! –
Il ragazzo sospirò cercando dentro di se, la forza di negare che le parole della cugina fossero vere. Sapeva bene che suo fratello si era sempre sentito fuori posto in quella famiglia. Ma, non poteva fare altrimenti. Era un Black. E doveva comportarsi come tale.
-No – rispose, senza neanche guardarla – questo non è mai stato il suo posto, hai ragione Dea – chiuse il baule e si voltò verso di lei, lo sguardo acceso di determinazione – ma Sirius è un Black. Fa parte della famiglia. E la famiglia non si abbandona –
Istintivamente Andromeda Black tremò. In tutta la sua vita non aveva mai sentito suo cugino parlare con tanta determinazione, ma soprattutto, non aveva mai visto quella luce nei suoi occhi.
Disperazione.
Ecco che cosa vi aveva letto.
-che cosa vorresti dire, Reg?- chiese la più grande delle sorelle Black – che saresti disposto a condannare tuo fratello all’infelicità in nome della famiglia?-
Regulus Black, inaspettatamente sorrise.
-No, Dea- le disse – semplicemente che, se Sirius non dovesse tornare, per me sarebbe come morto –
E prima che la cugina potesse rispondere, Regulus uscì dalla sua stanza, perché sapeva perfettamente che se lei avesse parlato ancora, probabilmente le sue convinzioni sarebbero state in pericolo. E lui, non voleva deludere i suoi genitori. Lui non aveva la forza di Sirius.
 
 
 
****
 
 
I'd show a smile, but I'm too weak,
I'd share with you could I only speak,
Just how much this, hurts me,

 
                         AFI, This time Imperfect
 
 
 
L’aria era gelida, quel pomeriggio. Spesse e grigie nubi cariche di neve se ne stavano pigre, sospese in aria, aspettando che un lieve alito di vento permettesse loro di riversare altra neve su quelle terre.
Isabel amava la neve. L’aveva sempre amata, ma in quel preciso istante, odiava quel biancore con tutta se stessa. Lo odiava, perché le ricordava cose che avrebbe preferito dimenticare. Lo odiava, perché c’era la neve anche l’anno prima. E c’era anche in quel momento. La lettera di Sirius era arrivata con la prima neve del pomeriggio. E lei, quella lettera avrebbe preferito non leggerla.
Perché quelle poche parole, scritte in quella calligrafia familiare, l’avevano ferita.
A morte.
Ed ora se ne stava seduta su quella panchina, osservando ed aspettando quella neve che tanto odiava, sperando che il freddo di quel pomeriggio potesse congelare anche quella sensazione di vuoto e di tristezza che le aveva preso il cuore.
 

Sta fuori dalla mia vita, Halliwell.

Non è cosa che ti riguardi cosa decido di fare. Non lo è mai stato, né mai lo sarà.

 Puoi anche smetterla, di preoccuparti.


 
Non si era neanche preso il disturbo di firmare il biglietto.
Sta fuori dalla mia vita.
Questo le aveva detto. Doveva smettere di preoccuparsi.
Idiota.
Si, Sirius Black era veramente il più grande Idiota che lei avesse mai avuto il dispiacere di incontrare sulla sua strada. Era un’idiota, perché non aveva assolutamente capito che per lei era impossibile non preoccuparsi.
Ma forse, alla fine la vera stupida era lei. Lei che si preoccupava, lei che si era lasciata stregare da quel sentimento. Lei, che si era innamorata.
Stupida.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente, cercando di calmare il suo cuore. Cercando di rinchiudere a chiave quella rabbia che sentiva crescere dentro di lei. Cercando di cacciare indietro le lacrime che sentiva pungerle gli occhi.
Ma fu tutto inutile.
La rabbia che sentiva dentro era impossibile da incatenare, si abbatteva su di lei come il mare in tempesta, la sentiva scorrerle sotto la pelle come un fiume in piena, travolgendo ogni cosa. Il cuore accelerò i battiti così violentemente che sembrò voler uscire dal suo petto, ed improvvisamente le mancò il respiro. Si accasciò su se stessa, portandosi le mani alla gola, annaspando come se lacci invisibili la stessero soffocando.
E non si accorse che la terra intorno a lei, aveva preso a tremare.

 
 
*****
 
A revolution has begun today for me inside
The ultimate defense is to pretend
Revolve around yourself just like an ordinary man
The only other option to forget


                 30 seconds to mars, R-Evolve

 
Dita abili ed eleganti sfioravano delicatamente i tasti del pianoforte, componendo una musica sconosciuta, dolce e malinconica.
Musica che era stata il suo tormento e la sua salvezza, sognata una notte di mesi…no, secoli prima.
Suonava ad occhi chiusi, nascondendo dietro le palpebre la memoria di quella notte come se temesse che una volta aperti, quel ricordo prezioso più dell’oro, potesse scomparire lasciandolo nuovamente solo.  Eppure sapeva che quella notte appena trascorsa era reale, aveva veramente avuto l’occasione di tenerla stretta tra le braccia, respirare il suo profumo ed osservarla dormire, docile e tranquilla, nel suo letto. Non aveva chiuso occhio quella notte. Ed ora se ne stava li, concentrato sul ricordo di quella sera a comporre  note che ben conosceva, beandosi di quel ricordo dolce, e amaro al tempo stesso.
Il sole, dispettoso, illuminava a pena la sala di musica del castello, donando un po’ del suo calore a quel pomeriggio d’inverno. Faceva capolino di tanto in tanto, come un bambino dispettoso che si diverte a giocare a nascondino, facendo risplendere la neve ancora candida.  Poteva avvertirne il calore tiepido, ingannevole, solleticargli la pelle delicata del volto donandogli per un istante l’illusione di un riverbero d’estate. 
Accarezzò i tasti del pianoforte con delicatezza, mentre le ultime note veleggiavano nell’aria come soffici piume trasportate dal vento; quando anche l’ultima nota si fu spenta lui aprì gli occhi ridestandosi da quel sogno.
- caposcuola Malfoy? –
Ecco, il suo momento di pace era definitivamente finito, si tornava alla realtà.
Un piccolo Slytherin del secondo anno era apparso dal niente e con timore reverenziale, si avvicinò a lui, tremando come un foglia.
- si? – serica e melliflua, la sua voce risuonò nella stanza facendo tremare ancora di più il piccolo Slytherin
- ecco, vede – tentennò – non era mia intenzione disturbarla, ma vede …-
Lucius Malfoy alzò gli occhi al cielo
- avanti, Steeval, altrimenti qui facciamo pasqua! –
- si, mi scusi – ancora un po’ e quel moccioso  si sarebbe liquefatto sul pavimento, si disse Lucius – ecco, siccome lei è l’unico caposcuola rimasto, sono venuto da lei –
Charles Steeval sospirò, vedendo l’aria indispettita del suo caposcuola, conoscendolo molto probabilmente l’avrebbe schiantato.
- Steeval, o ti decidi ad arrivare al dunque, o giuro che lo farai sotto Imperius –
Appunto.
- è per quella NataBabbana del Gryffindor…-
Il cuore di Lucius perse un battito, ma non lo dette a vedere. Ascoltò il resto del discorso con espressione vacua
- credo che si chiami Halliwell, l’ho vista poco fa in cortile, vicino al boschetto di aceri, credo che si senta male –
L’ultima parola non si era ancora spenta nell’aria, che lui se n’era già andato.
 
 
****
 
 
Il boschetto di aceri non era distante dal castello, ma mai come il quel momento quei pochi metri gli erano sembrati infiniti. Il cuore gli martellava talmente forte nel petto che poteva sentirne i rintocchi persino nelle orecchie, non si curava però del dolore sordo che sentiva attanagliargli lo stomaco, né degli sguardi increduli che i quadri gli riservarono vedendolo correre per i corridoi del castello. Istintivamente ringraziò la buon’anima di Salazar Slyhterin che viste le vacanze, in quel momento non ci fosse nessuno a giro per i corridoi della scuola.
Quando giunse finalmente fuori, si accorse che l’aria era diventata stranamente pensante. Le nubi non erano candide come se le immaginava, ma innaturalmente scure e pronte alla tempesta. Il sole non si intravedeva più, nascosto da quella spessa coltre che avvolgeva ogni cosa, intorno alla scuola. C’era una strana energia nell’aria, tra se e se, pensò che non aveva mai avvertito niente di simile.
Energia antica, forse più di quella stessa scuola. Schiacciava ed opprimeva, tanto era potente e spaventosa.
Il suo passo, rallentato dallo spesso manto di neve accelerò non appena la vide. Accasciata su quella panchina, svenuta.
- Halliwell?- sussurrò non appena le fu accanto
Le accarezzò delicatamente una mano, cercando di scuoterla. Ma subito si ritrasse, scottato. Letteralmente.
Il corpo della ragazza sembrava arso da qualcosa di profondamente  innaturale, provò a chiamarla ancora ma lei non rispose. Scostò cauto, una ciocca di capelli che le tappava il volto e quello che vide lo fece rabbrividire; gli occhi della ragazza, solitamente di un blu più profondo della acque dell’oceano, erano neri. Completamente, neri. Non conosceva nessun incantesimo, nessuna fattura, neanche tra quelle che uno studente non dovrebbe conoscere, di magia oscura, che potesse avere quegli effetti.
Sussultava leggermente, mormorando parole a lui incomprensibili. Provò a prenderle di nuovo una mano, ma la sua pelle era incandescente.
- Halliwell? – chiamò ancora, c’era disperazione nella sua voce
Le accarezzò dolcemente i capelli, poggiando la testa della ragazza sulle ginocchia. Non voleva portarla in infermeria in quelle condizioni, ma francamente non sapeva che cosa fare.
- ma che ti sta succedendo? – chiese, impotente, osservandola tremare
Era strana quella sensazione. Per la prima volta nella sua vita, si sentiva completamente inutile. Tutte le sue conoscenze, lecite e meno lecite, non servivano a niente. Provò più volte a cercare di svegliarla usando tutti i contro incantesimi che conosceva, ma non furono sufficienti.
All’ennesimo, vano, tentativo la schiena di Isabel si inarcò e sgranò gli occhi corvini. Con tutte quelle formule, stava solo peggiorando la situazione. La ragazza annaspò, come se le mancasse l’aria.
- Non… - mormorò – resp..iro-
Lucius tremò, ed incurante del dolore che gli provocava toccarla, le prese il volto tra le mani cercando di scuoterla e tranquillizzarla.
- Halliwell? – sussurrò – Isabel?...riesci a sentirmi?-
Nell’udire il suo nome, qualcosa sembrò ridestarsi dentro di lei.
- Malf…- un altro sussurro strozzato – Lucius –
Le accarezzò dolcemente le guancie, la pelle sembrava meno incandescente. I suoi occhi parevano più chiari.
- Si – le disse – sono qui, non ti lascio –
Isabel si sentiva bruciare, ogni singolo centimetro della sua pelle era in fiamme. Avrebbe voluto gridare, ma qualcosa glielo impediva. L’aria le mancava, ed ogni respiro era diventato una sofferenza. Non sapeva quanto fosse rimasta in quelle condizioni, la sua mente sembrava non voler ricordare. Erano minuti? Ore, o forse mesi? Non sapeva dirlo.
Stanca di quell’agonia, aveva pensato per un folle istante di cedere e smettere di respirare. Poi però, aveva sentito qualcosa. Mani fredde sul suo volto, che tentavano di placare il calore, ed una voce conosciuta amica, che cercava di svegliarla. Stanca a e spossata, si aggrappò con tutte le sue forze a quella voce, al freddo piacevole di quelle carezze ed il fuoco che fino a quel momento l’aveva attanagliata, iniziò a sparire. Lottava dentro di lei, per prendere il sopravvento, si dibatteva dentro le sue vene bruciando ogni cosa eppure lei non cedette. Il dolore era diventato insopportabile e quando pensò che fosse arrivata veramente la sua fine, il fuoco si concentrò al centro della sua fronte in un’ultima, potente stoccata e poi, così com’era venuto scomparve.
Lentamente i suoi occhi ripresero il loro colore abituale, ma lei era del tutto priva di forze così si abbandonò contro quelle mani che fino a quel momento, l’avevano tenuta aggrappata alla vita.  
 
 

****

 

 
Your name a shadow,
in my dreams, the white
brave still searching
Raining Winds, fall apart.
I believe, your heart

 
                        King Arthur, Tell me now (what you see)
 
 
 
 
La prima cosa che percepì fu il calore tiepido del sole sulla sua pelle. Aprì lentamente gli occhi, intontita come dopo essere stata colpita da uno schiantesimo così non riuscì a capire immediatamente dove si trovasse. Gli occhi le bruciavano e la sua vista era annebbiata ma poteva sentire chiaramente dei mormorii sommessi e l’odore forte ed acre di disinfettante intorno a lei.
Qualcuno l’aveva portata in infermeria, la domanda era: perché? Più cercava di ricordare, più la sua mente la respingeva, come se quei ricordi che lei voleva trovare fossero troppo dolorosi.
Il rumore di passi la distrasse dai suoi pensieri, qualcuno si era fermato accanto al suo letto
- buongiorno –
Aveva la vista ancora annebbiata ma riconobbe ugualmente quella voce, stranamente sommessa e gentile. Lui se ne stava fermo accanto al suo letto e pareva osservarla con uno sguardo misto tra il sollievo e la preoccupazione.
- come ti senti? –  senza aspettare una sua risposta, le poggio delicatamente una mano sulla fronte e lei, rabbrividì.
Fu quella sensazione di gelo, a far breccia nei suoi ricordi. Così la sua mente volò veloce a quel pomeriggio in cui aveva creduto e desiderato di morire, quando non c’era stato nessuno a salvarla, tranne lui.
- meglio –
Prese quella mano che ancora indugiava sulle sue guancie e la strinse tra le sue, poggiandola sul materasso. Non poteva vederlo chiaramente, ma la sensazione fu che lui avesse sorriso.
Lei si concentrò sulla sensazione che le davano le loro dita intrecciate e chiuse gli occhi, beandosi di quelle piccole carezze, ricordando bene che era stata quella sensazione a tenerla aggrappata alla realtà, quel giorno.
- come vanno gli occhi? – chiese Lucius continuando ad accarezzarle il dorso della mano
- bruciano- surrurrò
- Capisco – sfilò la mano intrecciata a quella di lei, e la posò sui suoi occhi – Madama Chips dice che non durerà molto, questione di qualche ora, forse –
Aveva parlato con un tono di voce estremamente dolce, lo comprese anche lui nell’istante in cui la ragazza abbozzò un sorriso. Corrugò la fronte, ben consapevole di essere in procinto di scivolare in un terreno pericoloso per lui e per tutto ciò che rappresentava. Eppure, quando tentò di spostare la mano dal volto della ragazza, quella non si mosse. Indugiava delicatamente sui contorni di quel viso d’angelo, saggiando la morbidezza della sua pelle.
Le sue labbra, così vicine ed invitanti erano una tentazione troppo forte così si ritrovò a far violenza a se stesso, stringendo convulsamente la mano ancora libera. Non si reso conto dell’intensità con la quale la stava guardando fino a quando le candele che fluttuavano accanto a loro non si accesero ed il bicchiere poggiato sul comò di fianco al letto non si ruppe.
Lucius imprecò tra se e se, e lei, fata dispettosa, scoppiò a ridere.
- qualcosa non va, caposcuola Malfoy? –
- questo dovrei essere io a chiederlo, mia piccola ed inopportuna, NataBabbana-
 Inconsapevolmente Isabel trattenne il fiato. Sapeva che avrebbe dovuto arrabbiarsi, per quell’irrispettoso appellativo, eppure, non c’era traccia di scherno in quella frase. Aveva usato un tono così dolce che era quasi riuscito a farla arrossire.
- che cosa ti è successo ieri pomeriggio? –
Sapeva che prima o poi glielo avrebbe chiesto. Sapeva che sarebbe arrivato il momento delle spiegazioni, anche se in tutta onestà non era ben chiaro neanche a lei, che cosa fosse successo. Si ricordava soltanto qual’era stata la causa scatenante e dopo tutto quello che gli aveva raccontato, non aveva motivo di nascondergli proprio quello.
- non so dirti che cosa mi sia successo –  si puntò sui gomiti, cercando di mettersi seduta e subito, lui fu pronto ad aiutarla, sorreggendole le spalle – ero uscita a fare una passeggiata, e poi, mi è arrivata una lettera – sospirò – è nella tasca destra del mantello, puoi leggerla, se vuoi –
Indugiò un istante, poi decise che voleva e doveva sapere così si alzò, prese quel piccolo pezzo di carta e lesse quelle poche righe.
- che Black fosse un idiota era risaputo –  celiò
Isabel trattenne il fiato – Bellatrix o tutto il resto della scuola? – chiese, sospirando
Lui rise – Non è ancora di dominio pubblico, se è questo che ti preoccupa – la pergamena tra le sue mani aveva preso a bruciare, lei se n’era sicuramente accorta ma non disse niente. Scoprì che non le importava.
- Slytherin sa mantenere i segreti, a differenza di voi focosi e sciocchi Gryffindor –
Se non fosse stata così stanca, probabilmente lo avrebbe preso a schiaffi.
- sei sempre il solito, Malfoy –
- questo- le disse – lo hai sempre saputo –
Lei chiuse gli occhi. Nascose dietro le palpebre l’emozione che provava in quel momento, non voleva che lui vedesse. Non voleva che lui capisse, soprattutto perché sapeva che una volta finite le vacanze, quella tregua, quella pace che avevano stipulato silenziosamente la sera della Vigilia, sarebbe sicuramente finita. E tutto, sarebbe tornato alla normalità.
- comunque, che cosa c’entra quel cretino di Black con quello che ti è capitato? –
Isabel sospirò, non aveva una risposta sensata a quella domanda.
- non ne ho idea – si stropicciò gli occhi, quella nebbia che aveva davanti era fastidiosa – tutto quello che so, è che ero decisamente incavolata. Il resto lo sai, lo hai visto –
Istintivamente si chiese se lei avesse compreso l’importanza di ciò che aveva detto. Molto probabilmente no, si disse. Lei non aveva la sua conoscenza in materia di arti oscure, quello che non capiva però, era come fosse anche solo lontanamente possibile che un simile potere si fosse sprigionato da una NataBabbana. Ecco perché non aveva riconosciuto subito il problema.
Se era stata veramente la sua rabbia a scatenare quel potere, forse era meglio metterne a parte anche Silente, perché sapeva benissimo che se si fosse ripresentato ancora una volta, molto probabilmente non sarebbero stati così fortunati.
- è stato orribile – sospirò Isabel, appoggiandosi meglio ai cuscini – non riuscivo a respirare, non riuscivo a sentire o vedere niente- avrebbe voluto continuare quel racconto, ma quando comprese che la paura avrebbe preso il sopravvento, si strinse nelle spalle, cercando di sdrammatizzare – un po’ come adesso in fin dei conti- continuò mal celando un’aria di tedio assolutamente da manuale - Questa nebbia è fastidiosa –
Dissimulare
Un’arte imperfetta tanto quanto quella del compromesso. Un’arte in cui quelli come lui avevano dovuto, loro malgrado, diventare maestri ancor prima d’imparare da quale parte si tenesse la bacchetta. Lui sapeva che aldilà del suo sacrosanto orgoglio Gryffindor, era terrorizzata almeno quanto lui. Avrebbe voluto rincuorarla, stringerla al petto e sussurrarle che sarebbe andato tutto bene, che non era niente di grave, che non avrebbe permesso a niente ed a nessuno di farle del male. Ma le parole faticavano ad uscirgli di bocca così, per evitare di dire qualcosa di irrimediabilmente stupido, tacque continuando ad accarezzarle distrattamente i capelli.
- quando credi che mi farà uscire Madama Chips? –
- probabilmente verso l’ora di pranzo –
Isabel sbuffò, ed un ciuffo di capelli che le cadeva sul viso fece una buffa capriola, per poi fermarsi sulla nuca. Lucius sorrise, gettando un’occhiata alla grossa pendola alla sua destra. Era quasi ora di colazione
- forse è meglio che vada – sussurrò, in tono poco convinto. In realtà, dubitava fortemente che si sarebbe mosso di li, anche sotto Imperius.
Isabel si tese impercettibilmente, non voleva restare sola. Arricciò per un attimo le labbra, come una bambina alla quale hanno tolto il suo giocattolo preferito, poi dopo qualche istante di smarrimento, riacquistò la consueta calma e freddezza e nascose la sua delusione.
Sollevò un angolo delle labbra e si voltò verso di lui. I contorni delle immagini si stavano facendo più nitidi.
- certo – mormorò a bassa voce – evitiamo altri scandali, la famiglia Black da sola basta e avanza, giusto? –  
Quando l’ultima sillaba di fu spenta nell’aria, realizzò che aveva pronunciato quelle parole con più violenza di quanto in realtà non avesse voluto. Lo capì dall’irrigidirsi improvviso delle spalle di lui, e dalla piega dura che presero le sue labbra. Forse, si disse, aveva esagerato. Abbassò lo sguardo, dandosi mentalmente della stupida.
- scusami –
Doveva essere sconvolta.
Sicuramente, altrimenti non si spiegava il perché di quelle scuse. Perché mai avrebbe dovuto scusarsi con lui, dopotutto?
- devi essere veramente sconvolta –
Appunto. Concordava persino lui, con quell’uscita aveva toccato veramente il fondo. Se mai James fosse venuto a saperlo, l’avrebbe fatta internare al San Mungo.
-  Cielo – commento – a volte sai essere veramente permalosa, la vicinanza di Black ti fa male –
Alzò gli occhi al cielo. Macabra consolazione che almeno quello fosse rimasto uguale.
- taci Malfoy –
- ed orgogliosa anche – continuò – non ho intenzione di lasciarti, ammetterlo non è poi così difficile –
L’espressione sul viso del ragazzo si era ammorbidita. Le toccava ancora, leggermente il dorso della mano, Isabel contrasse violentemente le dita a pugno quando si accorse di essere sul punto di intrecciarle alle sue. Doveva resistere, si disse. O non avrebbe più avuto il coraggio di guardarsi allo specchio.
- devo solo andare a fare colazione – spiegò, ignorando deliberatamente le sguardo furente che lei gli rivolgeva – dopotutto, è colpa tua se ieri sera ho saltato la cena –
Lucius sorrideva, gentile e condiscendente e lei, davanti a quel sorriso  improvvisamente si sentì dolere il petto. Era un dolore sordo che sembrava gonfiarle i polmoni sostituendo l’aria che non riusciva a respirare.
- sono rimasto qui tutta la notte –
Sono rimasto qui tutta la notte
Stava diventando cianotica. Quelle ultime parole le avevano tolto l’ultima riserva d’aria che era riuscita a conservare. Ogni suo sguardo, ogni sua parola le toglievano il fiato. Teneva gli occhi spalancati, fissi sulle vetrate alla sua destra, il suo sguardo era talmente concentrato che Lucius non si sarebbe stupito a vederle esplodere in mille pezzi.
Le posò dolcemente un bacio sulla fronte, e lei tremò, facendolo sorridere.
- continua a respirare, mia piccola NataBabbana – celiò – è quello il trucco –
Maledetto Lucius Malfoy e la sua anima nera.
L’aveva fatta arrossire.
Con la solita faccia di bronzo, si diresse verso la porta con un semplice – ci vediamo più tardi –
Uscì appena in tempo per evitare le schegge delle ampolle poggiate sulla scrivania di madama Chips, queste, andarono ad infrangersi sul pesante portone dell’infermeria che chiudendosi, mitigò il suono della sua risata.
Quando anche l’ultimo eco di quella risata si fu perso per i corridoi della scuola, Isabel trovò la forza di scoppiare a ridere.
Perché poi, non lo sapeva. Così, nascose la testa sotto il cuscino continuando a sorridere.
Madama Chips entrò proprio in quel momento – Oh, molto bene signorina Halliwell – disse – a quanto vedo, non è più in punto di morte, la visita del Signor Malfoy deve averle giovato –
 
 
****
 
 
 
So bene che dopo tutto questo tempo, ogni scusa pare superflua. Voglio comunque scusarmi con tutti voi, per quest’attesa. A mia discolpa, posso solo dire che non è stato un periodo facile, sono successe cose che…beh, mi hanno tenuta lontana dalle fan fiction. Mi auguro che vogliate perdonarmi e che, nonostante tutto ci sia ancora qualcuno disposto a leggere i miei lavori.
Sono tornata a scrivere questa storia dopo così tanto tempo, eppure riprenderla in mano è stato come tornare a casa. Mi auguro che non ci siano più periodi così neri. E che questo nuovo capitolo possa piacervi. O almeno, che vi divertiate a leggerlo, come io mi son divertita a scriverlo.
Con affetto, Eowyn.

 
 
 
 

 
   
 
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