Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Cat in a box    03/12/2010    1 recensioni
[…] Ma in seno all’odio si sviluppa l’Amore, e il cupo e il denso dell’animo si stempra nei sentimenti più teneri. Quest’uomo odia molto perché ha amato molto. L’odio è infinito, perché infinito è l’amore, e il dolore è disperato, perché non c’è vendetta uguale all’offesa. Tutto questo trovi mescolato e fuso nel suo mesto racconto, non sai se più terribile o più pietoso. Accanto alla lacrima sta l’imprecazione; e spesso in una stessa frase c’è odio e c’è amore, c’è rabbia e c’è tenerezza; come l’ultimo suono delle sue parole […]. | Attualmente sto correggendo e 'ristrutturando' i capitoli già scritti [ultimo in data 26/08/13].
Genere: Fantasy, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton, Voldemort | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La prima battaglia

 

Sentiva il cuore batterle nel petto, come un uccellino agitato dentro una gabbia troppo piccola. Non serbava alcun timore per le conseguenze del suo gesto, quanto nell’essere scoperta da qualcuno, in quel preciso istante. Stava nascosta dietro al gargoyle in pietra che sorvegliava con aria solenne l’Ufficio di Silente. Si era aggrappata all’attaccatura delle ali della statua e sperava che così la McGrannit non si accorgesse della sua presenza. Si erano fatte poco più le sette e mezza: l’orario in cui Severus usciva dai sotterranei per dirigersi al terzo piano a prelevarla dalla sua stanza e l’orario esatto in cui, la McGrannit abbandonava l’Ufficio del Preside per dirigersi ai piani inferiori alla Sala Grande. Qualche attimo dopo, le sue aspettative si realizzarono. L’insegnante di trasfigurazione uscì dall’Ufficio e pronunciò la parola segreta:“Menta piperita!”. La fantasia di Silente nel trovare nuove parole d’ordine era piuttosto prevedibile, visto che le sceglieva in base alle sue leccornie preferite. Quando la McGrannit scomparve in fondo al corridoio e Adelia si era assicurata che non vi fosse anima viva, scese dal suo nascondiglio e pronunciò la parola d’ordine. Entrò nell’Ufficio, ma notò subito di non trovarsi sola. Il Cappello parlante si trovava sulla scrivania, proprio dinanzi alla sua meta: il focolare. Quando lo sentì russare, si rassicurò. Il Capello stava dormendo profondamente. Si avvicinò furtivamente al camino e si guardò intorno, quando trovò un sacchetto con la metro polvere. Lo prese e ed entrò nel camino. Estrasse dal sacchetto una manciata sufficiente di polvere magica e pronunciò a parole scandite:“Yew Street, 17 A!”. Fiamme verdi l’avvolsero e si sentì risucchiare dalla canna fumaria. Pensò di essere così leggera e volatile, quasi da temere di essersi trasformata in un cumulo di cenere. Il suo corpo si materializzò di nuovo e piombò dal camino come un sacco di patate. Cadde su un mucchio di cenere e sollevò una quantità enorme di polvere scura, tale che imbrattò tutti i mobili del soggiorno. Tossì. Uscì dal camino e si alzò in piedi. Il suo vestito era tutto sporco di fuliggine. “Ora sì che sono conciata per le feste…”. Pensò ironicamente. Si guardò attorno. Sembrò che la casa fosse stata lasciata tale e quale a come se la ricordava. Prima di mettere per l’ultima volta piede fuori da quella casa, decise di andare ai piani superiori, per rivedere la sua vecchia stanza. Salì le scale e aprì la prima porta. Un tenue verde acqua dipingeva le pareti della sua vecchia stanza. Quadri e fotografie le ricoprivano quasi interamente. Si addentrò e si sedette sul suo vecchio letto, per contemplare la foto che teneva sul comodino, di lei e zia Verna. Era stata scattata qualche giorno prima che partisse per Hogwarts. In quella foto, Verna indossava l’uniforme del Ministero e affianco, Adelia sorrideva teneramente. Estrasse la fotografia, la piegò a metà e se la nascose in tasca. Qualche istante dopo, notò qualcosa di nuovo. Affianco al quadretto, c’era un piccolo cuscino a forma ovale, dove era stato ricamato il suo nome in corsivo. Lo prese tra le mani per osservarlo meglio. Sua zia amava ricamare e le aveva promesso che un giorno avrebbe fatto qualcosa anche per lei. Evidentemente, sperava di farle una sorpresa, quando sarebbe ritornata. Non riuscì a trattenere qualche lacrima. “Ti vendicherò…”. Disse con un filo di voce, poi lo strinse al petto e lo posò nuovamente sul comodino. Lasciò un’ultima occhiata alla sua stanza e richiuse la porta. Uscì dalla casa e scese in strada. Merthyr Tydfil, non era più la città che ricordava. I folti manti erbosi. Il fruscio delle fronde degli alberi. I bellissimi tramonti e i cieli stellati. Sembrava che avesse vissuto tutt’altro che lì. Uscì da Yew Street e imboccò il viale principale. Attraversando High Street sarebbe giunta al Pant Cemetery in meno di una mezz’ora. Per le strade, regnava un’insolita quiete. Le luci delle case erano tutte spente e le strade erano buie e deserte, non vi era un solo lampione rimasto acceso. Dopo alcuni isolati, passò dinanzi alle macerie di alcune case. Pensò già a quale giustificazione avrebbe utilizzato il Ministero della Magia per mascherare i fatti. “Una violenta scossa di terremoto ha colpito la città, devastando gli edifici e provocando la morte di numerose persone.”. Peccato che non era così. La verità era che numerose famiglie babbane erano state assassinate, per mano di Maghi senza scrupoli che provavano ribrezzo nei confronti delle persone senza poteri magici. Intere famiglie, uccise per questo brutale motivo. Guardò con amarezza gli ultimi isolati, quando si ritrovò dinanzi alla possente cancellata nera del cimitero. Era arrivata a destinazione.

 

 

Oltrepassò i cancelli e si addentrò all’interno. Era un vecchio cimitero a pianta rettangolare. Vi erano diversi loculi, dove venivano riposte le urne funerarie contenenti le ceneri dei babbani. Sotto alti sempreverdi vi erano gli epitaffi di alcune tombe, ma erano troppo vecchi perché potesse trovarci anche quello di sua zia. Il suo sguardo scorreva lungo le scritte degli epitaffi; finché una lapide in marmo bianco, di aspetto recente, non catturò la sua attenzione. Attorno, vi erano ancora ghirlande di fiori e una candela, accesa. Si avvicinò e lesse le parole illuminate dalla fioca luce di quella piccola fiamma:

 

Alla Sacra Memoria di Verna Bloodmire

13/04/1945 - 22/12/1997

 

Notò con orrore la data della sua morte. Il giorno del suo compleanno, la donna che tanto le aveva voluto bene, era stata brutalmente assassinata dai Mangiamorte. Si sentì esplodere il cuore in mille pezzi. Fin da piccola, pensava che si avvertisse un dolore inaspettato o un senso improvviso di disagio, quando moriva una persona cara. Quel giorno, lei non aveva avvertito nulla del genere. “Prometto che vendicherò la tua morte…”. Disse con voce fredda. Qualche attimo dopo, una folata di vento gelido le scosse lievemente i capelli scompigliati e ancora pieni di cenere. La fiamma si spense. Si guardò intorno e notò dall’alto, sei scure ombre che incombevano su di lei. Adelia si nascose svelta dietro al tronco di un tasso e attese, che quelle sagome indefinite toccassero terra. Improvvisamente, il marchio iniziò a pizzicarle intensamente sulla pelle e istintivamente si tirò su la manica del vestito, quando osservò con stupore che aveva assunto una forma indefinita. Sembrava una macchia scura sulla sua pelle e il nome del demone con la quale aveva stretto il patto, era quasi svanito del tutto. Il primo Mangiamorte atterrò, seguito da altre scure ombre, che presto si materializzarono affianco ad esso. Adelia, contò sei ombre in tutto. Il primo Mangiamorte che era atterrato, aveva una distinguibile lunga chioma platinata e reggeva un regale bastone da passeggio. “Lucius Malfoy…”. Le suggerì una voce nella sua testa. Non l’aveva mai visto prima di allora, ma ricordava qualcosa di familiare in lui, quasi come un ricordo indelebile, impresso a stampo nella sua memoria. La seconda figura che distinse dalle altre, era quella di una donna dall’aspetto trasandato. “Bellatrix Lestrange.”. Dopo di lei, seguirono i fratelli Carrow, che riconobbe all’istante. Un boia con una gigantesca ascia, che la voce disse di corrispondere ad un certo Walden Macnair e infine, un uomo dall’aspetto meno rassicurante di tutti. “Fenrir Greyback.”. Aggiunse la voce. Qualche istante dopo, il platinato si avvicinò a Greyback. “Avverti il suo odore?”. “Sì…”. Disse questo, fiutando l’aria, come un segugio. “…lo sento molto debole, sento odore di cenere.”. Precisò. Adelia aveva involontariamente coperto il suo odore, passando per il camino di zia Verna e grazie a questa sua distrazione, stava mettendo in difficoltà il fiuto del Mangiamorte. “Cercatela! Deve essersi nascosta qui da qualche parte.”. Ordinò Lucius.

 

***

 

I Mangiamorte si erano divisi a setacciare ogni angolo del cimitero, pur di trovarla. Era riuscita a scampare alla loro vista per una decina di minuti, ma il marchio aveva iniziato a farle sempre più male e ora, si era aggiunto anche il dolore alla spalla provocato dall’essenza di dittamo che aveva usato neanche un’ora prima. Si accucciò dietro ad una pietra tombale a forma di croce e vi appoggiò contro la schiena, per riposare le sue stanche membra. “Che cosa sto facendo?”. Si interrogò. Non aveva un piano e francamente, non era nemmeno sicura di poterli affrontare tutti insieme. Le serviva un diversivo, quando in quel momento, sentì un botto alle sue spalle e della pietra sbriciolarsi. Bellatrix aveva iniziato a frantumare alcune lapidi a colpi di bacchetta. “Avanti fiorellino! Vieni fuori…”. Puntò la bacchetta contro la lapide dietro alla quale si era riparata. “Fermati!”. La arrestò tempestivamente Lucius Malfoy. “Il padrone ha detto di volerla viva, senza un graffio…dobbiamo cercare di essere diplomatici.”. “Diplomatici?”. Lo canzonò Alecto, che aveva appena terminato di perlustrare la zona Est del cimitero. “Significa non attaccarla. Per te è difficile capirlo, vero?”. “Sarà meglio che quella smorfiosa salti fuori prima che perda la pazienza.”. Terminò Alecto. Il marchio aveva iniziato ad ardere con maggior intensità. “Uccidili tutti…”. Le suggerì nuovamente la stessa voce. Un corvo si appollaiò pigramente sulla lapide dietro alla quale si era nascosta e gracchiò. –CRA! CRA!- Ricordava di averlo già visto da qualche parte. L’enorme uccello nero iniziò a fissarla, come per incitarla ad attaccare. “Non ora uccellaccio!”. Borbottò lei, cercando di spaventare la creatura, con scarso successo. “Adelia…”. Il corvo assunse forma umana, trasformandosi in un giovane ragazzo dalla folta chioma corvina. “…ci siamo già incontrarti una volta…”. Disse questo, in maniera del tutto indifferente ai Mangiamorte, che per il momento avevano ripreso le ricerche. “…ma non biasimarti se non ti ricordi di me, dopotutto ho divorato parte della tua memoria quando abbiamo stretto il patto…”. Sorrise crudelmente, osservando il marchio sul braccio della ragazza, ormai sbiadito. “…io sono il Corvo, il bracconiere di Anime, ma non confondermi con *Caronte. Spesso, all’Inferno mi chiamano Malpas: io accompagno le anime all’Inferno e le lascio nel Limbo.”. Adelia lo fissò con aria diffidente, dopo che questo fece anche un breve inchino per terminare la sua presentazione. “Che cosa vuoi da me?”. Sbottò lei, strappandogli un sorriso compiaciuto. “Poiché ti sono stati concessi poteri straordinari per merito di tuo Padre, hai le piene facoltà di poter spedire all’altro mondo tutti questi insulsi Maghi…”. Notò un accento sadico nella sua voce. “E suppongo che tu sia qui per le loro anime, giusto?”. “Hai afferrato il concetto.”. Disse questo, trasformandosi nuovamente in un corvo. “Buon lavoro, Angelo.”. Le augurò, volandosene via. “Aspetta!”. Cercò di fermarlo, ma ormai se n’era volato così lontano, che non avrebbe potuto sentirla. “E ora che faccio?”. Si domandò. Non aveva idea di come comportarsi. Aveva passato interi mesi a studiare grimori e testi di demonologia, ma non aveva mai provato ad applicare le formule magiche di quei libri in battaglia. Eppure, se Malpas le aveva detto che era in possesso dei poteri che le aveva trasmesso Samael, sarebbe comunque riuscita a cavarsela. Infine, si convinse che era giunto il momento di aprire le danze.

 

 

Adelia uscì allo scoperto, catapultandosi fuori dal suo nascondiglio. “Sono qui! Non ho paura di voi!”. Gridò. Sei scure ombre l’attorniarono in breve tempo. “Mi sorprendo che ti sia voluta mostrare alla fine.”. Intervenne Malfoy. “Adelia Blackford, mi presento io sono…”. “…l’assassino di Verna Bloodmire. Lo so già…”. Lo interruppe Adelia. Lucius rise con scherno e poi riprese. “Immagino che tu ci conosca bene…”. “Conosco il nome di ognuno di voi…”. Intervenne ancora la fanciulla. “Molto bene, questo significa che non serviranno le presentazioni.”. “Abbandonate anche le vostre intenzioni diplomatiche…non ho intenzione di sprecare altro tempo con voi.”. Bellatrix rise di gusto. “Hai determinazione per essere una ragazza così giovane…”. Si avvicinò a lei per studiarla meglio. “…avresti delle potenzialità come Mangiamorte.”. Adelia si allontanò con riluttanza. “Mangiamorte? E diventare un docile cagnolino per servire un padrone così vile da non avere il coraggio di presentarsi di persona?”. Disse in tono provocatorio. “Piccola smorfiosetta! Come ti permetti di parlare in questo modo dell’Oscuro Signore!?”. Intervenne l’acida voce della Lestrange. “Adesso basta…”. Intervenne Lucius, evidentemente seccato dall’impertinenza della fanciulla. “Prendetela!”. Ordinò. I Mangiamorte si avventarono su di lei, ma Adelia fu più veloce e fuggì. Amycus e Alecto le stavano alle calcagna. Poco dopo, Walden le tagliò la strada, parandole dinanzi la sua enorme ascia. “La corsa è finita.”. Sorrise crudelmente. “Stupeficium!”. Enunciò. Ma non successe nulla. “Che cosa credi di fare senza neanche la bacchetta?”. La derise. Fenrir Greyback le tagliò l’ultima via d’uscita. Ora si trovava circondata, in mezzo a quei quattro. Non aveva previsto quella situazione. Improvvisamente, un forte dolore si irradiò sulla schiena. Non poté resistere e si accasciò a terra. “Non si addice ad una ragazza come te giacere a terra agonizzante dalla paura…così rendi tutto più facile.”. Recitò delusa Bellatrix, con tono svenevole, unendosi al resto del gruppo. “Ha capito che non conveniva mettersi contro di noi.”. Concluse Lucius, facendo cenno a Walden e ad Amycus di sollevarla. Adelia venne alzata per le braccia, quando fiotti di cerulea luce iniziarono a zampillare dalla sua schiena. “Che razza di magia sarebbe?”. Intervenne con voce stridula, Alecto. Inaspettatamente, i due Mangiamorte cedettero la presa. “Che state facendo idioti!!?”. Ringhiò rabbioso Fenrir. “La sua pelle è ardente!”. Si difese Walden, mostrando le mani ustionate. “Ma che fandonie andate dicendo!?”. Adelia, nel frattempo, trovò il modo di reggersi in piedi. “Non perdete tempo! Prendetela!”. Ordinò Lucius. “No…non credo ci riuscirete…”. Due possenti nere ali piumate crebbero sulla sua schiena. “…questa sera…andrete tutti all’Inferno…”. Bellatrix non accettò la provocazione e brandì la bacchetta per prima. “Crucio!”. Adelia evitò la maledizione in tempo, librandosi in aria. I Mangiamorte si smaterializzarono e la raggiunsero. Adelia non aveva molto tempo per decidere sul da farsi, quando Malpas la seguì in volo. “In difficoltà?”. Domandò con solito sarcasmo. “Aiutami!”. “Speravo di non intervenire, ma siccome è la prima battaglia che affronti, proverò a fare qualcosa…”. Tutto d’un tratto il Corvo scomparve. La voce di Malpas le parlò nel pensiero e le suggerì una formula. Non la conosceva, ma in quel momento, le restava poco da fare. “Monstrum!”. Enunciò. Poco dopo, una foschia si levò in mezzo al campo di battaglia. Adelia fu costretta a planare e a scendere a terra, per non rischiare di cadere in trappola. “Accidenti! Che diavoleria ho evocato!?”. Pensò tra sé e sé. Poco dopo, delle mostruose ombre scure comparvero dinanzi a lei.

 

 

Branchi di Lethifold si radunarono attorno alla ragazza, volteggiando armoniosamente, come se stessero eseguendo una macabra danza di battaglia. Capì, allora, che non erano lì per attaccarla. Stavano semplicemente attendendo un suo ordine. Qualsiasi cosa avesse chiesto loro, avrebbero obbedito. “Ordinali di ucciderli tutti…”. Suggerì il Corvo. “No…non posso…”. Nonostante tutto, Adelia si rifiutò di impartirgli quel ordine. “…uccidili tutti! Adelia, se non sarai tu a farlo, lo faranno loro prima di te…”. Insisté la voce. “…non posso ucciderli, non così!”. Protestò. “Credi che loro si siano fatti dei problemi quando dovevano uccidere Verna Bloodmire?”. Adelia era confusa. “Guarda tu stessa…”. La interruppe, mostrandole un ricordo.

 

[ Inizio Flashback ]

 

Bellatrix sorrideva crudelmente. Verna era disarmata, la sua bacchetta si trovava ai piedi della strega, che ora le stava puntando contro la sua bacchetta. “Impostore! Impostore!”. Urlò Verna, riferendosi a qualcun altro. Ma nel ricordo, non vedeva altre figure, se non solo loro due. “Avada Kedavra!”. Pronunciò la sua sentenza. Un fiotto di luce smeraldina trapassò il petto di Verna e cadde in fin di vita sul pavimento. Bellatrix rise, compiaciuta del suo operato. “Questa è fatta! Lasciamo il cadavere di questa sporca mezzosangue marcire qui.”. Con indifferenza, voltò le spalle e si incamminò verso le scale che portavano ai piani inferiori della casa. Il ricordo sfumò, riportando Adelia alla realtà.

 

[ Fine Flashback ]

 

“Provi ancora compassione per coloro che hanno ucciso tua zia?”. Le domandò il Corvo, evidentemente eccitato al solo pensiero che ora, la fanciulla era venuta a conoscenza di una parte della verità. Adelia decise:“Uccideteli…tutti…non risparmiatene neanche uno!”. Ordinò. Sul volto scarno di Malpas, si dipinse una smorfia compiaciuta, lasciando intravedere i denti aguzzi. “Ottima scelta…”. Commentò, poco prima di sparire in una nube di fumo grigio. Le creature le obbedirono, celandosi in mezzo a quella folta nebbia. Vide uno dei Lethifold avventarsi su Alecto, che non riuscì a respingerlo in tempo e cadde rovinosamente a terra, con l’orrenda creatura che tentava di divorarle una gamba. Il resto delle creature, si erano sparpagliate nella foschia per seguire e attaccare altri nemici. “Avada Kedravra!”. Lucius era riuscito a liberarsi di una delle creature, ma sembrava che l’incantesimo ne stesse richiamando altre e difatti, nessun altro Mangiamorte era ancora riuscito ad attraversare la fitta nebbia per raggiungere Adelia. Lucius non sembrò per nulla scompigliato e si fermò a pochi metri da lei. “Lo ammetto…”. Disse. “…è notevole quello che sei riuscita a fare fino adesso, ma ora basta giocare. Sai che non puoi competere contro di noi!”. Adelia fece una smorfia di spregio. “Mi stai chiedendo di arrendermi?”. “Al contrario, ti sto offrendo l’opportunità di risparmiarti e di venire con noi con le buone.”. “Mai!”. Gridò. “Mi rifiuto di abbassarmi al vostro livello…”. Il platinato rise di gusto e puntò la bacchetta contro di lei, enunciando l’incantesimo della pastoia. “Locomotor mortis!”. Le gambe della fanciulla si erano improvvisamente addormentate, facendola cadere a terra. Provò ad alzarsi in volo, ma le ali svanirono e ne rimasero solo i resti di alcune piume nere. “Sembra che la fortuna non sia più dalla tua parte…”. Sorrise crudelmente il platinato, mentre la ragazza si guardava intorno, nella speranza che Malpas intervenisse per aiutarla. “…ormai è finita Adelia, rassegnati a questa sconfitta…”. Malfoy si avvicinò a lei, tendendo la mano per afferrarla, quando Adelia lo arrestò. “Non è ancora finita…Dismundo!”. Il Mangiamorte cadde in balia di orrende visioni. Si accasciò a terra, rantolando e dimenandosi, come per scacciare qualcosa di spaventoso che si era appena avventato su di lui. Adelia si accorse che l’effetto dell’incantesimo della pastoia aveva appena terminato il suo effetto. Si alzò in piedi e si allontanò di corsa per cercarsi un nascondiglio, quando si sentì afferrare per la vita e trascinare dietro ad una lapide. Una mano le tappò la bocca. Si dimenò dalla paura di essere stata catturata da un Mangiamorte, quando una voce familiare la rassicurò: “Non urlare.”. Cessò di agitarsi e in seguito, sentì allentare la presa. Si voltò e incontrò due profondi occhi neri che la fissavano, ma non con rimprovero, se non con sollievo. “Professore?”. Lo guardò con sbigottimento. “Non c’è tempo, stringiti forte a me.”. Adelia fece come gli aveva ordinato e si smaterializzarono insieme dal cimitero.

 

***

 

Quando riaprì gli occhi, si ritrovò dinanzi alla capanna di Hagrid. Erano tornati a Hogwarts. Adelia si trovava ancora abbracciata a Severus. Poco dopo, sollevò lo sguardo, per ritrovarsi a fissare due profondi occhi neri dallo sguardo minaccioso. Allentò la presa e si allontanò un poco.“Che cosa ti è saltato in mente!?”. La sgridò Piton. “Non so che intenzioni avessero, ma avrebbero potuto ucciderti, se avessero voluto!”. Sembrava che stesse nascondendo la sua preoccupazione dietro al nervosismo. “Non avevano intenzione di uccidermi…”. Ribatté. “…o almeno, avevano detto che volevano portarmi viva da Voldemort.”. Pronunciò il suo nome come se intendesse far apposta per provocare. D’un tratto, il cigolio delle cerniere della porta di Hagrid, li azzittì. Il mezzogigante lì fissò dall’uscio con aria stralunata; che cosa avrebbe dovuto pensare? Adelia, aveva il vestito ricoperto di fuliggine e i capelli sporchi di cenere, mentre due squarci paralleli lasciavano travedere la sua nuda schiena. “Che cos’è successo, Severus?”. Chiese questo, visibilmente preoccupato. Piton si tolse il mantello e la coprì. “Nulla di cui preoccuparsi, Rubeus.”. Piegò l’angolo della bocca, come per fare un lieve sorriso, che purtroppo non gli riuscì e si incamminò con Adelia verso il castello. Poco dopo, convinto, il guardiacaccia se ne tornò nella sua capanna davanti al tiepido focolare appena acceso. Adelia e Severus tornarono al castello, ma con grande sorpresa, non venne riaccompagnata alla sua stanza, bensì nei sotterranei. Non fece domande: qualsiasi ramanzina le sarebbe andata bene, dopotutto avrebbe accettato le conseguenze del suo gesto scriteriato, in tutto e per tutto. Almeno, ora poteva dirsi realizzata di aver placato in parte la sua sete di vendetta. Terminata la lunghissima scala a chiocciola, entrarono nello studio privato di Piton e si accomodò su uno sgabello, accanto ad un mobile le cui scaffalature erano ricolme di pozioni. Severus restò in piedi, dinanzi a lei, con aria spazientita. “Non ho intenzione di rimproverarti, Adelia…”. Disse, suscitando un certo stupore da parte della fanciulla. “…non ho intenzione di farlo, perché sia tu che io siamo bene a conoscenza del patto che ti vincola a rispettare la vendetta che hai promesso…”. Si inginocchiò. “…tuttavia, non posso accettare che tu commetta altri gesti sconsiderati e metta a repentaglio la tua stessa vita…”. Per un momento, non riuscì a credere di aver udito quelle parole proprio da lui. Dal suo tanto odiato e compassionato insegnante di pozioni. “Io…”. Poco dopo, Adelia avvertì un improvviso senso di stanchezza. “Io non…”. A stento, cercava di continuare la frase, mentre pensieri affollavano la sua mente confondendola. “Adelia? Stai bene!?”. Piton la trattenne per le spalle, cercando di sostenerla almeno a sedere sulla sedia. “Adelia!?”. La sua voce si stava facendo via via sempre più fievole e la sua vista si stava appannando. “Io non…ti odio…”. Terminò infine la frase, crollando in un sonno improvviso.

 

 

Si lasciò trasportare a riva dalle onde dei suoi caotici ricordi. Avvertiva una fievole voce nella sua testa. Seppure fosse una voce maschile, dal tono freddo e cupo, non era quella del suo insegnante di pozioni. “L’Amore salverà il tuo destino…”. Le parlò. “…dalle grinfie della Morte…”. Adelia si guardò intorno, ma non vide nessuno. Solo buio pesto e un infinito mare scuro di ricordi, troppo scuro per trovarvi la chiarezza di una risposta. “Angelo dannato…è ora di svegliarti!”. Avvertì uno sbuffo dietro a lei, che le spostò una ciocca di capelli. Si voltò. “Chi sei!?”. Urlò. “Dimmi chi sei!? Perché mi stai parlando? Che cosa vuoi da me?”. La voce non rispose più e Adelia, si ritrovò costretta ad accucciarsi in un angolo e ad aspettare che qualcosa nel paesaggio mutasse. Sperava, francamente, di risvegliarsi. Guardò il mare e notò un riflesso tra le onde. Un riflesso vago, non definito. Le era sembrato di vedere, tra quelle onde, i visi dei suoi amici Grifondoro. Un secondo riflesso, le mostrò invece un Mago, dal bizzarro copricapo e dalla lunga barba cinerina. Un terzo e ultimo riflesso, le mostrò un sorriso crudele e una fila di denti bianchi e aguzzi. Se non l’avesse già visto prima, l’avrebbe confuso con la bocca di uno squalo. Malpas sbucò fuori dall’acqua e si avvicinò a riva, proprio dove si trovava seduta la fanciulla. “Hai vinto…”. Disse questo. “Cosa?”. Ribatté lei. “…la battaglia.”. “Ah…”. “Sbaglio o non te ne importa nulla?”. Il Corvo sembrò piuttosto stupito dalla sua insofferenza. “Perché dovrebbe importarmene? E’ Voldemort che devo uccidere…non i suoi seguaci…”. “Eppure…era la vendetta che volevi, no?”. “Credevo di sì.”. Replicò, fulminandolo con lo sguardo. “Che cosa ti aspettavi? Che sarebbe stata una passeggiata uccidere qualcuno!?”. Si difese questo. “Pensavi che uccidere una Strega o un Mago, sarebbe stato facile quanto agitare una bacchetta e pronunciare una formula?”. “Quale motivo c’era di evocare creature oscure e di designarle contro di loro!?”. Lo interruppe. “Per il buon Lucifero! Sei un Angelo dannato, il minimo che mi ha chiesto di fare il tuo povero Padre per te è stato quello di insegnarti ad usare i tuoi poteri!”. “Angelo dannato?”. Chiese sbigottita. “Devi accettare il fatto che ormai Hogwarts non è più alla tua portata…se per questo, non lo è mai stata! Sei un Angelo, non una Strega…”. Adelia, sentì morire una piccola parte di lei a quella affermazione. “Non posso essere un Angelo…io…io…”. Iniziò a singhiozzare. “Sarebbe bene che cominciassi a renderti conto che il tuo destino è diverso da quello degli altri…tu eri già predestinata a morire…i tuoi genitori, unendosi in matrimonio, commisero un grave sacrilegio…”. Si avvicinò alla fanciulla, alzandole il viso con una mano e asciugandole le lacrime con un fazzoletto di stoffa. “…tuttavia, non mi aspettavo che avrebbero dato alla luce una piagnucolona.”. A quella provocazione, Adelia gli mollò uno schiaffo in piena faccia e si alzò imbronciata. “Allora non ho bisogno della compassione di un demone di basso livello per vendicare la morte dei miei genitori! Farò a modo mio…”. Gli fece spallucce. “…io sono una Strega e non ho bisogno di utilizzare incantesimi demoniaci o trappole oscure per assicurarmi la vittoria…vattene Malpas! Non ti voglio più rivedere!”. Terminò, mentre il Corvo continuava a fissarla con aria sbigottita mista a compiacimento. –Ahahahahaha!- Rise di gusto, accrescendo l’ira della fanciulla. “Sei decisamente tutto tuo padre…”. Disse questo, ancora massaggiandosi il punto in cui Adelia gli aveva mollato lo schiaffo. “…il nostro patto è sciolto…hai superato la prova…”. “Prova?”. “Ricordi, le parole che disse tuo padre?”. Adelia lo guardò con disappunto. “L’Amore salverà il tuo destino dalle grinfie della Morte…”. “Che cosa significa?”. Malpas si trasformò in un corvo. “Non te ne andrai senza dirmelo!”. Cercò di afferrarlo, ma quel nero pennuto se n’era volato subito in alto e Adelia, non poté far altro che osservare la sua cupa sagoma diradarsi all’orizzonte. “Che cosa significava quella frase?”. Pensò tra sé e sé. Poco dopo, un formicolio iniziò ad irradiarsi dalle punte dei piedi alle gambe. Qualche attimo dopo, si ridestò.

 

***

 

Una fioca luce turchina filtrava dalle vetrate delle finestre. Riconobbe gli arazzi del suo letto a baldacchino. Le scure coperte del suo letto e le lenzuola color panna. Si guardò intorno, per costatare che la stanza era vuota. C’era solo lei, a parte Batuffolo che dormiva ancora all’interno della sua gabbietta. Si alzò a sedere. Le lancette dell’orologio segnavano poco più le sei del mattino. Si alzò in piedi e iniziò a girovagare a vuoto per la stanza. Indosso aveva il suo solito pigiama bianco con i nastrini neri. I suoi vestiti si trovavano puliti e intatti, sullo schienale della poltrona. “Severus…”. Pensò. Doveva essere stato lui, la notte scorsa, ad essersi preso cura di lei e ad averla riportata fino in camera sua. “…devo parlargli…”. Decise d’un tratto, pensando di raccontargli quanto accaduto la notte scorsa e chissà, se non sarebbe stato anche il momento buono per scusarsi per aver dubitato della sua fiducia. Si avvicinò alla porta e girò la maniglia, quando notò che era sigillata. “Che significa?”. Pensò. Girò la maniglia più volte, spingendo la porta e facendo perno con tutto il suo peso contro di essa. Nulla. La porta era sigillata e non sarebbe stata capace di aprirla, se non con l’incantesimo adatto. “Provare non nuoce…”. Si convinse. Si posizionò davanti alla porta e la fissò intensamente. “Alhomora!”. Non successe nulla. Adelia, continuò a fissare intensamente la porta. “Alhomora!”. Ripeté una seconda volta, ma questa non si mosse. “ALHOMORA!”. Enunciò la formula a voce più alta. Per un attimo non accadde nulla, finché, quando meno se lo aspettava la porta si aprì magicamente. La fanciulla si avvicinò entusiasta, ma quando la porta si spalancò completamente, mostrando la scura figura di un uomo, comprese che non si era aperta per merito suo. “Professore!?”. Una smorfia corrucciata si dipinse sul volto di Severus Piton, che ora si trovava dinanzi a lei, a braccia conserte.

 

.†.†.†.

 

Note dell’autrice:

 

*Caronte: è un nocchiero di aspetto orrendo che viene citato ne’ La Divina Commedia e nell’Eneide. Il suo ruolo era quello di traghettare le anime sul fiume Stige (o Acheronte, dipende dalle opere) che separava il Limbo dall’Inferno. In questo contesto, Malpas lo cita perché vuole sottolineare la differenza tra i due ruoli: il Corvo è un bracconiere, caccia le anime per portarle nel Limbo. Caronte è un traghettatore, le trasporta da una sponda all’altra.

 

Era da un po’ che non mi capitava più di scrivere nelle note! ^^ Beh, che dire? Riprendere una storia dopo circa 2 anni non è facile, ma per benevolenza della mia Musa ispiratrice sono riuscita a ritrovare la creatività che avevo perso e mi sono rimessa in pista! In questo capitolo, ho giocato molto sul fatto che Adelia doveva rendersi conto che “uccidere” è una parola troppo grossa, persino per chi ha un patto con un Demone da rispettare. Fino ai capitoli precedenti, Adelia aveva perso la sua umanità, sformando in un personaggio spietato e crudele. In quanto alla frase: […]L’Amore salverà il tuo destino dalle grinfie della Morte…[…] era stata detta da suo padre, Samael, prima di donarle i suoi poteri nel decimo capitolo. Sarà una frase chiave nella trama della storia, perché Adelia dovrà rendersi conto che non dovrà uccidere per vendetta di chi ormai è caduto, ma per proteggere chi ama. Quando si trovava nel sogno, insieme a Malpas, tra quelle onde ella rivede le persone a cui tiene e che vuole difendere (fatta eccezione per la “bocca da squalo” del Corvo, ovviamente! XD), e comprenderà di aver sbagliato a non fidarsi del suo insegnante di pozioni.

 

Vorrei ringraziare due persone, in particolare, che hanno reso omaggio a questa fan-fiction: Rita, la mia cara compagna di classe, che tanto gentilmente sta seguendo con emozione i nuovi capitoli della storia (nonostante l’abbia fatta attendere per troppo tempo! =P Scusa cara! ^^) e .Kirarachan. per aver pubblicizzato questa fan-fiction sul forum, scrivendo una bellissima recensione e un commento che non mi sarei francamente meritata. Grazie mille carissima!

 

Alla prossima! ;)

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Cat in a box