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Autore: Strekon    29/11/2005    2 recensioni
Su buon esempio di Sunny ho deciso di fare un po' di ordine fra one shot vecchie e nuove su Senza Tregua. Per chiarire tutte le cose poco chiare all'interno della serie...e per porsi qualche nuova domanda.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Almeno credo

Almeno credo

 

 

 

“Credo che ci voglia un dio ed anche un bar
Credo che stanotte ti verrò a trovare per dirci tutto

Quello che dobbiamo dire

O almeno credo

 

                                   Almeno Credo, Luciano Ligabue

 

 

1.

Chris si infilò in biblioteca senza neanche salutare Madame Pince. Trascinava il suo stracolmo borsone di cuoio rattoppato in più punti. Avrebbe dovuto comprare una tracolla nuova per il prossimo e ultimo anno ad Hogwarts.

Sbatté il pesante carico sul primo tavolo libero. Un Corvonero all’ultimo anno seduto dall’altro capo del tavolo lo guardò il malo modo. Chris non aveva mai preso sul serio quell’aria da saputelli fastidiosi della casata Corvonero. Sì, certo, anche lui quando ci si metteva era un rompiscatole saccentone di tutto rispetto, ma ultimamente stava “migliorando molto”, come amava dire Eve. Nell’ultimo compito di Pozioni era riuscito a prendere un Eccezionale invece che il solito Oltre Ogni Previsione. Eve sosteneva che lo rendeva molto più umano sbagliare ogni tanto.

Sfilò il laccio dalla fibbia consunta e fece uscire un paio di grossi tomi dalla copertina scura e rovinata. Aprì il primo ad una pagina già preparata da un segnalibro, mentre appoggiò il secondo accanto, ancora chiuso. Il Corvonero gli lanciò un'altra occhiata. Chris lo ignorò e si alzò per andare a cercare qualche altro libro.

Ne trovo solo un paio che gli interessassero: Tempo da perdere di Cubert Lock e I secondi sono primi di Simon Watch. Senza farsi vedere da nessuno sfilò dalla tasca il sottile ciondolo rotondo con al centro una piccola clessidra di vetro. Soddisfatto se la rigirò fra le dita.

Era stata una fortuna riuscire a procurarsi un po’ di polvere temporale e un ciondolo con cui usarla. Quel ciondolo gli faceva tornare in mente ricordi sgradevoli. Prima che ne divenisse il proprietario era passato per le mani di uno spietato assassino. Un mezzodrago addestrato ad uccidere suo zio, Percy, allora ministro della magia. Dopo una rocambolesca e spaventosa lotta, suo padre era riuscito a sconfiggerlo, e soprattutto a salvare sia lui che se stesso. Soltanto la sera, sprofondato fra le coperte di un letto del San Mungo, Chris si accorse di avere il ciondolo incastrato fra le fibre del maglione di lana, completamente sfatto.

Sapeva che avrebbe dovuto consegnarlo agli auror. Sapeva che non poteva rubare un artefatto di quella potenza. Giocare col tempo non portava mai nulla di buono. Però l’occasione era troppo ghiotta. Trasformò il rubare in conservare e promise solennemente di studiare bene la cosa prima di usare i poteri di quella polvere. Se mai li avesse usati

Negli anni Chris aveva già capito molte cose su quell’oggetto. La magia stava nella sabbia della clessidra. La sabbia era in grado di piegare il tempo. Farlo scorrere in avanti o all’indietro. O addirittura, come in quel caso, a fermarlo. L’oggetto, il ciondolo senza la sabbia, in se, era privo di valore. L’unico valore pratico che aveva era quello di poter conservarla intatta. Una specie di protezione dagli agenti esterni. Difatti la sabbia del tempo non aveva potere illimitato. Doveva essere trattata con cura, conservata, lavorata. Nulla di semplice, soprattutto per un mago adolescente impegnato con quidditch, studio, ragazze e famiglia. Non necessariamente in questo ordine, ovviamente.

Tornò al tavolo e notò con piacere che lo studente di Corvonero se ne era andato. Appoggiò i libri e nascose il ciondolo sotto la copertina di quello già aperto. Era metà pomeriggio e si era già portato avanti con lo studio. Aveva già scritto a Grace e non sarebbe tornato a casa se non per il fine settimana. Il quidditch era ormai finito, e purtroppo non avevano vinto loro quest’anno. Un decoroso secondo posto dopo i Tassorosso. Aveva tutto il tempo per studiare un po’ il suo prezioso artefatto.

 

“Ehi...Ehi!” Tom chiamò a gran voce trascinandosi la veste sulle spalle. Raggiunse Eve e la fermò per le spalle obbligandola a voltarsi verso di lui. Si prese un colpo a vedere quella faccia contrariata.

“Che vuoi ancora?” chiese lei secca e dura come un muro di pietra.

“Mi spieghi qual è il tuo problema?”

“Il mio problema!” urlò lei “Il mio…” sbuffò infastidita e scattò di nuovo in avanti. Tom alzò gli occhi al cielo e la inseguì di nuovo.

“Dai, dimmi che ti ho fatto stavolta!” urlò Tom esasperato. Eve strinse a se i libri che reggeva fra le braccia e puntò lo sguardo sul pavimento, proprio ai suoi piedi.

“Sai una cosa? Hai la delicatezza e la percezione di un nargillo!” girò l’angolo del porticato scomparendo dietro una fila di colonne.

“Un nargillo…?” sussurrò Tom fra se e se “Ma che diavolo è un nargillo?”

“Leggiti Il cavillo” replicò la voce di Eve già lontana. Tom emise un lamento sofferto ma non alzò gli occhi al cielo. Inseguì la ragazza evitando un paio di studenti e una ragazza giovane che da quell’anno insegnava incantesimi al posto dell’ormai pensionato profossor Vitious. Tom la salutò con un cenno del capo e si volto, correndo per un tratto all’indietro. Le sorrise nel momento steso in cui lei girò il capo. E anche lei gli fece un mezzo sorriso. Per essere una professoressa era davvero molto attraente, oltre che giovane.

Di colpo Tom si ritrovò steso a terra di schiena. Inconvenienti di correre all’indietro, pensò, e registrò di cancellare dalla sua memoria quella figuraccia con la professoressa carina.

La faccia torva di Eve gli si presentò capovolta davanti agli occhi. Non disse nulla, si limitò ad osservarlo, tant’è che Tom aprì le braccia sorpreso.

“Che ho fatto ora?” Eve strinse le labbra fino a farle scomparire. Afferrò uno dei libri che aveva fra le braccia e lo tirò addosso a Tom, mancando di poco l’inguine.

“Ohi, ma sei matta!” si lamentò il ragazzo, piegandosi e rialzandosi di scatto. Afferrò il libro e notò che era un manuale di trasfigurazione. Un libro supplementare per approfondire gli studi.

“Hai perso questo” Tom le allungò il libro e glielo rimise fra le braccia. Eve non fece una piega, prese il libro ma non rallentò la sua marcia. Tom faticava a starle dietro.

“Vuoi parlarmi o no?” gridò lui ormai al limite della sopportazione.

“No!” fu la risposta telegrafica e secca di Eve, che riprese a marciare e oltrepassò l’arco della zona est. Tom sbatté le palpebre una paio di volte, a bocca spalancata.

“Come no…?” riprese a correrle dietro, ma fu presto fermato da una rossa studentessa di Grifondoro.

“Tommy!” lo salutò lei abbracciandolo stretto. Tom cercò di divincolarsi.

“Britney, senti, sto…”

“Non hai un po’ di tempo per me?” gli schioccò un bacio sulla guancia che Tom difficilmente poté prevedere o evitare. Eve si fermò di scatto in fondo al corridoio e lanciò un’occhiata nella sua direzione. Fece una smorfia e si imbucò nel corridoio di destra.

“Tommy, senti…”

“Non chiamarmi Tommy”

“Eddai, non fare il difficile…” Britney gli sconvolse i capelli con una mano, mentre lo lasciava un po’ più libero dal suo abbraccio.

“Ora devo proprio andare, scusa eh” Tom si divincolò e corse verso il fondo del corridoio. La voce di Britney gli gridò dietro qualcosa che Tom non capì molto chiaramente, ma che comunque decise di ignorare.

Corse lungo il corridoio fino a raggiungere un altro bivio. Da un lato si rientrava nel complesso grande del castello, dall’altra parte c’era la biblioteca e la torre di astronomia. Probabilmente Eve era andata in biblioteca a restituire qualcuno di quei libri, pensò il ragazzo. Con la speranza di averci visto giusto si infilò a sinistra e corse fino al portone spalancato.

Madame Pince lo sgridò appena iniziò a correre fra le mura della biblioteca. Tom frenò di scatto, chiese scusa, e continuò a passo veloce. Superava uno scaffale dopo l’altro, a destra e a sinistra. Niente, nulla, nemmeno. Forse si era sbagliato. Poi eccola, in fondo ad un corridoio di librerie.

“Eve!” chiamò a voce, forse un po’ troppo alta. Una studentessa di Tassorosso alzò gli occhi dal suo libro con aria seccata e lo ammonì con lo sguardo, o almeno, quella era l’intenzione, ma dovette addolcirsi subito vedendo gli occhi di Tom. Bishop. Tom rispose allo sguardo con un sorriso e un cenno di mano tanto rapido quanto involontario. Le fece un veloce occhiolino e riprese a correre verso la bionda Grifondoro che ormai si stava allontanando. Tom non si rese conto di aver sconvolto la giornata, forse l’intera settimana, di quella povera ragazza.

Scivolò lungo l’ultima alta libreria e raggiunse un corto tavolo dove Eve aveva già poggiato i suoi libri ed estraeva inchiostro e carta. Chris, dall’altra parte del tavolo, lo salutò senza alzare gli occhi dal libro che leggeva.

“Che le hai fatto stavolta?” chiese Chris aggiustandosi gli occhiali da lettura sul naso. Tom aprì le braccia e spalancò gli occhi.

“Non ne ho idea” boccheggiò in modo che soltanto l’amico lo sentisse. Si sedette accanto ad Eve, sulla stessa panca, in modo da poter parlare.

“Ehi? Ehi bionda? Dai non fare così…” le passò un braccio attorno alle spalle, ma Eve lo scostò brutalmente. Chris rise. Tom sbuffò e gli lanciò un’occhiataccia.

“Non credo di aver fatto nulla di male, quindi o mi dici che hai oppure io ci rinuncio!” sbottò Tom ormai oltre il limite della sopportazione. Eve sbatté il libro sul tavolo facendo sobbalzare anche Chris che smise di leggere.

“Tu…tu…” Eve strinse le labbra “Tu non ti rendi conto di quello che fai, ecco!”

“Io cosa? Io mi rendo conto di…ma cosa centra questo?”

“Prima sei caduto come un salame per fare gli occhi dolci alla Whiller!” sbottò Eve. Chris spalancò la bocca sogghignando.

“Vuoi sedurre la professoressa Whiller?” chiese il brillante Grifondoro nascondendo meglio il ciondolo sotto la copertina spessa del libro.

“Io non…grazie, eh. Grazie tante per l’aiuto” disse Tom all’amico, poi si rivolse di nuovo ad Eve “Senti, io non ho fatto nulla di tutto ciò, e nel caso non l’ho fatto apposta!”

“Allora lo hai fatto!” lo accusò Eve. Tom spalancò la bocca. Non sapeva davvero come rispondere.

“Io…no! Ma mi spieghi perché hai sta idea?”

“E Britney?” rincarò Eve. Tom si alzò in piedi.

“Ma Britney non sa neanche di stare al mondo!” gridò. Eve si alzò subito in piedi, di fronte a lui. Si mise le mani sui fianchi e per un attimo Chris rivede nonna Weasley in versione giovane e bionda.

“E Sarah?”

“Sarah è sol…chi è Sarah?” Tom stava scusandosi per qualcuno che neanche sapeva chi fosse.

“La Tassorosso di cinque secondi fa!” strillò Eve. Tom strillò più forte.

“Ma non le ho fatto niente!”

“Hai fatto quello stupido occhiolino!” Tom strinse a pugno la mano destra.

“Ma scusa, e a te che importa?” Eve tremò leggermente e non diede risposta. Scostò lo sguardo dagli occhi bruni di Tom e cercò l’aiuto di Chris.

“Dì qualcosa!” gli ordinò la cugina vibrante di rabbia, e ormai già di tonalità rosata.

“Che devo dire?” allargò le braccia Chris “Che se urlate un altro po’ Madame Pince vi ammazza?” Tom strattonò Eve per una manica della camicia bianca che indossava.

“E comunque non mi sembra motivo per trattarmi così!” Eve strattonò la manica fino a farsi lasciare. Poi lo afferrò per la cravatta e lo tirò verso il basso. Tom emise un sibilo soffocato e tossì violentemente.

“Se ragioni con quello che ti ritrovi in mezzo alle gambe invece che con il cervello, posso farti quello che mi pare” sputò fuori lei suscitando un certo stupore anche in Chris. Eve non era mai stata più esplicita di così riguardo i suoi sentimenti. Era un chiaro attacco di gelosia nei confronti di Tom. La cosa poteva evolversi in modo interessante.

Tom si allentò la cravatta e afferrò uno dei libri di Eve, I fondatori di Hogwarts.

“Io non…cioè, ora non posso più salutare gli altri studenti? O i professori?” Eve gli strappò di mano il libro, prese un bel respiro, trattenne una manciata di lacrime.

“Tom…” disse calma, gli si avvicinò e per un momento Tom pensò si fosse calmata. Nulla di più falso. Sollevò il libro e glielo sbatté in testa, poi con disinvoltura lo lasciò cadere dall’altra parte del tavolo verso Chris.

Il tomo schiacciò la copertina del libro aperto davanti al giovane Weasley, che soltanto un attimo dopo si rese conto di quel crack attutito dal tavolo. Spalancò la bocca in un attimo e vide una volatile nuvola di polvere sbuffare da sotto il tomo schiacciato e gettarsi contro i due litiganti.

Tom alzò il braccio per coprirsi la testa mentre Eve si mise a braccia incrociate.

E poi scomparvero davanti agli occhi di Chris.

 

 

“Credo proprio che non sia già tutto qui

E certi giorni invece credo sia così

Credo al tuo odore e al modo in cui mi fai sentire
A questo credo”

 

Almeno Credo, Luciano Ligabue

 

2.

 

“Ma sei scema! E’ il secondo libro che mi colpisce oggi, e entrambi sono tuoi!”

“Se sei stupido non è colpa di nessuno!” Eve urlò ancora una volta, poi si fermò. C’era qualcosa di strano. Si sentiva come osservata. Alzò lo sguardo e le venne naturale spalancare gli occhi.

La biblioteca era piena di studenti. Studenti di diversa età che li fissavano come se avessero visto un fantasma. O meglio, come se lo avessero visto per la prima volta. Anche Tom smise di litigare e si guardò intorno. Le librerie si erano mosse. Erano orientate verso la parete a nord e c’erano un sacco di tavoli più piccoli del solito. Tutti gremiti di studenti nonostante la bella stagione. E non era solo quello a renderli strani. Avevano delle curiose tuniche scure, ma di taglio completamente diverso rispetto alle loro. Erano più lunghe e decorate dei colori delle casate intorno alle maniche (troppo lunghe) e al cappuccio (troppo largo). Le ragazze, poi, avevano tutte una strana crocchia che fermava i capelli dietro la testa. Delle castigate gonne lunghe e nere avvolgevano il loro corpo dal bacino in giù. I ragazzi, invece, notò Eve, indossavano delle camicie strette e piene di bottoni con soltanto un sottile cravattino, un laccio, attorno al colletto.

Alcuni studenti cominciarono a bisbigliare fra di loro e alcuni li indicavano come animali in gabbia.

“Ma che…” si chiese Eve guardandosi ancora attorno e accorgendosi di non avere più il tavolo coi suoi libri di fronte. Tom camminò verso uno dei tavoli, lentamente e senza far rumore. Improvvisamente si sentì profondamente a disagio. Allungo la testa verso una studentessa che subito abbassò lo sguardo. Quella si alzò e fece un breve inchino. Tom non si aspettava certo un simile gesto. Le afferrò il braccio con la mano.

“Non importa che…” il bisbiglio intorno a lui aumentò appena la sfiorò. Lei si ritrasse imbarazzata e non alzò più lo sguardo.

“Ma che diavolo succede…? E’ uno scherzo tuo?” chiese Eve avvicinandosi a Tom. Tom alzò le spalle innocente. Un ragazzo si alzò da un tavolo vicino e si avvicinò ai due.

“Sarei grato a voi, signori, se mi diceste come siete giunti qua e come mai avete queste…cose addosso” li indicò come si indica un animale infetto. Tom si accigliò.

“Senti piccolo lord, mi sto stancando di questo scherzo del cazzo, quindi sarebbe meglio darci un taglio subito!” un veloce mormorio sbalordito si sparse per il corridoio della biblioteca.

“Lei mi disgusta!” sibilò il ragazzo stringendo le mani attorno alla pettorina della giacca “Che razza di modi da villico!”

Eve sbatté le palpebre e scambiò un occhiata con Tom. Anche lui era in completa confusione. Senza troppo pensare tranquillizzò Eve con un veloce colpetto sulla spalla e si schiarì la voce.

“Scusate, c’è qualcuno con cui parlare chiaramente a parte questo idiota?” una serie di risolini sconvolsero la quiete silenziosa della biblioteca. Il ragazzo, imbarazzato, boccheggiò un paio di volte prima di allontanarsi a grandi passi. Tom notò che pareva avere una scopa infilata lungo la schiena da come camminava.

“Signore, io, se volete” si inchinò ancora la ragazza di poco prima. Tom non fece lo stesso errore.

“Senti, non chinarti ogni volta, ti verrà la gobba prima dei vent’anni” qualcuno rise, la ragazza sorrise e tornò diritta. Con forte imbarazzo guardò negli occhi Tom.

“Vorremo sapere come siete arrivati qui, se potete dircelo” chiese la ragazza, quieta. Tom guardò Eve che prese la parola e rispose.

“Qui? Qui ad Hogwarts? Bè, come tutti gli altri, credo. O a piedi, o col treno”

“Treno?” domandò la ragazza dubbiosa “Cos’è treno?”

“Forse una nuova idea di mastro Grifondoro” disse a bassa voce un ragazzo lì accanto, ancora seduto. Eve lo sentì e fece due passi veloci per raggiungerlo.

“Chi, scusa?” il ragazzo sobbalzò e guardò Eve con poco interesse.

“Non credo che una femmina dovrebbe parlare con così tanta impudenza con un uomo” spiegò quello con fierezza di tono. Peccato che quello non aveva mai incontrato una come Eve. Lo afferrò per il laccio e lo tirò faccia a faccia con lei. Quello spalancò gli occhi, per paura e per stupore.

“Cosa hai detto scusa?” sibilò Eve davanti al suo volto. Il ragazzo deglutì e balbettò qualcosa di incomprensibile.

“Si può sapere cosa sta succedendo?” una voce profonda e fiera fece scattare tutti in piedi col capo chino verso l’uomo appena giunto. Tutti tranne Eve e Tom. Un uomo dall’aspetto anziano, ma ancora agile, si incamminò attraverso le due file di tavoli in cui gli studenti ora stavano a capo chino, guardando il pavimento. I passi dell’uomo erano irregolari e da sotto la lunga tunica nera e smeraldo estrasse un sottile bastone da passeggio con cui sorreggersi. Degli ondulati capelli neri e setosi gli cadevano ai lati delle lunghe orecchie vagamente a punta.

Camminò fino di fronte ai due Grifondoro e solo da quella distanza Eve e Tom poterono notare il volto segnato da parecchie macchie e l’incisione a forma di serpente sul pomello del bastone.

“Chi sono questi ragazzi?” chiese a voce alta l’uomo, guardansi intorno. Nessuno rispose. Si rivolse ai due. Il naso adunco quasi li sfiorò.

“Allora, chi siete e come siete entrati nella nostra scuola?”

Tom boccheggio e Eve istintivamente si attaccò al suo braccio. Per quanto spavaldi fossero quell’uomo era davvero spaventoso. Avevano come una vena di paura che gli attraversava il corpo. Soltanto Tom riuscì ad ignorarla.

“Noi…ecco mi chiamo Thomas Bishop. Lei è Eveline Malfoy e…e francamente siamo molto confusi, signore”

L’uomo li fissò attentamente e si rigirò le lunghe dita sul mento, pensieroso. E ad un tratto spalancò la bocca, soddisfatto. Indicò prima uno, poi l’altro.

“Voi avete le stesse vesti di mastro Weasley!” disse entusiasta l’anziano uomo “Prego, seguitemi, è un piacere avere nuovi visitatori qui”

L’uomo ritornò sui propri passi e dopo un attimo di indecisione, Eve e Tom lo seguirono fino ad uscire dalla biblioteca.

 

 

3.

 

“Mastro Weasley?” chiese Eve a mezza voce, così che la sentisse solo Tom. Il ragazzo alzò le spalle e fece cenno all’amica di afferrare la bacchetta. La cosa gli piaceva sempre di meno e aveva la chiara sensazione di essere in pericolo. Eve strinse la stecca di legno e seguì i passi di Tom, subito dietro di lui.

Attraversarono il familiare corridoio e proseguirono verso il complesso maggiore del castello. Forse era solo un impressione, ma a Tom parve tutto molto più pulito e ordinato. C’era qualcosa di diverso rispetto al solito.

“Ma gli elfi domestici puliscono anche durante la settimana?” Eve alzò le spalle e continuò a guardarsi intorno. Attraversarono il lungo corridoio e giunsero nell’ampio salone di ingresso. I drappi erano completamente diversi dal solito. Brillavano di quattro colori, principalmente: il rosso, il giallo, il verde e il nero. E fra i drappi lunghi fin dal blasone del soffitto, troneggiavano, appesi al muro, quattro grandi quadri rappresentati quattro maghi dall’aspetto famigliare.

Uno era quello che li accompagnava. Era senza bastone nel dipinto e aveva un aria un po’ più giovane. Si muoveva poco e il cielo alle sue spalle brillava di lampi, segno di una tempesta in arrivo.

Subito accanto svettava una strega slanciata dallo sguardo penetrante. I suoi lunghi capelli neri le danzavano a coda di cavallo attorno al volto. Reggeva nella mano destra una sfera di cristallo, tempestata di luci in continuo movimento. Un corvo gracchiava sulla sua spalla.

“Io conosco quella donna…credo” sussurrò Tom. Eve lo colpì con una gomitata. Possibile che lui conoscesse soltanto donne bellissime?

“Ahi, fai male! Dico sul serio, l’ho già vista…” Eve lanciò un’occhiata al dipinto, e dovette ammettere di avere anche lei l’impressione di conoscerla. Fece vagare lo sguardo al dipinto successivo. Un mago sorridente con una vaga barba brizzolata si aggiustava il cappello consunto su uno sfondo roccioso. Il cielo era terso e le nuvole danzavano attorno al sole. Eve fu fulminata da un terribile dubbio. Dovette osservare il quarto e ultimo ritratto per assicurarsene.

Una pasciuta maga con i capelli insaccati in una rete bordeaux faceva volteggiare una serie di piccoli oggetti agitando la bacchetta. Non era molto alta, ma lo guardo era vispo, quasi fosse ancora una bambina.

“Corvonero!” gridò Tom “E’ Priscilla Corvonero! La fondatrice di Hogwarts!” Eve gli afferrò il braccio e deglutì.

“Vuoi dire che lui è…” puntò lo sguardo alle spalle del mago che li stava precedendo. Improvvisamente si fermò, si girò e fece un breve inchino, sostenuto dal bastone.

“Salazar Serpeverde, per servirvi” Tom boccheggiò ad occhi sbarrati. Eve li chiuse e svenne.

 

 

4.

 

“Aspettate, si sta riprendendo” Eve sentì una voce nel buio più completo. Sgranò meglio l’immagine davanti agli occhi e si accorse di aver tenuto le palpebre abbassate fino a quel momento. La maga dall’aspetto contento e paffuto gli comparve davanti leggermente sfocata.

“Buongiorno” salutò quella. Eve si alzò e vide il salotto in cui stava. Stesa sul divano si guardò attorno. L’altra maga magrolina stava seduta al tavolo rotondo lì vicino. Fra le mani aveva una tazza di the fumante. Tom era seduto accanto a lei e discuteva di qualcosa con l’altro mago del ritratto, quello sorridente dal buffo cappello. Tom si alzò di scatto dalla sedia e raggiunse Eve appena la vide sveglia.

“Ehi bionda!” le si avvicinò e Tosca Tassorosso si fece da parte “Come stai?” Eve non rispose e si mise seduta meglio. Riguardò quei tre maghi che prima aveva riconosciuto nei ritratti all’ingresso. Ed ora erano lì, in carne e ossa.

“Cosa…cosa diavolo è successo?” riuscì a chiedere tenendosi la testa. Tom le si sedette accanto.

“Credo…credo sia meglio lo raccontino loro…” fece un cenno, come se aspettasse qualcuno che continuasse il suo discorso. Il mago sorridente si alzò in piedi e oscillò attorno al tavolo. Si sfilò il cappello mostrando una fluente chioma ancora castana.

“Madame Malfoy, benvenuta ad Hogwarts. Anno 1047 del calendario babbano. Messere Bishop mi ha detto che tenete il conto con quello babbano nel vostro tempo”

“Il nostro tempo?” Eve scosse la testa “Siamo…siamo davvero nel passato?” guardò Tom supplichevole che non poté fare altro che stringersi nelle spalle, non esattamente entusiasta.

“Temo di sì” spiegò sintetica la maga dai capelli neri. Sorseggiò un po’ di the e tornò ad ignorarli. Il mago castano si rimise il cappello.

“Avete avuto un piccolo disguido con la Polvere del Tempo, direi. Salazar sta studiando la cosa in base alle poche informazione cha abbiamo. Oh, quasi dimenticavo” fece un mezzo inchino “Io sono Godric Grifondoro, ma sembra che la fama ci preceda tutti” sorrise soddisfatto e diede un’occhiata allo stemma sulla cravatta di Eve. Si voltò verso la maga pasciuta.

“Sono due Grifondoro, proprio come mastro Weasley”

“Bè, significa che il cappello funziona ancora bene, nonostante tutto il tempo che passerà” rispose Tosca allargando le spalle. Priscilla Coronerò sbuffò e sorseggiò ancora il suo the. Godric sfiorò la tesa consunta del vecchio cappello.

“Sentito? Sei un cappello perfetto!” il cappello non si mosse e non fece una piega. Godric lo lasciò perdere e tornò a concentrarsi sui loro improvvisi ospiti.

“Allora, sarete un po’ scombussolati, stanchi. Abbiamo qualche stanza libera?” chiese a voce alta.

“I Corvonero sono al completo, purtroppo” sibilò Priscilla senza scomporsi più di tanto. Ormai il the stava finendo. Tosca materializzò una pergamena e si mise a consultarla.

“Temo che siamo davvero al completo tutti . Potrebbero alloggiare al villaggio”

“Giusto, li accompagnerò io e…”

“Non sono giunti fino a qui per caso” Priscilla parlò a voce alta concentrando gli occhi di tutti su di se. Tom, zitto fino a quel momento occupato soltanto a controllare come stesse Eve, si schiarì la voce.

“Che vuol dire?” chiese leggermente turbato “Da quello che mi ha spiegato il signor Grifondoro è stato un incidente”

“Nulla accade per caso…” sibilò nebulosa Priscilla “Il destino muove la ruota della storia. E la storia non può essere cambiata” Godric si grattò una tempia.

“E’ una delle tue divinazioni, Priscilla? Sapete, Priscilla ha un occhio interiore molto sviluppato e…”

“Silenzio!” lo zittì subito Corvonero “Non è bene parlare troppo del dono. Non è cosa da sbandierare ai quattro venti, Godric, e lo sai bene” finalmente la strega si alzò in piedi e strisciando la sua lunga veste raggiunse il divano dove sedevano Eve e Tom. Aprì la mano e passò il palmo davanti ai loro volti. Prima Eve, poi Tom. Spalancò gli occhi di scatto.

“Giovane Bishop…” sussurrò ad occhi sbarrati “Tu sapevi di questo viaggio…”

Tom sbatté gli occhi un paio di volte. Eve gli lanciò un occhiata senza accusarlo. Lui sapeva?

“Io…no, non sapevo un bel niente, a dire il vero”

“Hai sognato la notte scorsa” continuò Priscilla, ignorando le sue parole “E hai visto…qualcosa” chiuse di nuovo le palpebre e fece danzare le dita di fronte agli occhi di Tom. Tom cominciò ad agitare la gamba, molleggiandola sul pavimento. Eve non poté fare a meno di notarlo.

“Era solo un sogno e non credo che…”

“Non sottovalutare il tuo dono, Bishop di Grifondoro” lo ammonì Priscilla “Molte cose possono cambiare grazie al tue terzo occhio” fece oscillare ancora le dita, poi d’un tratto si fermò.

“Credo sia meglio raggiungano il villaggio, il loro viaggio non sarà né breve e né semplice. Arrivederci, miei cari” e con questo Priscilla Corvonero lasciò la stanza. Tosca la seguì alzando gli occhi al cielo.

Godric aprì la porta accanto.

“Andiamo, non vi preoccupate, Priscilla fa speso così” alzò le spalle “Non prendetela troppo seriamente”

 

 

Qua nessuno c'ha il libretto d'istruzioni

Credo che ognuno si faccia il giro

Come viene, a suo modo

Qua non c'è mai stato solo un mondo solo

Credo a quel tale che dice in giro che l'amore porta amore credo

Se ti serve, chiamami scemo ma io almeno credo

Se ti basta chiamami scemo che io almeno”

 

Almeno Credo, Luciano Ligabue

 

5.

 

Godric accompagnò i due ragazzi fino al nativo villaggio di Hogsmeade, un villaggio con, come scoprirono presto Eve e Tom, sia maghi che babbani, conviventi senza troppi problemi.

“Ma loro sanno della magia?” chiese Eve ad un tratto. Godric si girò per osservarla, incuriosito.

“Ma certo, perché non dovrebbero?” rise il mago, aggiustandosi ancora il cappello sulla testa. Tom notò fra le pieghe della veste ambrata una sottile spada luccicante.

La questione non fu risollevata, così il discorso cadde. Tom e Eve si accorsero solo in quel momento di come la stagione fosse assai diversa dalla loro. Sembrava a metà fra l’autunno e l’inverno, probabilmente il freddo doveva ancora spazzare quell’angolo di Scozia.

Entrarono in una piccola locanda fatta di pietre poggiate l’una all’altra e tavole di legno. L’ambiente era caldo e sporco come pochi altri Eve aveva visto in vita sua. Un fuoco scoppiettava al centro della sala e pelli di animali ne adornavano le pareti e il pavimento. Godric salutò subito l’oste e gli spiegò la situazione, omettendo viaggi nel tempo e simili.

“Ma certo amico mio!” esclamò d’un tratto l’omaccione, pulendo un vecchio e sbeccato boccale “I tuoi ragazzi sono sempre i benvenuti”

“Vi lascio alle cure di Herlec, per qualsiasi cosa, non esitate a chiedere a lui. Mi farò risentire presto” li salutò con un veloce inchino e si diresse verso l’uscita.

“Aspetta! Ehi, aspetta un dannato minuto!” scattò Eve lasciando il braccio destro di Tom per la prima volta da quando si era risvegliata. Puntò i piedi a terra e le braccia ai fianchi.

“Ci avete trascinato qui, siamo chissà dove, lontano da casa nostra, non sappiamo cosa fare e fa freddo!” sbottò Eve “E poi che cavolo vuol dire “mastro Weasley”!”

Godric si sorprese e tentennò un momento. Non era abituato a vedere delle fanciulle così sboccate e arroganti.

“Ecco, io…” lanciò un occhiata a Tom che si avvicinò subito “Dunque, presumiamo che vogliate tornare a casa, e Salazar sta già cercando il modo migliore. Intanto non potete fare altro che attendere, direi” si grattò la nuca sotto il cappello “Non mi viene in mente altro…”

“Chi diavolo è mastro Weasley!” strillò ancora Eve, e Tom la afferrò per le spalle per timore che saltasse addosso a Godric Grifondoro.

“Mastro Weasley? Oh, Christopher Weasley, un giovanotto simpatico. Anche lui ha viaggiato nel tempo e vestiva proprio come voi” indicò le moderne divise scolastiche. Eve spalancò la bocca. Tom si limitò ad inarcare i sopraccigli

“Lui ha…cosa!?” Eve gridò ancora e questa volta Tom la afferrò stretta in modo che si fermasse. Godric ne approfittò per uscire, salutandoli in un’ultima volta. Eve si calmò, o almeno si zittì, ma tenne un maestoso broncio e le braccia incrociate. Herlec, l’oste, diede loro una stanzetta, arredata né più né meno che come il resto della locanda. Tom chiuse la porta, ringraziando per l’ospitalità e si girò verso la stanza.

“Che diavolo vuol dire sta storia!” gli gridò Eve in faccia senza dargli tempo di prepararsi alla cosa. Eve avanzò e Tom finì con la schiena contro la porta di legno scuro. Aveva un vago odore di bagnato e bruciato.

“Ehi, senti, ne so quanto te, ok?” cercò di calmarla “Chris non ci ha detto qualcosa e ci faremo spiegare tutto quando torneremo”

Se torneremo, vorrai dire” sibilò Eve “E’ colpa sua se siamo qui, scommetto. Eravamo in biblioteca tutti e tre e come mai lui non c’è, qui a Zozzolandia?”

“E’ Hogsmeade, è solo un pochino più rurale” ridacchiò Tom, cercando di sdrammatizzare. Senza troppo successo, a dire il vero.

Eve arretrò e scrutò con aria critica la stanza. Un ampia saletta con il camino acceso e un mucchio di legna di riserva. Proprio accanto vi era un massiccio letto pieno di coperte di lana e pelli. Due guanciali erano stesi ai piedi del letto. Ancora accanto un tavolo robusto reggeva una boccetta di inchiostro e una bottiglia quasi vuota di quello che sembrava Whisky.

Rurale? La definirei lercia, sporca, brutta, ma mai, e dico mai, rurale” Tom le scivolò accanto e si buttò sul letto che trovò più morbido di quanto pensasse.

“Andiamo, non è così male” appoggiò i gomiti e la vide sorridere “Ecco, non arrabbiarti. Quando sorridi sei più carina”

“Non pensare che dormiremo nello stesso letto perché non sarà così” disse secca Eve, ignorando l’apprezzamento. Tom neanche ci aveva pensato, ma per un attimo la sua mente prese a fantasticare e viaggiare verso lidi lontani in cui lui diventava l’essere più virile della terra e lei era una verginale ragazza indifesa.

“E dove dovrei dormire, scusa. Per terra?” Eve gli sorrise piegando la testa in modo cattivo.

“E’ un idea”

 

 

6.

 

Il fuoco scoppiettava a fiamma bassa. Fortunatamente potevano fare incantesimi liberamente senza rischiare di essere puniti dalla legge del posto. Non esisteva nessuna istituzione magica in quel tempo. E comunque non era così organizzata come la loro. Anche se, si trovò a pensare Tom, rispetto a Lestrange sarebbe stato meglio qualsiasi cosa.

Si rigirò avvolto da una pesante coperta di lana. Nonostante dormisse sul duro pavimento non sentiva troppo freddo. Le pelli isolavano e le coperte facevano spessore. Senza pensarci sospirò a voce alta.

“Sei sveglio?” gli chiese Eve dal buio, mezzo metro più in alto di lui.

“Sì” rispose Tom e si mise a guardare il soffitto. O almeno, pensò ci fosse il soffitto in mezzo a quella oscurità.

“A che pensi?” domandò ancora Eve.

“A niente…”

“Eddai, a che pensi?” incalzò la ragazza. Tom sospirò ancora.

“Penso che stasera c’era l’arrosto ai mirtilli e che me lo sono perso” Eve rise e Tom la sentì muoversi fra le coperte.

“Bè, tecnicamente deve ancora capitare”

“Giusto, me lo segnerò sull’agenda” scherzò Tom e ridacchiarono insieme. Poi cadde di nuovo il silenzio. Quel silenzio di quando non si sa che dire, ma non si vuole dormire.

“Io ho paura” disse Eve con voce piccola e flebile. Tom si poggiò sul gomito sinistro e si voltò verso quella chiazza nel buio che doveva essere il letto.

“Davvero?”

“Sì…tu no?”

Tom ci pensò su un paio di secondi e si torturò un ciuffo dei capelli medio lunghi.

“Forse…sì, un po’. Però cerco di non pensarci. Ma perché hai paura?” chiese sperando di ricevere una risposta.

“E’ tutta la situazione. Oggi non riuscivo a pensare con calma, ma in effetti è come se ci fossimo persi. Anzi, è peggio” non riuscì a trattenere un sottile lamento alla fine della frase, e Ton non riuscì a non notarlo.

“Ehi, bionda” si alzò dalla sua tana provvisoria sul pavimento e si appoggiò al bordo del letto. Allungò una mano in cerca di Eve e le sfiorò quella che gli parve la testa. Riconobbe i capelli e con dolcezza la accarezzò.

“Stai tranquilla. I quattro più grandi maghi d’Inghilterra stanno studiando la cosa. Si risolverà vedrai” Eve tirò su col naso e si accoccolò alla mano di Tom. Lui la sentì stringere i denti, come se trattenesse un forte spavento.

“Pensi davvero che torneremo a casa?”

“Certo!” mentì lui. In effetti non ne era sicuro, ma sarebbe stato inutile preoccuparsi per ora. Se Eve aveva bisogno di sicurezza gliene avrebbe data lui. La sentì ancora trattenere il respiro. Le accarezzò piano una guancia.

“Stai bene? Ti sento un po’ tesa…” indagò Tom rendendosi conto solo in quel momento di trovarsi al buio con una mano che scorreva lenta sopra il corpo di Eveline Malfoy. Improvvisante gli venne un gran caldo.

“Sto bene, sì, è…” sembrava sul punto di dire qualcosa. Tom si sporse un po’ più in avanti.

“E’ cosa?”

“Niente, non importa” Eve si rigirò e diede le spalle a Tom. Lui ritirò la mano un po’ deluso e si accasciò fra le sue coperte da pavimento.

“Come vuoi” ma non fece in tempo a mettersi sdraiato che la sentì di nuovo trattenere il respiro e irrigidirsi. Fece finta di niente, ma tenne le orecchie ben aperte. E dopo pochissimo capitò di nuovo.

“Bionda?”

“Che vuoi?”

“Che cos’hai?”

Silenzio.

“Allora?” insistette Tom sgranchendo le braccia all’aria.

“E’ una cosa un po’…intima”

Tom si rimise a sedere e si appoggiò di nuovo al bordo del letto.

“Bè, non voglio fare l’arrogante, ma non siamo amici da poco, anzi”

“Sì, ma non ne parlo con uno come te, di solito” insistette Eve. Tom rifletté sulle sue parole. Significava che condivideva quel segreto con qualcun altro che non era lui? Non che fosse offeso, ma un po’ gli dispiaceva. No, stronzate perbeniste, era offeso!

“Qua ci sono io. Non sarò come qualcun altro, ma se vuoi…” la mente di Tom prese a vagare fra tutte le persone che poteva conoscere Eve e a cui avrebbe potuto dire qualcosa di così importante che a lui non poteva dire. Ben Gloswon? Improbabile. A parte che era fidanzato con quella strana Tassorosso, ma poi non avevano mai legato molto. Daniel Keen sicuramente no. In tutti quegli anni Tom non lo aveva visto dare più confidenza necessaria di quella per chiedere i compiti di una materia. Joe “Jappo” Seer? In effetti ronzava spesso attorno alle ragazze di Grifondoro. Tom non era sempre lì a controllare.

Oppure era di un’altra casata. Ragazzi di altre casate che frequentassero Eve. Davvero non gli veniva in mente molto. E se fosse stato Chris? No, e poi era suo cugino. Ma quale ragazzo osava avere più confidenza di lui con Eve?

“Tom? Ci sei ancora?” Eve risvegliò il moro dai suoi viaggi mentali in cui cercava il colpevole da punire. Imbronciato rispose rapidamente.

“Sì, sì, ci sono”

“Senti, normalmente non te lo direi” e qui le budella di Tom si contorsero e presero fuoco per la rabbia “Ma dato che la situazione non è delle più normali…” Eve fece una pausa e Tom attese. Attese, ancora. Poi la pausa si tramutò in silenzio.

“Allora?”

“Ecco…ehm, sai, capita ogni tanto a…alle ragazze che hanno certi momenti…ehm…più sensibili di altri”

Tom rimase in silenzio un momento cercando di estrapolare una frase compiuta dai balbettii di Eve. La stanchezza rendeva il tutto molto più complicato.

“Quindi mi stai dicendo che ora sei più sensibile?”

“In un certo senso…” mormorò piano Eve. Tom scosse la testa.

“Ma cosa intendi con sen…oh!” e di colpo gli divenne tutto più chiaro “Quei giorni, intendi”

“Già” disse piano Eve. Tom ridacchiò.

“Dai non essere imbarazzata. E’ normale che succeda” Eve non disse nulla e Tom si alzò e si sedette sul letto. Eve non protestò.

“Fa molto male?” chiese il moro perdendo quell’aria allegra.

“Sì…più del solito”

“Forse è il cambiamento. Ho letto in una rivista che con il tempo, intendo quello atmosferico, può capitare. Forse centra anche il tempo temporale” Tom sentì Eve ridere.

“E da quand’è che leggi queste cose tu?” Eve rise ancora e Tom si rese conto solo in quel momento di avere detto qualcosa di compromettente.

“Eh? No, cioè, è…era una rivista nell’ambulatorio di mio padre…davvero! E smettila di ridere!” Eve ormai rideva come una matta e Tom si mise a ridere con lei. Sentì una mano avvicinarsi a lui, gli afferrò il braccio e lo tenne stretto. Il cervello di Tom si scollegò per un attimo. Eve si voltò verso di lui, anche nel buio poteva vedere il suo profilo più chiaro. Stava ancora ridendo.

Tom allungò l’altro braccio, prese una delle sue coperte di lana e sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni.

Ignarda” recitò puntando la bacchetta fra le fibre della coperta e la allungò alla ragazza.

“Tieni, farà caldo. Puoi metterla dove senti dolore” Tom non lo notò chiaramente, ma gli sembrò di vederla sorridere. Eve prese la coperta e se la sistemò sul ventre.

“Grazie” sussurrò e poi strisciò verso di lui. Tom la vide spuntare dalle tenebre, bionda, sorridente, bellissima. Gli si avvicinò lasciando pochissimo spazio fra di loro.

“Ehi che..che fai?” si agitò Tom sentendo sbattere quel dannato muscolo cardiaco ovunque tranne che nel petto. La gola era una melassa unica, compatta come la confettura che servivano la mattina ad Hogwarts.

“Prendo i miei spazi” disse lei a mezza voce, e con un spintone rovesciò Tom per terra fra le sue coperte. Tornò a ridere come una matta mentre lui si esprimeva in una serie di preziose scurrilità.

“Ma sei scema! Potevo farmi male!” esplose Tom, un po’ deluso, un po’amareggiato.

“Buona notte Bishop. E grazie” Eve si mosse sul letto fino a avvolgersi di nuovo fra le coperte. Tom si tastò la nuca dove aveva battuto. Con la testa ancora annebbiata e il cuore ancora a zonzo, ma ormai sulla via della calma, si rimise fra le coperte e poggiò la testa sul guanciale.

“Buona notte bionda” e subito il sonno lo raggiunse.

 

 

7.

 

Il camino esplose in una fiammata verdognola. Tom si svegliò di soprassalto lanciando un grido. Sbatté la testa sul letto dietro di lui e finì di nuovo accasciato sulle coperte.

“Buongiorno, miei cari” la voce di Priscilla Corvonero raggiunse le orecchie di Tom che finalmente aprì gli occhi. Assieme a lei vi era anche Godric. Tom ringraziò il cielo che non fosse venuta sola. Si alzò in piedi e si accorse di avere ancora la divisa scolastica addosso. I vestiti erano stropicciati e madidi di sudore. Aveva bisogno di un bagno e qualcosa con cui cambiarsi.

“Che ore sono?” chiese sbadigliando. Godric puntò la finestra mezza sbarrata da una pesante tavola di legno e quella svanì all’istante. Un raggio di sole potente accecò Tom che dovette ripararsi con la mani.

“L’ora di pranzo è ormai passata” spiegò “Ma dov’è la sua amica messere Bishop?” chiese Grifondoro. Tom si guardò intorno. Il letto era sfatto, ma non vedeva Eve. Non si era accorto che se ne fosse andata.

“Non…non lo so a dire il vero “ sbadigliò di nuovo “Forse è in giro”

“Inopportuno” disse semplicemente Priscilla “Non dovrebbe girovagare sola” si sporse dalla finestra, probabilmente per cercarne traccia.

“Chiederemo a Herlec, Priscilla. Piuttosto…” insistette Godric facendosi vicino a Tom “Abbiamo importanti novità. Salazar ha scoperto qualcosa. Trovi la sua amica, Bishop. Vi aspetteremo al castello” estrasse un sacchetto di pelle molto simile all’intestino di un bovino.

“Questi sono per le spese. Qualche pietra di valore è bene accetta dai commercianti di qua. Arrivederci messere Bishop” fece un veloce inchino e svolazzò il cappello consunto sulla testa. Prese una manciata di polvere da una tasca della veste e scomparve nel camino, avvolto da una fiammata verde.

“Siete fortunato, messere Bishop” intervenne melliflua Corvonero. Si scostò dalla finestra avvicinandosi a Tom. I suoi occhi lo scrutarono a lungo e Tom non ebbe la forza di dire nulla. Si sentiva come svuotato da ogni pensiero e privo di ogni protezione davanti a quella donna.

“Perché dite questo?” domandò Tom incuriosito. Priscilla gli sorrise.

“Nonostante foste stato avvertito dal vostro sogno, avete preferito ignorarlo. E ora siete qui, inconsapevole se tornerete o no alla vostra casa”

“Torneremo a casa!” mentì ancora Tom, mostrando davvero poca insicurezza “E’ solo questione di tempo”

“Tempo. Ha detto bene, Bishop. Il tempo è ciò che cambia tutto” Priscilla passò una mano sul suo volto e Tom sentì immediatamente un forte calore invadergli la faccia. Istantaneamente chiuse gli occhi.

“Avete un grande dono, messere Bishop. Non nascondetelo, non privatene il mondo. Siete destinato a grandi cose, lo sento, e credo di vederlo” Tom cercò di muoversi, ma riuscì soltanto a capitolare sul letto di schiena. L’affascinante strega in nero fece scorrere la mano a pochi centimetri dalla pelle di Tom.

“Non fate il sciocco errore di trattenervi. Siete dotato di un profondo occhio interiore tutto da sviluppare, l’ho visto” passò la mano sul petto di Tom, sempre e solo sorvolandolo.

“E’ questo che sceglierà come usare il vostro dono. Il cuore sarà l’ago della bilancia” Priscilla si alzò di scatto lasciando Tom imbarazzato e confuso.

“Non temete, non dirò a nessuno di voi. Sarete voi a scegliere, il destino è scritto, nulla può cambiare” infilò la mano nella polvere volante e Tom non riuscì a trattenerla. Sparì in una vampata di fuoco verde appena entrò nel camino.

Tom crollò di nuovo di schiena sul letto. Chiuse gli occhi e sbuffò al soffitto. Come aveva fatto quella strega a vedere il suo sogno? E Come sapeva delle sue visioni…dell’occhio interiore che gli bruciava dentro. Fin dal terzo anno aveva iniziato divinazione e, con stupore, aveva notato quanto gli fosse facile leggere fondi di te, stelle e scrutare sfere di cristallo. Così facile da fargli paura. Pian piano, dopo pochi mesi, decise di smetter di fare affidamento su quel suo particolare dono, come lo chiamavano la maggior parte dei maghi. Anche la Cooman, che tanto lo apprezzava all’inizio, prese a schernirlo, come suo solito, con fare melodrammatico.

Non gli importava. Non voleva sapere di più di quella sua dote. Lo spaventava e lo faceva tremare di stupore e paura. Quello che vedeva, quello che sentiva. No, il terzo occhio quella volta aveva davvero sbagliato ad affidarsi a quello strano figlio di babbani.

Eppure Corvonero sapeva. E sapeva più di quanto dicesse.

La porta si aprì ed Eve entrò carica di roba. Sacchetti e stoffe impacchettati uno sull’altro.

“Tom, dammi una mano…” lo implorò lei, vacillando sulle gambe. Tom si mise subito in piedi e afferrò quel mucchio di roba. A vederlo sembrava meno pesante.

“Grazie” disse Eve “Sono tutti piuttosto gentili con i forestieri, qui” sorrise Eve mentre si spazzava le maniche del suo nuovo abito. Un corpetto di pelle scura avvolgeva una maglia, simile ad una camicia ma con dei lacci al posto dei più comuni bottoni. Un paio di pantaloni di cuoio le fasciavano le gambe fino ad infilarsi negli stivali alti, sempre dello stesso colore. Un cinghia dalla fibbia lucida e dorata sosteneva un sottile fodero per bacchetta nero. Così come nero era il laccio che stringeva in una coda i ricciuti e biondissimi capelli di Eve.

“Carino…” commentò Tom scaricando di peso il mucchio di cose sul letto “Dove sei stata?”

“In giro, a guardare Hogsmeade. Sai, non si chiama ancora Hogsmeade. Pare che non abbia neanche un nome”

“Come hai pagato questa roba?” Tom sciolse il nodo di una delle pelli chiuse in quattro. C’erano un paio di abiti dall’aspetto più pulito di quanto si aspettasse.

“Non l’ho fatto”

“Non l’hai fatto? L’hai rubata?”

“Certo che no!” rispose subito la bionda offesa “Te l’ho detto che sono gentili…”

“Ma non mi hai detto come hai pagato” insistette Tom, dato che Eve evitava di rispondergli. La ragazza si aggiustò la coda dietro la schiena e ignorò Tom, almeno per un po’.

“Ho…promesso…che avresti dato…una mano…”

“Che!?” Tom schizzò impazzito. In quella entrò l’oste, Herlec, ancora alle prese con un sudicio strofinaccio e un bicchiere. Adocchiò subito Tom e lo indicò severo.

“Avanti, ho bisogno di una mano, muoviti” Eve fece finta di nulla, mentre Tom le lanciò un occhiataccia. Afferrò la borsa che gli aveva dato Godric e prese una generosa manciata di pietre preziose.

“Ecco, tenete. Per tutte le spese e per qualche pasto” Herlec fissò con avido stupore le gemme. Chiuse il pugno sui brillanti cristalli e, come se non fosse mai entrato, sparì con un veloce inchino oltre la porta.

E ci fu uno strano silenzio, interrotto soltanto da Eve che sistemava i vari pacchetti.

“Tu mi hai venduto!” gridò Tom facendola sobbalzare.

“Ho solo chiesto un prestito ad Herlec!”

“Con me come cauzione! Ma che cacchio hai in testa!” Eve si bloccò di scatto e puntò i piedi.

“Non trattarmi così!”

“E come ti devo trattare! Tu mi tratti come uno zerbino sempre!” strillò Tom, e per un momento vide Eve incupirsi in volto. Le aveva fatto male. Non per questo si fermò o si trattenne, anzi.

“Mi faccio fare quello che vuoi, faccio come pare a te sempre! E che pensi ci guadagno?” le corse praticamente incontro, continuando ad urlare “Tu non mi rispetti, ecco cos’è. Anche in questa dannata schifosa situazione non pensi che per caso anche io possa star male, o avere problemi, o qualsiasi altra cazzata!”

“Sei una dannata egoista, ecco il problema!” sbottò Tom dopo un breve momento di silenzio, a mezza bocca aperta, come a pensare cosa dire ancora. Si girò su se stesso, ignorando Eve e la sua testa bassa. Probabilmente piangeva. Aprì la porta.

“Tom…” biascicò Eve, chiaramente sull’orlo delle lacrime. Ma Tom aveva deciso di essere spietato quella volta.

“Ci aspettano al castello. Muoviti” e si sbatté la porta alle spalle.

 

 

8.

 

Eve percorse l’ultimo tratto di cortile del castello di Hogwarts. Non si sentiva molto bene. Aveva gli occhi ancora gonfi, colpa del freddo. E delle lacrime. Forse solo delle lacrime. Vide un paio di studenti attraversare il cortile e lanciarle un’occhiata strana. Probabilmente il loro arrivo in biblioteca aveva già fatto il giro della scuola, di bocca in bocca. Hogwarts era così anche all’inizio, pensò Eve. Nessuno poteva avere segreti ad Hogwarts.

Entrò nel salone principale e Godric Grifondoro allontanò in fretta una studentessa di Tassorosso per correrle incontro, sorridente.

“Madame Malfoy” si inchinò Godric, e non poté fare a meno di notare il suo sguardo incupito “Vi sentite bene?”

“Sì” mentì Eve, cercando di sorridere, ma riuscendo soltanto a piegare le labbra in una strana smorfia “Tom è già qui?”

“Messere Bishop è già qui” sorrise Godric e le indicò un corridoio da seguire. La precedette e camminarono fino al secondo piano, in silenzio.

Godric si fermò davanti ad una porta cesellata e ne spinse l’anta.

“Madame Malfoy è arrivata” annunciò Godric contento. Nella stanza vi erano sia Salazar che Priscilla. E naturalmente Tom, concentrato sul fuoco e sul suo bicchiere di liquido ambrato.

“Finalmente, ora potrò spiegare ad entrambi…” sillabò seccato Serpeverde. Si alzò in piedi sostenuto dal bastone e raggiunse il caminetto. Lo puntò con la bacchetta e una sottile scia di fiamme avvolse il suo legno.

“Quello che vedrete è colui che dovete cercare” le fiamme esplosero sulla bacchetta illuminando il soffitto grezzo della stanza. Si formò un cerchio di fiamme in cui comparve un volto, un immagine chiara di un uomo calvo. Sembrava essere molto alto, dalle larghe spalle e dalla stazza. Aveva le braccia incrociate e un cipiglio per nulla amichevole.

“Chi è?” chiese Tom poggiando il suo bicchiere e sedendosi nella sedia lasciata libera da Salazar.

“Sir William Hielant” rispose Priscilla, alle spalle di Tom “Serpeverde, naturalmente”

Grazie Priscilla” commentò secco Salazar lanciandole un’occhiataccia. Le fiamme si agitarono al movimento della bacchetta e l’immagine di William scomparve per far posto ad un castello arroccato su un colle roccioso.

“Quella e la Rocca Hielant. E’ lì che risiede”

“E’ un mago, vero?” chiese Eve, senza muoversi da accanto alla porta, ormai chiusa. Godric annuì ad occhi chiusi.

“Precisamente” e di colpo si fece cupo e scuro in volto “E’ un mago nato da babbani, ed ha imparato ad usare la sua magia qui, ad Hogwarts” Salazar agitò la bacchetta e le fiamme si mischiarono di nuovo. Godric continuò.

“Purtroppo non ha avuto la disciplina necessaria per capire che quello che ha ricevuto è un dono, non un’arma. Ha creato potenti incantesimi, ha cercato antichi oggetti oscuri ed ha…bè, ha ucciso tutti. Tutta la sua famiglia”

Tom sbarrò gli occhi. Eve deglutì.

“E noi dovremmo cercare questo pazzo?” esclamò Tom sconvolto “State scherzando, spero”

“Mi piacerebbe scherzare, messere Bishop” commentò Serpeverde agitando ancora la bacchetta “Ma non sono abituato a farlo. William Hielant ha un oggetto che vi serve per tornare alla vostra casa” le fiamme vorticarono e Salazar fece guizzare la bacchetta dall’alto verso il basso. Fra le spire rosse e gialle comparve una nuova immagine. Una sfera di vetro con un lungo becco che si avvolgeva attorno alla stessa fino a diventare una specie di base su cui appoggiarla. All’interno della sfera vi era una finissima sabbia di colore giallo brillante.

“Quella è Sabbia del Tempo. Ed è l’unica di cui sappiamo la locazione” terminò Serpeverde. Godric camminò fino al centro della stanza.

“Il vostro obiettivo è raggiungere la Rocca, infiltrarvi nel villaggio e riuscire a penetrare le sue mura. Lì dovrete trovare la sabbia e riportarla qui. Al resto ci penseremo noi”

“Aspettate solo un secondo” disse Eve improvvisamente “Noi dovremmo…no, ma perché noi? Non voglio sembrare ingrata o che altro, ma non siamo i più adatti ad affrontare un mago oscuro. Perché non andate voi?”

“Giusto!” le diede man forte Tom “Siete i maghi più potenti di queste terre!” Eve fu contenta di vedere Tom dalla sua parte.

“Potenti, sì. Anche noti…” commentò vago Grifondoro “Ecco, lui ci conosce, e sa che siamo pericolosi per lui. Ci scoprirebbe subito e farebbe qualche follia per distruggerci”

“E poi a dire il vero non ho voglia di farmi distruggere per due ragazzini” aggiunse Serpeverde facendo scomparire tutte le fiamme sul soffitto. Priscilla sorrise dietro il dorso della mano.

“Ah…” Tom non riuscì a dire nulla “Ma…e noi come diavolo possiamo farcela, allora?”

“Andrete in incognito. Vi fingerete babbani in viaggio e troverete un modo per entrare. Meno magia userete, meglio è” spiegò Godric aggiustandosi il cappello “E comunque non dovete certo affrontarlo. Dovete solo recuperare la Sabbia del Tempo”

“Che situazione…” disse piano Eve. Tom sbuffò infastidito.

“Che c’è?” gli chiese lei non capendo la sua reazione scocciata. Tom sbuffò ancora e si rivolse a lei, arrogante.

“C’è che non sei capace di reagire, solo lamentarti”

“Ah, scusa se penso che suicidarsi contro un mago oscuro sia da folli!” rispose animatamente lei.

“Sì, ma non abbiamo scelta!” gli strillò Tom in faccia. Eve strinse le labbra arrabbiata.

“Potrebbe farlo qualcuno di più preparato!”

“Potresti muovere il culo tu, ogni tanto, invece di far fare tutto agli altri!” urlò più forte Tom. Eve lo spinse dalle spalle e lui ciondolò all’indietro.

“Ma vaffanculo!”

“No, vaffanculo tu!”

“Signori…signori, per favore!” Godric intervenne per calmarli, si mise in mezzo e li distanziò con le mani “Non credo che litigare sia la soluzione migliore”

“Scurrile…” commentò Priscilla facendo materializzare una vassoio con teiera e tazze “Una ragazza non dovrebbe…” ma non ebbe il tempo di finire la frase.

Stupeficium!” gridò Eve puntando la bacchetta verso il tavolo. La teiera esplose in un centinaio di frammenti, assieme a tazze e vassoio. Priscilla si schermò il viso come meglio poté, e fortunatamente l’acqua bollente non la colpì.

“Ma sei impazzita, ragazzina!” scattò in piedi la maga estraendo la bacchetta.

“Questo non lo avevi previsto miss “Occhio Interiore”?” la canzonò ancora Eve, senza abbassare la bacchetta. Priscilla storpiò le labbra in un violento sorriso rabbioso. Alzò la bacchetta e la puntò verso Eve.

“No! Priscilla, per favore” Godric le fermò il braccio e l’incantesimo morì sulle labbra della strega. Salazar non mosse un muscolo, si limitò a sorridere.

“Dovete partire al più presto. Più rimanete in questo tempo e più sarà difficile per voi tornare a casa” disse Grifondoro calmando Priscilla con un cenno della mano.

 

 

9.

 

Tom diede un frustata lieve agitando le redini. Il cavallo brontolò e accelerò il passo trainandosi il carretto sul dorso. Superò un collinetta, ma un'altra si presentò ai suoi occhi. Frustrato, Tom accasciò le spalle.

“Ci fermiamo. Ormai fa notte” avvisò, piegando la testa un po’ all’indietro. Eve stava seduta nel carretto, coperta da un lungo mantello. Più che lungo era abbondante. Non disse nulla e non diede nemmeno cenno di aver capito.

“Ohi, ci fermiamo, va bene?” disse di nuovo Tom, questa volta ponendo una domanda, e sperando di ricevere una risposta. Eve non disse nulla, di nuovo. Si alzò in piedi e, traballante, saltò giù dal carretto lento. Tom tirò le redini di scatto vedendola correre sul prato, alla sua sinistra.

“Eve!” chiamò a gran voce, ma la ragazza non diede cenno di averlo sentito. Oppure lo ignorò. Tom ritenne possibile questa seconda ipotesi.

“Me guarda te…” disse a mezza voce. Fermò il carretto e legò le redini ad un alberò lì vicino, senza perdere di vista quella pazza scatenata. Le corse dietro appena fissati i lacci del cavallo. Corse fino a raggiungerla, un centinaio di metri più avanti. Le afferrò una spalla.

“Eve, dove diavolo corri” ma la ragazza non gli rispose. Solo in quel momento vide il piccolo gruppo di case, nascosto dalla boscaglia.

“Mi sembrava ci fossero delle case. Prendi il cavallo, cerco un riparo per la notte” gli disse semplicemente Eve, scendendo lungo il tortuoso sentiero dalla cima della collina mangiata dal bosco.

Tom fece più in fretta che poté. Liberò le redini e trascinò il carretto fino al villaggio. Non fu un sentiero facile da percorrere, soprattutto con un cavallo per nulla propenso alla collaborazione.

“Andiamo, stupida bestia…” cercò, invano, di trascinarlo, ma l’animale era ben impuntato e non avrebbe mollato facilmente. Tom sbuffò e lasciò perdere. Guardò le nubi all’orizzonte e sentì il vento aumentare il suo ritmo già veloce. Gli spazzava la faccia e gli sciabordava i capelli. Le nuvole scure di pioggia e di notte, ormai alle porte, si stavano spandendo sulla sua testa e fin oltre all’orizzonte. Nere, come nero era il suo umore.

Afferrò le redini e fu ben contento di sentire il cavallo collaborare, questa volta. Guidò il carretto lungo il sentiero, senza smettere di pensare a quello che aveva fatto quella mattina.

Non voleva trattarla così male. Cioè, voleva, ma non avrebbe voluto. Non si pentiva certo di quello che aveva fatto, solo che vederla così triste, e sapere che era anche colpa sua, non lo faceva star meglio. Forse avrebbe dovuto parlarle.

Raggiunse il centro del gruppo di case, vicino al pozzo di sasso. Legò le redini al palo di legno e si guardò intorno. Non c’era anima viva da quelle parti. Era come un covo di fantasmi.

“Eve?” la voce risuono fra le pareti di legno, tarlate.

“Ehi bionda? Dove sei?” Si incamminò verso la casa più vicina. Aveva la porta aperta, ma stranamente, il comignolo non fumava. Tom sentì un specie di pericolo imminente avvicinarsi. Estrasse la bacchetta e deglutì, passo dopo passo, verso la casa.

Il cavallo nitrì e quasi Tom si prese un colpo. Si girò di scatto per maledirlo, ma quel che vede gli fece gelare il sangue. Un manto nero e sbrindellato svolazzava fuori dal pozzo. Era uno spettro nero come la notte, freddo e spietato. Era un dissennatore.

Allungò l’artiglio sul cavallo e quello cercò, invano, di allontanarsi. La pelle dell’animale si gelò fino a diventare pallida, bianca e ghiacciata. Il dissennatore gli succhiò l’anima e l’animale vacillò un attimo, prima di stramazzare a terra. Voltò il suo capo coperto di veli neri verso Tom, e fluttuò nella sua direzione.

Tom rabbrividì e sentì la speranza scivolargli fra le dita. Non avrebbe mai potuto affrontarlo, non sarebbe mai tornato a casa. La sua testa gli bombardava sensazioni di tristezza. Era spacciato. La voce nella sua testa glielo urlava.

No. Sapeva come agivano quei mostri. Era solo una questione di concentrazione. Era…era…era spacciato.

Senza rendersene conto si inginocchiò, boccheggiante e infreddolito. La bacchetta era più pesante di un tronco d’albero e aveva sempre più l’impressione di avere un bisonte sulla schiena, invece che un mantello. Respirò a fondò e, fra i denti che battevano sospirò un incantesimo.

Ex..Expecto Patronus...us...” una scia argentata scivolò dalla sua bacchetta fino ad avvolgere il dissennatore che subito la risucchiò come fosse uno spaghetto. Tom si maledì per non aver reagito prima.

“Tom!” la voce di Eve lo risvegliò e gli fece aprire gli occhi. Non ricordava nemmeno di averli chiusi. Sentì passi veloci e uno svolazzo di mantello.

Expecto Patronus!” e poi più niente, solo il cuore dell’inverno.

 

   
 
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