Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: eleanor89    03/12/2010    8 recensioni
Questa è la storia degli amici di Cedric, della sua famiglia a Hogwarts. La storia degli eroi di tutti i giorni, con le loro piccole avventure, con i loro amori, le amicizie, i tradimenti, i litigi, i giorni felici e quelli di dolore.
La storia di quelli dimenticati che non hanno mai dimenticato lui, dei tipi strani che tutti notano ma non nominano mai,di quelli che sono diventati famosi con l'Esercito di Dumbledore e di quelli che non hanno mai smesso di lottare senza invece mai mettersi sotto i riflettori. Questa è la storia degli amici di Cedric a cominciare dall'anno del torneo Tremaghi, l'anno in cui si può ancora essere innocenti, l'anno in cui Tu-Sai-Chi è solo una brutta storia che i genitori raccontano a bassa voce.
Ultimo cap:«Posso esserle utile?» domandò cortesemente.
L'uomo lo fissò con quella che a lui parve una punta di disprezzo, ma poi parlò con una voce insicura che lo stupì: «Tu sei... Wayne? O Walter?»
«Wayne.» rispose lui, senza capire.
«Sono il padre di Michael.» disse l'uomo.
Un brivido freddo gli corse per la schiena.
Genere: Comico, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cedric Diggory, Tassorosso, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cedric's friends.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La fine di tutto.
 

Il giorno dopo, quando Dumbledore disse loro di non fare domande a Harry Potter, di non assillarlo, all'appello mancavano tutti i compagni di stanza di Cedric, Megan, Stephen e Quill. Georgia, con aria allucinata, si era limitata a mangiare in silenzio, con gli occhi sempre sgranati e senza dare l'impressione di aver sentito una parola.
Wayne l'aveva presa a braccetto per scortarla al dormitorio, convinto che se l'avesse lasciata sola avrebbe sbagliato strada. Avrebbe desiderato poter entrare in quello femminile per vedere Megan, ma dato che ciò non era possibile si limitò a passare nella stanza di suo fratello, per quanto doloroso fosse.
Stando ben attento a non guardare il letto o il baule di Cedric raggiunse il giaciglio di Walter, che stava giocherellando con una pallina sbattendola contro il muro e riafferrandola. I tonfi regolari scandivano i secondi tra un pugno e l'altro che Jack tirava al cuscino per farlo saltellare per aria. Era strano vedere lui colpire oggetti quando quello era sempre stato il passatempo preferito di Rent, che invece era steso sul proprio letto con la faccia contro il suo.
Le cortine del letto di Michael erano tirate nascondendone l'occupante ed erano state colorate di nero in segno di lutto. Da lì non proveniva alcun rumore.
Wayne poggiò la colazione che aveva portato dalle cucine sul letto di Walter, che gli rivolse uno sguardo assente simile a quello di Georgia e tornò alla sua occupazione.
Lui pensò che quella pallina e i suoi piccoli tonfi lo avrebbero perseguitato per tutta l'estate, ma scoprì che non c'era nulla di più angosciante del silenzio della camera dei ragazzi del quarto anno.
Stephen fissava il nulla, seduto sul davanzale della finestra, proprio lui che non poteva mai stare fermo o zitto senza lamentarsi a meno che non stesse leggendo. L'unica cosa che evitava di far cadere Wayne nel panico era il movimento ritmico del suo petto che segnalava che ancora respirava nonostante gli occhi fissi e il pallore spettrale.
Quando entrò Ernie, con gli occhi arrossati di lacrime, sobbalzò; ormai trasaliva ad ogni rumore, teso all'inverosimile.
Si salutarono con un cenno del capo che non spezzò il silenzio spaventoso della stanza. Wayne si chiese se fosse il caso di salutare o comunque richiamare l'attenzione di Stephen, ma non ne ebbe la forza.
Tornò mestamente in camera propria dove nessuno dei compagni gli chiese nulla, neppure Dorian, che Wayne pensava non sarebbe mai stato zitto, fece alcun commento, abbattuto come tutti, e gli porse soltanto una pergamena che era scivolata a terra quando si era buttato sul suo letto.
Sembravano tutti intrappolati nel mutismo completo.
Alla fine, dopo diverse ore in cui non poteva fare a meno di pensare a tutte le parole che Cedric gli aveva detto, maledicendo la propria memoria esagerata, si fiondò in sala comune nella vana speranza di distrarsi.
Trovò Susan che singhiozzava con le mani premute sugli occhi e Quill che le batteva debolmente una mano sulla schiena per calmarla, anche lui sul punto di piangere. Non erano gli unici, naturalmente: c'erano altri studenti che conosceva solo di nome che parlottavano tristemente tra loro o si davano coraggio a vicenda.
Poi arrivarono anche Hannah e Justin, con un braccio intorno alle spalle della piccola Helen che piangeva, cercando di consolarla con l'aiuto di Lancelot. O Percival, se si dava retta a Megan.
Una fitta di dolore lo attraversò al ricordo delle risate con lei e alla voce pacata di Cedric che ricordava loro che si chiamava così anche il Caposcuola Weasley. La risata di Michael faceva da sottofondo alle memorie delle loro parole, e si chiese se l'avrebbe più sentita: era assurdo pensare che Michael potesse ridere senza Cedric.
A pranzo andò con loro in Sala Grande e il preside spiegò che il professor Moody che avevano conosciuto era un impostore, e quello vero, identico anche nel cipiglio scontroso, si sedette al tavolo con gli altri. Non disse molte parole e ad ogni modo non sarebbero stati capaci di ascoltarlo, né sarebbero stati curiosi di sentire altro.
All'ora di cena comparve Sally-Anne, altera come non mai, eppure Wayne sentì un moto d'affetto persino per lei. Sembrava che la cosa successa a Cedric non l'avesse toccata - Wayne ancora non riusciva a formularla neppure col pensiero - ma i suoi occhi fissavano il nulla esattamente come quelli di Stephen, e quando arrivò accanto a lui si fermò per qualche secondo senza parlare e lui notò che le tremavano le mani abbastanza da non permetterle di prendere neppure una forchetta.
«Sali a cena?» le domandò, scoprendo la propria voce rauca dopo tanto silenzio. Lei annuì senza parlare. «Potresti vedere se le altre scendono? Le aspetto.»
Sally annuì di nuovo e poi andò al corridoio, camminando svelta. Quando tornò giù la sua maschera di calma si era incrinata.
«Georgia scende.» rispose al suo sguardo interrogativo, «Megan non è... in condizioni...»
Wayne capì soltanto quando Georgia li raggiunse, e con lei Susan e Hannah di nuovo in lacrime.
«Megan non ha smesso di piangere un momento.» singhiozzò Hannah, «È coricata e non fa altro che piangere e dormire. E piange anche nel sonno.»
«Sì, è fuori di sé.» concordò Georgia, assente, mentre camminava davanti a loro guardandosi attorno come se non avesse mai visto il corridoio.
La cena fu consumata in silenzio, tutta la tavolata Hufflepuff era a lutto e anche gli studenti delle altre case erano tristi e non parlavano.
Era naturale, visto che Cedric era un ragazzo pressoché perfetto e aveva legato con tutti. Neppure Malfoy mostrava il solito cipiglio arrogante e Wayne vide che al tavolo Gryffindor Weasley e la Granger mancavano.
Si rese conto in quel momento che Potter sapeva.
Non si capacitava per non averci pensato prima ma Potter era lì e poteva raccontar loro tutto. Wayne non si era neppure chiesto cosa fosse esattamente successo, troppo impegnato a rendersi conto del fatto che fosse successo per pensare ad altro.
«Ho visto Potter in infermeria ma non credo che lui mi abbia notata.» disse Sally-Anne, «Non era molto in sé.»
«Non ha parlato di... quello che è successo?» chiese Hannah e Susan si asciugò velocemente le lacrime.
«No. Anche perché l'ho visto poco, sono uscita stamattina prestissimo e lui ancora dormiva.» rispose lei.
Wayne avrebbe voluto chiederle dove era stata, allora, ma non ne ebbe la forza.
«Anche io l'ho visto. È uscito poco fa dall'infermeria.» sussurrò Justin, «C'erano un paio di ragazzini della sua casa che sono scappati quando è passato.»
«Scappati?» ripeté Georgia, che aveva probabilmente sentito solo quella parte di discorso.
«Sì, perché... la Skeeter aveva scritto che era... l'ultima volta ha scritto che era praticamente un po' fuori di testa e quindi... dicono che magari pur di vincere il torneo...»
«No.» disse Wayne, senza sapere da dove arrivasse la sua sicurezza, «No, Cedric si fida di... si fidava di Harry Potter. E se Potter avesse voluto vincere a tutti i costi non lo avrebbe avvertito con i draghi.» si rese conto in quel momento, dai loro sguardi confusi, che loro non sapevano nulla di quella storia, «Potter ha scoperto in anticipo che avrebbero affrontato i draghi ed è andato a dirlo a Cedric per onestà.»
«Questo sembra proprio qualcosa che Harry potrebbe fare.» convenne Ernie in tono serio, «Non so cosa sia successo, ma penso che lo scopriremo presto e se lui c'entrasse qualcosa il preside Dumbledore non l'avrebbe lasciato libero per la scuola.»
A questo nessuno ebbe nulla da ribattere e calò di nuovo il silenzio.

Il quinto giorno accompagnarono Megan in infermeria.
Sally-Anne era andata a chiamarlo e gli aveva riferito che, debole com'era per non aver mai mangiato neppure ciò che Georgia e lei le portavano dopo i pasti, era svenuta di ritorno dal bagno e che poi se n'era tornata a piangere a letto. Wayne era andato a chiamare Walter, che perlomeno dal canto suo aveva ripreso a mangiare, a differenza di Michael che spiluccava ciò che gli portavano da dietro le tende e non si faceva vedere, e Walter a sua volta aveva informato la Capocasa.
La professoressa Sprout aveva cominciato in tono di biasimo: «Dovevate chiamarmi prima, voi...» ma poi li aveva guardati in faccia e qualsiasi cosa avesse visto l'aveva zittita.
Era entrata nel dormitorio delle ragazze e poco dopo era uscita aiutando Megan a camminare per un braccio. Non sembrava neppure lei, era sempre stata esile ma ora sembrava soltanto magra in modo malato, la sua carnagione già chiara così pallida da far spiccare ancora di più gli occhi gonfi e arrossati e le occhiaie scure. Aveva le labbra rosse di sangue come se avesse passato il tempo a mordersele, i suoi capelli erano un groviglio scuro e perdipiù continuava a piangere anche in quel momento.
Wayne dimenticò anche la professoressa, intercettandole prima che passassero il ritratto e abbracciandola. Sapeva di sapone, quello che aveva appena usato prima di svenire, e in qualche modo di pianto. Lei gli singhiozzò su una spalla, sfiorandogli un fianco con una mano che ricadde subito debolmente, e la professoressa si schiarì la gola dopo poco.
«Mi dispiace, ma ha bisogno di un calmante e di qualche ricostituente e...» borbottò, a disagio. Wayne annuì e la donna guardò anche gli altri: «Passate anche voi in infermeria, più tardi.» disse, e uscì portando Megan con sé.
«Siamo così anche noi?» domandò a bassa voce Walter.
«Credo sia normale.» rispose lui, spostando lo sguardo su Georgia, che ora fissava il punto da cui erano sparite le due e non sembrava più essere tra loro. Sally-Anne, alle sue spalle, aveva alzato gli occhi al cielo e incrociato le braccia, aspettando forse che si riprendesse.
«Riaccompagnala in camera, per favore.» le disse, attirando subito la sua attenzione. Lei ancora una volta non protestò né fece segno di voler parlare, guidando dolcemente Georgia ai dormitori.
«Penso che proverò a convincere Michael a...» mormorò Walter, prima di andarsene.
Wayne sospirò e Quill, che ora non aveva più le guance paffute ma il viso scavato per via dell'enorme stress, lo scrutò con occhi ansiosi.
«Non crollare.» gli disse con voce tremante, «Sei rimasto solo tu.»
Era quello il peso schiacciante che sentiva e che lo obbligava a non lasciarsi andare. Per fortuna, invece che aver continuato a soffrire di insonnia, dormiva tutta la notte e così aveva le forze per andare avanti, sebbene non fosse piacevole sognare Cedric al campo di Quidditch ogni volta e poi svegliarsi e non poterlo vedere;
Stephen invece era sempre sveglio, a detta di Justin, e dopo una coraggiosa incursione nella camera dei ragazzi del sesto anno aveva preso i libri di Cedric e aveva cominciato a leggere voracemente tutto ciò che gli capitava a tiro. Avevano capito tutti che cercava le annotazioni dell'amico e tutto ciò che era rimasto scritto di suo pugno.
«Non crollare, Wayne.»

Wayne andava a trovare in infermeria Megan in ogni momento libero quando non doveva occuparsi degli altri, perché tanto lei dormiva quasi sempre, stordita dai calmanti. Madama Pomfrey sembrava molto preoccupata per lei, come se temesse che non avrebbe retto.
Ma Wayne sapeva che era molto più forte di quanto non sembrasse e che si sarebbe ripresa.
O almeno così sperava.
Una sera la sentì chiamare Cedric nel sonno: le poggiò una mano sulla fronte sudata e lei si calmò.
Michael, hai il compito di prenderti cura di Meg e Georgia.
Si ricordò delle parole di Cedric con una stretta al cuore. Neanche avesse davvero saputo cosa sarebbe successo di lì a qualche ora.
Si alzò e tornò velocemente in sala comune, per poi addentrarsi nei dormitori e arrivare in camera dei ragazzi. Rent era andato a correre in giardino, in piena negazione, e Jack lo seguiva mestamente come ogni pomeriggio. Walter invece era come al solito chiuso lì con Michael, anche se naturalmente quest'ultimo non si faceva vedere.
«È sveglio?» domandò Wayne e Walter scosse la testa.
«Non lo so, non si sente mai. Dobbiamo chiamare la Sprout anche per lui? Non credo che servirà davvero, so che esce a mangiare la notte, quindi non ha bisogno di medicinali.»
«Nulla di tutto questo.» disse Wayne, cercando di spostare la tenda per vedere se Michael era sveglio. Lo vide steso al buio totale, a faccia in su. I suoi occhi erano aperti ma non lo guardarono, persi nella sua mente. Wayne tornò a chiudere la tenda e si allontanò dal letto.
«Megan è in infermeria. Georgia non ha ancora capito cos'è successo.» lo informò, mantenendo la voce alta e chiara. «“Michael, hai il compito di prenderti cura di Meg e Georgia”. Ricordi queste parole?» domandò.
Walter lo guardò confuso, poi un lampo di comprensione gli attraversò gli occhi e si voltò di scatto, nascondendo il viso dalla sua vista.
«Cedric sarebbe furioso con te.» concluse, e poi uscì. Andò in camera di Stephen, dove il ragazzo leggeva con Quill accanto a lui come un animale domestico.
«Step. Vai da Susan. Ha bisogno di te.» disse.
Stephen alzò gli occhi dal libro ma non disse nulla, guardandolo con espressione indecifrabile.
«Vai a fare stronzate col cibo davanti a lei, vai a lamentarti di qualcosa, ma fallo fuori da questa stanza o giuro che chiamo tutti i professori finché non ti obbligano a uscire. Devi pensare a Susan. Dobbiamo aiutarci a vicenda. Io non ce la faccio da solo. Non riesco a gestire Megan, che continua a piangere anche nel sonno, non riesco a gestire Michael, che marcisce sul suo letto e cazzo, non riesco neanche a gestire Georgia, che sembra normalissima e proprio per questo non so come prenderla! Non puoi pretendere che io aiuti anche Susan, Quill e tutti gli altri, è troppo egoista perfino per te e io non ce la faccio!»
Stephen aveva sgranato gli occhi mentre parlava e si leccò le labbra, facendo poi schioccare la lingua.
«Sei veramente un imbecille, chi te lo fa fare di prenderti carico di tutto questo?»
«Cedric l'avrebbe fatto.» rispose lui, stanco, «Qualcun altro deve farlo.»
Stephen chiuse il libro.
«Dov'è Susie?»
«L'ho persa dopo pranzo. Justin sta aiutando quelli del terzo, Ernie e Hannah erano assieme non so dove e Sally-Anne stava con Georgia. E ho perso Susan perché dovevo andare in infermeria da Megan, è quasi passato un mese e non è ancora uscita.»
«È di sicuro in guferia. Susan è sempre in guferia.» disse Stephen, alzandosi e riponendo il libro con cura. «Quill, va' a mangiare qualcosa, non ti si può vedere così.»
«Ah, sì...» mormorò lui.
«Wayne, tu va' a riposarti.»
«Riposerò a casa.» ribatté lui.

Quando tornò in infermeria prima di cena trovò un ragazzo seduto davanti al letto di Megan. Si rese conto che era Michael soltanto quando si fu avvicinato abbastanza e per un momento ne ebbe comunque il dubbio.
Gli era cresciuta un po' la barba, sul viso sciupato, era pallido quanto Megan e aveva i capelli ugualmente arruffati. Gli occhi però non erano arrossati e gonfi di pianto, ma estremamente lucidi e troppo aperti e fissi: gli occhi vuoti di un pazzo. I vestiti che teneva addosso erano stropicciati perché li teneva di sicuro a letto, a quel che Walter aveva detto usciva per andare in bagno solo la notte e stessa cosa per mangiare, gli elfi erano terrorizzati da lui, e gli cadevano addosso troppo larghi perché era diventato pelle-ossa.
Adesso era ufficialmente ricoverato anche lui, perché Madama Pomfrey si era praticamente messa ad urlare vedendolo ed era andata a chiamare anche la professoressa Sprout.
Megan era sveglia e sembrava un po' più calma. Si tenevano per mano e lei parlava a voce così bassa che Wayne si stupì che l'altro la sentisse. Non fece nulla per farsi notare per non interrompere quel momento di relativa tranquillità, poi si accorse che le guance di Megan erano ancora rigate di lacrime e l'infermiera le portò una pozione per dormire sonni tranquilli, borbottando un: “povera ragazza” quando questa fece effetto. Poi invitò con inaspettata gentilezza Michael a tornarsene a letto e il ragazzo ubbidì.
Wayne lo seguì e le parole vennero da sole, anche se sapeva che erano sbagliate sin dall'inizio.
«Se vuoi venire a casa mia quest'estate non c'è problema.»
La furia che passò negli occhi dell'altro lo convinse che l'avrebbe ucciso lì, in quel momento. Tuttavia Michael si limitò a stendersi sul letto.
«Era solo nel senso di non restare in quella casa.» precisò, sentendosi impacciato e odiando il fatto che fosse stato sempre così poco comunicativo da non sapere cosa dire proprio quando contava davvero.
«Wayne.»
La voce di Michael era diversa, più adulta. Non era da lui.
«Sto eseguendo l'ultima volontà di mio fratello e basta. Non voglio altro dalla vita. Non voglio la vita. Non voglio parlare, non voglio più amicizia, voglio essere lasciato nel mio silenzio e in ciò che voglio. Aiuterò Megan e Georgia come potrò, fine della storia. Non mi ripeterò più. Ora va' via.»
Chiuse gli occhi e Wayne restò per un momento immobile a guardarlo, stupefatto.
«E dì agli altri che per quanto vi riguarda io ho seguito lui.» concluse, voltandosi poi su un fianco e dandogli la schiena.
Wayne barcollò fuori dall'infermeria e si accasciò contro un muro del corridoio vuoto.
Aveva seguito lui.
Non riusciva neanche a pronunciarne il nome di sicuro.
Aveva seguito lui, erano morti entrambi. Il cervello di Wayne si era fermato su quella parola.
Morto.
Gli occhi gli bruciavano di lacrime che tentava di trattenere.
Morto.

La sera prima di tornare a casa c'erano tutti in Sala Grande. Michael si era fatto la barba e sedeva rigidamente tra Megan e Georgia. Megan aveva smesso di piangere anche se i suoi occhi erano sempre lucidi e Susan le teneva la mano. Wayne la guardava dall'altro lato della tavolata, accanto a Stephen e al fratello.
La Sala Grande era drappeggiata di stendardi neri in segno di lutto e nessuno di loro riusciva a parlare; tutti avevano lo stesso pensiero in mente: Cedric non era lì con loro, quegli stendardi non ci sarebbero dovuti essere.
«Siamo alla fine di un altro anno.» esordì il preside, e il suo sguardo si posò sul loro tavolo. Wayne senza sapere il perché distolse il proprio, guardando il tavolo dei Ravenclaw. Cho Chang piangeva già e si sentì in colpa per non essere andato a trovarla. Sperò che almeno Walter, che le aveva parlato qualche volta, l'avesse fatto.
«Ci sono molte cose che vorrei dire a tutti voi stasera, ma prima di tutto devo ricordare la perdita di una persona molto bella, che dovrebbe essere seduta qui.» e fece un gesto verso il loro tavolo, «A godersi il banchetto con noi. Vorrei che tutti voi, per favore, vi alzaste e brindaste a Cedric Diggory.»
Tutti lo fecero, e Wayne sentiva che era la cosa giusta unirsi agli altri, sollevando il calice e ripetendo: «A Cedric Diggory.»
Dumbledore riprese a parlare: «Cedric era una persona che riuniva in sé molte delle qualità che
distinguono la casa di Hufflepuff. Era un amico buono e fedele, un gran lavoratore, credeva nel gioco leale. La sua morte ha toccato tutti voi, che lo conosceste o no. Credo che abbiate il diritto, dunque, di sapere esattamente com'è successo.»
Wayne sentì Stephen trattenere il fiato. Ora anche Michael guardava Dumbledore e i suoi occhi esprimevano un odio profondo che non avrebbe mai potuto tramutare in parole. Megan aveva ripreso a piangere ma teneva la testa dritta e aspettava.
«Cedric Diggory è stato assassinato da Voldemort.»
«No.» mormorò lui per primo con voce soffocata. Si voltò per un momento a cercare gli altri e vide che Megan sbiancava ancora, spingendosi indietro e sfiorando Susan che aveva gli occhi spalancati. Il calice tra le dita di Michael si incrinò sotto la sua stretta. Walter, al suo fianco, gli afferrò un braccio con mano tremante, quasi che volesse proteggerlo nell'immediato presente e Wayne tornò a guardare il preside mentre il mormorio di terrore e incredulità si diffondeva come un'ondata e poi si estingueva di nuovo in attesa di altre informazioni, grato di sentire almeno il calore del fratello.
«Il Ministero della Magia» riprese Dumbledore, «Non vorrebbe che ve lo dicessi. E' possibile che alcuni dei vostri genitori si scandalizzeranno per ciò che ho fatto: perché non vogliono credere al ritorno di Voldemort, o perché sono convinti che non dovrei dirvelo, giovani come siete.», Wayne pensò ai propri genitori che di sicuro erano della medesima opinione, «È mia convinzione, tuttavia, che la verità sia generalmente preferibile alle menzogne, e che ogni tentativo di fingere che Cedric sia morto in seguito a un incidente, o a un errore da lui commesso, sia un insulto alla sua memoria. C'è qualcun altro che dev'essere ricordato in merito alla morte di Cedric: naturalmente sto parlando di Harry Potter.»
«Giusto.» concordò Stephen a bassa voce. Wayne non dovette voltarsi per vedere Harry Potter, data la sua posizione. Ernie invece sì, e lo fece insieme a decine di altre persone. «Harry Potter è riuscito a sfuggire a Voldemort.», un altro fremito di terrore li colse a quel nome e a quelle parole, «Ha rischiato la vita per riportare il corpo di Cedric a Hogwarts. Ha dimostrato, in tutti i sensi, il coraggio che pochi maghi hanno mostrato nell'affrontare Voldemort, e per questo io gli rendo onore.» lo guardò, dicendo questo, e levò il calice anche per lui.
Tutti loro fecero lo stesso, mormorando un: «A Harry Potter.»
Era vero, aveva riportato il suo corpo e a quanto pare affrontato Tu-Sai-Chi: Wayne lo guardò con una gratitudine che sfiorava l'ammirazione che aveva provato per lui prima ancora di conoscerlo ascoltando i racconti dei suoi genitori sul Bambino Sopravvissuto.
Il preside non aveva concluso: «Lo scopo del Torneo Tremaghi era di approfondire e promuovere l'intesa tra maghi. Alla luce di quanto è accaduto - il ritorno di Voldemort - questi legami sono più importanti che mai. Tutti gli ospiti di questa Sala saranno i benvenuti qui, in qualunque momento, quando vorranno venire. Ripeto ancora una volta a tutti voi: alla luce del ritorno di Voldemort, siamo forti solo se uniti, deboli se divisi. L'abilità di Voldemort nel seminare discordia e inimicizia è molto grande. Possiamo combatterla solo mostrando un legame altrettanto forte di amicizia e fiducia. Le differenze di abitudini e linguaggio non sono nulla se i nostri scopi sono gli stessi e i nostri cuori sono aperti.»
A quelle parole lo sguardo di Wayne cadde involontariamente su Michael. Lo vide muovere un braccio e capì che aveva preso Georgia per mano. Fu in quel momento che pensò che anche per lui non era tutto perduto, qualunque cosa dicesse. Ascoltava ancora le ragionevoli parole del preside e il suo cuore non era ancora chiuso del tutto, nonostante fosse in pezzi.
«È mia convinzione - e non ho mai desiderato tanto di sbagliarmi - che stiamo tutti per affrontare tempi oscuri e difficili. Alcuni di voi in questa Sala hanno già subito terribili sofferenze a opera di Voldemort. Molte delle vostre famiglie sono state distrutte. Una settimana fa, uno studente ci è stato portato via. Ricordatevi di Cedric. Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, ricordate cos'è accaduto a un ragazzo che era buono, e gentile, e coraggioso, per aver attraversato il cammino di Voldemort. Ricordatevi di Cedric Diggory.» concluse.
Come se fosse possibile per loro dimenticarlo anche solo per un momento.
Wayne notò distrattamente di come Quill si fosse raggomitolato alle sue ultime parole, e vide Marietta abbracciare Cho al loro tavolo, Potter fissare il preside con ancora quell'aria devastata che aveva notato già i giorni precedenti, e poi tornò a guardare il loro tavolo e vide che Megan aveva chinato la testa, che Michael aveva incrociato le braccia, Georgia fissava di nuovo il nulla come Stephen e Sally-Anne stringeva un braccio di Hannah per calmarla. Walter gli lasciò andare il suo e solo Wayne allora si accorse che lo teneva ancora stretto, poi abbassò lo sguardo sul proprio calice.

Fu quando si trovavano sul treno, lui, Megan, Georgia, Michael, Walter e Sally-Anne, che improvvisamente Georgia gli parlò, mentre Megan dormiva. Era appena tornato dal vagone con Stephen e gli altri e dopo essersi seduto lei lo guardò, apparendo di nuovo lucida.
«Posso venire a trovarvi quest'estate?» domandò.
«Certo che puoi venire.» lo anticipò Walter, «E anche voi due.» disse, coinvolgendo Sally-Anne che lo guardò sbalordita.
Michael non disse nulla, continuando a guardare fuori dal finestrino. Aveva di nuovo un accenno di barba. Trascorse qualche minuto di silenzio, poi Megan si agitò nel sonno, artigliando il sedile tra lei e Wayne con una mano.
«Lasciala... no...» mugugnò e disse qualcos'altro che non riuscirono a capire.
«Megan?» la chiamò subito Wayne, scrollandola. Lei sobbalzò, gemendo un: «Mam...» e poi guardandosi attorno. Aveva di nuovo le lacrime agli occhi.
«Incubo.» la informò Sally-Anne con voce gentile.
«Mia madre.» disse invece lei e tutti sobbalzarono, esclusa quest'ultima che non ne sapeva nulla. Michael spostò per un momento lo sguardo su Megan, perché non aveva più parlato con loro da quel giorno.
«Adesso, invece che sognare soltanto le urla, sogno Tu-Sai-Chi che la tortura, anche se non era lui a farlo.» mormorò, passando una mano sugli occhi umidi. «E dopo arriva anche lui
«Tu-Sai-Chi.» ripeté Michael con aria assente, «Significa che ricomincerà tutto da capo? La pazzia per il sangue puro?»
Wayne pensò che si riferisse a sua madre che ora avrebbe avuto campo libero; poi si rese conto che aveva ragione, se davvero era tornato forse ci sarebbe stata un'altra guerra, forse Cedric era stato solo il primo...
«E se accadesse tutto come quindici anni fa? Morti, sparizioni... I figli di babbani perseguitati...» mormorò Walter, impensierito.
«Voi siete purosangue, tutti e quattro.» fece presente Megan, rivolta a Stephen, Quill, Wayne e Walter, «Siete al sicuro.»
«Gli Hopkins non si sono mai schierati ma sono sicuro che se si trovassero davanti a una scelta diventerebbero traditori del loro sangue, quindi mica tanto...»
«E io sono mezzosangue perché i miei nonni materni erano babbani.» intervenne anche Georgia, «Come te.»
Megan li guardò allarmata: «Voi siete al sicuro.» ripeté testardamente, e gli altri capirono.
«Sì, noi siamo al sicuro. Non ci accadrà nulla. Siamo a Hogwarts e...» cominciò Wayne. Poi tacque: anche Cedric era a Hogwarts, eppure non si era salvato.
Il viaggio proseguì in silenzio, nessuno di loro aveva più voglia di parlare.
Quando finalmente arrivarono alla stazione si fermarono con le valigie in mano ad aspettare che arrivassero le loro famiglie. Michael invece fece fluttuare il baule, pronto ad andarsene, e salutò Georgia poggiandole una mano sulla testa e Megan con una debole pacca sulla spalla.
«Michael.» rantolò Walter, attirando la loro attenzione. Fissava un punto preciso tra la folla e Michael fece un passo indietro, incerto.
E poi arrivarono i signori Diggory e persino lui restò a bocca aperta.
«Cosa... Cosa...» cominciò.
«Ciao, Mike. Abbiamo pensato... di venirti a dare un passaggio. Visto che lo abbiamo sempre fatto...» farfugliò il signor Diggory. Wayne non ebbe cuore di guardarli a lungo, non sembravano più neppure loro, profondamente distrutti. L'unica cosa che notò era che la madre di Cedric manteneva un rigido contegno; si chiese quando sarebbe crollata.
«Non pensavo...» mormorò Michael.
«I tuoi genitori non vengono mai.» gli fece notare il signor Diggory severamente, «E ti abbiamo sempre accompagnato. Non ti abbandoneremo ora.»
Sei l'unico legame rimasto con la vita di Cedric a Hogwarts. Era questo il significato di quelle parole. E il loro sguardo diceva 'parlaci di lui'.
«Grazie.» disse Michael, atono.
«Se volessi anche venire da noi... Cedric ci aveva detto che saresti stato con noi dall'inizio delle vacanze...» offrì la signora Diggory. Al nome del figlio tutti loro sobbalzarono.
«Oh, no. Assolutamente no, ma grazie. Però ho alcune cose da consegnarvi, quindi...» salutò con un cenno gli altri e sparì insieme a loro.
«Megan!»
Il padre di Megan, un uomo molto alto e magro, si stava avvicinando. Si fermò, a disagio di fronte alle lacrime della figlia, che sicuramente non sapeva gestire. Non lui, che quasi non le parlava mai.
«Signor Jones...» cominciò Wayne, ma l'uomo lo bloccò con un gesto della mano.
«Dumbledore mi ha scritto ciò che è successo.»
«Bene. Megan... allora...»
Megan lo abbracciò e lui lasciò cadere i bagagli, stringendola a sé.
«Ti scriverò.» le promise, «Ti telefonerò. Verrò a trovarti.»
Lei annuì, liberandolo dalla stretta, poi salutò gli altri nel medesimo modo mentre il padre le prendeva il baule. Prima di andare via con lui si voltò un'ultima volta a guardarli.
«Vi voglio bene.» disse, e poi seguì l'uomo.
Georgia trasalì a quelle parole, facendoli voltare. Aveva gli occhi sgranati e una mano al petto. Il suo viso sciupato si storse in una smorfia mentre cercava di trattenere le lacrime, poi come prevedibile scoppiò, portandosi le mani al viso e crollando in singhiozzi.
«È morto... è morto...» sussurrò, mentre Wayne abbracciava anche lei, impacciato.
«Georgia!» gridò un ragazzo, scostando bruscamente una coppia che lo fulminò con un'occhiataccia, «Georgie...»
Era molto alto, con corti capelli neri e una cicatrice su una tempia; i suoi occhi erano identici a quelli di lei e anche la sua espressione preoccupata era la stessa.
Lo seguiva una bambina con capelli biondi chiarissimi e occhi nocciola come i loro, ma dalla pelle così chiara da farla sembrare un fantasma.
«Robert! Charlotte!» singhiozzò lei, e Wayne la lasciò andare, incontrando lo sguardo spaventato di Sally-Anne, che sembrava un animale braccato.
«Tesoro...» la salutò il fratello, stringendola a sé e baciandola tra i capelli. Anche Charlotte si aggrappò alla sorella, tenendo però gli occhi fissi su di loro: non avevano un bell'aspetto, dopotutto, e la bambina doveva esserne spaventata; «Andiamo a casa.»
Georgia continuò a piangere ma si voltò verso di loro per salutarli e poi chiese a Sally-Anne: «Mi scriverai?»
Sembrava che tutti ora volessero avere più legami possibili, che fossero terrorizzati all'idea di perdersi ancora. Persino Wayne desiderava mantenere i contatti con lei, e non avevano mai parlato.
Sally-Anne doveva essere della stessa idea, perché annuì.
«Signorina, signorina!» pigolò una vocetta acuta. Due elfi domestici erano arrivati sino a lei.
«Ah, siete voi.» disse Sally-Anne con disappunto, e la sua espressione si intristì ancora.
«Il padrone e la padrona sono molto, molto occupati, signorina! Viene a casa con noi, signorina!»
«Signorina non è felice di rivedere Taddy e Milpy?» domandò l'altro elfo, sgranando gli occhioni.
«Che dite! Sono felicissima di vedervi!» si affrettò a dire Sally-Anne, addolcendosi, «Vi spiegherò tutto dopo. Ora prendete i miei bagagli.»
«Certo, signorina!»
«Anche Milpy è felicissima di vedere la padroncina!»
Tuttavia Sally-Anne non sembrava davvero lieta quanto delusa e, quando salutò gli altri, anche imbarazzata.
Wayne e Walter rimasero soli. Videro passare Stephen che si fermò a salutarli in compagnia dei genitori, a disagio, poi salutarono con un cenno anche Ernie, che rispose da lontano. E i minuti continuarono a trascorrere in silenzio.
«Non si vedono ancora.»
«Avranno litigato su quale dei due doveva venire a prenderci e saranno in ritardo.» ipotizzò Wayne.
«Ma se è arrivata una lettera a casa di Megan è arrivata anche a casa nostra.» replicò Walter, «Non è possibile che stiano pensando a litigare in un momento simile.» c'era un accenno di rabbia nella sua voce che stava aumentando di parola in parola.
«Spero sia la mamma.» disse Wayne a bassa voce.
«Sarà arrivata una lettera anche a casa di Sally-Anne?» domandò poi Walter.
«Credo di no o i genitori avrebbero disdetto tutti gli impegni. Dopotutto il preside avrà pensato che lei non era amica come noi di...»
Walter annuì con un cenno secco della testa. «Eccolo.»
«Papà?» domandò Wayne, senza riuscire ad essere davvero scocciato. Andava bene chiunque, purché si muovessero.
«Tutti e due insieme.» rispose Walter, incredulo; non vedeva la madre da un week-end dell'estate scorsa dato che viveva col padre per non pesare troppo sulle sue finanze. Wayne spalancò gli occhi vedendoli correre verso di loro: sua madre lo abbracciò per prima e lui chiuse gli occhi, inspirando il suo profumo, poi lei si precipitò anche da Walter e suo padre, per la prima volta da quando era bambino, lo abbracciò a sua volta, impacciato quanto lo era lui che si ritrasse immediatamente.
«Mi dispiace.» disse soltanto e Wayne annuì. Gli bruciavano di nuovo gli occhi ed era difficile detestarlo come al solito.
«Andiamo a casa, parleremo lì.» disse la madre.
«Vieni anche tu?» domandò Walter, stordito.
«Ci sarò per qualche giorno, abbiamo pensato...» sua madre si morse le labbra, «Beh, voglio esserci anche io.»
Lui andava meno d'accordo con lei, eppure fu il primo a dire: «Giusto.» con voce soffocata, e Wayne annuì, pur non gradendo l'idea che lei dividesse la casa col suo ex marito.
«Prendiamo loro i bagagli.» disse suo padre.
Walter prese posto al suo fianco e poi s'incamminarono. Il fratello gli mise un braccio intorno alle spalle e Wayne sospirò.









E l'avevo detto che la depressione comincia.
Il prossimo è l'epilogo di questa storia, poi comincerò il quinto anno altrove. Appena saprò che introduzione mettere, magari.
*Uno degli elfi di Sally-Anne, se non sbaglio Taddy, è quello del padre, che lo aiuta anche al lavoro e via dicendo. Milpy invece è stata “comprata” per il compleanno di Sally-Anne, perché sono una delle famiglie più ricche e perché Sally-Anne ne aveva desiderato uno dato che Taddy spesso seguiva il padre al lavoro o la madre nei viaggi.
**Tra l'altro, Neville docet, una persona che ha visto i genitori o un genitore torturato a morte ed eventualmente ucciso non ne esce facilmente, i Dissennatori al terzo anno non hanno aiutato nessuno e lo shock adesso al quarto ha finito Megan, quindi sentiremo parlare ancora della fine di Cordelia. Mentre Michael resta il Sirius della nostra generazione, con tutto ciò che non abbiamo potuto vedere in Sirius perché era ad Azkaban.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: eleanor89